ANALISI FUNZIONALE SPAZI DI HILBERT Diego AVERNA Dipartimento di Matematica e Informatica Facoltà di Scienze MM.FF.NN. Via Archirafi, 34-90123 Palermo (Italy) diego.averna@unipa.it http://math.unipa.it/averna/ Queste lezioni sono prese dagli appunti che nel lontano anno accademico 1978/79 io compilavo, quando seguivo il corso di Analisi Funzionale essendo mia prof.ssa Patrizia Pucci. Io credo che alla prof.ssa Patrizia Pucci, che è diventata mia amica, vada tutto il merito per i contenuti di questa dispensa.
2 Al mio collega e amico Nicolò, che mi è stato in questi ultimi anni come un fratello
Prima Edizione 02/02/2006. Ultima Edizione 17/09/2016. Questo documento è stampabile se preso da http://math.unipa.it/averna/did/analisi Funzionale/index.html. Typeset by AMS-L A TEX David Hilbert (1862-1943) Ricordati che quando parliamo di problemi scientifici sei completamente libero di dirmi che sto sbagliando, perché di fronte alla scienza noi siamo uguali. (Mauro Picone (1885-1977), professore di analisi matematica a Roma, in una risposta al suo allievo Ennio De Giorgi (1928-1996), diventato poi anche lui un grande matematico).
Indice Elenco delle figure 7 Capitolo 1. SPAZI DI HILBERT 9 1. Spazi pre-hilbertiani 9 2. Spazi lineari normati 16 3. Lo spazio di Hilbert l 2 22 4. Lo spazio di Hilbert L 2 25 Capitolo 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT 29 1. Sottospazi 29 2. Sottospazi ortogonali 32 3. Basi 39 4. Isomorfismi 42 Capitolo 3. OPERATORI LINEARI E LIMITATI 45 1. Applicazioni (Operatori) lineari e limitati 45 2. Operatori lineari 49 3. Forme bilineari 55 4. Operatori aggiunti 58 5. Operatori di proiezione 63 Indice analitico 67 5
Elenco delle figure 1 Legge del parallelogramma 13 2 La norma uniforme non è indotta da alcun prodotto interno 16 3 C(I) dell esempio 1.4 non è completo 20 1 f P M f è ortogonale a M 36 7
CAPITOLO 1 SPAZI DI HILBERT 1. Spazi pre-hilbertiani K denoterà o il campo dei numeri complessi C, o il campo dei numeri reali IR. Gli elementi di K sono detti scalari e saranno denotati con le lettere greche. α denoterà il CONIUGATO dello scalare α. Quindi α = α α IR. Def. 1.1. Sia L uno spazio vettoriale su K. Un PRODOTTO INTERNO SU L è una funzione da L L K, denotata con (f, g) f, g tale che verifichi le seguenti condizioni: p 1 ) f 1 + f 2, g = f 1, g + f 2, g p 2 ) αf, g = α f, g p 3 ) g, f = f, g p 4 ) f, f 0 (nota che f, f IR per la p 3 )) p 5 ) f, f = 0 f = 0 Def. 1.2. Se L è uno spazio vettoriale su K munito di un prodotto interno, allora L è detto spazio PRE-HILBERTIANO (su K). D ora in poi L denoterà un fissato spazio pre-hilbertiano su K. Teorema 1.1. Se.,. è un prodotto interno su un K-spazio lineare L, si ha: p 1 ) f, g 1 + g 2 = f, g 1 + f, g 2, f, g 1, g 2 L p 2 ) f, αg = α f, g, f, g L, α K p 3 ) 0, g = 0 = f, 0, f, g L Inoltre: n m n m α k f k, β h g h = α k β h f k, g h. h=1 h=1 Dim. p 1) f, g 1 + g 2 = g 1 + g 2, f = g 1, f + g 2, f = f, g 1 + f, g 2 = f, g 1 + f, g 2 = f, g 1 + f, g 2. p 2) f, αg = αg, f = α g, f = α g, f = α f, g. p 3) 0 + 0, g = 0, g = 0 + 0, g = 0, g + 0, g = 0, g = 0. f, 0 = 0, f = 0. 9 Allora
10 1. SPAZI DI HILBERT Si dimostra per induzione. Esempio 1.1. Sullo spazio euclideo n-dimensionale, IR n = {a = (α 1,..., α n ) : α k IR} definiamo: a + b = (α 1 + β 1,..., α n + β n ) λa = (λα 1,..., λα n ) a, b = Σ n α k β k Provare che gli assiomi p 1 ), p 2 ), p 3 ), p 4 ), p 5 ) sono banalmente verificafi. Esempio 1.2. Sia n 1. Consideriamo lo spazio unitario n-dimensionale C n = {a = (α 1,..., α n ) : α k C, k = 1,..., n} e definiamo: a + b = (α 1 + β 1,..., α n + β n ) λa = (λα 1,..., λα n ) a, b = Σ n α k β k Verificare che tutte le condizioni menzionate nella definizione 1.2 sono soddisfatte. Esempio 1.3 (Successione finite). Sia L = {a = (α k ) : α k C per k IN, α k = 0 per k > n(a)} e definiamo: a + b = (α k + β k ) λa = (λα k ) a, b = Σ α k β k N.B. La serie si riduce ad una somma finita. Verificare che L è uno spazio pre-hilbertiano. Esempio 1.4. Siano a, b IR con a < b. Poniano I = [a, b]. Denotiamo con C(I) la classe di tutte le funzioni f : I C continue. Definiamo (puntualmente su I) (f + g)(x) = f(x) + g(x), x I Inoltre poniamo: (λf)(x) = λf(x), x I
