CORRELAZIONE FRA ANALISI GENETICA E VALUTAZIONE ORMONALE, CLINICA E METABOLICA NELL IPERPLASIA SURRENALICA CONGENITA LATE-ONSET



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Università degli Studi di Roma "Sapienza" Facoltà di Farmacia e Medicina Dottorato di Ricerca in Medicina Molecolare XXV Ciclo CORRELAZIONE FRA ANALISI GENETICA E VALUTAZIONE ORMONALE, CLINICA E METABOLICA NELL IPERPLASIA SURRENALICA CONGENITA LATE-ONSET Coordinatore Chiar.mo Prof. Alberto Gulino Tutor Chiar.mo Prof. Vincenzo Toscano Candidato Dott.ssa Cecilia Motta Anno Accademico 2011/2012

INDICE 1. IPERANDROGENISMO... 3 1.1 Irsutismo.... 3 1.2 Acne... 7 2. SINDROME DELL OVAIO POLICISTICO... 8 2.1 Epidemiologia... 8 2.2 Eziopatogenesi... 8 2.3 Fisiopatologia... 11 2.4 Quadro clinico... 12 2.5 Anatomia patologica... 13 2.6 Diagnosi... 13 2.7 Implicazioni metaboliche... 17 2.8 Terapia... 20 3. IPERPLASIA SURRENALICA CONGENITA... 24 3.1 Epidemiologia... 24 3.2 Aspetti genetici... 25 3.3 Quadro clinico... 26 3.4 Profilo ormonale e diagnosi di laboratorio... 27 3.5 Terapia... 28 4. ALTRE CAUSE DI IPERANDROGENISMO... 30 4.1 Irsutismo ed iperandrogenismo idiopatici... 30 4.2 Sindromi da severa insulino-resistenza... 30 4.3 Neoplasie androgeno secernenti... 32 4.4 Sindrome di Cushing... 32 5. OBIETTIVO DELLO STUDIO... 33 6. MATERIALI E METODI... 34 6.1 Analisi genetica... 37 6.2 Analisi statistica... 39 7. RISULTATI... 40 8. DISCUSSIONE... 66 9. CONCLUSIONI... 79 10. BIBLIOGRAFIA... 80

1. IPERANDROGENISMO Per iperandrogenismo si intende sia un aumento degli androgeni circolanti che una eccessiva sensibilità dell unità pilosebacea a livelli plasmatici normali degli stessi; le manifestazioni cliniche più frequenti sono l irsutismo e l acne, ma anche l alopecia androgenetica, la virilizzazione e le alterazioni del ciclo mestruale. L unità pilosebacea è una struttura cutanea costituita dal bulbo pilifero e dall annessa ghiandola sebacea. Vi sono tre tipi di follicoli piliferi (pelo di tipo vello, follicoli medi e follicoli terminali) situati in quattro settori cutanei diversi, i quali reagiscono in modo differente agli stimoli androgenici: un settore androgeno indipendente che comprende i peli non sessuali (es. capelli, ciglia), un settore androgeno dipendente (es. ascelle e pube) che risponde allo stimolo degli androgeni deboli (DHEA, DHEA-S), un settore androgeno dipendente rappresentato dai peli sessuali (es. mento, labbro superiore, torace, dorso etc.) che risponde alla stimolazione degli androgeni forti (testosterone e diidrotestosterone) ed un settore che manifesta una risposta paradossa agli androgeni, localizzato nello scalpo. Dopo la pubertà i peli mostrano un ciclo vitale di durata variabile (non meno di sei mesi) che si distingue in tre fasi: fase di sviluppo (anagen), di involuzione (catagen) e di riposo o equilibrio (telogen). Nella donna, il 25% del testosterone è di origine surrenale, il 25% di origine ovarica ed il restante 50% deriva dalla conversione periferica del DHEA, DHEA-S e dell androstenedione. Nell unità pilosebacea il testosterone viene trasformato in diidrotestosterone (DHT) dall enzima 5α-reduttasi di tipo I. Il DHT determina quindi un incremento della crescita del pelo ed una trasformazione del pelo da vello a pelo terminale. Il testosterone circola in gran parte legato alla SHBG, quindi, condizioni che provocano una diminuzione dei livelli circolanti della proteina di trasporto, determinano iperandrogenismo per maggiore biodisponibilità dell ormone a livello dei tessuti. 1.1 Irsutismo. L irsutismo è il miglior marcatore clinico della presenza di iperandrogenismo, 3

ed è definito dalla presenza di peli terminali in zone in cui la donna normalmente è glabra. (1) Dall irsutismo va distinta l ipertricosi, che viene definita come la presenza di peli a tipo vello (morbidi, sottili e chiari) in zone in cui è normalmente presente crescita di peli nella donna. La gravità dell irsutismo viene misurata attraverso una scala, di Ferriman- Gallwey, che assegna un punteggio da 0 (assenza) a 4 (disposizione pilifera francamente maschile) in 9 diverse zone del corpo sensibili agli androgeni (Fig.1); valori 8 in donne di razza caucasica indicano la presenza di irsutismo. (2) Questa metodica presenta, tuttavia, diversi limiti, fra cui la soggettività della valutazione, la possibile sottostima nei casi in cui l irsutismo sia localizzato esclusivamente in alcune aree, la mancata valutazione di alcune aree corporee (ad es. basette) e la standardizzazione per donne adulte, bianche, in età riproduttiva. Figura 1: Scala di Ferriman-Gallwey La crescita di peli terminali è interamente dipendente dalla presenza di ormoni androgeni; (1, 3) questi inducono, nelle aree del corpo androgeno-dipendenti, lo sviluppo del vello in peli terminali, fortemente pigmentati e dal diametro maggiore. L irsutismo deriva dall interazione fra gli ormoni androgeni circolanti e la sensibilità 4

