Se il brutto anatroccolo diventa un cigno



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Se il brutto anatroccolo diventa un cigno CINA 1 di Stefano Chiarlone e Giovanni Ferri Quasi nessuno avrebbe scommesso che la Cina potesse continuare pressoché indenne la sua trasformazione verso il mercato dopo gli eventi di Tienanmen del 1989, o che sarebbe rimasto sostanzialmente immune alla crisi asiatica del 1997-98, o che la sua crescita sarebbe continuata a ritmi medi di circa il 10% annuo per oltre 25 anni. Invece, almeno sinora, tutte le Cassandre sono state sistematicamente smentite U no dei fenomeni più recenti dell integrazione economica della Cina è l aumento degli investimenti diretti all estero (IDE) delle sue imprese, favoriti dalla politica go global di recente rilanciata dal governo. Tale evoluzione può sembrare naturale per un Paese che cresce così velocemente, che sta accumulando un impressionante surplus commerciale con l estero e che vanta tassi di risparmio privato stratosferici (oltre il 40% del PIL) e una disponibilità di riserve ufficiali in valuta estera che si avvicina a 1400 miliardi di dollari. Pochi sono rimasti stupiti del crescente attivismo delle società non finanziarie cinesi, i cui IDE sono cresciuti da 2,8 a 17,6 miliardi di dollari all anno fra il 2003 e il 2006. Sebbene lo stock investito (75 miliardi di dollari) sia ancora limitato in rapporto al PIL cinese, si tratta di un valore ragguardevole per un Paese ancora emergente, ove non tutte le imprese hanno competenze manageriali e vantaggi adeguati all espansione stabile all estero. Le motivazioni degli IDE della Cina sono mutate nel tempo, più rapidamente delle aspettative di molti. Inizialmente erano spinti solo dalla necessità di stabili forniture di risorse naturali e materie prime (es. penetrazione in Africa e America Latina). Poi, gli investimenti verso altri PVS finalizzati al trasferimento di produzioni mature anche per la Cina, a evitare quote e dazi (es. il tessile cinese in Vietnam vigente l Accordo Multifibre), a compensare la domanda persa sul mercato domestico per la competizione di produttori internazionali e a sviluppare gradualmente capacità manageriali in mercati meno complessi prima di sbarcare in quelli occidentali (come per molte società infrastrutturali e dell impiantistica). Infine, una crescente penetrazione in mercati avanzati, finalizzata a dotarsi di catene distributive, brand per garantirsi premium price su prodotti realizzati a costi più bassi in Cina e tecnologie avanzate (es. centri di Ricerca e Sviluppo di Konka nella Silicon Valley e Huawei in Svezia). La rapidità di questa evoluzione, il cui picco è stata l acquisizione della divisione personal computer dell IBM aveva stupito molti. Tuttavia, sotto silenzio, montava la fase successiva dell espansione internazionale dell economia cinese, ovvero quella riguardante il suo settore finanziario. Gli investimenti all estero delle banche cinesi Già nel 2006, in sordina, i flussi di IDE delle società finanziarie cinesi hanno raggiunto dimensioni significative: 3,5 miliardi di dollari (di cui 2,5 per il solo settore bancario). A fine 58

Grazia Neri_Sinopix _La crescente capitalizzazione delle banche cinesi e l ampia disponibilità di riserve ufficiali suggerisce che le banche cinesi giuarderanno ancora con attenzione a operazioni di M&A nei mercati avanzati 2006, gli stock investiti all estero dalle banche cinesi erano pari a 12,3 miliardi di dollari (15,6 miliardi il totale del settore finanziario includendo anche le assicurazioni), quando le banche commerciali pubbliche cinesi avevano aperto all estero 47 branch office, 31 affiliated institution e 12 representative office in 19 Paesi, inclusi Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna, con un occupazione superiore alle 20.000 unità. Per esempio, nel 2006, la