1. SPAZI PRE-HILBERTIANI 11 f, g = b a f(x)g(x)dx Provare che C(I) è uno spazio munito di prodotto interno. Il prodotto interno porta in modo naturale alla seguente: Def. 1.3. Per ogni vettore f L denotiamo con f il numero reale non negativo + f, f. Allora f è detta la NORMA DI f (INDOTTA DAL PRODOTTO INTERNO.,. SU L). Un vettore di norma 1 è detto VETTORE UNITÀ Teorema 1.2 (Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz-Bunyakovsky). f, g f g Inoltre: L uguaglianza vale f e g sono linearmente dipendenti. Dim. Se g = 0 l asserto è banale. Sia dunque g 0 e g, g =: g 2 > 0. Poniamo α := f,g g 2. Allora risulta: (1) 0 f αg, f αg = f 2 α g, f α f, g + α 2 g 2 = f 2 f, g 2 g 2 cioè f, g 2 f 2 g 2 e estraendo la radice quadrata f, g f g. Inoltre se f e g sono linearmente dipendenti, essendo f = αg, si ha: f, g = αg, g = α g 2 = α g g = f g. Viceversa se f, g = f g e quindi elevando al quadrato f, g 2 = f 2 g 2, dalla (1) si ricava proprio per quell α f αg, f αg = 0 da cui f αg = 0. Teorema 1.3. Se (L,.,. ) 0 = f = sup g =1 f, g. Dim. Se f = 0 l asserto è banale perché 0 = 0 = sup g =1 0, g = 0 Se f 0 = f = 0 f = f, f/ f sup f, g sup f g = f. g =1 g =1 Teorema 1.4. La norma. indotta dal prodotto interno.,. su un K-spazio pre-hilbertiano L gode delle seguenti proprietà: N 1 ) f 0, f L N 2 ) f = 0 f = 0 N 3 ) αf = α f, f L, α K
12 1. SPAZI DI HILBERT N 4 ) f + g f + g, f, g L Inoltre: L uguaglianza nella N 4 ) vale g = 0 oppure f = λg con λ 0 e g 0. Dim. Solo N 4 ) è da provare. f +g 2 = f 2 +2 Re f, g + g 2 f 2 +2 f, g + g 2 f 2 +2 f g + g 2 = ( f + g ) 2. Proviamo che f + g = f + g se e solo se f = λg con λ 0 e g 0. Supponiamo f = λg con λ 0, da ciò segue che: f +g = λg+g = (λ+1)g = λ+1 g = λ g + g = λg + g = f + g. Supponiamo ora che f + g = f + g ; poiché è: f + g 2 f 2 + 2 f, g + g 2 f 2 + 2 f g + g 2 dalla ipotesi segue che: f, g = f g e quindi esiste λ tale che f = λg; occorre provare ora che è λ 0, infatti essendo e inoltre segue che f + g = λg + g = (λ + 1)g = λ + 1 g f + g = f + g = λg + g = ( λ + 1) g e ciò implica 1 λ + 1 = λ + 1 λ = λ. Teorema 1.5 (Legge del parallelogramma). La norma. indotta dal prodotto interno.,. su un K-spazio pre-hilbertiano L gode della seguente proprietà: f + g 2 + f g 2 = 2 f 2 + 2 g 2, f, g L. 1 Sia λ + 1 = λ + 1, se supponiamo λ complesso e eleviamo al quadrato i due termini dell uguaglianza, essa è vera se e solo se λ è un complesso reale non negativo.
1. SPAZI PRE-HILBERTIANI 13 Dim. f + g 2 = f + g, f + g = f 2 + f, g + g, f + g 2 f g 2 = f g, f g = f 2 f, g g, f + g 2 sommando m.a m. si ottiene la tesi. Osservazione 1.1. In IR 2 il Teorema 1.5 si visualizza molto bene: La somma dei quadrati delle diagonali di un qualunque parallelogramma è uguale al doppio della somma dei quadrati dei suoi lati. f + g f f g g Figura 1. Legge del parallelogramma Def. 1.4. Due VETTORI f, g L si dicono mutuamente ORTOGONALI (o PERPENDICOLARI), f g, se f, g = 0. Una FAMIGLIA F = {f σ } σ Σ L si dice ORTOGONALE se f σ1 f σ2 σ 1, σ 2 Σ con σ 1 σ 2. Una FAMIGLIA F = {f σ } σ Σ L si dice ORTONORMALE se F è ortogonale e f σ = 1, σ Σ. Def. 1.5. Una famiglia F = {f 1,..., f n } L si dice dice LINEARMENTE INDIPENDENTE se la relazione α 1 f 1 +... + α n f n = 0, α i K implica α i = 0, i = 1,..., n. Se questo non accade la famiglia si dice LINEAR- MENTE DIPENDENTE. Analogamente una famiglia infinita F = {f σ } σ Σ L si dirà LINEARMENTE INDIPENDENTE se comunque presi n suoi elementi distinti n IN essi risultano linearmente indipendenti.
14 1. SPAZI DI HILBERT Esempio 1.5. Consideriamo lo spazio C(I) come nell esempio 1.4. Per k ZZ definiamo: e k (x) = 1 x a 2πik e b a, b a per ogni x [a, b]. Allora e k C(I) e inoltre {e k : k ZZ} è una famiglia ortonormale. Infatti: e k, e n = b a e k (x)e n (x)dx = 1 b a (ricorda e 2πi = cos 2π + i sin 2π). b a { b a dx = δ n,k = 2 1 se k = n 0 se k n. (k n)(x a) 2πi e Teorema 1.6. Una famiglia ortogonale F (L,.,. ) di vettori non nulli è linearmente indipendente. Dim. Sia F = {f n } la famiglia ortogonale di vettori non nulli e supponiamo che sia linearmente dipendente. n α i f i = 0 = α i 0, i=1 per almeno un i si supponga α n 0. Si faccia il prodotto interno per f n, dopo avere portano al secondo membro il termine contenente f n n 1 α i f i, f n = α n f n, f n i=1 Si ha così (f i f n, i = 1,..., n 1, f n non nullo) 0 = α n. Teorema 1.7 (Teorema di Pitagora). Se f, g (L,.,. ), f g = f ± g 2 = f 2 + g 2. Dim. f ± g 2 = f ± g, f ± g = f 2 ± f, g ± g, f + g 2 = f 2 + g 2. Corollario 1.1. Se f, g (L,.,. ), f g, f = g = 1 = f g = f + g = 2 Corollario 1.2. Se {f k } n (L,.,. ) è una famiglia ortogonale di vettori = n f k 2 = n f k 2. 2 In matematica per delta di Kronecker (con il suo nome ricorda il matematico tedesco Leopold Kronecker (1823-1891)) si intende una funzione di due variabili (in particolare di due variabili sugli interi), che vale 1 se i loro valori coincidono, mentre vale 0 in caso contrario.