dei follicoli piliferi a questi. La risposta dei follicoli piliferi agli androgeni è determinata dal metabolismo locale di questi ormoni, in particolare dalla conversione del testosterone in diidrotestosterone da parte dell enzima 5-α reduttasi e dal successivo legame di queste molecole al proprio recettore (recettore per gli androgeni). Quindi la presenza di irsutismo può essere dovuta sia ad una eccessiva produzione di androgeni, che ad una eccessiva sensibilità dell unità pilo-sebacea a valori normali di essi. Quando ci si riferisce ad aumentati valori di androgeni circolanti, in realtà, bisognerebbe distinguere la quota totale da quella libera di legarsi al proprio recettore; infatti il testosterone circola legato alla propria proteina di trasporto, sex-hormone binding globuline (SHBG), e ad altre proteine plasmatiche, quali l albumina. Nella donna la quota di testosterone libero si aggira attorno al 2%, la forma legata alla SHBG è intorno all 80% e quella legata all albumina è all incirca del 20%. Classicamente la piena bioattività del testosterone è stata attribuita alla piccola percentuale di molecola che circola in forma libera. (4) La misurazione diretta del testosterone libero con le metodiche attualmente disponibili (metodi radioimmunologici RIA, CLIA ed ELISA diretti o dopo estrazione e/o cromatografia) non è affidabile e pertanto raccomandabile per la scarsa accuratezza, sensibilità e compatibilità tra i laboratori. (5) Alternativamente, l unica misurazione diretta affidabile del testosterone libero è il metodo della dialisi all equilibrio (tecnica che consiste nella separazione fisica, mediante una membrana, del testosterone legato alle proteine e di quello libero) (6-8) o la precipitazione con ammonio solfato (9) per la determinazione del testosterone bioattivo. Entrambe le tecniche però, non sono utilizzabili nella diagnostica di routine perché costose e laboriose. Il testosterone libero e quello biodisponibile possono essere invece calcolati mediante appropriati algoritmi matematici che utilizzano come variabili il testosterone totale, l SHBG e l albumina. I valori ottenuti attraverso questi algoritmi risultano essere attendibili e paragonabili a quelli ottenuti attraverso la dialisi all equilibrio o la precipitazione in ammonio solfato. In particolare, il FAI (Free Androgen Index) che e- sprime il rapporto T/SHBG (FAI= (testosterone totale in nmol/l SHBG in nmol/l) x 100), con intervalli di riferimento ben definiti, è il più utile e clinicamente sensibile indice di iperandrogenismo nella donna e può essere utilizzato insieme ai criteri clinici nella diagnosi e nel follow-up. Un FAI superiore a 4,5 è indice di iperandrogeni- 5

smo biochimico. (7) L irsutismo non è necessariamente indicativo quindi di una eccessiva produzione di ormoni androgeni, e la sua gestione terapeutica è, nella maggior parte dei casi, indipendente dalla sua eziologia. Non bisogna però dimenticare che può essere spia di altre patologie sottostanti che richiedono uno specifico trattamento, possono avere implicazioni riguardo alla fertilità e possono avere necessità di una consulenza genetica. Per questo, nel 2008, l Endocrine Society ha proposto delle linee guida, con un algoritmo da utilizzare come approccio alla paziente affetta da irsutismo (Fig. 2). (10) Figura 2: Flow-chart diagnostico-terapeutica per l'irsutismo (modificata da Martin et al. Evaluation and treatment of hirsutism in premenopausal women: an Endocrine Society clinical practice guideline. J Clin Endocrinol Metab 2008; 93:1105-20). La causa più frequente di irsutismo nelle donne in età fertile è la sindrome dell ovaio policistico (PCOS): questa è una diagnosi di esclusione, infatti oltre alla PCOS vi sono numerosi altri disordini da eccesso di androgeni che possono presentarsi nelle donne, meno frequenti; essi includono la iperplasia surrenalica congenita non classica (NCAH), le sindromi da severa insulino resistenza, le neoplasie androgeno secernenti (ASNs), l irsutismo e l iperandrogenismo idiopatici, l uso di farmaci ad azione androgena o anabolizzante (glucocorticoidi, fenitoina, diazossido, mino- 6

xidil, acido valproico). 1.2 Acne E una eruzione della cute caratterizzata dalla presenza di comedoni, papule, pustole, noduli e ascessi, dovuta ad un infiammazione batterica cronica dell unità pilo sebacea secondaria a ipersecrezione sebacea e iperheratosi con ostruzione dell ostio pilo sebaceo e accumulo di sebo. L iperandrogenismo, infatti, causa delle modificazioni della composizione del sebo ghiandolare che conducono a ipercheratosi del dotto escretore con fenomeni di congestione del sebo all interno del dotto stesso. Il risultato è la formazione di comedoni. Essa non è sempre distinguibile da quella di normale riscontro nella pubertà, ed è un sintomo meno frequente e meno patognomonico di iperandrogenismo. 7

2. SINDROME DELL OVAIO POLICISTICO La prima definizione della PCOS risale al 1721 ad opera di Antonio Vallisneri, discepolo di Marcello Malpighi, che descriveva una paziente affetta dalla sindrome nel modo seguente: giovane rustica maritata, moderatamente pingue ed infeconda, con due ovaie più grandi del normale, come uovo di colomba, bernoccolute, lucenti, biancastre. Descritta per la prima volta in maniera sistematica nel 1935 da Irving Stein e Michael Leventhal, la sindrome dell ovaio policistico (PCOS) è uno dei più comuni disordini endocrini nelle donne in età riproduttiva e una delle più frequenti cause di ipe- (11, 12) randrogenismo e oligo-anovulazione. La complessità e l eterogeneità nella presentazione hanno reso controversa e quasi mai univoca la definizione di questa sindrome nei diversi campi di interesse endocrinologico, ginecologico e psichiatrico. (13) Importanti sono inoltre le implicazioni cliniche, psicologiche, sociali ed economiche e le gravi complicanze metaboliche che ne derivano e che la rendono una endocrinopatia multisistemica. 2.1 Epidemiologia La prevalenza riportata della PCOS varia dal 3% all 11% a seconda dei criteri diagnostici e della popolazione studiata. Utilizzando i criteri NIH del 1990 la prevalenza della PCOS varia dal 6.5% all 8% delle donne in età riproduttiva. Meno chiara è invece la prevalenza della PCOS diagnosticata con i criteri di ESHRE/ASRM del 2003 da cui ci si aspetta una prevalenza più alta. (14) 2.2 Eziopatogenesi Sebbene l eziologia della PCOS sia sconosciuta, attualmente sono stati proposti tre potenziali meccanismi patogenetici: - Alterazione dell asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, con aumentata secrezione di LH e conseguente inversione del rapporto LH/FSH. 8

