L osservazione e la valutazione del caso della donna detenuta



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L osservazione e la valutazione del caso della donna detenuta Per anni la detenzione femminile si è caratterizzata per trattare i problemi e le difficoltà delle donne allo stesso modo in cui venivano trattati quegli degli uomini, con una scarsa analisi diagnostica delle differenze in termini di bisogni e di manifestazione in relazione al sesso e al ruolo della donna madre rispetto all uomo, generalizzando così problemi invece specifici. L osservazione e la valutazione del caso della donna detenuta si focalizza in modo peculiare in un caso specifico: la maternità in carcere. Si riconosce psicologicamente, nella letteratura ormai consolidata, l orientamento che per un adeguato sviluppo relazionale, affettivo, comportamentale del bambino, il suo rapporto con la madre è di primaria importanza per la crescita cognitiva, emotiva e sociale 1. La privazione della figura di riferimento, che un bambino figlio di madre detenuta subisce, rappresenta una situazione da subito traumatica, che pur contraddicendo espressamente i contenuti della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell infanzia 2, ha promosso negli ultimi anni un crescente interesse per tale problematica, traducendosi attivamente in una serie di interventi legislativi (ultimo un disegno di legge del 2011) che rappresentano un quadro di riferimento, in cui la detenzione in carcere di una donna madre di prole di età inferiore a tre anni costituisca una condizione eccezionale, per evitare e/o ridurre al minimo il rischio che lo sviluppo psico-fisico di un neonato e un bambino nei primissimi anni di vita, possa subire effetti patologici, a causa 1. di una prolungata permanenza in ambiente istituzionalizzato così peculiare (si prevede la presenza del minore 0-3 anni in istituto penitenziario con la mamma) oppure di un prolungato e prematuro distacco dalla figura materna. Tuttavia, nella quotidiana osservazione della realtà penitenziaria del nostro paese il fenomeno della presenza in 1 A riguardo si citano qui S. Mantovani Susanna, L. Restuccia Saitta, C. Bove- Attaccamento e inserimento. Stili e storie delle relazioni al nido - Ed. Franco Angeli (2003) ; G. Attili Ansia da separazione e misura dell'attaccamento normale e patologico Ed. Unicopli (2001); L. Carli Dalla diade alla famiglia. I legami di attaccamento nella rete familiare -Ed. Cortina Raffaello (1999) 2 Si legga la Convenzione ONU sui diritti dell infanzia e dell adolescenza(convention on the Rigths of the Child) -Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 (fra i tanti gli artt. 19 e 20)

ambiente detentivo di bambini di età inferiore a tre anni con le rispettive madri, se pur numericamente ridotto, non appare del tutto eliminato. Attualmente l ordinamento penitenziario afferma la centralità della figura materna nello sviluppo dei figli minori, in quanto permette alla detenuta che lo desideri o che abbia scarsa assistenza per lasciarli ad altri di tenerli con sé in istituto. C è da precisare che, per contro, la struttura penitenziaria femminile non viene adattata /modificata in vista della presenza di un minore: spesso l organizzazione viene lasciata alla madre, alla buona volontà delle altre detenute, all impegno degli agenti penitenziari, degli educatori e di altri operatori volontari. L ambiente penitenziario, nella diade madre figlio, è uno spazio psicologico particolarissimo, che ne crea un legame simbiotico ancora più forte: esso è privo di contatti con l esterno e vissuto dentro una realtà femminile. Le madri non sbagliano mai Lo spazio penitenziario è un luogo completamente diverso dall esterno: il rispetto di orari, la ristrettezza degli spazi, il dipendere dalla concessione di permessi, il troppo silenzio/ rumore, le cadenze per l organizzazione igienica, sono alcuni esempi di come sia difficile per un bambino adattare i suoi tempi, fisiologici, di cura, di crescita emotiva in un contesto dove la scoperta del mondo non si qualifica per stimoli e risposte che possano favorirgli l osservazione, la relazione, l apprendimento in modo semplice e sereno. A ciò si aggiunge che le madri non sbagliano mai 3 : con questa frase si vuole sottolineare quanto l istinto materno, al di là di ogni condizione contingente, tenda generalmente a proteggere il proprio figlio. La madre detenuta cerca di far avvertire il meno possibile al suo cucciolo gli ostacoli fisici e psicologici che l ambiente penitenziario frappongono alle sue esigenze di crescita. Per certo ne deriva che il carico di ansia, il senso di colpa, la frustrazione che scaturiscono per la mamma da questo contesto, da questo tempo, dal mondo lasciato in sospeso, se non contenuti, non aiutano né il suo l equilibrio né il benessere del bambino. 3 Frase presa in prestito da un bellissimo libro di G. Bollea Le madri non sbagliano mai - edito da molte case editrici, dedicato ai genitori che si sentono confusi di fronte al complesso ruolo di azione con i figli. Il libro ha lo scopo di orientare le madri a restituire serenamente risposte ai messaggi, quasi sempre semplici e diretti, che i piccoli lanciano.