1. SPAZI PRE-HILBERTIANI 15 Teorema 1.8 (Disuguaglianza di Bessel). Sia {e k } n di vettori. Allora per ogni f L risulta: una famiglia ortonormale f 2 n f, e k 2 Dim. Poniamo g = f n f, e k e k. Allora per ogni h = 1,..., n risulta: g, e h = f, e h n f, e k e k, e h = f, e h f, e h = 0 Allora g e h per h = 1,..., n e i vettori g, f, e 1 e 1,..., f, e n e n formano una famiglia ortogonale. Quindi per il Corollario 1.2 si ha: n n f 2 = g + f, e k e k 2 = g 2 + f, e k 2 n f, e k 2. Esercizio 1.1. Se {e k } n è una famiglia ortonormale di vettori, allora f 2 = n f, e k 2 f = n f, e k e k. Teorema 1.9. Se {e k } n è una famiglia ortonormale di vettori, allora per ogni f L, f n α ke k è minimizzata quando α k = f, e k per k = 1,..., n. Dim. f n α ke k 2 = f n α ke k, f n α ke k = f 2 n α k f, e k n α k e k, f + n α ke k, n α ke k. L ultimo termine di destra è n α k 2 perchè gli e k sono ortonormali. Inoltre α k f, e k α k e k, f + α k 2 = α k f, e k α k f, e k + α k 2 = 2 Re(α f, e k ) + α k 2 = 3 f, e k 2 + α k f, e k 2. Così: n n n 0 f α k e k 2 = f 2 f, e k 2 + α k f, e k 2. Osservazione 1.2. Gli spazi pre-hilbertiani sono una naturale estensione degli spazi IR n nel senso che molte proprietà geometriche di IR n continuano a valere. 3 Ricorda che: α k f, e k 2 = α k 2 + f, e k 2 2 Re(α k f, e k ).
16 1. SPAZI DI HILBERT 2. Spazi lineari normati Ancora K denoterà C oppure IR. Def. 2.1. Uno spazio vettoriale L su K è detto SPAZIO LINEARE NORMATO (su K) se esiste una funzione da L in IR, detta NORMA, soddisfacente le seguenti condizioni: N 1 ) f 0 N 2 ) f = 0 f = 0 N 3 ) αf = α f N 4 ) f + g f + g Per il Teorema 1.4 quindi ogni spazio pre-hilbertiano è uno spazio normato. Ma vi sono spazi normati che non sono pre-hilbertiani, come illustra il seguente esempio. Esempio 2.1. Sia L = C([0, 2π]). Definiamo: f = sup{ f(x) : x [0, 2π]} Verificare che essa è una norma (detta anche la NORMA UNIFORME). Comunque questa norma non è indotta da alcun prodotto interno su L. Infatti se ciò non fosse dovrebbe valere la legge del parallelogramma. Scegliendo, per esempio: f(x) = max{sin x, 0} e g(x) = max{ sin x, 0} Figura 2. f(x) = max{sin x, 0} e g(x) = max{ sin x, 0} abbiamo: e così: f + g = f g = f = g = 1 2 = f + g 2 + f g 2 2 f 2 + 2 g 2 = 4
2. SPAZI LINEARI NORMATI 17 Teorema 2.1. Se (L,. ) è un K-spazio normato e la norma soddisfa la legge del parallelogramma, allora L diventa un K-spazio pre-hilbertiano definendo il prodotto interno.,. : f, g = 1 4 [ f + g 2 f g 2 ], se K = IR f, g = 1 4 [ f + g 2 f g 2 + i f + ig 2 i f ig 2 ], se K = C. Inoltre: il prodotto interno.,. induce 4 la norma.. C.N.S. 2.1. affinché una norma sia indotta da un prodotto interno è che la norma soddisfi la legge del parallelogramma. D ora in poi denoteremo con L uno spazio lineare normato su K. Teorema 2.2. f g f g. Dim. da cui l asserto. f = (f g) + g f g + g g = (g f) + f f g + f Uno spazio lineare normato è uno spazio vettoriale topologico con la topologia indotta dalla metrica d(f, g) = f g. Provare che d è una distanza su L. Def. 2.2. Lo spazio L è detto SEPARABILE se contiene un sottoinsieme numerabile A che è OVUNQUE DENSO IN L (cioè A = L). Esempio 2.2. C n è separabile per ogni n 1. Infatti l insieme dei vettori con coordinate complesse razionali cioè α k = β k + iγ k, con β k, γ k IQ è numerabile e ovunque denso in C n. Def. 2.3. Una Successione (f n ) n=1 L CONVERGE AL VETTORE f, detto il suo LIMITE lim n f n = f, se: ε > 0 n = n(ε) : n n = f f n < ε. Una serie g k CONVERGE A UN VETTORE g, detto la sua SOMMA, g k = g, se lim n n g k = g. Una successione o serie che non converge è detta DIVERGENTE. Osservazione 2.1. Le seguenti formulazioni per lim n f n = f sono equivalenti: a) ε > 0 ε-sfera aperta di f contenente tutti i vettori f n per n sufficientemente grande. 4 La norma si dice indotta se f 2 = f, f, f L (Def. 1.3).