- Alterazione primitiva della steroidogenesi ovarica e/o surrenalica. - Disfunzione metabolica caratterizzata da insulino-resistenza e iperinsulinemia. Sebbene l ovaio rimanga centrale nella patogenesi, non è stato ancora possibile determinare se la causa primaria risieda nell ovaio, nell asse ipotalamo-ipofisi o nel surrene cioè se l iperandrogenismo sia la conseguenza degli aumentati livelli di LH o se al contrario ne sia la causa. (15) L eziopatogenesi è verosimilmente multifattoriale; l insieme di più fattori a- giscono determinando un vero e proprio circolo vizioso che porta, alla fine, al quadro sindromico successivamente descritto. Non è ancora chiaro, allo stato attuale, quale sia l evento patogenetico che innesca la reazione a catena. Quello che appare certo, invece, è che, a prescindere da quale sia l evento iniziale, si determina una condizione di iperandrogenismo (probabilmente relata ad una ipertecosi, ovvero una maggior attività delle cellule della teca), che innesca una eccessiva produzione aciclica di e- strone e che a sua volta determina una iperproduzione di gonadotropine, soprattutto di LH. Sembra che alla base dell iperandrogenismo vi sia una disregolazione dell enzima citocromo P450c17 che catalizza l attività 17, 20 liasica e le reazioni di 17 idrossilazione. (15) Questo citocromo è espresso sia nel surrene che nell ovaio ed è un enzima chiave nella sintesi di androgeni tanto che la sua aumentata attività, attribuita all iperfosforilazione della serina nella molecola dell enzima, potrebbe spiegare l iperandrogenismo sia ovarico che surrenale. Gli aumentati livelli di androgeni influenzano la secrezione di gonadotropine attraverso un alterazione del feed-back: la conversione degli androgeni a livello del tessuto adiposo fornirebbe il substrato per un aumentata produzione di estrogeni e in particolare di estrone, estrogeno debole che assieme all eccesso di androgeni aumenterebbe la pulsatilità e la liberazione di GnRH a livello ipotalamico e a livello ipofisario la sensibilità delle cellule gonadotrope al GnRH, con produzione preferenziale di LH e perdita della ciclicità della sua secrezione, mentre i livelli di FSH rimangono nei limiti. Gli aumentati livelli di LH stimolano ulteriormente la produzione di androgeni da parte delle cellule della teca realizzando un circolo vizioso che mantiene l iperandrogenismo. Le anormalità del pattern di pulsatilità delle gonadotropine mostrato nelle donne con 9

PCOS ha fatto proporre come causa iniziale dello sviluppo di un quadro di PCOS una disregolazione ipotalamica primitiva per alterazione intrinseca del pulse generator del GnRH, con aumento della frequenza e dell ampiezza dei picchi secretori prevalentemente di LH rispetto all FSH. (16) Contribuiscono all iperandrogenismo e all alterata secrezione delle gonadotropine, la resistenza insulinica e l iperinsulinemia. Quest ultima è la diretta conseguenza della necessità di mantenere l omeostasi del glucosio e quindi uno stato di euglicemia nelle giovani donne con PCOS, a cui spesso si associa obesità centrale, attraverso un compensatorio aumento nella secrezione di insulina. (17) L insulino-resistenza, difetto metabolico frequentemente riscontrato nelle PCOS, potrebbe essere riferito anche ad una ridotta funzionalità del recettore insulinico sostenuta da una iperfosforilazione dei residui serinici del recettore. La sua eccessiva fosforilazione, determinando anomalie nella attivazione post-recettoriale, riduce la sensibilità all ormone, la sua attività endocrina e stabilisce così una situazione di insulino-resistenza. (18) Essendo l insulina implicata nella down-regulation della SHBG a livello epatico e quindi nella modulazione dell attività androgenica attraverso una diminuzione dei livelli circolanti di SHBG, la suddetta resistenza insulinica aumenterà la quota libera degli androgeni circolanti. (19) Ciò va ad aggiungersi all azione simil-lh dell insulina sulle cellule della teca che stimola la sintesi di androgeni a livello tecale mediante l attivazione del citocromo P450c17sia direttamente che in sinergia con le gonadotropine, potenziando l azione dell ormone luteinizzante (LH). (20) L insulina inoltre attiva il sistema IGF (insulin growth factor) dell ovaio, fattore di crescita e importante regolatore della sintesi ovarica di androgeni, inducendo l espressione dei recettori ovarici dell IGF1 e inibendo la produzione epatica della proteina 1 di legame dell IGF1 (IGF1-BP) responsabile dell inibizione della produzione dell SHBG e quindi del conseguente aumento del testosterone. (17) In aggiunta all aumentata produzione androgenica ovarica, nelle pazienti con PCOS è frequentemente aumentata la produzione androgenica surrenalica. Questo è stato attribuito all aumentata sensibilità del surrene all ACTH. (21, 22) Evidenze suggeriscono una disregolazione dell enzima 11 β idrossisteroidodeidrogenasi nelle donne con PCOS che porta ad una sua ridotta espressione sistemica. Ne deriva un aumentato catabolismo del cortisolo che risulta in un corrispondente incremento della produzione 10

(23, 24) androgenica surrenalica. Anche l ormone anti-mulleriano (AMH) sembra avere un ruolo nella patogenesi della PCOS; esso è una citochina della famiglia dei TGF-β che deve il suo nome alla sua capacità di determinare la regressione dei dotti Mulleriani una volta secreto dalle cellule del Sertoli del testicolo fetale. L AMH è secreto dalle cellule della granulosa del follicolo antrale e pre-antrale nell ovaio. Agisce sul follicolo antrale diminuendo l induzione dell aromatasi da parte dell FSH. (25, 26) Sembra che l AMH agisca nei primi stadi della follicologenesi inibendo il reclutamento dei follicoli primordiali e che i livelli circolanti siano più alti nelle pazienti con PCOS tanto da poter essere implicati nel meccanismo di compromissione dell ovulazione tipico della PCOS. (27) 2.3 Fisiopatologia In condizioni fisiologiche l LH controlla la produzione di androgeni da parte delle cellule della teca dei follicoli ovarici mentre l FSH agisce sulle cellule della granulosa che convertono gli androgeni in estrogeni. La PCOS si caratterizza per l iperproduzione androgenica e gli elevati livelli di LH con aumento del rapporto LH/FSH. (28) Pertanto gli androgeni prodotti in eccesso dalle cellule tecali a livello del follicolo ovarico non vengono trasformati in estrogeni dalle cellule della granulosa, non essendo queste ultime stimolate a sufficienza dall FSH. Conseguentemente, la combinazione di elevati livelli di androgeni, insufficiente a- zione dell FSH ed elevati livelli circolanti di insulina e IGF-1 sono direttamente correlati con l arresto della maturazione follicolare e con il riscontro caratteristico di o- vaie policistiche per la presenza di follicoli bloccati nella fase antrale, prima dell emergenza del follicolo dominante. Il mancato incremento del progesterone in fase luteinica contribuisce inoltre a mantenere l alterazione della secrezione delle gonadotropine. A livello adiposo, la conversione degli androgeni in estrogeni, in particolare in estrone, modifica il rapporto estrone/estradiolo a favore del primo. La produzione di estrogeni risulterà pertanto aciclica e la loro azione a livello degli organi bersaglio, non bilanciata dal progesterone, determina così a sua volta un aumento della secrezione di LH a livello ipofisario. (29) Gli aumentati livelli di estrogeni 11