China Construction Bank ha comperato l unità di Hong Kong e Macao della Bank of America per 1,24 miliardi di dollari, come primo passo verso la costituzione di una rete internazionale. Questa acquisizione ha fatto della China Construction Bank il nono maggior istituto di credito di Hong Kong, con una quota di mercato vicina a quella di Bank of China (300 filiali e uno dei tre istituti emittenti il dollaro di Hong Kong) e Industrial and Commercial Bank of China (38 filiali sotto il brand ICBC Asia). Un ulteriore esempio dell attivismo di Bank of China è l acquisizione per 965 milioni di dollari statunitensi a dicem- bre 2006 di Singapore Aircraft Leasing Enterprise (SALE), il principale operatore di leasing per aeromobili in Asia, ribattezzato BOC Aviation. Oltre alla diversificazione dei ricavi, questa mossa era guidata dalle aspettative di revisione della normativa sul leasing in Cina che da gennaio 2007 consente nuovamente alle banche di operare in questo settore: l acquisizione di SALE ha consentito a Bank of China di acquisire un vantaggio competitivo sulle altre banche cinesi. Infine, intorno alla fine dell anno, Industrial and Commercial Bank of China ha annunciato l acquisizione del 90% di Bank Halim Indonesia, una piccola banca indonesiana. Nel 2007, poi, l attenzione all estero delle banche cinesi è esplosa e i dati provvisori parlano di un flusso di IDE che dovrebbe superare i 10 miliardi di dollari. Un breve elenco delle principali notizie circolate indica chiaramente le dimensioni che sta acquisendo il fenomeno, sebbene non tutte le operazioni siano concluse e confermate. L attivismo di Industrial and Commercial Bank of China è evidente. A fine agosto ha annunciato un accordo per acquisire il 79,9% di Seng Heng Bank di Macao. A ottobre, ha annunciato un accordo volto ad acquistare il 20% della Standard Bank del Sud Africa (che ha poco 59

SE IL BRUTTO ANATROCCOLO DIVENTA UN CIGNO meno di 1000 filiali in Africa) per 5,6 miliardi di dollari e di essere in attesa di autorizzazione per l apertura di una filiale a New York nell ambito di una strategia di espansione in Russia (filiale aperta a Novembre 2007), Indonesia (acquisizione di Bank Halim Indonesia) e Medio Oriente. Peraltro, essa sta trattando l acquisizione di ACL Bank, un piccolo istituto Tailandese da Bangkok Bank (azionista per il 19,3%) e dal ministero delle Finanze (azionista per il 30,6%), anche se l operazione è rallentata dall attesa per la promulgazione della nuova legge bancaria che dovrebbe portare al 49% la massima partecipazione di una banca straniera in una banca tailandese. Industrial and Commercial Bank of China non è l unico istituto che si sta espandendo all estero. A luglio, China Development Bank's ha investito 2,2 miliardi di dollari nella Barclays, e si era dichiarata pronta a innalzare l investimento a 9,8 miliardi se Barclays avesse acquisito Abn Amro. A novembre, Bear Stearns e Citic Securities hanno reso pubblici dei piani finalizzati a uno scambio di partecipazioni azionarie di un miliardo di dollari ciascuna. Da ultimo, a fine novembre, Ping An Insurance ha annunciato di acquisire il 4,2% di Fortis. Una particolare attenzione, inoltre, viene prestata, da parte delle banche cinesi al mercato statunitense. Storicamente solo Bank of China e Bank of Communications avevano filiali bancarie a New York, stabilite prima della promulgazione delle nuove e più restrittive regolamentazioni americane sulle banche straniere del 1991. Nel mese di novembre, China Merchant Bank ha avuto l autorizzazione per aprire una filiale a New York e Industrial and Commercial Bank of China è in attesa di analoga autorizzazione. Inoltre, in ottobre, Minsheng Bank una delle più grosse banche non statali ha concordato di acquistare il 9,9% della UCBH Holdings di San Francisco per 317 millioni di dollari e ha dichiarato