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TRIBUNALE di NAPOLI prima sezione civile Il tribunale, nelle persone dei seguenti magistrati riuniti in camera di consiglio: Carlo Imperiali presidente Roberta Di Clemente giudice Raffaele Sdino giudice rel. ha pronunciato il seguente: DECRETO nel procedimento camerale ex art. 95 e 96 del DPR n. 396/2000 iscritto al n. 37092 del Ruolo Generale dei Procedimenti contenziosi dell anno 2010 TRA F.M., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori C.M. e D. M., elettivamente domiciliato in Comune di Barano d'ischia alla piazza xxx n. xx presso lo studio dell avv. Gian Paolo Buono il quale lo rappresenta e difende in virtù di procura a margine del ricorso unitamente all avv. Susanna Lollini del Foro di Roma RICORRENTE E COMUNE di BARANO d ISCHIA, in persona del Sindaco nella qualità di Ufficiale di Governo, domiciliato ope legis in Napoli alla via Diaz n. 11 presso l Avvocatura Disteettuale dello Stato di Napoli RESISTENTE E PUBBLICO MINISTERO presso il TRIBUNALE di NAPOLI INTERVENTORE NECESSARIO IN FATTO ED IN DIRITTO Con ricorso depositato il 20.07.2010 F.M., premesso: di essere cittadino italiano e statunitense; che in data 10.03.2010 erano nati a El Paso in Colorado i suoi due figli;

che il Consolato Generale d Italia di Chicago aveva richiesto al Comune di Barano d Ischia di trascrivere i certificati di nascita dei minori unitamente al decreto della Corte distrettuale di Boulder (Colorado) che afferma lo stato di parentela del ricorrente con i figli; che l Ufficiale dello Stato civile aveva rifiutato di trascrivere i predetti certificati ritenendo che la registrazione fosse contraria all ordine pubblico; che intendeva impugnare il rifiuto ai sensi degli artt. 95 e 96 del DPR 396/2000; che il provvedimento della Corte distrettuale di Boulder non può essere considerato un atto giudiziario poiché è solo un atto interno che stabilisce, ed ordina, al Birth and Death Registration Handbook come redigere il certificato di nascita; che, in realtà, l unico atto che l Ufficiale dello Stato civile doveva registrare era il certificato di nascita; che i bambini erano nati ricorrendo alla tecnica della maternità surrogata; che la legge n. 40/2004 vieta la fecondazione eterologa e punisce chi in Italia l abbia resa possibile; che la condotta si era consumata interamente all estero, dove è perfettamente legale, e che, comunque, non poteva essere sanzionato il padre a favore del quale era stata applicata la tecnica o i bambini nati con la fecondazione eterologa; che la trascrizione non era contraria all ordine pubblico internazionale italiano in quanto non era in contrasto con i principi generali dell ordinamento; pertanto, concludeva perché, in accoglimento del ricorso, fosse ordinata la trascrizione dei predetti certificati di nascita. Si costituiva il Comune di Barano, a mezzo dell Avvocatura Distrettuale, opponendosi al reclamo in quanto si trattava di atti formati all estero contrari all ordine pubblico anche perché l art. 16 della L. 218/1995 non consente l applicazione della legge straniera se i suoi effetti sono contrari all ordine pubblico; affermava che, in particolare, la legge italiana indicava i limiti della procreazione medicalmente assistita che in questo caso non erano stati rispettati.