stimolano inoltre, la proliferazione del tessuto adiposo causando obesità o accentuandone la predisposizione genetica. 2.4 Quadro clinico Per sua natura, la PCOS è una endocrinopatia eterogenea e, in quanto tale, lo spettro di manifestazioni cliniche e biochimiche che la caratterizzano varia dalla combinazione di più sintomi alla manifestazione isolata di uno di essi. (30) Conseguentemente non esiste un singolo marker tale da poter essere considerato come gold standard diagnostico. Generalmente la PCOS viene riconosciuta per la presenza di disfunzione mestruale e ovulatoria, iperandrogenismo (irsutismo, acne e alopecia androgenica) e, frequentemente, di obesità. Clinicamente la disfunzione ovulatoria può presentarsi con evidenti irregolarità mestruali, spesso risultando in oligo-amenorrea o sanguinamenti uterini anomali così come può invece presentarsi subclinicamente senza obiettività (oligoanovulazione subclinica). In quest ultimo caso, cioè nelle donne clinicamente iperandrogeniche eumenorroiche, la presenza di anovulazione può essere valutata nella pratica clinica determinando i livelli di progesterone sierici entro il 20-24 giorno del ciclo. (31) Nella maggior parte delle pazienti con PCOS (dal 75% all 85%) la disfunzione mestruale è clinicamente evidente e generalmente caratterizzata da infrequenti (50% dei casi) o assenti (30% dei casi) sanguinamenti mestruali. Al contrario, la polimenorrea (cicli mestruali della durata inferiore ai 26 giorni) è relativamente rara. (32) L infertilità è presente dal 40% al 70% delle pazienti. L eccesso di androgeni è responsabile dell ipertricosi, dell irsutismo, dell acne e dell alopecia androgenica. L irsutismo rappresenta uno dei sintomi più frequenti (65-75%). (33) L acne, associata alla PCOS, interessa dal 15 al 25% delle pazienti. (33) In rari casi si osservano invece quadri di virilizzazione con ipertrofia delle masse muscolari, ipertrofia del clitoride, modificazioni della voce, aspetto mascolino e alopecia androgenica. Va però ricordato che fattori costituzionali e genetici e la sensibilità recettoriale per gli androgeni condizionano l entità dell irsutismo e che l iperandrogenismo può coesistere anche con una normale distribuzione pilifera. L obesità accompagna frequentemente la PCOS e circa il 50% delle donne con 12

PCOS sono obese. (32) Compare spesso in epoca perimenarcale e la sua presenza sembra essere associata ad una minor probabilità di ottenere una gravidanza. Sia nelle pazienti obese che normopeso sono spesso presenti iperinsulinemia e insulino-resistenza spesso anche clinicamente obiettivabile con il riscontro di acanthosis nigricans. 2.5 Anatomia patologica Dal punto di vista macroscopico l ovaio policistico si presenta spesso ingrandito, liscio o mammellonato, con un aumentato spessore corticale. Microscopicamente, a livello sottocapsulare, sono presenti numerose cisti ovariche (microcisti) di diametro variabile (4-7 mm) con ridotto numero di cellule della granulosa e iperplasia delle cellule tecali. Questo ultimo aspetto anatomopatologico è il dato di più frequente riscontro. Le cisti non sono altro che follicoli antrali, bloccati nel loro stadio di sviluppo, ma che non sono andati in contro ad atresia. Occasionalmente possono essere presenti corpi lutei o corpi albicanti. (29) La presenza di cisti ovariche non è una condizione necessaria per effettuare la diagnosi di sindrome dell ovaio policistico e, al contrario, la presenza di cisti ovariche (ovaio policistico) non necessariamente implica la presenza di una sindrome dell ovaio policistico (PCOS). L ovaio policistico e la sindrome dell ovaio policistico sono due entità diverse che vanno chiaramente distinte. 2.6 Diagnosi La definizione della sindrome dell ovaio policistico (PCOS) rappresenta uno degli argomenti di maggior interesse ma anche di grande contrasto in letteratura endocrinologica tanto che i criteri per diagnosticarla hanno generato nel tempo significative controversie, subendo negli ultimi anni diverse variazioni. Questo non deve sorprendere se si considera che tale sindrome è determinata da un ampio spettro di segni e sintomi che la rendono estremamente eterogenea nella presentazione. A ciò va aggiunta l eziologia ancora incerta e l assenza di un marker attendibile che impediscono quindi di stabilire una chiara ed inequivocabile diagnosi. Va inoltre detto che la diagnosi ha importanti implicazioni sulle portatrici della pato- 13

logia ad esempio l aumentato rischio di infertilità, di menometrorragie, di carcinoma endometriale, di obesità, di diabete mellito di tipo 2 e di malattia cardiovascolare, i- noltre la necessità di una terapia farmacologica per tutta la vita e il coinvolgimento, principalmente ma non esclusivamente, di sorelle e figlie, per la possibile base genetica della malattia. (31) Attualmente appaiono essere tre le definizioni di PCOS più comunemente utilizzate: quella del NIH (National Institutes of Healt), quella della European Society for Human Reproduction and Embryology (ESHRE) e American Society for Reproductive Medicine (ASRM) e quella, più recente, dell Androgen Excess and PCOS- Society. Il NIH ha definito la PCOS nell aprile del 1990 come la presenza di anovulazione cronica associata a segni clinici o biochimici di iperandrogenismo, dopo l esclusione di altre patologie come l iperprolattinemia, disordini tiroidei, iperpalsia surrenalica congenita, la sindrome di Cushing, ecc., che potrebbero simulare una PCOS. (33) Va notato che, sebbene le ovaie policistiche fossero spesso osservate, la loro presenza era indicativa ma non diagnostica della sindrome perché la morfologia dell ovaio non rientrava in questa definizione. Nel corso degli anni è stato comunque riconosciuto come l anovulazione non fosse necessariamente cronica e che episodi intermittenti, o anche prolungati, di regolari cicli ovulatori potessero interrompere il pattern di sanguinamenti vaginali anovulatori o di amenorrea. I successivi criteri diagnostici furono proposti da una conferenza promossa dall European Society for Human Reproduction and Embryology (ESHRE) e dall American Society for Reproductive Medicine (ASRM) nel 2003 a Rotterdam. La diagnosi di PCOS era definita dalla presenza di almeno due delle tre manifestazioni che seguono: oligoanovulazione o anovulazione, segni clinici e/o biochimici di iperandrogenismo, ovaie policistiche all ecografia pelvica, dopo aver escluso i disordini che potrebbero simulare una PCOS. (34) Va notato che tutte le donne diagnosticabili attraverso i criteri NIH del 1990 possono incontrare la definizione Rotterdam, ma che i criteri ESHRE/ASRM ampliano la definizione di PCOS aggiungendo due fenotipi addizionali, includendo donne con ovaie policistiche e segni clinici e/o biochimici di iperandrogenismo e donne con ovaie policistiche e disfunzione ovulatoria ma senza iperandrogenismo clinico e/o biochimi- 14

