l Annuario del Lavoro Gli effetti collaterali dell austerità Roberto Sommella Ora che il rischio di una disintegrazione dell euro si è tramutato in una recessione post bellica, qualcuno comincia ad avere dei dubbi sulla terapia prescritta a forza al Vecchio Continente. A cominciare da alcuni medici. Lorenzo Bini Smaghi, dismessi i panni di banchiere centrale europeo, lo ha ammesso senza giri di parole. La crisi dell euro ha avuto una gestione complessa anche perché si è manifestata in modo diverso nei vari paesi dell Unione. In quelli colpiti direttamente, l impatto è stato drammatico per milioni di famiglie e imprese. In altri invece, il clima economico e sociale ha continuato a essere favorevole e non si sono avvertiti a lungo i contraccolpi negativi di quanto stava avvenendo altrove. La diversa percezione della situazione economica nei vari paesi dell euro ha reso più difficile il processo decisionale e la risoluzione della crisi stessa. (v. Lorenzo Bini Smaghi, Morire d austerità, il Mulino 2013). Quindi, in alcuni casi, la terapia di lacrime e sangue è stata controproducente. A una considerazione analoga è arrivato di recente anche il Fondo monetario internazionale. Grazie ad un inchiesta del Wall Street Journal (v. WSJ del 9 ottobre 2013), sono infatti venuti alla luce i verbali degli sceriffi delle finanze internazionali quando nel 2010 la crisi greca esplose in tutta la sua virulenza. Il salvataggio della Grecia non era un programma a favore del popolo ellenico ma a favore dell Eurozona, si sono caricati sulle spalle dei cittadini i costi del salvataggio dei crediti verso Atene delle banche europee, ha rivelato uno dei rappresentanti dei 40 paesi emergenti che si opposero 3 anni fa al piano di Washington: secondo gli oppositori, il paracadute pensato da Usa e Unione Europea, inevitabilmente non si sarebbe aperto su milioni di cittadini. E forse avevano ragione, visto che a un primo salvataggio della Grecia ne è seguito un secondo e si parla anche di un terzo intervento a fronte di una situazione economica greca drammatica, con il Pil contratto di un quinto rispetto al 2009, la disoccupazione giunta al 28% e il debito pubblico gonfiato a dismisura nonostante i tagli ai creditori privati. Era meglio il default che la condanna alla povertà per un decennio? Avevano ragione i due studiosi del Fmi che hanno descritto come le politiche di rigore abbiano avuto sull economia un effetto triplo rispetto a quanto si prevedeva (per dirla in soldoni a un euro di tagli doveva corrispondere solo cin- Roberto Sommella Direttore Relazioni Esterne e Rapporti Istituzionali Autorità Antitrust. 237
quanta centesimi di economia reale in meno, ma il costo della crisi è salito a un euro e mezzo)? Qualcuno comincia a pensare di sì e si guarda con occhi diversi anche alle politiche di rientro dal deficit intimate da Bruxelles a Spagna, Italia e Portogallo: in questi paesi il debito continua ad aumentare e l economia, soprattutto da noi, è ancora tramortita. A che punto è la notte del debito A che punto è la notte in Europa? A più di due anni dalla crisi dell euro, l austerity, oltre a colpire duro i paesi dispregiativamente individuati come Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), comincia a far paura anche a partner molto più solidi dal punto di vista delle finanze pubbliche. Ad esempio, la Germania. La vittoria elettorale di Angela Merkel, lanciata verso un terzo mandato che tutti auspicano di svolta, ha relegato in secondo piano una serie di incognite che incombono Paesi come l Italia dovranno ridurre già dal prossimo anno il loro debito pubblico di circa 50 miliardi di euro l anno in presenza di una ripresa economica ancora lontana e di un pareggio di bilancio fissato nella Costituzione dal 2014. sui futuri effetti di alcune leggi di contabilità europea come il Fiscal compact e il Six Pack; per non dire dell Unione bancaria che imporrà sugli istituti di credito una vigilanza centralizzata e del costituendo Meccanismo europeo salva-stati. Tutti strumenti di difesa degli assetti costituiti. Senza modifiche alla politica economica, l Eurozona dovrà sobbarcarsi nuove restrizioni finanziarie rischiando di tarpare le ali a una crescita che nel 2014 dovrebbe stentare a superare l 1%. Un sentiero strettissimo. Il nodo centrale resta lo sbocco della crisi del debito. Perché paesi come l Italia dovranno ridurre già dal prossimo anno il loro debito pubblico di circa 50 miliardi di euro l anno in presenza di una ripresa