D.Winnocott, nella teoria dell attaccamento, sosteneva che l infante non esiste se non nel senso di un essere totalmente dipendente dal suo ambiente, costituito fondamentalmente dalla cure materne. Tali cure, che Winnicott riassume nel concetto di holding, sintetizzabili nel sostenere fisicamente e psicologicamente il neonato (considerando che il piccolo non sa che esiste qualcosa oltre a Sé), vanno traslate anche nella CARE per la madre detenuta: contenendola affettivamente e psicologicamente può essere in grado di giungere a soddisfare i bisogni del proprio bambino 4. Progettare il benessere della diade madre detenuta/figlio Cosa si può fare? Da quanto premesso sempre più si sente la necessità di interrogarsi sul sistema migliore per articolare, in un ottica di soluzione del problema in esame, il controllo sociale penale e la prassi amministrativa adeguata per migliorare questa specifica esperienza detentiva. Occorre definire strategie risolutive alle situazioni di rischio che si osservano e si analizzano nei bambini in termini di mediazione e orientamento positivo allo sviluppo della peculiare diade madre detenuta figlio, che appare condizionato fortemente sul versante psicologico, sociale e cognitivo comportamentale. Nell ambito progettuale specifico di un azione di interventi finalizzati a restituire alla madre detenuta e a suo figlio una relazione contenuta serena, è premettere che focalizzare lo uno studio in un equipe esperta (costituita da psicologi, pedagogisti, sociologi, personale penitenziario, educatori) prevede che tipologie di intervento non possono omettere la responsabilizzazione del reo, che per sua natura, soprattutto a seguito di un percorso detentivo prolungato, interiorizza una modalità di adattamento all ambiente penitenziario (femminile in questo caso) tipicamente passivo, acritico e rassegnato. L analisi della condizione dell internata madre può essere di varia estensione: si passa dal a) ritiro dalla situazione, con una conseguente forma di regressione, che diviene una linea intransigente con cui la madre detenuta, seppure in modo inconsapevole, sfida l istituzione rifiutando di cooperare con il personale, alla b) colonizzazione secondo cui tutto quanto l istituzione può offrire viene vissuto in maniera stabile/adattiva, alla c) 4 Sull argomento: Di D.Winnocott Gioco e realtà ( Armando Editore 2005) e I bambini e le loro madri (Ed. Cortina Raffaello 1987)