co. I più recenti criteri sono stati definiti nel 2006 dall Androgen Excess and PCOS- Society (AES) la quale ha eseguito una revisione di tutti i dati presenti in letteratura per provvedere ad una definizione evidence-based della sindrome dell ovaio policistico, che fosse quella già impiegata o meno, al fine di indirizzare la diagnosi clinica e le ricerche future. In base ai dati disponibili è opinione dell AES che per ciò che concerne il fenotipo della PCOS debbano essere accettate le originali indicazioni del 1990 proposte dal NIH includendo alcune modificazioni che tengano in considerazione i concetti e- spressi nel corso della Conferenza di Rotterdam del 2003. La PCOS viene quindi definita dalla presenza di iperandrogenismo clinico e/o biochimico associato ad almeno uno dei seguenti criteri:: oligo-anovulazione cronica e/o ovaie policistiche all ecografia pelvica. (31) Vengono definite quattro caratteristiche principali della PCOS: 1) Disfunzioni mestruali e dell ovulazione che interessano il 75% delle donne affette da PCOS, ma le cui percentuali possono arrivare al 95% perché anche in presenza di eumenorrea vi può essere oligoanovulazione cosiddetta subclinica. Viene ribadito che in tale caso fa testo la misurazione del progesterone fra il 20 e il 24 giorno dopo l inizio del ciclo. 2) L iperandrogenismo biochimico che si osserva in una percentuale che varia dal 60 all 80% delle pazienti. Occorre sempre valutare il testosterone che è, tra gli androgeni, il più comunemente alterato. Il contributo dell elevazione dell androstenedione a determinare lo stato di iperandrogenismo si valuta in una percentuale del 10% dei casi, mentre nel 25% dei casi si assiste all incremento del DHEA-S, che nel 10% dei casi è l unico androgeno ad essere aumentato. In ogni caso viene sottolineato come il dosaggio degli androgeni debba essere sempre associato alla diagnosi clinica e mai impiegato come unico criterio. Infatti viene ricordato che non solo una percentuale tra il 20 e il 40% delle donne con PCOS presenta un normale profilo androgenico, ma che spesso il dosaggio degli androgeni non è eseguito con metodiche attendibili. 3) Irsutismo, acne ed alopecia androgenica. Circa il 60% delle donne con PCOS 15

sono irsute indipendentemente dalla etnia. Il 15-25% delle PCOS presenta acne ma non è chiaro se le pazienti PCOS siano più affette da acne rispetto alla popolazione generale. Infine l alopecia pur essendo un segno che contraddistingue la PCOS si presenta generalmente in percentuali basse (5%). 4) Policistosi ovarica. Quando vengono esaminate mediante ecografia transvaginale si ritrovano ovaie policistiche nel 75% dei casi di PCOS. Le ovaie policistiche possono essere definite tali solo se almeno una delle due presenti un volume maggiore di 10 cm 3 oppure 12 o più follicoli che abbiano un diametro compreso tra 2 e 9 mm. Viene ribadita l importanza di eseguire l ecografia per via transvaginale tenendo conto tuttavia di tutte le problematiche connesse all impiego di tale tecnica. (31) E necessario escludere la presenza di iperplasia surrenalica, di sindromi da severa insulino-resistenza, di neoplasie secernenti androgeni, di iperprolattinemia e di a- normalità tiroidee, valutando il 17-OH-progesterone, il DHEA-S, l androstenedione, la prolattina e gli ormoni tiroidei. Infine è posto l accento sulla necessità di escludere anche l irsutismo idiopatico definito come irsutismo in presenza di ovulazione e in assenza di iperandrogenemia. (31) L AES conclude con le seguenti raccomandazioni: - La PCOS è una malattia da eccesso di androgeni. Pertanto non si può definire Sindrome dell Ovaio Policistico senza la compresenza clinica o ormonale di iperandrogenismo. - La morfologia ovarica è di supporto alla diagnosi ma non è dirimente. - E invece dirimente la disfunzione ovulatoria anche se non è presente in tutti i casi di PCOS - L eumenorrea non garantisce riguardo la presenza di normale ovulazione. - Vanno sempre escluse altre cause che possano dare disfunzione ovulatoria, policistosi ovarica o iperandrogenismo. - L obesità, l insulino-resistenza, l iperinsulinismo, l aumento di LH o del rapporto LH/FSH, pur se presenti in una significativa parte delle pazienti, non possono essere usate nella diagnosi della PCOS. 16

2.7 Implicazioni metaboliche A dispetto dell incertezza sulla causa primaria della PCOS, è stato recentemente stabilito come l iperinsulinemia sia un fattore chiave soprattutto per le importanti implicazioni sulla salute a lungo termine. Numerose evidenze suggeriscono che l insulino-resistenza e la risultante iperinsulinemia aumentino la secrezione ovarica di androgeni. Inoltre come conseguenza della stessa, donne con PCOS mostrano un profilo lipidico aterogenico, una aumentata concentrazione di PAI-1 e una elevata incidenza di ipertensione arteriosa e diabete mellito di tipo 2. (35) La maggior parte delle donne con PCOS presenta una forma di insulino-resistenza che risulta, indipendentemente dal peso, intrinseca alla sindrome, e legata anche all adiposità nelle donne obese. (36) E stato infatti ipotizzato che una predisposizione genetica, esacerbata da un errato stile di vita e dall obesità, sia la causa dell insulinoresistenza, la quale può contribuire alla PCOS e ad un aumentato rischio di sequele a lungo termine come diabete mellito gestazionale, alterata tolleranza al glucosio e diabete mellito di tipo 2, dislipidemia e malattie cardiovascolari. (37) Il difetto metabolico potrebbe essere riferibile ad una ridotta funzionalità del recettore insulinico sostenuta da una iperfosforilazione dei residui serinici del recettore. La sua eccessiva fosforilazione attenua infatti il segnale endocrino dell ormone e stabilisce così una situazione di insulino-resistenza. In sostanza quindi lo stesso meccanismo di iperfosforilazione, che a livello del citocromo P450 C17 induce iperandrogenismo ovarico e surrenalico, può, modificando l attività del recettore per l insulina, spiegare anche l insulino-resistenza. Rimane comunque ancora inspiegato come l ovaio rimanga sensibile all azione insulinica mentre i tipici organi bersaglio (fegato,tessuto adiposo e muscolo) di questo ormone risultino resistenti alla sua azione. E stato infatti ipotizzato che gli effetti ovarici indotti dall insulina in condizioni di insulino-resistenza siano mediati da un pathway di azione diverso da quello coinvolto nel metabolismo del glucosio. (38) Misurare l insulino-resistenza può essere perciò clinicamente utile sia per valutare il rischio relativo di queste patologie sia per l eventuale ricorso a farmaci insulinosensibilizzanti. La metodica standard di riferimento, pur limitata dai costi elevati e dalla complessità di esecuzione, è il clamp euglicemico iperinsulinemico, che forni- 17