La causa era trasmessa dalla sezione distaccata di Ischia al Presidente del Tribunale ritenendo che per tabella doveva essere trattata dalla sede centrale; il Presidente assegnava la causa alla prima sezione civile. Fissata l udienza camerale del 3 giugno 2011, dopo la discussione orale, il P.M. chiedeva termine per depositare le proprie conclusioni. Nell articolato parere concludeva per l accoglimento del reclamo non producendo la trascrizione alcun effetto inconciliabile con il nostro sistema. Ricordata in questi termini la vicenda processuale, in via preliminare va chiarito che l oggetto del giudizio è la possibilità di dare ingresso in Italia, tramite la trascrizione dei certificati di nascita, alla legge straniera che consente la fecondazione eterologa, ai soli fini del riconoscimento del rapporto di filiazione. Poiché l unico limite indicato dal testo unico sullo Stato civile nonché dalla legge di riforma del diritto internazionale privato (peraltro richiamato espressamente nella motivazione del rifiuto alla trascrizione) è l ordine pubblico non appare superfluo precisare in quali termini la nozione vada intesa. E generalmente accettata la concezione dell ordine pubblico come valvola di sicurezza dell ordinamento che, come gli altri concetti valvola, permette all ordinamento giuridico di adattarsi alle trasformazioni sociali, economiche, politiche e culturali, conservando però un carattere proprio: quello di limite protettivo dei principi fondamentali dell ordinamento. Il riferimento ai principi conduce inevitabilmente a parlare dei valori ai quali ogni ordinamento è ispirato; sebbene tra valori e principi vi sia una profonda differenza, poiché i primi affermano ciò che è meglio e prendono origine direttamente dalla sfera etica, mentre i secondi contengono le prescrizioni del dover essere ed attengono alla sfera deontologica, vi è anche una profonda compenetrazione tra loro in quanto i principi contengono i valori. La comprensione di questo stretto legame tra principi e valori si apprezza pienamente nella nozione di ordine pubblico (ideale) poiché, valutato all interno dell ordinamento, finisce con il coincidere con i principi fondamentali, mentre nel relazionarsi all esterno

con un altro ordinamento giuridico chiama in gioco i valori per giungere, come vedremo, ad un accettazione della norma straniera o al rifiuto se incompatibile con gli stessi. L OP qui rilevante è naturalmente l OP ideale o normativo inteso come il sistema coerente ed unitario di valori e principi che informano l ordinamento giuridico e si differenzia da quello materiale o amministrativo che è proprio dello Stato persona e si manifesta nei compiti di polizia e sicurezza pubblica. Ora, in un sistema costituzionale quale il nostro, l OP ideale è il sistema di valori e principi fondamentali che informano storicamente l ordinamento generale della comunità statale e, lungi dal costituire un limite ulteriore alle libertà costituzionali in funzione dei poteri di polizia, sia in ambito interno che in quello internazionale ha la funzione di impedire ad atti con intrinseca funzione precettiva (atti di autonomia privata, sentenze dei giudici stranieri e norme giuridiche straniere) di essere riconosciuti nell ordinamento se pregiudizievoli per i valori che l ordinamento fa propri e tutela. L OP è, dunque, un argine necessario rispetto all ingresso dei predetti atti se in contrasto con i predetti valori, ma nel contempo è la porta che ne favorisce l acquisizione e qui il richiamo è inevitabilmente sia all art. 10 della Costituzione sia all art. 16 della L. 218/1995. E stato osservato come l OP internazionale sia, contemporaneamente, una fortezza ed un ponte in quanto giustifica un atteggiamento di difesa verso gli ordinamenti fondati su valori culturalmente e tradizionalmente così differenti dai nostri da poterli mettere in crisi, mentre uno Stato che partecipa attivamente alla comunità internazionale non può che avere un atteggiamento di apertura verso gli altri Stati in nome della condivisione di principi fondamentali della comune civiltà. Al riguardo, l omissione dell aggettivo internazionale nell art. 16 cit. è stato interpretato dalla dottrina come un opzione a favore della nozione più ampia di OP sia internazionalprivatistica che internazionalpubblicistica in quanto, al posto della tradizionale contrapposizione tra dimensione interna e dimensione internazionalistica, si va diffondendo l idea che i rapporti giuridici privati vadano regolati sia sulla scorta dei