economica ancora lontana e di un pareggio di bilancio fissato in Costituzione dal 2014. E così sarà anche per la Spagna e la Grecia, per non dire della Francia, delle cui difficoltà si parla molto poco. E inevitabile dunque che a lungo andare torni in auge il tema della collettivizzazione dei debiti dei paesi comunitari, ripartendo da quel progetto sulla redenzione del debito sponsorizzato a suo tempo anche da una parte della Spd. Quel piano, che oggi pare ancora una bestemmia nel paese in cui si usa la stessa parola (Schuld) per indicare una colpa o una cambiale, ha fatto la forza dei nascenti Stati Uniti subito dopo la guerra di secessione: una federazione, una moneta, un debito. E quindi fondamentale capire in che modo si muoverà la Germania, dopo i ripetuti veti a qualsiasi proposta innovativa a livello europeo. Alcuni segnali lasciano presagire che Berlino potrebbe effettuare una svolta sul fronte dell austerità e contribuire con un peso decisivo alla risoluzione del nodo dei debiti pubblici che superano (e di molto) il 60% del Pil. Una lettura attenta dei numeri dell economia tedesca fa pensare che il muro del rigore a oltranza possa cingere d assedio e alla fine mettere in difficoltà la stessa locomotiva dei lander. Il ruolo della Germania e il nodo del debito Qualche dato tra i più aggiornati può aiutare a capire. Rispetto a un andamento recessivo nell ultimo trimestre del 2012, in cui era stata registrata una contrazione dello 238
Roberto Sommella Gli effetti collaterali dell austeriyà 0,5%, e a una variazione nulla nel primo trimestre dell anno, l economia tedesca ha ripreso a crescere nel 2013 ma batte in testa perché comunque dipende sempre dall andamento della domanda interna e dalle esportazioni. Anche nel paese di Angela Merkel la gente tende ad aprire sempre meno il portafogli. Un inchiesta di Die Zeit, ha sottolineato come dal 2002 al 2012 in Germania si siano creati 2,5 milioni di posti di lavoro, trasformando il vecchio malato d Europa nel leader dell eurozona. Ma a quale prezzo sarebbe bene saperlo. L Agenzia federale del lavoro ha stimato che i lavoratori interinali negli ultimi dieci anni sono passati da 310.000 a 820.000 e dei 500.000 in più solo la metà corrisponde davvero a nuovi posti. Si dirà, meglio un po di flessibilità che la disoccupazione in piena crisi del debito sovrano. Non c è dubbio. Come è vero però che bisogna anche analizzare il potere d acquisto di questa nuova forza lavoro tedesca. Secondo l Ufficio federale di statistica, guadagnano meno di 9,54 euro all ora (una soglia pari a due terzi del reddito medio nazionale) l 87% dei tassisti, l 86% dei parrucchieri, il 77% dei camerieri, il 69% dei commessi, il 68% di tutti i lavoratori interinali, il 68% degli operatori di call center, il 62% del personale d albergo e il 60% dei dipendenti dei servizi di sicurezza privati. E quasi un milione di persone (su 41,8 di popolazione attiva) lavorano più di cinquanta ore settimanali. E la fotografia di una Germania che cresce, ma che probabilmente non pone le basi per una ripresa della domanda interna nonostante i conti in ordine. E la notte del debito è ancora effettivamente molto lunga. Negli ultimi cinque anni il rapporto debito-pil in Germania è passato dal 66 all 81,9%, in Italia si è inerpicato dal 110 al 127%, in Spagna e Portogallo è quasi raddoppiato (rispettivamente da 40 a 84% e da 66 a 123%), in Grecia è arrivato a quota 156% (da 97,4%), in Irlanda è pressoché triplicato (da 44 a 118%). Oltre ai doverosi sforzi riformisti e di tenuta delle finanze pubbliche, senza una crescita economica e in assenza di una condivisione del debito con relativa emissione di eurobond, è un po difficile pensare che si affacci l alba di un nuovo giorno. Gli effetti dell austerity D altronde gli effetti dell austerity si fanno sentire e molto in tutto il Vecchio Continente. Anche prima che iniziasse la crisi finanziaria le disuguaglianze di reddito erano aumentate in molti paesi: oggi, secondo Oxfam, ancora di più, il modello europeo è minacciato dagli effetti di politiche di austerità mal concepite, giustificate all opinione pubblica come il prezzo da pagare di avere una economia stabile e in crescita. Tali misure di austerità, secondo l organismo internazionale che si occupa di diseguaglianze, se non gestite, danneggeranno le conquiste sociali europee, creando una divisione tra paesi e un continente diviso e consolidando la povertà per generazioni a venire. Il salvataggio delle istituzioni