Verona, 14/11/2011. Dott. Daniele Degl Innocenti Dottore di Ricerca (PhD) Facoltà di Medicina e Chirurgia di Verona VINO BIOLOGICO



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Verona, 14/11/2011 Dott. Daniele Degl Innocenti Dottore di Ricerca (PhD) Facoltà di Medicina e Chirurgia di Verona VINO BIOLOGICO UN OPPORTUNITÁ PER LA SALUTE E IL TERRITORIO VIDOR, 18/10/2011 Introduzione La Sezione di Anatomia e Istologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Verona (direttore prof. Andrea Sbarbati) collabora da anni con importanti aziende farmaceutiche e gestisce strumentazioni ad elevato rendimento, tra cui risonanza magnetica per immagini, risonanza magnetica ad alto campo, microscopia elettronica. Tra i filoni principali di ricerca vi sono quelli riguardanti cellule gustative, cellule adipose e cellule staminali del grasso e i risultati di queste attività sono testimoniati da numerosi lavori scientifici pubblicati su riviste internazionali di prestigio. Dal 2007 la Sezione svolge ricerche sul rapporto tra alimenti e salute dell uomo e in modo particolare studia le modificazioni che questi inducono nell organismo. Il metodo di indagine utilizzato è stato denominato Food Discovery per la similitudine con la Drug Discovery, l attività con la quale l industria farmaceutica attua la ricerca di nuovi farmaci. Drug Discovery e Food Discovery hanno in comune gli strumenti e le modalità con cui è effettuata la ricerca. Questi studi sono di particolare rilievo poiché aiutano a capire più profondamente il complesso rapporto tra cibo e organismo. Relazione Quando si parla di alimenti, con il termine generico di qualità si fa riferimento a vari aspetti qualitativi, ovvero alla qualità nutrizionale, organolettica, funzionale (o salutistica), igienica, sanitaria ed etico - sociale. Parlando di opportunità per la salute e il territorio ci si riferisce prevalentemente alla qualità funzionale e quella etico - sociale. La prima è in relazione con il contenuto di sostanze benefiche di un alimento, quali antiossidanti, acidi grassi polinsaturi, sostanze con attività protettive, la seconda con l impatto delle pratiche agricole sulla salute dell ambiente, il benessere degli animali, la salute e il reddito degli agricoltori e dei cittadini. Guardando nell ambito di ciascuna famiglia e dei relativi conoscenti, vedremo che molte hanno a che fare con malattie cronico degenerative e ci renderemo conto che una percentuale importante della nostra società è colpita da queste malattie, legate a fattori ambientali. Le attuali nuove generazioni di bambini sono le prime della storia moderna ad avere uno stato di salute peggiore rispetto ai propri genitori (dott. John Peterson Myers, ricercatore in Scienze per la Salute Ambientale, USA). Il problema oggi non è quello dell evidenza scientifica. L evidenza c è (dott. Dominique Belpomme, oncologo, presidente dell Association pour la Recherche Thérapeutique Anti-cancéreuse, Francia). Anche in Italia l incidenza delle malattie cronico degenerative è passata dal 35,9% del 2001 al 38,8% del 2009 e il tasso di consumo dei farmaci dal 33,8% del 2001 al 39,9% del 2009 (dati ISTAT, Health for All 2010). Quest ultimo, a parte quella da 0 a 14 anni, è in aumento in ciascuna categoria di età.