sce un indice (M) che è la misura dell utilizzazione del glucosio da parte dei tessuti in condizioni standard di substrato - glicemia regolata con infusione di glucosio - e di stimolo - insulina infusa a concentrazione costante. (39) L insulino-resistenza può essere valutata anche attraverso semplici indici come l HOMA-IR (Homeostatic Organic Model Assessment) calcolando il valore di insulina (mui/ml) x glicemia basale (nmol/l)/22.5, (40 ) la curva da carico di glucosio e l insulinemia. Adiposità addominale, sovrappeso e obesità sono largamente presenti nelle pazienti con PCOS e la caratteristica distribuzione del grasso viscerale porta all insulino-resistenza, all iperandrogenismo, all iperglicemia, alla dislipidemia, all ipertensione arteriosa e a stati protrombotici e pro-infiammatori con conseguente aumentato rischio cardiovascolare. La localizzazione viscerale del grasso è così strettamente associata ad una riduzione della sensibilità insulinica, da far considerare l'obesità androide come un importante marker di insulino-resistenza. La caratteristica distribuzione del grasso corporeo in queste donne può anche regolare la produzione e il metabolismo degli androgeni. Infatti donne con obesità centrale presentano, rispetto alle donne con obesità periferica, una più alta produzione di testosterone e una più bassa concentrazione di SHBG. (41,42) Quest ultima sembra parzialmente dipendere dagli elevati livelli circolanti di insulina e dalla sua capacità di inibizione sulla sintesi epatica di SHBG. (43) L eccesso di insulina causa anche una iperespressione dei recettori ovarici per LH e aumenta la sensibilità delle cellule gonadotrope alla stimolazione con GnRH. Tutto ciò favorisce la sintesi di sempre maggiori quantità di androgeni. (44) Poiché questi ultimi hanno un importante impatto sia sul metabolismo del glucosio e dei lipidi che sull omeostasi dei grassi è verosimile che lo squilibrio androgenico nell obesità giochi un ruolo importante nella fisiopatologia della sindrome metabolica. (45) Dal punto di vista clinico le pazienti obese con PCOS presentano un aumentato rapporto vita-fianchi e vanno incontro ad ipertensione arteriosa. Presentano inoltre una alterazione del quadro lipidico con aumento del colesterolo totale, LDL e trigliceridi, diminuzione dell HDL ed una ridotta attività fibrinolitica a causa dell aumento dei livelli circolanti di inibitore dell attivatore del plasminogeno (PAI-I). L insieme di questi fattori determina le alterazioni metaboliche proprie della sindrome metabolica 18

ed espone il soggetto ad un aumento del rischio cardio-vascolare. La gravità dell obesità è proporzionale all entità dell eccesso di peso corporeo; abitualmente viene utilizzato l Indice di Massa Corporea o Body Mass Index (BMI) che è il rapporto tra il peso corporeo in chilogrammi ed il quadrato dell altezza espressa in metri (Kg/m 2 ). (46) Sulla base del BMI si distinguono quindi diversi gruppi di soggetti, con distribuzione non lineare del rischio. La misurazione della circonferenza vita rappresenta un indice abbastanza indicativo dell adiposità viscerale e viene quindi frequentemente utilizzato come indicatore di (47, 48) rischio delle complicanze metaboliche e cardiovascolari. La Sindrome Metabolica (SM) è una combinazione di alterazioni metaboliche, non sempre tutte fenotipicamente e contemporaneamente presenti, che determina un incremento del rischio cardiovascolare e il cui primum movens è l insulino- (49, 50) resistenza. Una delle definizioni attualmente riconosciute di SM è quella data dal National Cholesterol Education Program Third Adult Treatment Panel (ATPIII) (51) che pone l accento sull importanza dell obesità addominale quale indicatore di rischio. Per la diagnosi sono richiesti almeno tre dei seguenti criteri: obesità addominale (circonferenza della vita 102 cm nei maschi e 88 cm nelle femmine); colesterolo-hdl <40 mg/dl nei maschi, <50 mg/dl nelle donne; trigiceridi a digiuno 150 mg/dl; glicemia a digiuno 110 mg/dl; pressione arteriosa 130/85 mm Hg a riposo. I più recenti criteri diagnostici per la SM sono stati proposti nel 2005 dall IDF (International Diabetes Federation). (52) Per formulare la diagnosi si richiede la presenza di obesità addominale che viene definita con diversi cut-off di circonferenza vita a seconda del gruppo etnico di appartenenza del paziente (per gli europei > 94 cm nel maschio e > 80 cm nella femmina). Per la diagnosi quindi è richiesta la presenza, oltre che dell obesità centrale, di almeno due tra i seguenti criteri: trigliceridi 150 mg/dl; livelli di colesterolo HDL < 40 mg/dl (nel maschio) e < 50 mg/dl (nella femmina) o terapia ipolipemizzante; pressione arteriosa 130/85 mmhg o terapia antipertensiva; glicemia a digiuno > 100 mg/dl o pregressa diagnosi di diabete mellito di tipo 2. 19