finanziarie europee ha fatto bene al sistema bancario, ma ha incrementato (come sottolineato sopra) il debito pubblico di molti paesi del continente. Il raggiungimento del pareggio di bilancio e la riduzione del deficit restaurano la fiducia dei mercati, rimettono in moto l economia e portano alla creazione di posti di lavoro. Tuttavia, l evidenza dimostra che i successi dal punto di vista dell economia reale sono pochi. A tre anni di distanza dall inizio della crisi del debito, le politiche di austerity sembrano aver fallito. L esperienza di Regno Unito, Spagna, Portogallo e Grecia mostra che l aumento del rapporto del debito è direttamente proporzionale alla durezza delle politiche di austerity. 239
I paesi dell Europa stanno avendo livelli record di disoccupazione giovanile di lungo periodo, una generazione che ha, davanti a sé, anni di disoccupazione. Dato che il valore reale del reddito medio continua a precipitare, riducendosi più velocemente nei paesi che hanno implementato tagli aggressivi alla spesa, anche coloro che lavorano hanno davanti un futuro dove saranno significativamente più poveri rispetto ai loro genitori. E il dramma dei workingpoor: in Europa oggi quasi una working family su 10 vive in povertà. Nel 2011 già 120 milioni di persone nell Unione Europea hanno dovuto affrontare la prospettiva di vivere in povertà. Oxfam calcola inoltre che questo numero potrebbe crescere di almeno 15 milioni ed arrivare fino a un massimo di 25 milioni, come risultato delle prolungate misure di austerità. La Croce Rossa ha invece stimato che il tasso di povertà è aumentato addirittura del 75% nell ultimo triennio. Senza considerare che secondo le stime della Commissione Europea il Pil dei paesi dell eurozona a fine 2013 sarà inferiore di ben due punti percentuali rispetto al 2007, anno di inizio della crisi e che i disoccupati sono già aumentati di oltre 7 milioni di unità mentre la Germania, nello stesso periodo, ha visto crescere la sue economia di ben 5 punti percentuali. La Bce e il dogma del rigore Dal suo punto di vista, invece, la Banca centrale europea indica ancora la strada del risanamento dei conti e delle riforme strutturali la via principale per la crescita. L Eurozona, secondo il presidente dell Eurotower, Mario Draghi, è diventata più resistente rispetto a due anni fa e l instabilità non è più in grado di danneggiare le fondamenta dell euro come in passato, mentre può danneggiare le speranze di una ripresa l instabilità politica, come accaduto in Italia nel 2013. Questo per tre ragioni : i progressi compiuti da molti paesi sul fronte della credibilità delle politiche di bilancio, la risposta data nel 2012 dalla Bce alla crisi con l Omt (il programma di riacquisto dei titoli di Stato) e il miglioramento della governance dell Eurozona da parte delle istituzioni comunitarie. Secondo il banchiere centrale europeo sarebbe meglio non guardare solo ai mercati per avere pressioni a favore delle riforme: la vera pressione, ha detto, dovrebbe venire dall interno perché queste riforme sono nell interesse di questi Paesi e vengono decise per il loro bene. Per l ex governatore, la strada per irrobustire la ripresa ancora debole e fragile è conosciuta a tutti, le riforme e le decisioni da prendere sono state dettagliate più volte, ma nessuna apertura è mai arrivata dall Eurotower sulla riduzione delle politiche di austerità. Draghi ha infatti ribadito più volte che non è ancora tempo di abbandonare la strada del risanamento a tappe forzate. Il necessario aggiustamento dei bilanci continuerà a pesare sull attività economica, ma i governi non devono allentare l azione di risanamento dei conti, è il suo mantra. E su questo fronte la Bundesbank, azionista forte della Bce e storicamente contraria a ogni politica monetaria non ortodossa che non contempli la lotta all inflazione, spinge per un rafforzamento dei vincoli di bilancio e si mostra spaventata per il livello di debito pubblico (come sottolineato sopra) raggiunto nei lander. Chi avrà il coraggio di innescare una spirale positiva di rilancio della crescita nell Eurozona, elemento fondamentale anche per le sorti dell economia italiana? E quali saranno i tempi di questa svolta, considerato che nella primavera del 2014 le elezioni 240
Roberto Sommella Gli effetti collaterali dell austeriyà europee potrebbero far registrare un successo di tutti i movimenti più euroscettici e nazionalisti? A questi due interrogativi, purtroppo, nessuno ha ancora dato una risposta. 241