18 1. SPAZI DI HILBERT b) lim n f n f = 0. Le seguenti formulazioni per g k = g sono equivalenti: c) La successione delle somme parziali ( n g k) n converge a g. d) lim n g Σ n g k = 0. Esercizio 2.1. Provare che una successione convegente determina univocamente il suo limite. Teorema 2.3. Siano f L e U L. Allora f U esiste una successione (f n ) n=1 U convergente a f. Dim. Se f U, allora n 1 la 1 -sfera aperta di f contiene almeno un vettore n f n U. Da f f n < 1 segue lim n n f n = f. Viceversa: se esiste (f n ) n=1 U tale che f = lim n f n e se f U e per ogni ε > 0 segue da f f n < ε per ogni n > n(ε) che f n f è contenuto nella ε-sfera di f cioè f è di accumulazione per U e quindi f U. Teorema 2.4. Se lim n f n = f, lim n α n = α, lim n g n = g, lim n β n = β allora valgono le seguenti proprietà: a) lim n (α n f n + β n g n ) = αf + βg b) lim n f n = f c) Se L è pre-hilbertiano e la norma è indotta dal prodotto interno.,., allora lim f n, g n = f, g. n Dim. a): (αf + βg) (α n f n + β n g n ) αf α n f n + βg β n g n α α n f + α n f f n + β β n g + β n g g n Poiché le successioni (α n ) n=1 e (β n ) n=1 sono limitate segue la a). b): f f n f f n per il Teorema 2.2, quindi la b). c): f, g f n, g n f, g f, g n + f, g n f n, g n = f, g g n + f f n, g n f g g n + f f n g n Poiché lim n g n = g segue che la successione ( g n ) n=1 è limitata. Pertanto la c). Def. 2.4. Una successione (f n ) n=1 L è detta di CAUCHY (o FONDAMEN- TALE) se ε > 0 n = n(ε) : m, n n = f m f n < ε. Notazione: lim m,n f m f n = 0 Esercizio 2.2. Ogni successione di Cauchy è limitata. Teorema 2.5. Ogni successione convergente in L è di Cauchy. Dim. Per esercizio.
2. SPAZI LINEARI NORMATI 19 Def. 2.5. Uno spazio lineare normato è detto COMPLETO se ogni successione di Cauchy in L converge a qualche vettore di L. Uno spazio lineare normato e completo su K è detto SPAZIO DI BANACH SU K. Osservazione 2.2. Dalla definizione precedente segue che in uno spazio di Banach una successione (f n ) n=1 converge se e solo se è di Cauchy; così una serie n=1 g k converge in uno spazio di Banach se e solo se la successione delle somme parziali è di Cauchy, cioè se e solo se lim m,n n k=m g k = 0. Esempio 2.3. Sia L = C n. Provare che L è completo nella norma indotta dal prodotto interno dato nell esempio 1.2. Esempio 2.4. Sia L lo spazio pre-hilbertiano dell esempio 1.3. Lo spazio L di tutte le successioni finite di numeri complessi non è completo nella norma indotta dal prodotto interno. Infatti sia a n = { 1, 1 2,..., 1 n, 0,...} per n 1. Allora per ogni n > m abbiamo a m a n 2 = n k=m+1 1 k 2. Poiché la serie 1 converge segue che lim k 2 m,n a m a n = 0. Ma d altra parte, la successione (a n ) n=1 non può convergere a un elemento α = {α 1,..., α j, 0,...} L Infatti per ogni n > j noi avremmo α a n 2 1 (j+1) 2 > 0. Esempio 2.5. Sia C(I) lo spazio pre-hilbertiano dell esempio 1.4. C(I) non è completo. Per semplicità sia I[ 1, 1]. Per ogni n 1 definiamo: 0 per 1 x 0 f n (x) = nx per 0 < x < 1 n 1 per 1 x 1. n
20 1. SPAZI DI HILBERT...... Figura 3. f 1 (x), f 2 (x) e... f 8 (x)... Allora abbiamo: f m (x) f n (x) = 0 per 1 x 0 f m (x) f n (x) 1 per 0 x max{ 1 m, 1 n } In conclusione: f m (x) f n (x) = 0 per max{ 1 m, 1 n } x 1 f m f n 2 = 1 1 quindi lim m,n f m f n = 0. Se f C[ 1, 1] fosse tale che: f m (x) f n (x) 2 dx max{ 1 m, 1 n } 1 lim f f n 2 = lim f(x) f n (x) 2 dx = 0 n n 1 allora necessariamente: f(x) = { 0 1 x 0 1 0 < x 1. Infatti b a f n(x) f(x) 2 dx 1 1 f n(x) f(x) 2 dx per ogni intervallo [a, b] [ 1, 1] quindi b a f n(x) f(x) 2 dx 0. In particolare in altre parole: 0 f n (x) f(x) 2 dx = 0 1 1 f(x) 2 dx 0
2. SPAZI LINEARI NORMATI 21 0 1 f(x) 2 dx = 0. Poiché f continua ne segue che f(x) = 0 x [ 1, 0]. Sia 0 < ε < 1. Si ha: 1 ε f n (x) f(x) 2 dx 0. Ma per n > 1 ε risulta f n(x) = 1 per x [ε, 1], quindi 1 ε f n (x) f(x) 2 dx = 1 1 ε 1 f(x) 2 dx per n > 1 ε. Per n segue che: 1 ε f(x) 2 dx = 0 quindi f(x) = 1 su [ε, 1]. Per l arbitrarietà di ε > 0 segue che f(x) = 1 per x ]0, 1]. E questo è impossibile per la continuità di f. Esempio 2.6. Sia L = C(I) dell esempio 2.1. Si osservi che una successione (f n ) n=1 converge a f in C(I) converge a f uniformemente in I. Infatti la relazione f f n < ε è equivalente a f(x) f n (x) < ε, x I. C(I) è completo. Infatti sia (f n ) n=1 una successione di Cauchy in C(I). Per ogni x I abbiamo f n (x) f m (x) f m f n. Allora per ogni x I la successione dei numeri (f n (x)) n=1 converge ad un numero che denoteremo con f(x). La funzione f : x f(x) definita su I è continua e (f n ) n=1 converge a f nello spazio C(I). Infatti per ogni ε > 0 esiste un indice n = n(ε) tale che f n f m < ε per n, m > n e così f n (x) f m (x) < ε per ogni x I e n, m > n. Ne segue che: (2) f(x) f n (x) < ε per ogni x I e n > n cioè la successione (f n ) n=1 di funzioni continue converge uniformemente a f, quindi f è continua. Da (2) si ha che f f n < ε per n > n e la prova è completa. Teorema 2.6. Sia L uno spazio lineare normato su K. Allora esiste uno spazio lineare L 1 su K con la norma. 1, detto il completamento di L, con le seguenti proprietà: a) L L 1 b) f 1 = f per ogni f L c) L è ovunque denso in L 1 d) L 1 è completo. Se le norma. è indotta da un prodotto interno.,., allora la norma. 1 è indotta da un prodotto interno.,. 1 in L 1 e f, g = f, g 1 per ogni f e g L.