valori interni che di quelli esterni all ordinamento purché accettati come patrimonio condiviso di una determinata comunità giuridica sovranazionale. Per l Italia deve naturalmente intendersi, in primo luogo, la comunità costruita sull Unione europea, ma anche quella più vasta dei paesi aderenti alla CEDU. Pertanto, l accettazione o il rifiuto della norma straniera, rectius dei suoi effetti, avverrà sulla scorta di una valutazione di compatibilità o meno con i valori costituzionali e con quelli condivisi con la comunità internazionale, e non già con singole norme imperative. L OP, infatti, non è la sommatoria delle norme imperative, ma, come si è detto, si muove ad un livello più alto per fungere da barriera o ponte alla normativa straniera o a gli atti di autonomia privata. Ne deriva la necessità di effettuare una lettura della legge n. 40/2004 in chiave costituzionale al fine di verificare quali siano i valori fatti propri dal nostro ordinamento con i quali la norma straniera viene a confrontarsi. Non ci si può, quindi, arrestare di fronte al divieto della fecondazione eterologa di cui all art. 4, comma terzo, osservando che costituisce la condivisione dell impostazione della cd. bioetica cattolica contrapposta alla cd. bioetica laica poiché occorre dare un significato alla legge nel contesto dei principi costituzionali di cui agli artt. 29, 30 e 31. La portata di questi principi può essere pienamente compresa richiamando un precedente di questo ufficio giudiziario: l ordinanza del Tribunale di Napoli del 02 aprile 1997 (in Foro It., 1997, 2677) che, affrontando un giudizio di disconoscimento di un figlio promosso dal padre che in precedenza aveva acconsentito alla fecondazione eterologa, pur affermando che de iure condito il consenso prestato dal marito all inseminazione eterologa non era idoneo ad escludere la legittimità dell azione di disconoscimento, faceva propri i dubbi della dottrina che attribuisce al consenso prestato il significato di condotta socialmente rilevante di assunzione di responsabilità verso una nuova vita. La dottrina più recente, pur apprezzando l attenzione posta nella richiamata ordinanza al dibattito culturale, ha però evidenziato che anche de iure condito la decisione muoveva da una visione semplificatrice in ordine alla preminenza assoluta dello jus veritatis, ossia

il principio che incardina la relazione giuridica di paternità nel corrispondente rapporto biologico tra generante e generato, che trascura la continua tensione tra il favor veritatis ed il favor legitimatis. Che nel nostro sistema costituzionale, oltre alla verità biologica, abbia ingresso e rilevanza anche la verità legale, finalizzata alla tutela dell unità ed intangibilità della famiglia legittima, è chiarito dall art. 30 cost. che nell ultimo comma filtra il diritto alla ricerca della verità biologica attraverso la legge che non può non tenere conto anche del favor legitimatis. La riforma del diritto di famiglia, è stato acutamente osservato, se tende a far coincidere realtà naturalistica e qualificazione formale, non lo fa per un astratto omaggio alla verità come valore assoluto, ma in attuazione del principio di responsabilità nella procreazione di cui al primo comma dell art. 30 cost. Infatti, il diritto/dovere di mantenere, istruire ed educare i figli è l espressione del principio più generale di responsabilità dei genitori derivante dalla procreazione che costituisce il principio guida in materia di rapporto di filiazione. Ne consegue che la ricerca della verità biologica è funzionale ad assicurare ai figli nati fuori dal matrimonio una piena parità con coloro che sono nati nel matrimonio ed è, dunque, strumentale alla tutela della prole. Così intesa, la ricerca della verità biologica esalta il principio della responsabilità procreativa che si atteggia in maniera differente nella procreazione naturale rispetto a quella medicalmente assistita. Nella prima, infatti, la paternità è attribuita sulla base del mero dato biologico senza dare peso alla componente volitiva che accompagna l atto sessuale, nella seconda il consenso ritualmente espresso al ricorso a tali tecniche determina un assunzione volontaria di paternità. Quando il legislatore ha vietato la fecondazione eterologa ha inteso spostare il baricentro del rapporto di filiazione sul dato biologico con un evidente preoccupazione che altre soluzioni più aperte potessero compromettere lo jus veritatis senza però tenere