che in tre fasi arriverà al 20% della UCBH, società capogruppo della banca statunitense United Commercial Bank, specializzata nel servizio alla comunità cinese negli USA e alle imprese americane che investono in Cina. Si tratterebbe della prima acquisizione di una banca americana da parte di una banca cinese. Gli avvenimenti di questi ultimi mesi sembrano assai emblematici del fatto che la Cina ha ancora voglia di stupire. Infatti, proprio mentre molte delle principali banche dei Paesi industrializzati specie quelle statunitensi vacillavano sotto l incedere della crisi sub-prime, le più grandi banche cinesi hanno mosso i primi passi sul sentiero della propria internazionalizzazione. Fonti cinesi riportano, per esempio, che Bank of China e Industrial and Commercial Bank of China siano state contattate per l acquisizione di una quota della banca inglese Northern Rock. Proprio la vicenda relativa alla ricapitalizzazione di Citigroup indica che le dimensioni potenziali del fenomeno sono ancora tutte da comprendere. Infatti, notizie non confermate riportano che oltre ad Abu Dhabi Investment Authority e Kuwait Investment Authority è stata contattata anche la China Development Bank, principale banca di sviluppo cinese attiva nel finanziamento dell espansione internazionale delle imprese cinesi, che è stata recentemente oggetto di un iniezione di liquidità per 20 miliardi di dollari statunitensi da parte di Central Huijin Investment Corporation, nell ambito di una strategia di trasformazione in banca commerciale. La sensazione è che si tratti solo dell inizio della partita: la crescente capitalizzazione delle banche cinesi, mentre quella delle banche occidentali soffre la crisi sub-prime, e l ampia disponibilità di riserve ufficiali suggerisce che le banche cinesi guarderanno ancora con attenzione a operazioni di M&A nei mercati avanzati. Non è evidente che si tratti di un evoluzione incondizionatamente positiva per il sistema bancario cinese. Alcune riflessioni sul sistema bancario cinese È utile, a questo punto, ricordare che Joe Stiglitz pubblicò nel 2002 un libro (Globalization and Its Discontents,W.W. Norton & Co., New York London) in cui polemizzava con il Fondo Monetario Internazionale per il ruolo, a suo avviso destabilizzante, che esso aveva giocato sullo scenario mondiale negli anni Novanta. In particolare, Stiglitz accusava il Fondo Monetario Internazionale di aver sbagliato i suoi interventi nella crisi asiatica e di aver errato anche nel promuovere la dottrina della terapia shock per la transizione al mercato da parte delle economie ex comuniste. A quest ultimo riguardo, i successi della strategia gradualista della Cina venivano contrapposti agli insuccessi della Russia. Ebbene, in uno scambio assai poco accademico con Stiglitz, l allora capo economista dell FMI, Kenneth Rogoff, sostenne che era solo questione di tempo, ma il sistema bancario 60

CINA 1 cinese sarebbe imploso di lì a poco sotto il peso dei prestiti non esigibili, trascinando con sé l economia nazionale. Nello specifico, il sistema bancario cinese era dominato e lo è ancora, sebbene in minor misura da quattro banche statali elefantiache: Industrial and Commercial Bank of China, Bank of China, China Construction Bank e Agricultural Bank of China. La più piccola di esse, Agricultural Bank of China, contava 300.000 dipendenti mentre la più grande, Industrial and Commercial Bank of China, toccava i 500.000 dipendenti. Il principale problema per queste banche era e in parte è ancora il meccanismo di governance, in base al quale esse erano indotte a erogare credito a condizioni vantaggiose alle State Owned Enterprises (SOE), laddove la gran parte delle SOE macinava perdite su perdite, generando, secondo una rilevazione del 2003 della People s Bank of China, circa il 60% dei prestiti non esigibili (Non Performing