22 1. SPAZI DI HILBERT Osservazioni al Teorema 2.6. Lo spazio L 1 con le proprietà a) b) c) d) è univocamente determinato da L. Questo giustifica il nome il completamento di L. L idea base della dimostrazione è la stessa di quella usata nella costruzione del campo dei numeri reali partendo dal campo dei numeri razionali. Intuitivamente parlando, ad ogni successione di Cauchy in L che non converge a un punto di L si associa un nuovo punto (il suo punto limite) che si aggiunge a L e la norma di questo è determinata univocamente dalla condizione di continuità (Teorema 2.4 b)); lo stesso vale per le operazioni lineari (Teorema 2.4 a)). Def. 2.6. Uno spazio pre-hilbertiano su C (o IR) che è completo rispetto alla norma indotta dal prodotto interno è detto SPAZIO DI HILBERT complesso (o reale). 3. Lo spazio di Hilbert l 2 Ora daremo uno spazio di Hilbert che è il completamento dello spazio pre-hilbertiano di tutte le successioni finite di numeri complessi (cfr. Esempio 1.3). Consideriamo l insieme l 2 di tutte le successioni a quadrato sommabile di numeri complessi l 2 = {a = (α k ) : α k C per ogni k, Σ α k 2 < } Teorema 3.1. Per ogni a = (α k ) l 2 e b = (β k ) l 2 definiamo: a + b = (α k + β k ) λa = (λα k ) Allora l 2 è uno spazio lineare complesso. Dim. Usando la disuguaglianza di Cauchy in C 2 si ha: (α k, β k ), (1, 1) 2 = α k 1 + β k 1 2 ( α k 2 + β k 2 )(1 + 1) = 2( α k 2 + β k 2 ) quindi: Σ α k + β k 2 2(Σ α k 2 + Σ β k 2 ) <. Quindi a + b l 2. Analogamente da Σ λα k 2 = λ 2 Σ α k 2 < concludiamo che λa l 2. Tutte le condizioni richieste nella definizione di spazio lineare su C sono ovviamente verificate.
3. LO SPAZIO DI HILBERT l 2 23 Teorema 3.2. Per ogni a = (α k ) l 2 e b = (β k ) l 2 la serie α kβ k converge. Con il prodotto interno definito da: a, b = l 2 è uno spazio pre-hilbertiano su C. α k β k Dim. Da 0 ( α k β k ) 2 concludiamo: 2 α k β k α k 2 + β k 2 α k β k 1 2 ( α k 2 + Quindi la serie α kβ k converge. Facilmente si prova che l 2 è pre-hilbertiano. β k 2 ) <. Teorema 3.3. l 2 è completo rispetto alla norma indotta dal prodotto interno. Dim. Sia a n = (α k,n ) e sia (a n) n=1 una successione di Cauchy in l 2. Da α k,m α k,n 2 α k,m α k,n 2 = a m a n 2 si ha che per ogni k 1 la successione (α k,n ) n=1 è di Cauchy in C e quindi converge a un numero α k C. Sia a = (α k ). Per ogni ε > 0 abbiamo: a m a n 2 = α k,m α k,n 2 < ε 2 per ogni m, n > n(ε) e quindi per ogni indice fissato h 1 si ha: h α k,m α k,n 2 < ε 2 per ogni m, n > n(ε). Per m + otteniamo: h α k α k,n 2 ε 2 per ogni n > n(ε) e h 1 e per h si ha: (3) α k α k,n 2 ε 2 per ogni n > n(ε)
24 1. SPAZI DI HILBERT la successione a a n = (α k α k,n ) quindi è in l 2 e poiché l 2 è uno spazio lineare anche la successione a = (a a n ) + a n è in l 2. Quindi da (3) concludiamo che a a n ε per ogni n > n(ε), lim n a n = a. Così ogni successione di Cauchy in l 2 converge ad un elemento di l 2. Teorema 3.4. l 2 contiene una famiglia ortonormale numerabile. Dim. Sia e n = (δ n,k ) per n 1. Allora e m, e n = δ m,n per ogni 1 m n. Teorema 3.5. l 2 è separabile. Dim. Sia l l insieme di tutte le successioni finite di numeri razionali complessi, cioè: l = {a = (α k) : α k C, Re α k, Im α k IQ, per k 1, α k = 0 per k > n(a )} Ovviamente l l 2 è numerabile. Infatti l insieme di tutti i numeri razionali complessi ha la stessa cardinalità dell insieme di tutte le coppie di numeri razionali e quindi è numerabile. Per ogni n 1, il sottoinsieme di l costituito da quegli elementi a = (α k ) l tali che α k = 0 per ogni k n è numerabile. L insieme l è l unione numerabile di tutti questi sottoinsiemi numerabili per n 1 e quindi è numerabile. L insieme l è ovunque denso in l 2. Infatti sia a = (α k ) l 2 e sia ε > 0. Scegliamo n 1 in modo che R n = Σ k=n+1 α k 2 < 1 2 ε2 e a = (α k ) l in modo che α k = 0 per k n + 1 e α k α k 2 < ε2 per 1 k n (questo è possibile perché 2n i numeri razionali complessi sono ovunque densi in C). Allora abbiamo: a a 2 = n α k α k 2 + k=n+1 α k α k 2 < n ε2 2n + ε2 2. Osservazione 3.1. La dimostrazione del Teorema 3.5 prova inoltre che lo spazio pre-hilbertiano di tutte le successioni finite di numeri complessi (cfr. Esempio 1.3) è ovunque denso in l 2. In virtù del Teorema 2.6 ne segue che l 2 è il suo completamento. Osservazione 3.2. Modificando opportunamente l 2 è possibile dare un esempio di spazio di Hilbert non separabile. Invece delle successioni (α k ) di numeri complessi noi consideriamo la famiglia {α x } x IR di numeri complessi. Una tale famiglia a = {α x } x IR può essere visualizzata come una funzione di IR se definiamo a(x) = α x. Sia L l insieme di tutte le funzioni a di IR tali che: a) La funzione a è zero in IR eccetto un insieme di punti (indici) che è numerabile e che può dipendere da a.