2.8 Terapia La diversità nella presentazione clinica e la fisiopatologia della PCOS si riflettono nelle numerose opzioni terapeutiche. L approccio terapeutico attualmente utilizzato prevede la correzione sintomatica del disturbo per cui la paziente si reca dal medico. La terapia può quindi essere rivolta alla correzione dell irsutismo e al controllo delle manifestazioni cutanee dell iperandrogenismo, alla regolazione dei cicli mestruali e all induzione dell ovulazione nelle pazienti che vogliono ottenere una gravidanza o, infine, al miglioramento della sottostante insulino-resistenza. Modificazioni dello stile di vita: La terapia della PCOS non è solo farmacologica. E di fondamentale importanza infatti controllare l alimentazione e praticare attività fisica. E stato dimostrato che una perdita di solo il 5-7% del peso corporeo migliora le manifestazioni di iperandrogenismo, riduce l iperinsulinemia e ristabilisce l ovulazione e la fertilità in più del 75% delle donne. (53) La perdita di peso infatti aumenta la concentrazione dell SHBG, riduce i livelli di testosterone e la stimolazione androgenica a livello cutaneo, migliora la funzione mestruale e il tasso di concepimento riducendo anche la percentuale di aborti. (54, 55) La dietoterapia e l esercizio fisico devono essere quindi il primo approccio terapeutico nella donna obesa con (56, 57) PCOS. Se l obiettivo primario è la regolarizzazione del ciclo mestruale, la terapia prevede l assunzione di contraccettivi ormonali dati dall associazione di estrogeni con un progestinico che abbia anche caratteristiche antiandrogene in modo da ottenere il duplice effetto di regolarizzazione del ciclo e di riduzione dei segni di iperandrogenismo. L uso dei contraccettivi ormonali infatti, è il più comune trattamento per i sintomi della PCOS vista la capacità di interferire con l attività androgenica attraverso la riduzione della produzione di androgeni, l incremento della sintesi epatica di SHBG e un competitivo legame al recettore per gli androgeni da parte di alcuni progestinici. (13) D altro canto, la terapia ormonale con i contraccettivi orali, oltre a ridurre i sintomi di iperandrogenismo, induce regolari sanguinamenti prevenendo quindi l iperplasia endometriale che può a lungo termine comportare un aumentato rischio di carcinoma endometriale. 20

Se l irsutismo è grave e/o si accompagna all acne e risulta quindi essere il problema principale, oltre alla suddetta terapia ormonale estroprogestinica, usata dai clinici come prima linea di trattamento per acne e irsutismo nelle donne con PCOS che non desiderano la gravidanza, possono essere anche usati farmaci antiandrogeni. Questi ultimi sono divisi in diverse categorie a seconda del loro meccanismo d azione: blocco dell attività del recettore periferico degli androgeni (steroidei, con modesti effetti ormonali e non steroidei, che competono con gli androgeni a livello recettoriale, senza effetti ormonali), inbizione dell enzima 5α-reduttasi. Fra i bloccanti recettoriali steroidei quelli più utilizzati sono il ciproterone acetato e lo spironolattone. Il ciproterone acetato (CPA) è un progestinico derivato dal 17-OH-progesterone, utilizzato da solo o in associazione agli estrogeni nelle donne adulte. Il CPA inibisce significativamente la produzione ipofisaria di LH, con conseguente riduzione della produzione ovarica di androgeni, e blocca il legame specifico degli androgeni ai loro recettori, competendo con tali ormoni nel legame alla struttura recettoriale specifica. Inoltre, grazie all azione simil-glucocorticoidea, è in grado di ridurre la secrezione ipofisaria di ACTH e la conseguente biosintesi surrenalica di androgeni. (58) Grazie al suo accumulo nel tessuto adiposo, ha un emivita lunga. Sono stati proposti numerosi schemi terapeutici che prevedono sia la somministrazione sequenziale (50 mg di CPA dal 5 al 14 giorno del ciclo associato a estrogeni dal 5 al 25 giorno), sia la somministrazione contemporanea (2 mg di CPA associato a 0.035 mg di etinilestradiolo). Lo spironolattone è un inibitore competitivo del legame degli androgeni al loro recettore, oltre ad essere un farmaco anti-mineralcorticoide, utilizzato per trattare l iperaldosteronismo primitivo e secondario. (59) Inoltre, è un debole progestinico e può mostrare proprietà estrogeniche e antiestrogeniche a seconda dell assetto ormonale. Come antiandrogeno agisce anche inibendo direttamente l'enzima 5 alfareduttasi e diminuendo il contenuto microsomiale del citocromo P-450. Clinicamente l'efficacia dello spironolattone è stata dimostrata nell'acne, nella seborrea e nell'irsutismo, senza purtroppo migliorare le anomalie metaboliche presenti nella PCOS. Vengono proposte posologie diverse che vanno dai 50 mg al giorno somministrati dal 5 al 21 giorno del ciclo, ai 200 mg al giorno, suggeriti per i casi più impegnati- 21

vi. Essendo gli effetti collaterali dose-dipendenti, si consiglia comunque di utilizzare il dosaggio minimo efficace. La flutamide è un antiandrogeno non steroideo che si lega a livello del recettore nucleare. (60) Essa inibisce il legame fra diidrotestosterone (DHT) e il recettore per gli androgeni. Alla dose di 62,5-750 mg al giorno migliora gli effetti sia clinici sia biochimici dell iperandrogenismo, riduce il grasso viscerale e migliora il profilo lipidico, senza tuttavia manifestare effetti diretti sul ciclo mestruale e insulino-resistenza. Il farmaco è ben tollerato senza effetti collaterali cronici sulla funzionalità epatica. È, comunque,consigliato un regolare controllo delle transaminasi epatiche nei primi mesi di terapia in particolare se sono presenti segni e sintomi di disfunzione epatica. Sono infatti stati segnalati sporadici casi di grave epatite tossica, necrosi epatica ed encefalopatia epatica, effetti solitamente reversibili una volta terminato il trattamento. La finasteride è un inibitore competitivo dell enzima 5α-reduttasi di tipo 2, il cui uso sistemico riduce i livelli di diidrotestosterone circolanti. Localmente, per risolvere l irsutismo sul volto, ha una certa utilità l uso di preparati topici come l eflornitina idrocloride (Vaniqua ) la quale inibendo l ornitina decarbossilasi, un enzima critico nell inizio della divisione cellulare, rallenta la crescita pilifera. (61) Se l obiettivo primario è l induzione dell ovulazione e la paziente desidera una gravidanza, il farmaco di prima scelta è il Clomifene, un modulatore selettivo del recettore estrogenico che antagonizza il feed-back negativo degli estrogeni endogeni dell asse ipotalamo-ipofisi. Il trattamento con Clomifene dovrebbe riportare l LH nella norma e aumentare la secrezione di FSH attraverso la quale viene stimolata la crescita follicolare e l ovulazione. L induzione dell ovulazione con le gonadotropine si è dimostrata davvero efficace attraverso un regime a basso dosaggio e un graduale incremento della dose controllando ecograficamente le dimensioni del follicolo. (62) Poiché nella sindrome dell ovaio policistico l insulino-resistenza e la conseguente iperinsulinemia hanno un ruolo patogenetico importante, è stato ipotizzato che i farmaci che aumentano la sensibilità periferica all ormone e che ne riducono i livelli plasmatici migliorano il quadro clinico attraverso la regolarizzazione del ciclo mestruale, il ripristino della capacità ovulatoria, il miglioramento della fertilità e la 22