Loans, (NPL) delle quattro principali banche statali (Zhou, 2004). Per questo, il sistema bancario veniva additato dagli esperti come il vero tallone d Achille dell economia cinese. Non soltanto era poco efficiente e poco sofisticato (il net interest income rappresenta tuttora l 87% del reddito totale delle banche cinesi e l approdo a Basilea II è ancora lontano), ma nel 2002, il Fondo Monetario Internazionale stimava che il volume di NPL bancari fosse prossimo al 50% del PIL cinese e, ancora oggi che gli NPL sono intorno al 7%, molti analisti dubitano della sostenibilità di lungo periodo del percorso di risanamento. A distanza di un lustro, si può osservare che le cose sono andate diversamente da quanto Rogoff e il Fondo Monetario Internazionale prevedevano, i quali peraltro non erano isolati a predire un futuro fosco per le banche cinesi. _L acquisizione della divisione di personal computer dell IBM, che aveva stupito molti, è solo un esempio della crescente penetrazione cinese nei mercati avanzati che sta procedendo a ritmi molto elevati Grazia Neri_Sinopix (2) Cosa c è dietro l internazionalizzazione Che dire a questo punto? La crescente propensione agli IDE delle banche cinesi è un evoluzione stupefacente, soprattutto per la sua velocità. Ciò, in primo luogo, perché il percorso di consolidamento cross-border del sistema bancario internazionale è ancora molto più arretrato di quello manifatturiero anche per ciò che riguarda le operazioni fra Paesi avanzati e i Paesi emergenti hanno, sinora, giocato un ruolo meramente passivo. Cosa è cambiato, dal punto di vista cinese, che ha spinto un sistema bancario che, ancora nel 2003, aveva una quota di prestiti non esigibili sul totale dei prestiti erogati pari al 20,4%, a raggiungere livelli di produttività tali da poter sopportare i costi di un espansione internazionale? La risposta più probabile è che è cambiata profondamente la strategia di ristrutturazione del sistema bancario seguita dal governo. Un passaggio cruciale è rappresentato dall adesione alla WTO (11 dicembre 2001), che ha comportato l impegno ad aprire il settore bancario alla concorrenza straniera dall 11 dicembre 2006. Ciò ha imposto, infatti, di operare affinché al 2006 il sistema bancario cinese fosse sufficientemente efficiente e competitivo per evitare il rischio di una migrazione di depositi e prestiti verso gli intermediari esteri. Dal 2003, la strategia di ristrutturazione del sistema bancario cinese è passata dalla cura degli effetti dell inefficienza bancaria (vendita di NPL e ricapitalizzazione) all intervento sulle cause (sistemi di corporate governance, cattive procedure di risk management, e rapporto incestuoso fra banche e imprese pubbliche). Dal 61

SE IL BRUTTO ANATROCCOLO DIVENTA UN CIGNO punto di vista istituzionale, i principali passaggi sono stati: i) il trasferimento della vigilanza bancaria dalla People Bank of China alla China Banking Regulatory Commission, ii) la scelta di trasformare le State Owned Banks in corporations e prepararle alla quotazione, vincolando un ultima ricapitalizzazione alla riduzione dei NPL a livelli occidentali, iii) la decisione di favorire il consolidamento delle SOE concentrando l attenzione pubblica solo sulle principali, il che ha ridotto le pressioni sulle banche (la creazione della State-owned Assets Supervision and Administration Commission, SASAC è stata strumentale a questo fine); iv) una serie di misure di modernizzazione del sistema bancario (autorizzazione all emissione di obbligazioni bancaria subordinate e ibride, rimozione del trattamento preferenziale delle maggiori SOE nel calcolare l assorbimento di capitale, l istituzione di un credit registry per imprese e individui e, infine, la molto attesa legge fallimentare). Inoltre, non può essere trascurata l importanza, in termini di pressione concorrenziale, dell