4. LO SPAZIO DI HILBERT L 2 25 b) La somma dei quadrati dei valori assoluti dei valori di a in questi punti è finita. Cioè: a(x) 2 = α x 2 <. x IR x IR Definiamo puntualmente: (a + b)(x) = a(x) + b(x) = {α x + β x } x IR (λa)(x) = λa(x) = λα x. Allora ragionando come nelle dimostrazioni dei Teoremi 3.1,3.2,3.3 provare che L è uno spazio lineare complesso, che a, b = a(x)b(x) = α x β x x IR x IR definisce propriamente un prodotto interno in L e che L è uno spazio di Hilbert rispetto a questo prodotto interno. Denotiamo con e y, y IR la funzione definita su IR da e y (x) = δ y,x. La famiglia {e y : y IR} L che ha la cardinalità del continuo è ortonormale. In virtù del Corollario 1.1 risulta e y e z = 2 per y z. Sia B y la sfera aperta di centro e y e raggio 2 1 2. Per z y le sfere Bz e B y sono disgiunte. Infatti se a B z B y avremmo e z e y e z a + a e y < 2 1 2 + 1 2 2 = 2 e questo è falso. Ora sia L un qualunque sottoinsieme di L ovunque denso in L. Allora ogni sfera B y, y IR deve contenere almeno un elemento di L. Poiché le sfere B y sono a due a due disgiunte, L deve contenere almeno tanti elementi quanti sono i punti y di IR. Quindi ogni sottoinsieme di L ovunque denso in L ha almeno la cardinalità del continuo e quindi L è certamente non separabile. Esercizio 3.1. Sia U = {a = (α k ) : α k C, α k < 1, k 1}. k Dimostrare che: a) U l 2 b) Ogni successione (a n ) n=1 U contiene una sottosuccessione convergente c) Per n 1 sia e n = (δ n,k ) ; allora ogni sottosuccessione della successione (e n ) n=1 non converge. 4. Lo spazio di Hilbert L 2 Ora daremo uno spazio di Hilbert che è il completamento dello spazio prehilbertiano delle funzioni continue C[a, b] (cfr. esempio 1.4). Denotiamo con M[a, b] l insieme di tutte le funzioni a valori complesse misurabili su [a, b] e con L 1 [a, b] il sottoinsieme di tutte le funzioni integrabili alla Lebesgue su
26 1. SPAZI DI HILBERT [a, b]. Sia L 2 [a, b] il sottoinsieme di tutte le funzioni a valori complessi e a quadrato sommabile su [a, b], cioè: L 2 [a, b] = {f M[a, b] : b a f(x) 2 dx < }. Nota: Due funzioni che coincidono q.o. saranno identificate. Teorema 4.1. L insieme L 2 [a, b] è uno spazio lineare complesso sotto l addizione e la moltiplicazione per scalari puntuale. Dim. Se f L 2, g L 2 e λ C le funzioni f + g, λf M[a, b]. Inoltre: b a f(x) + g(x) 2 2( f(x) 2 + g(x) 2 ) 5 { b f(x) + g(x) 2 dx 2 f(x) 2 dx + a b a b b λf(x) 2 dx = λ 2 f(x) 2 dx < a a } g(x) 2 dx < In conclusione f +g, λf L 2 [a, b]. Inoltre L 2 [a, b] verifica le condizioni menzionate nella definizione di spazio lineare complesso. Teorema 4.2. Se f, g L 2 [a, b], la funzione fg è integrabile su [a, b] con il prodotto interno definito da: f, g = b a f(x)g(x)dx, L 2 [a, b] è uno spazio pre-hilbertiano complesso. Dim. La funzione fg è misurabile secondo Lebesgue su [a, b]. Inoltre: 2 f(x)g(x) f(x) 2 + g(x) 2 b a f(x)g(x) dx 1 { b f(x) 2 dx + 2 a b a } g(x) 2 dx <. Quindi fg L 1 [a, b]. Tutte le proprietà del prodotto interno sono facilmente verificate. Corollario 4.1. L 2 [a, b] L 1 [a, b]. 5 0 ( f(x) g(x) ) 2 = f(x) 2 + g(x) 2 2 f(x) g(x), f(x) + g(x) 2 ( f(x) + g(x) ) 2 = f(x) 2 + g(x) 2 + 2 f(x) g(x) 2( f(x) 2 + g(x) 2 ).
4. LO SPAZIO DI HILBERT L 2 27 Dim. Sia f L 2 [a, b]. Segue dalla disuguaglianza di Hölder: b Quindi L 2 [a, b] L 1 [a, b]. a ( b f(x)1 dx a f(x) 2 ) 1 2 (b a) 1 2 <. Teorema 4.3. L 2 [a, b] è completo rispetto alla norma indotta dal prodotto interno. Teorema 4.4. L 2 [a, b] contiene una famiglia ortonormale numerabile. Dim. La famiglia {e k } + k= C[a, b] definita da: ha le proprietà richieste. e k (x) = Teorema 4.5. L 2 [a, b] è separabile. 1 x a 2πik e b a, x [a, b] b a Dim. (sketch) L insieme numerabile e ovunque denso in L 2 [a, b] è l insieme L di tutte le combinazioni lineari delle funzioni e k con coefficienti razionali. Teorema 4.6. L 2 [a, b] è il completamento dello spazio pre-hilbertiano delle funzioni continue C[a, b] (cfr. esempio 1.4). Osservazione 4.1. Se consideriamo solo funzioni reali e solo scalari reali otteniamo lo spazio di Hilbert reale L r 2[a, b]. Usando gli opportuni accorgimenti si possono dimostrare anche per L r 2[a, b] i teoremi già dimostrati per L 2 [a, b]. Osservazione 4.2. Gli spazi L 2 [a, + [, L 2 ], b], L 2 ], + [ sono anche essi spazi di Hilbert. Usando gli opportuni accorgimenti si possono dimostrare anche per essi i teoremi già dimostrati per L 2 [a, b]. Salvo il Corollario 4.1 che vale solo per a, b finiti. Analogamente per L r 2[a, + [, L r 2], b], L r 2], + [.