conversione, che si esplicita come allineamento perfetto alle regole imposte dalla disciplina del regime penitenziario. Da questa analisi nasce la prima fase di ricerca (in ingresso/propedeutica) relativa alla scelta di tempi, all organizzazione di spazi, alla linea progettuale di attuazione. Gli obiettivi progettuali pianificati in fase iniziale e le specifiche azioni e strategie di intervento, seppure elencati, non possono essere letti con esposizione sequenziale in quanto essi sono da intendersi in una interazione temporale e organizzativa in rete. Un progetto pensato con gli obiettivi di seguito proposti richiede uno staff completo e complesso che deve essere formato da esperti del Coordinamento Scientifico, da un responsabile del Coordinamento con gli Istituti penitenziari, dal Direttore della sezione femminile dell Istituto penitenziario coinvolto nel project, da personale a supporto delle attività tecniche/amministrazione, da operatori tecnici e di assistenza dei locali durante le fasi di studio e di ricerca, da ricercatori universitari 5 per le azioni di studio e di disseminazione dei prodotti, da esperti in formazione e azione negli istituti su metodologie di relazione efficace madri/figli, da esperti in tecniche clown terapeutiche, da operatori esperti per le attività laboratoriali e da un numero di volontari per le azioni di laboratorio negli istituti. Obiettivo 1: Creare un innovativa figura di normalizzatore del benessere della detenuta madre. L obiettivo 1 si concretizza in un azione formativa propedeutica e in itinere rivolta a giovani laureati (appartenenti al mondo del volontariato) in Psicologia, Scienze dell educazione, Scienze della Formazione Primaria, Sociologia, Pedagogia, Servizi Sociali, e formati in Clown terapia, funzionale a costruire il ruolo del normalizzatore nello specifico contesto di azione penitenziario, con il focus sulle strategie di intervento e di mediazione relazionale atte a promuovere il ri orientamento al benessere della diade madre detenuta figlio accolto. La realizzazione dell obiettivo viene supervisionata da un Comitato Scientifico, costruito all interno dello staff. Obiettivo 2: Ricostruire un nuovo equilibrio psico-fisico delle madri detenute, attraverso l azione di figure di sistema normalizzanti. L obiettivo 2 si realizza attraverso la messa in pratica di laboratori ri- educativi, all interno degli istituti penitenziari femminili, con interventi di esperti esterni in 5 In psicologia e pedagogia della devianza, in psicologia sociale e dello sviluppo, in diritto penitenziario, in sociologia della devianza, ecc

pedagogia della devianza, pedagogia relazionale, psicologia, in clown terapia che orientino l azione dei volontari e del personale interno coinvolto verso il ristabilirsi dell equilibrio madri detenute con i propri bambini. Le azioni possono valorizzare a) la terapia del sorriso (clown terapia) funzionale al ristabilirsi di una situazione di salute psico affettiva, b) i laboratori del colore (si immagini alla costruzione di un ambiente fisico meno separato dal mondo extra penitenziario lasciato in sospeso, con murales, ambienti colorati, scenografie ludiche), c) laboratori di riabilitazione simbolica, attraverso una sorte di Ospedale delle bambole (riparare oggetti, ad esempio in collaborazione con le scuole di utenza dei figli delle detenute e/o di altre scuole del territorio, può avere una forte funzione riparatrice della propria realtà penitenziaria). Obiettivo 3: Garantire un contatto efficace delle madri detenute con il mondo esterno attraverso la relazione affettiva con i propri figli, curando il disagio psicologico dell angoscia di abbandono. L obiettivo 3, attraverso le azioni laboratoriali (di cui all obiettivo precedente), realizza una funzionalità emozionale, cognitiva e relazionale della detenuta con l altro da sé, migliora il livello di auto affermazione dei figli nelle relazioni e nei comportamenti sociali. Gli stimoli ambientali innovativi proposti dal progetto nell istituto penitenziario condizionano positivamente le due situazioni: sia quella della madre, che vive esperienze significative di benessere col proprio figlio, valorizzandone il suo proprio ruolo e accettando il distacco in maniera meno dolorosa; sia quella del figlio, che accetta gradualmente l ambiente e col tempo riporta nelle relazioni interpersonali e sociali extra carcerarie esperienze significative da poter raccontare. L obiettivo viene monitorato dalla predisposizione di un piano di ricerca scientifico e di supervisione pianificato dal Comitato Scientifico. Obiettivo 4: Promuovere l efficacia dell umanizzazione della relazione tra detenute e personale interno agli istituti penitenziari femminili/alle sezioni femminili finalizzata a valorizzare un percorso di CARE : riconoscere e ridurre le situazioni qualificate come agenti di stress e di depressione, preservando la salute della madre detenuta e il benessere della relazione detenuta- personale interno. L obiettivo 4, valorizzando le fasi intermedie di monitoraggio e di valutazione progettuale, mira a registrare i comportamenti e i cambiamenti cognitivi che il progetto realizza attraverso l azione dei laboratori presentati e delle tecniche clown terapeutiche prodotte.

