LA VICINANZA NELLE ORE DIFFICILI DELLA VITA: il dolore, la sofferenza e la morte di una persona cara SCUOLA DI PASTORALE 2013 Diocesi di Como
LA MORTE DI UNA PERSONA CARA
PASSAGGIO ALL ALTRA RIVA Il malato nella fase terminale e la famiglia. Non farmi brancolare nel buio, ma tienimi la mano salda nella fede che sorgerà il giorno e che apparirà la verità in tutta la sua chiarezza (Tagore R.)
LA VICINANZA NELLE ORE DIFFICILI DELLA VITA La mangiatoia di Betlemme e la croce del Golgota ci ricordano che DIO non è semplice spettatore delle vicende umane, MA PROTAGONISTA NELLA SUA PERSONA e può servirsi di aspetti negativi della storia per produrre la salvezza. «Dio è amore; chi sta nell amore dimora in Dio ed Egli in lui» (1Gv 4,16)
Se la vita è un mistero, a maggior ragione lo è LA MORTE. Essa costringe sempre a DOMANDE INQUIETANTI sul senso dell esistenza, sul perché siamo al mondo, su cosa ci aspetta dopo.
Tutti quelli che a vario titolo si prendono cura dei malati Confrontarsi con la morte La morte non è un EVENTO ma un PERCORSO il cui commiato comincia molto prima
IL MORENTE È UN VIVENTE Parto da una pur minima precisazione del termine morente. Non si deve intendere come la persona che vive gli ultimi istanti, le ultime ore di vita prima della morte: chi sta per morire. Lo voglio considerare in senso più ampio: una persona che vive la condizione caratteristica della fase terminale di una malattia inguaribile (inguaribile, non incurabile).
Come tale il malato terminale è una persona bisognosa di accompagnamento umano e cristiano, cui medici, infermieri, volontari sono chiamati a dare il loro contributo qualificato e irrinunciabile
PSICHE ANIMA SOCIALI
In una VISIONE OLISTICA, rispettosa cioè della totalità della persona, curare un malato terminale significa: prestare attenzione a tutti i livelli di bisogni: fisici, psichici, sociali e spirituali. In particolare sembra opportuno porre l accento sui BISOGNI RELAZIONALI, poiché pare siano quelli più disattesi nell accompagnamento ai malati terminali.
BISOGNI - DESIDERI manifestati dai malati nella fase critica della terminalità. - bisogno di sapere qual è il proprio stato di malattia e le prospettive di evoluzione; - bisogno di non sapere; - bisogno di capire come affrontare e superare la propria situazione difficile; - desiderio di morire dignitosamente; - desiderio di fare una bella morte (preparandosi ad essa); - desiderio di morire (può esprimersi in due modi: di essere aiutati a farlo: eutanasia; oppure di lasciarsi andare: auto eutanasia); - desiderio di immortalità (lasciando un buon ricordo di sé, oppure donando i propri organi, o nell attesa di un altra vita); - desiderio di essere padroni di sé sino alla fine.
IL PROCESSO DEL MORIRE In ogni epoca l uomo si è confrontato con l esperienza della morte e del morire. Possiamo ritenere però che la paura è l elemento comune a tutte le epoche storiche. Oggi nella nostra società la morte e il morente sono visti come fastidio, realtà da nascondere, non combacia con l idea della felicità piena e dell uomo sano e bello a tutti i costi. Infatti, una volta il morente moriva in casa, attorniato dai familiari, era visibile, si sperimentava cosa volesse dire morire; oggi tutti scappano e non vogliono entrare in contatto con il morente e la morte
Nell adattamento alla malattia, la persona malata gravemente deve affrontare momenti diversi nell elaborazione della sua morte La ricerca più famosa sul percorso psicologico del malato verso la morte è quella della psichiatra svizzera Elisabeth Kubler Ross
Prima fase: il rifiuto La prima reazione di fronte alla scoperta di una propria malattia mortale è il rifiuto categorico. Si tratta di un meccanismo difensivo di negazione che esprime l impossibilità di pensare alla propria morte.
Seconda fase: la collera Il secondo atteggiamento è fatto da rabbia, invidia, risentimento ed è espresso dall interrogativo: perché proprio a me?
Terza fase: venire a patti È la fase del compromesso. Il malato comincia ad accettare l idea della malattia. È consapevole che la sua rabbia non ne cambierà il decorso
Quarta fase: la depressione Subentra una forte disperazione al verificarsi di un aggravamento della sintomatologia e delle condizioni generali di salute. È la reazione alle molteplici perdite che la malattia comporta.
Quinta fase: l accettazione Il malato giunge ad un vuoto di sentimenti, un riposo finale prima del lungo viaggio
È evidente che ogni persona è unica e irripetibile, e le fasi si presentano secondo tempi e modi propri di ognuno. Possono anche sovrapporsi, alternarsi, ripetersi all interno di un percorso che è sempre fluttuante. C è il RISCHIO DI INCASELLARE
L ACCOMPAGNAMENTO può assumere nel momento supremo L ESSENZIALITÀ DI UN GESTO come una preghiera o il tenere la mano in silenzio.