Da anni la comunità scientifica non ha più dubbi sul fatto che l alimentazione rappresenti, nel lungo periodo, un investimento sulla salute. Aspetto che assume un importanza decisiva in una società, come la nostra, che invecchia, in cui aumenta la speranza di vita e si riduce il numero dei giovani in relazione a quello degli anziani: nel 2025, si prevede il sorpasso del numero degli anziani (14,5 milioni di persone sopra i 65 anni di età) rispetto ai giovani (13,7 milioni di persone tra 0 e 25 anni di età). L inversione di questo rapporto rappresenta un problema strategico per la società, poiché può impattare pesantemente sulla salute pubblica ed avere conseguenze economiche difficilmente sostenibili a causa della ridotta proporzione di cittadini che versano i contributi. Le malattie cronico - degenerative sono rappresentate dalle malattie cardio-vascolari, dai tumori, il diabete di tipo 2, le malattie neuro degenerative (tra cui il morbo di Parkinson e la malattia di Alzheimer), le malattie del grosso intestino, le allergie e intolleranze, precedute o meno da obesità e sovrappeso, ipertensione, elevati livelli plasmatici di lipidi, sindrome metabolica (glicemia, trigliceridi, pressione sanguigna elevati, colesterolo HDL basso, circonferenza di vita maggiore di 85 cm nelle donne di 100 cm negli uomini). Sono diffuse nei Paesi industrializzati e questo gruppo è denominato Western Disease Cluster o Gruppo delle Malattie Occidentali. Queste malattie hanno una patogenesi comune di cui l infiammazione rappresenta l elemento unificatore, sostenuto da un diffuso stress ossidativo, conseguente all incremento dei ROS (reactive oxygen species, conosciuti anche come radicali liberi). Uno stato di infiammazione e stress ossidativo diffuso nell organismo consegue ad uno sbilanciamento a favore dei fattori che lo inducono, esterni ed interni, rispetto ai fattori che lo inibiscono, anch essi esterni ed interni. Questi fattori agiscono nel lungo periodo e le conseguenze arrivano dopo 10 o 20 anni, compreso la di gravidanza. L alimentazione, per questo equilibrio gioca un ruolo chiave e numerosi sono i fattori nutrizionali che, in combinazione tra loro, aumentano il rischio d infiammazione, eccessivo stress ossidativo e degenerazione. Comprendono un elevato consumo di acidi grassi saturi e trans, carboidrati raffinati e cibi ad alta densità energetica. Accanto a questi si colloca l esposizione a micro quantità di tante sostanze tossiche, che si potenziano l una con l altra, aumentando l incidenza delle patologie cronico degenerative. Esiste quindi un problema, che può essere denominato del multi residuo. L esposizione a questi tossici inizia fin dalle prime fasi della vita, compresa quella intrauterina. Si tratta dei contaminanti organici persistenti o persistent organic pollutants (POPs), piombo, mercurio, arsenico, pesticidi (insetticidi, fungicidi, erbicidi), PCB, diossine, ftalati (dalle plastiche), ferro, cromo, arsenico, nichel, rame, alluminio, stagno (dalle scatolette), Molti sono soggetti a bioaccumulo nell uomo e negli animali (es. pesce). Per quanto riguarda i pesticidi, il rapporto di Legambiente 2010 indica soltanto lo 0,9% di irregolarità, addirittura in diminuzione rispetto al 2009 (1,3%). Purtroppo, anche se nella norma, il 56,5% della frutta presenta uno o più residui e i casi di residui multipli sono aumentati dal 27,7% del 2009 al 33,3% del 2010. In particolare, tra i campioni che presentano residui, hanno più di un principio attivo il 45,7% delle mele, il 49,8% delle pere, il 47,16% delle fragole, il 40,6% delle pesche, il 44,4% dell uva. Ancora più alta è la concentrazione dei campioni con uno o più di un residuo nei prodotti derivati (30,7% contro il 19,7% del 2009) e in particolare nel vino (38,6% con uno o più di un residuo) e nell olio d oliva (26,1% con uno o più di un residuo). I casi più eclatanti in Liguria (uva bianca contenente 5 diversi residui di pesticidi: Clorpirifos-metile, Triadimenol, Traidimenof, Pencanazolo, Pirimetanil), in Sardegna (uva di provenienza pugliese con 4 residui diversi: Pirimetanil, Spiroxamina, Miclobutanil, Fenexamid) e a Trento ( uva bianca di provenienza pugliese con 6 residui di pesticidi divers: Metalaxil, Miclobutanil, Fludioxonil, Bromopropilato, Ciprodinil,Quinoxifen).