L intervento laboratoriale con strategie di relazione interpersonale e di pedagogia del benessere strutturato in un contesto speciale si pone il triplice risultato di 1. favorire una relazione madre detenuta/ figlio funzionale ad un benessere famiglia/ bambini; 2. promuovere nel personale interno agli istituti penitenziari coinvolti una maggiore attenzione all umanizzazione del rapporto con le detenute; 3. potenziare e ampliare la formazione e l offerta in contesti penitenziari femminili di giovani appartenenti al mondo del volontariato. Azioni, interventi, monitoraggio In questo contesto ambientale qualunque situazione che potrebbe essere vissuta dal bambino come una frustrazione va trasformata in una situazione di crescita verso una condizione maggiormente rassicurante, che gradualmente amplifichi il suo senso di adeguatezza ed il suo bisogno di espressività e di affettività. Obiettivo degli interventi di azione negli istituti penitenziari femminili è quello di ridurre il lento ( e purtroppo costante atteggiamento di chiusura) che facilmente tende a presentarsi come segnale significativo del livello di difficoltà e gravità emotiva del bambino figlio di detenuta. Solo se è presente una situazione di rassicurazione affettiva si riesce a superare tale effetto, ed è proprio attraverso i rinforzi e le conferme che volontari e figure esperte possono costruire (progetto di vita), che il bambino può superare regressivi meccanismi di difesa e continuare invece il suo processo evolutivo in modo sereno e stabilizzante. Il project, secondo gli obiettivi individuati in fase iniziale, nei primi mesi rileva l esigenza primaria dello sviluppo di una formazione/ full immersion funzionale a potenziare la conoscenza e le competenze specifiche del contesto di azione penitenziario femminile. Essa, realizzata da professori universitari e da esperti psicologi e pedagogisti, orienta gli operatori / volontari e il personale interno di vigilanza all avvio del progetto operativo. Si passa pertanto alla seconda fase in cui si attiva il raggiungimento dell obiettivo della promozione del benessere madre detenuta figlio. In tale periodo si strutturano i laboratori con volontari,clown dottori e personale interno, atti ad azionare una modifica cognitivo comportamentale nella diade madre bambino, mirante all accettazione della situazione psicologica di detenzione e alla possibilità di viverla con modalità di relazione salutari.