Una giovane donna, della quale aveva capito il bisogno di comunicare malgrado il rifiuto ostinato ad ammettere la propria morte, un giorno, tenendole la mano, le disse: Lei ha delle mani così calde. Spero che sarà qui quando diventerò sempre più fredda. E l estremo modo di presenza all altro. E un tenere la mano che ha valore di sacramento
IL VISSUTO DELLA FAMIGLIA E importante garantire l accompagnamento AI COMPONENTI DELLA FAMIGLIA, gravata di un pesante carico nel dover assistere in ospedale o a casa propria un congiunto malato grave. Anche i familiari soffrono e hanno bisogno di comprensione e di aiuto.
ESSERE GIRASOLI ACCANTO AI SALICI PIANGENTI
Uno dei MOMENTI PIÙ DIFFICILI per la FAMIGLIA è quando il morente VIVE LA FASE DELL ACCETTAZIONE. Quando il morente desidera essere lasciato solo e in pace, non desidera entrare in comunicazione verbale, desidera solo una presenza silenziosa e partecipata.
In sintesi Ci sono cinque modalità di reazione dei familiari di fronte alla malattia di un loro congiunto: - fiducia realistica: la famiglia ha una visione realistica del problema e collabora ed è disponibile nei confronti degli operatori sanitari. Sanno che il malato è in buone mani. - incapacità di accettare la realtà: è il rifiutare la realtà e questo porta a non collaborare con i sanitari e a rendere il malato incerto e ansioso sul suo futuro. - sfiducia di fondo: questo atteggiamento è evidente quando si passa da un medico all altro richiedendo informazioni o diagnosi che la famiglia reputerà inattendibili ed inesatte. Di qui aggressività verso i sanitari e di riflesso verso il malato. - vittimismo: la famiglia si sente vittima, colpevolizza il malato, il quale dovrà spendere molte energie per rassicurare i congiunti. - reazioni di sconforto: sono reazioni a volte eccessive attraverso le quali i familiari anticipano esiti negativi, come la morte. Questo è un atteggiamento molto distruttivo perché il malato deve confrontarsi con la depressione e la mancanza di stima.
ATTEGGIAMENTI DI ACCOMPAGNAMENTO Offrire la luce della Parola di Dio e il conforto della solidarietà cristiana. Illuminare di speranza cristiana l oscurità della sofferenza e della morte e sottolineare il valore della solidarietà, della prossimità e del servizio Esserci. Valore umano, pastorale e terapeutico della presenza.
Accompagnamento spirituale Fino a pochi anni fa era generalmente diffusa. Era dunque normale che accanto a chi moriva, oltre alla presenza di parenti e amici, ci fosse anche un sacerdote. Oggi la secolarizzazione ha modificato il quadro culturale e di conseguenza anche i riti del morire, sia in ospedale come in casa, sono cambiati.
Accompagnamento spirituale Tutto questo potrebbe far pensare che sia diventata superflua, o ininfluente, la presenza di un assistente religioso. Ma se è cambiato il modo di morire, Non è sostanzialmente cambiata la persona che affronta il difficile passaggio dalla vita alla morte, sperimentando bisogni non riconducibili alle sole necessità fisiche, psichiche e sociali, che sono i bisogni spirituali e religiosi.
BISOGNI SPIRITUALI DEL MORENTE - Uno dei più evidenti è quello di dare un significato alla sofferenza e alla morte che si avvicina, e ancor più all intera esistenza. - Poi c è il bisogno di dire addio. Possiamo intenderlo nel senso di accomiatarsi dalle persone care, sia come il desiderio di mettere la parola fine a tutta la propria vicenda
SOSTENERE LA SPERANZA Non significa imbrogliarlo a far finta di negare la serietà della sua situazione con frasi falsamente consolatorie Ma aiutarlo a valorizzare il positivo che è ancora possibile, a costatare un piccolo miglioramento avvenuto, a trovare motivi per continuare a lottare contro il male, o infine ad affidarsi a Dio e ad abbandonarsi a lui.
Educare alla Speranza che non delude La Nota Pastoralale della CEI al n. 47 dice così: La speranza cristiana non è un semplice atteggiamento ottimista. Non consiste nella fuga dalle difficoltà del presente proiettandosi in un avvenire migliore, bensì nella capacità di rendere presente quell avvenire di cui la fede in Cristo risorto ci dà la certezza e di viverlo nell adesso della storia
CONCLUSIONE LA DOMANDA che sgorga dal cuore dell uomo nel confronto supremo con la sofferenza e la morte, specialmente quando è tentato di ripiegarsi nella disperazione e quasi di annientarsi in essa, è soprattutto domanda DI COMPAGNIA, DI SOLIDARIETÀ E DI SOSTEGNO nella prova. E richiesta di aiuto per continuare a sperare, quando tutte le speranze umane vengono meno
Quando sei nella tristezza non disperarti, la gioia arriverà. Quando sei nel dolore non temerlo ma accettalo come parte di tè. Quando sei nel lutto non chiederti perché hai perso i tuoi cari, ma ringrazia il Padre celeste per averteli donati. Sii gioioso e vivi nella speranza, solo così riuscirai ad affrontare qualsiasi situazione (Karl Kraus)
Grazie per l attenzione!