riduzione anche se modesta, dei livelli di androgeni circolanti. (63) Quindi la nuova prospettiva terapeutica potrebbe essere fornita da alcuni ipoglicemizzanti orali che interverrebbero positivamente, interrompendo le connessioni patogenetiche tra l iperinsulinemia e le alterazioni ormonali e metaboliche che si riscontrano nella PCOS. La metformina è una biguanide attualmente utilizzata nel trattamento del diabete mellito tipo 2. I benefici della Metformina sulla sensibilità insulinica sono stati dimostrati nelle donne non diabetiche con PCOS. (64) In queste ultime, l uso della Metformina sembra aumentare, in tempi brevi e indipendentemente dalla perdita di peso, la frequenza delle ovulazioni spontanee e indotte dal Clomifene e la ciclicità mestruale. (65) Si riducono poi anche i livelli di testosterone, soprattutto quello libero. Va infine ricordato che la Metformina riduce i livelli circolanti di colesterolo LDL e quelli di alcuni markers dell aterosclerosi e dell infiammazione cronica subclinica suggerendo possibili effetti benefici nella riduzione del rischio a lungo termine di DM2 e di malattie cardiovascolari. Tra gli insulino-sensibilizzanti vanno inoltre ricordati i tiazolidinedioni (TZD), ipoglicemizzanti orali che aumentano l uptake di glucosio, soprattutto nel muscolo e nel tessuto adiposo, con un meccanismo d azione mediato dai recettori γ-ppar. Il legame dei tiazolidinedioni a tali recettori nucleari induce la trascrizione dei geni che codificano per l azione dell insulina. (66) I glitazoni, in unica dose giornaliera (400-600 mg), agiscono riducendo l insulino-resistenza, quindi i valori plasmatici di insulina, e migliorando notevolmente la secrezione di androgeni da parte dell ovaio. L esperienza con questi farmaci non è sufficiente e i dati attuali sono spesso contrastanti; pertanto altri studi saranno necessari per accertare definitivamente l efficacia di questi ipoglicemizzanti orali nella terapia della PCOS. 23

3. IPERPLASIA SURRENALICA CONGENITA La iperplasia surrenalica congenita o sindrome adrenogenitale è una malattia genetica causata da una serie di difetti della steroidogenesi surrenalica responsabili della diminuita produzione del prodotto finale, il cortisolo, e di un accumulo di steroidi a monte del blocco enzimatico, stimolati dall ipersecrezione di ACTH ipofisario che consegue all ipocortisolismo: si ha pertanto una iperplasia corticale bilaterale. A seconda del tipo di deficit enzimatico e del grado del difetto stesso, totale o parziale, la sindrome si caratterizza per una ridotta secrezione di glucocorticoidi e per una ridotta secrezione od un eccesso di mineralcorticoidi e di steroidi androgeni. Il difetto enzimatico più frequente, che interessa il 90-95% dei casi, è quello dell enzima 21-idrossilasi, la cui attività è mediata dal P450c21, codificato dal gene CYP21A2. A seconda dell entità del deficit enzimatico si distinguono tre forme: la forma classica con perdita di Sali (CAH-SW), la forma classica virilizzante semplice (CAH-SV) e la forma non classica o late-onset (NCAH). Il difetto enzimatico della 21-idrossilasi, impedendo l idrossilazione del progesterone e del 17α-OH-progesterone (17-OHP), blocca la sintesi di DOC e 11- desossicortisolo, e quindi di aldosterone e cortisolo. L assenza totale dell enzima si associa a perdita di sodio, mentre difetti parziali inducono solo virilizzazione semplice e difetti ancora più lievi causano forme ad insorgenza tardiva o criptiche. Gli steroidi prodotti a monte della tappa bloccata sono aumentati. 3.1 Epidemiologia La forma non classica (NCAH) è abbastanza comune, anche se la stima della prevalenza di questa malattia è basata sul calcolo indiretto delle frequenze alleliche più che su uno screening di popolazione. (67) La prevalenza stimata varia da 1:30 a 1:1000 nei diversi studi, a secondo dell etnia: 1:27 negli Ebrei Ashkenazi, 1:100 nei soggetti caucasici, 1:300 in studi condotti sulla popolazione italiana. (68) Fra le donne iperandrogeniche la prevalenza varia dall 1% al 10%: negli USA la prevalenza è all incirca del 1-2% in donne bianche caucasiche ed ispaniche, mentre stu- 24

di francesi, italiani e canadesi mostrano prevalenze del 4-6% e lavori israeliani ed indiani una prevalenza del 6-10%. (69) 3.2 Aspetti genetici Il gene CYP21A2 (o CYP21B) e lo pseudogene CYP21P (o CYP21A1P) sono localizzati sul braccio corto del cromosoma 6 (6p21.3), all interno del complesso maggiore di istocompatibilità (HLA), adiacenti ed alternati a due geni codificanti due isoforme (C4a e C4b) del quarto componente (C4) del complemento sierico. (70) Il gene CYP21A2 è in grado di codificare per un enzima attivo, mentre il CYP21P è uno pseudogene in quanto non attivo a livello trascrizionale per la presenza di numerose mutazioni deleterie. Ambedue i geni sono costituiti da dieci esoni e nove introni con una lunghezza complessiva di 3,4 Kilobasi (Kb); presentano una elevata omologia di sequenza (circa il 98% della sequenza codificante, circa il 96% della sequenza intronica) con una differenza di sequenza di soli 88 nucleotidi. Il trasferimento di sequenze alterate tra questi due geni è responsabile della formazione della maggior parte degli alleli mutati. CYP21A2 è uno dei geni umani maggiormente polimorfici, ne sono stati i- dentificati più di 100 alleli diversi nelle famiglie affette da iperplasia surrenalica congenita. Le mutazioni tipiche della forma classica con perdita salina sono ampie delezioni e uno splicing a carico dell introne 2. Gli alleli associati alla forma late onset sono relativamente pochi; di solito essa è causata dall associazione di due alleli con mutazioni che provocano un lieve deficit enzimatico (omozigosi), o di un allele che provoca un severo deficit enzimatico con uno che ne provoca uno lieve (eterozigosi composta). Il fenotipo è determinato dall allele che produce l enzima con maggior attività residua; per questo motivo i portatori di una mutazione su un unico allele, eterozigoti (carrier) sono considerati asintomatici. (67) Più frequentemente la NCAH è associata all omozigosi per una mutazione puntiforme a carico dell esone 7, V281L, che comporta la sostituzione di una valina con una leucina al codone 281; il prodotto di tale mutazione lieve possiede una attività enzimatica residua del 20-50% rispetto all enzima wild-type. (71) Pazienti portatori della mutazione P30L (sostituzione di una prolina con una leucina al codone 30, nell esone 1) tendono invece ad avere un iperandrogenismo più pro- 25