accesso in Cina di molte banche straniere (sia come investitori nel capitale di banche straniere, sia come operatori in proprio grazie alle potenzialità aperte dalla nuova legge del dicembre 2006) e del dinamismo della banche di secondo livello (Joint Stock Commercial Banks e City Commercial Banks). La pressione concorrenziale ha spinto le principali banche cinesi a guardare con attenzione alle potenzialità di crescita all estero. Infine, la crescita economica, l aumento dei profitti e le ricapitalizzazioni hanno consentito, dopo tanti anni di distruzione di capitale, alla banche cinesi di dotarsi del free capital necessario per investire all estero e pianificare acquisizioni. Per saperne di più Zhou, X. (2004), Some issues concerning the reform of the State-owned commercial banks, Speech by the Governor of the People s Bank of China, at the IIF Spring Membership Conference, Shanghai, 16 April. Chiarlone, S. e A. Amighini (2007), L Economia della Cina. Dalla pianificazione al mercato, Carocci, Roma. Chiarlone, S. e G. Ferri (2008): Future evolution of the Chinese banking system, in Bongini, P., Chiarlone, S. e G. Ferri (eds.), Emerging Banking Systems, Palgrave McMillan, London, forthcoming. Ministry of Foreign Commerce of the People Republic of China (2007), 2006 Statistical Bullettin of China s Outward Foreign Direct Investment. Infatti, le banche cinesi dopo la ricapitalizzazione (controvalore di circa 60 miliardi di dollari) e la quotazione in borsa degli scorsi anni (controvalore di circa 63 miliardi di dollari) hanno un ampia disponibilità di liquidità in valuta estera che l impostazione restrittiva della politica monetaria cinese spinge a non impiegare in Cina. Qualora dovessero convertirla in Renmimbi, le conseguenze sarebbero un rafforzamento del Renminbi o gli eventuali interventi di acquisto di valuta da parte della banca centrale porterebbero a un aumento della liquidità in circolazione e si tratta di un opzione non gradita dalle autorità. Allo stesso modo, la politica monetaria finalizzata a ridurre la crescita eccessiva del credito e a raffreddare il boom degli investimenti (continui aumenti del coefficiente di riserva obbligatoria e dei tassi interesse) sconsiglia una politica creditizia aggressiva o investimenti nell ammodernamento della rete retail. In questo contesto, non stupisce che la stessa China Banking Regulatory Commission, tramite dichiarazioni di suoi funzionari di primo livello incoraggi pubblicamente le banche cinesi a investire all estero per partecipare alla competizione internazionale e migliorare la propria competitività. Tutto bene per le banche cinesi? No, non tutto bene e non è detto che l improvvisa espansione internazionale sia del tutto positiva, laddove dovesse distogliere l attenzione dal completamento del percorso di ristrutturazione del sistema bancario cinese che deve dotare le istituzioni di questo Paese di meccanismi di origination e risk management molto più sofisticati: sebbene i NPLs siano diminuiti fra il 2003 e il 2006 dal 20,4% al 7,2%, non è ancora detto che lo stato di salute dei bilanci bancari cinesi sia ormai tranquillizzante. Ma la realtà è più articolata di quanto si pensasse 5 anni fa. Anche perché, come capirebbe pure un bambino, un economia che cresce a lungo ai ritmi cinesi avrà degli squilibri ma ha anche grandi capacità di compensazione e dunque, in fin dei conti, non stupisce più di tanto che come le sue imprese industriali anche le sue banche inizino a tentare di avere quella dimensione internazionale che le dimensioni dell economia del Paese loro consente. La speranza, per la stabilità finanziaria globale, è che non sia la tempistica a essere eccessivamente affrettata. Le opinioni espresse sono esclusivamente degli autori e non necessariamente riflettono le visioni dei rispettivi istituti di appartenenza. 62