CAPITOLO 2 GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT 1. Sottospazi In tutto il capitolo denoteremo con H un fissato spazio di Hilbert. Def. 1.1. Un sottoinsieme non vuoto M di H è detto VARIETÀ LINEARE se: f + g M, per ogni f, g M λf M, per ogni f M e λ K Una varietà lineare chiusa è detta SOTTOSPAZIO. Un SOTTOSPAZIO è detto PROPRIO se non coincide con H. È noto che in IR n e C n ogni varietà lineare è chiusa. In questo caso le nozioni di varietà lineare e di sottospazio coincidono (questo vale anche per spazi di dimensione finita, cfr. Teorema 1.4 di spazi di Banach). Questo in generale non è vero in tutti gli spazi di Hilbert. Esempio 1.1. Sia H = l 2 e sia M il sottoinsieme di tutte le successioni finite di l 2. Ovviamente M è una varietà lineare, ma poiché M è ovunque denso in l 2 risulta M = l 2 M (vedi Osservazione 3.1), quindi M non è chiuso. Esempio 1.2. Sia H = l 2 e sia M il sottoinsieme di tutti gli a = (α k ) l 2 con α 1 = 0. Ovviamente M è una varietà lineare. È facile provare che M è un sottospazio. Infatti se b = (β k ) l 2 è un punto di accumulazione per M allora per ogni ε > 0 esiste un elemento a M tale che: b a < ε. Poiché β 1 = β 1 α 1 b a ne segue che β 1 = 0 e quindi b M. Esempio 1.3. Sia H = L 2 [a, b] e sia M = C[a, b] L 2 [a, b] come nell esempio 1.4. Di nuovo M è una varietà lineare, ma non è un sottospazio: infatti M = H M (cfr. Teorema 4.6) Esempio 1.4. Sia H = L 2 [a, b] ( a < b + ) e sia Y un sottoinsieme dell intervallo ]a, b[ misurabile secondo Lebesgue. Definiamo M = {f L 2 [a, b] : f(x) = 0 per quasi ogni x Y } (ricorda che due funzioni che sono uguali q.o. in [a, b] sono identificate). Ovviamente M è una varietà lineare. Dimostriamo che M è un sottospazio. 29
30 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT Se Y è un insieme di misura zero secondo Lebesgue noi abbiamo M = L 2 [a, b] e quindi non c è niente da provare. Supponiamo allora che Y abbia misura positiva secondo Lebesgue. Se g M allora per ogni ε > 0 esiste f M tale che: Ciò implica: Y g(x) 2 dx = g f 2 = Y b a g(x) f(x) 2 dx g(x) f(x) 2 dx < ε. b a g(x) f(x) 2 dx < ε. Quindi Y g(x) 2 dx = 0 per l arbitrarietà di ε, da cui g(x) = 0 q.o. in Y cioè g M e quindi M è chiuso. Osservazione 1.1. L intero spazio H e il sottoinsieme 0 costituito dal solo elemento 0 sono ovviamente dei sottospazi. Essi sono detti BANALI. Tutti gli altri sottospazi sono detti SOTTOSPAZI NON BANALI. Osservazione 1.2. Tutto quello che verrà detto in questo paragrafo può essere applicato a un qualunque spazio di Banach L. La nozione di sottospazio è importante per svariate ragioni. Una sta nel fatto che un sottospazio M di uno spazio di Hilbert è completo. Infatti se (f n ) n=1 M è una successione di Cauchy allora essa converge a qualche elemento f H che, poiché M è chiuso, deve essere un elemento di M. Inoltre, come proveremo, la chiusura di una varietà lineare è un sottospazio. Poiché M può essere contenuto in diversi sottospazi, possiamo dire che M è il più piccolo sottospazio contenente M. Più in generale per ogni dato sottoinsieme A di H esiste un unico sottospazio che è il più piccolo contenente A. Teorema 1.1. Sia M una varietà lineare di H. Allora M è un sottospazio. Dim. Noi dobbiamo dimostrare che se f, g M e λ K allora: f + g M λf M. Sia ε > 0. Scegliamo f 1, g 1 M in modo che: f f 1 < 1 2 ε e g g 1 < 1 2 ε. Allora f 1 + g 1 M e (f + g) (f 1 + g 1 ) f f 1 + g g 1 < ε. Così se f + g M allora f + g è un punto di accumulazione per M e quindi f + g M. Analogamente proviamo che λf M.