L EFSA (European Food Safety Authority) si sta occupando dei residui multipli, valutandoli a gruppi omogenei ma ad oggi non si vedono attività che portino ad una valutazione complessiva poiché molte delle sostanze tossiche non sono di sua pertinenza. In pratica non si sono ancora visti progetti di valutazione del rischio che riguardino, per esempio, l interazione tra un pesticida (es. Metalaxil), un metallo (es. allumini), le diossine e gli ftalati. Purtroppo, per quanto riguarda i viticoltori, basta citare i lavori epidemiologici più recenti effettuati in California e in Francia (2011). Nel primo gli autori concludono che l esposizione prolungata ai pesticidi può essere correlata anche allo sviluppo di forme di demenza. Nel secondo, effettuato su dei lavoratori di vigneti nel sudovest della Francia, risulta che i lavoratori che sono stati esposti a pesticidi hanno peggiori risultati nei test neuro comportamentali volti a misurare la memoria e il ricordo, le competenze linguistiche e le abilità verbali, la velocità dei tempi di reazione utilizzati per determinare uno stato di demenza, mostrando una probabilità 5 volte maggiore di registrare un peggioramento nelle prestazioni rispetto ad una persona non esposta. I pesticidi si diffondono nell ambiente facilmente durante le fasi d irrorazione e possono così contaminare anche le acque, e non solo quelle interne. Negli Stati Uniti sono stati effettuati dei campionamenti per studiare il rapporto tra i livelli di inquinanti organici persistenti nelle cortecce degli alberi (campionatori passivi) e quelli in aria e nelle precipitazioni. I risultati hanno mostrato che le loro concentrazioni nelle cortecce sono legate alla loro concentrazione nell aria e nelle precipitazioni raccolte nelle vicinanze dell'albero campionato. Per questo motivo è importante monitorare l uso dei pesticidi in quanto il trasporto tramite aria, acqua e suolo può avvenire facilmente anche in aree in cui non sono utilizzati. I dati pubblicati dalla Regione Veneto sulle falde acquifere mostrano la preoccupante diffusione di pozzi con acque della classe 4. Questa classe, la peggiore della scala, caratterizza i pozzi che emungono la falda libera e le contaminazioni riscontrate, più frequentemente sono quelle dovute ad alte concentrazioni di nitrati, pesticidi e composti organoalogenati. Dal punto di vista di questi tossici, le produzioni biologiche ammettono una gamma molto ristretta di fitosanitari, largamente rappresentata da prodotti a base di zolfo o rame, riducendo in modo notevole il problema del multi residuo. Come sopra riportato, lo sbilanciamento dovuto ai fattori che inducono infiammazione e stress ossidativo, trova una contrapposizione nei fattori che, al contrario, inibiscono l insorgenza di queste condizioni. Sono ormai noti gli effetti dovuti a un maggiore apporto di acidi grassi omega 3, oggi sbilanciato rispetto agli omega 6 e, in generale, gli effetti positivi legati agli antiossidanti e ad altri micronutrienti. Basti pensare a quelli contenuti nella cipolla, negli agrumi, nei cavoli, nell olio extravergine d oliva, nel pomodoro, nell uva e nelle erbe aromatiche o aromi (aglio, salvia, rosmarino, peperone, sedano, prezzemolo, ecc.). Si tratta di attività antiossidanti, antinfiammatorie, anticancerogene, ipocolesterolemizzanti, antiaggreganti, antisettiche, ecc.). Negli ultimi 60 anni, l incremento e la globalizzazione dei consumi mondiali, il moderno sistema di distribuzione, hanno creato lunghe catene alimentari e lunghi tempi di conservazione, con il risultato che, in generale, i tempi di produzione si sono abbreviati e i prodotti maturano successivamente al raccolto. Consegue che questi prodotti hanno composizioni diverse rispetto a 60 anni fa, anche per quanto riguarda i micronutrienti sopra riportati. Ma accanto a questi sono cambiate anche le molecole secondarie che aiutano l assorbimento e l attività dei principi attivi, come hanno da anni dimostrato le ricerche di nuovi farmaci a partire dai prodotti naturali (Drug discovery): la singola molecola risulta più