Il percorso 6 si costruisce su laboratori emozionali di potenziamento dell autostima e della percezione di sé, con positivo supporto della terapia del sorriso come strumento di miglioramento dell accettazione della situazione di detenzione. In una fase immediatamente successiva è importante ristabilire un nuovo momento formativo (di verifica intermedia, ma non solo), focalizzato sulla rimodulazione del progetto nella specifica attenzione al burnout che, presente in genere in alcuni operatori in contesti così peculiari come quello penitenziario, non dovrebbe più emergere come condizione di disagio in un piano di lavoro organizzato in tal modo. Una verifica in itinere, percorso dovuto in ogni azione progettuale sistematica ha anche l obiettivo di analizzare punti di forza e di eventuale debolezza del percorso agito e di raccogliere il gradimento dell esperienza negli utenti, nel nostro caso delle madri detenute e dei piccoli partecipanti. Dopo aver migliorato le condizioni psico affettive delle madri e dei bambini si opera un laboratorio della terapia del colore, che consiste in una riqualificazione dello spazio fisico: proponendo una riorganizzazione 7 degli ambienti, per renderli meno separati dal mondo lasciato in sospeso si pianifica con le mamme e i bambini la cura dei luoghi, la coloritura delle pareti, la realizzazione di quadri murali, la messa in atto di tecniche di mosaicismo. A questo punto del percorso può essere importante dare visibilità al progetto, con la presentazione dei risultati parziali prodotti che, con il supporto della ricerca azione condotta dagli esperti e dai partner, serva a rendere visibile alle detenute tutte e al territorio dell esperienza in itinere. Si riattiva così una nuova fase, ri equilibrata sui risultati dei monitoraggi intermedi, che gradualmente metta in contatto detenute e bambini col mondo esterno, attraverso varie azioni. Può essere un esempio la realizzazione di un ospedale delle bambole, un luogo simbolico/fisico attraverso il quale, con la raccolta di materiali e oggetti provenienti dalle scuole del territorio, si riabilitano/guariscono, in una bottega predisposta nell istituto penitenziario, giocattoli in disuso. Azioni di questo tipo attivano 6 Che va costantemente monitorato (a cura di esperti, Direttori delle sedi penitenziarie, clown dottori e volontari coinvolti) al fine di registrare gli effetti di 1. miglioramento della condizione di detenzione delle madri e 2. valorizzazione del progetto di vita dei bambini coinvolti. 7 Nei limiti concessi dalla condizione di detenzione. Qui infatti si fa riferimento soprattutto ad un percorso sul colore degli spazi agiti dalle detenute.

nelle detenute il mondo dei bambini e dei ragazzi, in maniera funzionale a tenere la continuità psicologica del benessere e della salute. Impatto sociale del project Sostenere il legame con la madre detenuta è l obiettivo progettuale proposto finora: lavorare per prevenire la rottura contribuisce a salvaguardare la capacità interna del bambino di allontanarsi dal genitore senza perderlo, ovvero di separarsene a livello psichico in modo non traumatico, grazie alla sua capacità di rappresentarsi separatamente. Pertanto il progetto intende definirsi come progetto di vita, all interno non solo della situazione penitenziaria, ma oltre, nelle istituzioni scolastiche, negli spazi familiari e di tempo libero dei bambini che si qualificano come parte attiva ad un tale progetto: l investimento si potenzia soprattutto sulla valorizzazione del volontario che opportunamente formato diventa il mediatore affettivo e educativo di una diade di relazioni (madre detenuta/figli) così delicata sul piano sociale e formativo. Il progetto trova come risultati efficaci, nel contesto della separazione dovuta alla detenzione della madre, la sua capacità di rassicurare e sostenere la struttura psichica e relazionale del bambino e del suo nucleo familiare, promuovendo una positiva ricaduta anche nelle azioni di assistenza sociale e di supporto psicologico e di tutela al minore interessato. Ciò consente di maturare e di favorire una rappresentazione sociale dell esperienza delle donne e madri detenute, che superi il pregiudizio dell evitamento, del occultamento della verità sulla condizione della detenuta ; per contro si vuole che la madre detenuta non si allontani dal figlio e dagli affetti, ma entri a fare parte anche lei di una rete sociale di riferimento, in cui il tra le sbarre diventa, in modo graduale e curato, l oltre le sbarre : l integrazione tra contesto penitenziario e extrapenitenziario si realizza promuovendo una forte motivazione alla legalità come opportunità di cambiamento e come spinta psicologica dei bambini coinvolti ad accettare e a raccontare la storia genitoriale e familiare attuale. Il progetto qui presentato può essere strategia di miglioramento della qualità del servizio nelle sezioni femminili degli istituti penitenziari, che, con la personalizzazione di spazi attrezzati e adatti all infanzia, implementi il sostegno specifico alla relazione e alla comunicazione da parte di professionisti, di personale educativo e di sorveglianza, orientando una promozione al valore di una cittadinanza attiva, che aiuta, con esperienze di questo tipo, la condizione di accettazione della detenzione e la

conseguente motivazione ad agire un reale cambiamento in termini cognitivo comportamentali della persona detenuta.