conto della circostanza che la portata di quest ultimo, come si è detto, non è assoluta ma strumentale alla tutela della prole. In realtà, quello che emerge è piuttosto il cd. favor affectionis ovvero la preminenza che nella costruzione della paternità/filiazione assume il dato volitivo rispetto a quello biologico. Se il dato volitivo ben costituisce l espressione piena del principio cardine della responsabilità procreativa, questo principio non è mai eliso neanche nei casi di procreazione naturale in cui è sotteso al criterio biologico. Il divieto di disconoscimento della paternità per chi abbia espresso il proprio consenso a tecniche di fecondazione eterologa espresso dall art. 9 della cit. legge valorizza ancora una volta a livello di diritto positivo il principio della responsabilità procreativa. Ne consegue che la ratio del divieto della fecondazione eterologa non può essere ravvisata nel bisogno di certezza in ordine allo status di figlio poiché tale certezza ben può essere assicurata dall applicazione del principio di autoresponsabilità. Né il divieto può trovare giustificazione alla luce del diritto alle origini del nato che non trova sicuramente applicazione nell adozione legittimante che fonda la relazione parentale, ancora una volta, sui rapporti affettivi e sull assunzione di responsabilità. Ed, allora, la radicale esclusione di ogni relazione giuridica tra il donatore di gameti ed il nato, contenuta nel terzo comma dell art. 9 cit., è perfettamente in armonia con un quadro normativo che non riconosce con assolutezza la legittimità della pretesa del nato a conoscere le proprie origini. In conclusione, il divieto della fecondazione eterologa non è giustificato dalla necessità di assicurare l osservanza dei principi costituzionali in materia di protezione della prole, ma da una scelta culturale pienamente legittima del legislatore. Da ultimo, va ricordato che quando la Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sull argomento, pur non affermando la legittimità della fecondazione eterologa, si è mostrata possibilista su tale soluzione invitando il legislatore ad individuare un ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti (C.cost., 26 settembre 1998, n. 347).

Cercando di tirare le fila di questo ragionamento può affermarsi che la trascrizione dei certificati di nascita dei bambini nati con la fecondazione eterologa non è in contrasto con l OP ideale poiché, nel nostro ordinamento, il principio guida è quello della responsabilità procreativa finalizzato a proteggere il valore della tutela della prole, principio che è assicurato sia dalla procreazione naturale che da quella medicalmente assistita ove sorretta dal consenso del padre sociale. Pertanto, l ingresso della norma straniera, ovvero dei suoi effetti, non mette in crisi uno dei principi cardine dell ordinamento ben potendo coesistere ed armonizzarsi il divieto di ricorrere a tecniche di fecondazione eterologa in Italia con il riconoscimento del rapporto di filiazione tra il padre sociale ed il nato a seguito di fecondazione eterologa negli Stati Uniti, anche perché questo e solo questo è l effetto prodotto e non certo la legittimazione tout court della fecondazione eterologa. Per completezza, ricordato che l OP esprime la sintesi dei valori costituzionali e di quelli condivisi con la comunità internazionale, va gettato un rapido sguardo sulla legislazione degli altri paesi europei: a parte la legislazione tedesca che consente solo la fecondazione omologa di coppie coniugate ed in vita, la legislazione norvegese consente la fecondazione eterologa, così come la legge francese, quella svedese e quella austriaca che la estendono alle coppie conviventi; infine, il legislatore spagnolo permette la fecondazione sia omologa che eterologa avendo come destinataria la donna e non la coppia e pertanto estendendola anche post mortem. Pur nella varietà delle soluzioni adottate, appare, allora, evidente che la soluzione della fecondazione eterologa non possa essere considerata come del tutto stravagante ed estranea alla cultura giuridica europea. La produzione degli effetti della norma straniera (nel caso in esame del Colorado), pertanto, non collide né con i principi costituzionali né con quelli recepiti dalla comunità internazionale alla quale l Italia appartiene condividendone i valori. L impugnazione va, pertanto accolta. L assoluta novità delle questioni trattate integra i giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M. Il Tribunale accoglie l impugnazione e, per l effetto, ordine all Ufficiale dello stato civile di Barano d Ischia di trascrivere gli atti di nascita di C.M.e D.M.; spese compensate. Così deciso in Napoli in camera di consiglio il 01.07.2011 Il Presidente Carlo Imperiali