efficace e a dosaggi più bassi, quando è insieme agli altri principi attivi e alle sostanze a basso peso molecolare contenuti nei prodotti naturali. Un riferimento in questo senso può venire da uno studio sul vino. Nel vino i polifenoli sono stati tutti identificati. Si tratta di antociani (cianidina e delfinidina), tannini (procianidine), flavonoidi (kaemferolo, quercetina, catechina e miricetina), stilbeni (trans-resveratrolo). Gli effetti benefici sarebbero svolti prevalentemente dalla quercetina, dalla catechina e dal resveratrolo. Vi è una correlazione stretta tra il contenuto di polifenoli totali e anticiani e la capacità antiossidante di un vino. Ma se guardiamo l attività biologica in vivo di un vino, cioè la sua capacità di determinare vasodilatazione e la sua attività come antiossidante, vedremo che alcuni vini, pur avendo contenuti simili, hanno in realtà attività biologiche ben differenti (Relationship among Antioxidant Activity, Vasodilation Capacity, and Phenolic Content of Red Wines, Jennifer Burns J. Agric. Food Chem. 2000). Quindi l analisi chimica di un vino, pur dettagliata e precisa che sia, non è in grado di predire quali effetti lo stesso vino avrà sull organismo di chi lo beve. Per questi motivi occorre andare oltre lo studio della composizione chimica di un alimento. Soltanto una misura degli effetti sull organismo può dirci il suo reale valore biologico. Poiché hanno dei processi produttivi meno spinti e sono soggetti a maggiori stress (meno nutrienti disponibili, meno protezione da attacchi, ecc.), nei prodotti biologici le molecole attive conosciute sono accompagnate da metaboliti secondari che le rendono più attive. Ormai sono numerosi gli studi che testimoniano che attraverso la dieta di può fare prevenzione. Studi di lunga durata associano l alimentazione e uno stile di vita sani a rischi inferiori di malattie cardiovascolari (-83%), diabete (-50%), infarto (la dieta mediterranea può ridurre del 50% la mortalità dovuta all infarto e addirittura del 70% quella dovuta al secondo attacco), forme di demenza e riduzione delle capacità cognitive. Per quanto riguarda gli alimenti, la ricerca medica si è concentrata sui singoli nutrienti (resveratrolo, catechine, flavonoidi, ecc.) o su categorie generali (consumo di frutta e verdura, pesce, ecc.). Abbiamo anche visto che il cibo ha una composizione chimica ma anche che la sua attività biologica non è la sua matematica conseguenza. Allo stato attuale, le più accurate analisi chimiche sui macro e micro componenti nutrizionali non permettono di prevedere gli effetti dovuti alla contemporanea presenza di molecole biologicamente attive e quindi per conoscere gli alimenti e le loro interazioni con l organismo abbiamo studiato un nuovo approccio di valutazione che prenda come riferimento le metodologie ad alto rendimento (risonanza magnetica per immagini, spettroscopia di risonanza magnetica, biologia molecolare, ecc.) e il principio evidence based ( basato sull evidenza ) della Drug discovery. Abbiamo chiamato questo nuovo approccio Food discovery. Nelle ricerche fin qui svolte, in corso di pubblicazione, i dati registrati su animali da laboratorio, mostrano come l organismo attui degli adattamenti diversi in base al tipo di cibo somministrato. Abbiamo osservato modificazioni a livello della parete intestinale, dei recettori dei grassi a livello intestinale, epatico, dei depositi adiposi, dei metaboliti serici e dell espressione genica dei globuli bianchi. Si tratta di modificazioni tra loro coerenti e diverse secondo il cibo somministrato: olio extravergine d oliva territoriale, olio di cocco, margarina, castagne, formaggio, carne bovina ma anche comparando pane, olio di cocco, olio extravergine d oliva nazionale, olio extravergine d oliva territoriale. Inoltre, con queste metodologie, è possibile identificare l origine di un alimento e in parte, anche i suoi processi di produzione. Abbiamo effettuato queste indagini sulle conserve di pomodoro, sul latte, l olio extravergine d oliva, il vino. Un indagine per la valorizzazione di un prodotto è stata da noi effettuata su

trote e storioni. Oltre ai risultati ottenuti con le analisi chimiche, abbiamo mostrato, con la risonanza magnetica per immagini, quali caratteristiche utili possono avere pesci allevati in condizioni di restrizione alimentare, La Food discovery rende possibile un nuovo modo di valutare gli alimenti. Questa obiettivo non è perseguito soltanto da noi, ma anche altri gruppi di ricerca si stanno muovendo. Tra questi l Istituto Europeo Oncologico, sta cercando di classificare i cibi in modo da poter mappare le sorgenti di sostanze che possono ridurre i rischi di tumore. In particolare, afferma il dott. Giuseppe Pelicci dell Oncologia sperimentale dell Istituto, alcune molecole di certi cibi (ad esempio aglio, uva e fragole) sarebbero in grado di migliorare la capacità del nostro organismo di rispondere ai tumori. Si tratta quindi di produzioni con una maggiore qualità funzionale ottenibile, per quanto visto, con processi meno spinti e conservazioni per tempi molto brevi. In tal senso i prodotti biologici, nel loro complesso, rispondono meglio degli altri.