1. SOTTOSPAZI 31 Teorema 1.2. Sia {M σ } σ Σ una famiglia non vuota di varietà lineari. Allora l insieme M = σ Σ M σ è varietà lineare. Se {M σ } σ Σ è una famiglia di sottospazi, allora M è un sottospazio. Dim. Segue dalla definizione di intersezione di varietà lineari che se f, g M = σ Σ M σ, λ K = f + g M, λf M. M, essendo l intersezione non vuota dei sottospazi, è chiusa. Teorema 1.3. Sia A un sottoinsieme di H. Allora esiste un unico sottospazio M con le seguenti proprietà: a) A M b) Se N A è un sottospazio allora N M. Dim. Consideriamo la famiglia {M σ } σ Σ di tutti i sottospazi contenenti A. Tale famiglia è non vuota perché H appartiene ad essa. Sia M = σ Σ M σ. Allora per il Teorema 1.2 M è un sottospazio che contiene A e M M σ per ogni σ Σ. Def. 1.2. Se A è un sottoinsieme di H, allora il sottospazio M associato ad A tramite il Teorema 1.3 è detto SOTTOSPAZIO GENERATO DA A (o ESTENSIONE DI A) e useremo la notazione: M = A Teorema 1.4. Se A è un sottoinsieme di H, allora: { n } A = α k f k : f k A, α k K, per 1 k n, n 1. Dim. L insieme di tutte le combinazioni lineari finite di elementi di A è ovviamente una varietà lineare contenuta in A. La chiusura di questo insieme è un sottospazio contenuto in A per il Teorema 1.1. Ma per la proprietà b) del Teorema 1.3 esso deve coincidere con A. Se M 1, M 2,... sono sottospazi, denotiamo con M 1 M2 e M k i SOTTOSPA- ZI GENERATI DA M 1 M 2 e M k. Def. 1.3. Se M 1 e M 2 sono varietà lineari allora l insieme: M 1 + M 2 = {f 1 + f 2 : f 1 M 1, f 2 M 2 } è detto (VETTORE) SOMMA DI M 1 E M 2. Se (M k ) è una successione di varietà lineari, allora l insieme: M k = {f : f H, f = f k, f k M k k} è detto (VETTORE) SOMMA DELLE VARIETÀ LINEARI M k.
32 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT In altre parole, M k è l insieme delle somme di tutte le serie convergenti f k con f k M k per ogni k. Ovviamente questo insieme è una varietà lineare, come pure l insieme M 1 + M 2. Il vettore somma di due varietà lineari può essere considerato come un caso particolare di un vettore somma di una successione di varietà lineari, ponendo M k = 0 per k > 2. Analogamente possiamo scrivere: n M k = M 1 + M 2 +... + M n se noi poniano M k = 0 per k > n. Esiste una semplice relazione tra vettore somma e sottospazio generato: Teorema 1.5. Se (M k ) è una successione di varietà lineari, allora: M 1 M2 = M 1 + M 2 M k = M k Esercizio 1.1. Sia H = l 2, definiamo: M 1 = {a = (α k ) l 2 : α 2k = 0, k = 1, 2,...} M 2 = {b = (β k ) l 2 : β 2k 1 = δ k cos 1 k, β 2k = δ k sin 1, k = 1, 2,...} k e sia c = (γ k ) dove γ 2k 1 = 0, γ 2k = sin 1, per k = 1, 2,.... k Provare le seguenti affermazioni: a) M 1 e M 2 sono due sottospazi. b) M 1 M2 = l 2. c) c l 2. d) c M 1 + M 2. 2. Sottospazi ortogonali Un modo di ottenere un sottospazio, dimostrato nel 1, è di partire da un arbitrario sottoinsieme A di H e di considerare il sottospazio generato da A, A. Un altro modo, come vedremo, è di considerare l insieme di tutti i vettori ortogonali a ogni vettore di A.
2. SOTTOSPAZI ORTOGONALI 33 Def. 2.1. Un VETTORE g è detto ORTOGONALE A UN SOTTOINSIEME A H, g A, se g f per ogni f A. Due SOTTOINSIEMI A e B DI H sono detti MUTUAMENTE ORTOGONALI, A B, se f g per ogni f A e g B. L insieme: A = {g H : g A} è detto COMPLEMENTO ORTOGONALE DI A (IN H). Se N e M sono sottospazi e M N, l insieme (N M = 1 ){g N : g M} = N M è detto il COMPLEMENTO ORTOGONALE DI M in N. Osservazione 2.1. Se M è sottospazio, possiamo scrivere M = H M 2. Osservazione 2.2. Se A e B sono due sottoinsiemi di H, allora A B = A B. Teorema 2.1. Se A è un sottoinsieme di H, allora A è un sottospazio e A A è o il sottospazio 0 = {0} oppure è vuoto (se 0 A). Dim. Siano g 1, g 2 A. Poiché f, g 1 = f, g 2 = 0 per ogni f A ne negue che: f, α 1 g 1 + α 2 g 2 = α 1 f, g 1 + α 2 f, g 2 = 0, f A e quindi α 1 g 1 + α 2 g 2 A. Quindi A è una varietà lineare. Sia g A e sia g = lim n g n, con g n A per n 1. Allora per ogni f A, risulta: f, g = lim f, g n = 0, e quindi g A. n Così A è chiuso ed è un sottospazio. Se A A e se f A A = f f cioé f, f = 0 e quindi f = 0. Teorema 2.2. Se M e N sono due sottospazi mutuamente ortogonali, allora: M N = M + N. Dim. In virtù del Teorema 1.5 è sufficiente provare che M + N è chiuso. Supponiano che f M + N, f = lim n f n, dove f n = g n + h n con g n M e h n N per n 1. Poiché g n h n, per il teorema di Pitagora, segue: f m f n 2 = g m g n 2 + h m h n 2 Dalla convergenza di f n a f segue che: 1 Si veda Osservazione 2.3. 2 Si veda Teorema 2.8.
34 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT lim f m f n = 0 e quindi m,n lim g m g n = 0 e m,n lim h m h n = 0. m,n Le successioni (g n ) n=1 e (h n ) n=1 sono di Cauchy e convergono in H a g e h rispettivamente. Poiché M e N sono chiusi deve essere g M e h N. Pertanto f = lim n f n = lim n (g n + h n ) = g + h M + N. Teorema 2.3. Sia {g k } una famiglia ortogonale di vettori. a) La serie g k converge g k 2 < b) Se la serie g k = f converge allora g k 2 = f 2 Dim. Supponiamo che g k 2 <. Allora: n n lim g k 2 = lim g k 2 = 0 m,n m,n k=m k=m e per la completezza di H la serie g k converge. Viceversa se g k = f risulta: f 2 = f, f = lim n n g k, lim m m h=1 g h = lim n n g k, g k = g k 2. Teorema 2.4. Se (M k ) è una successione di sottospazi mutuamente ortogonali, allora: M k = M k. Dim. È sufficiente provare che M k è chiuso. Supponiano quindi che f M k, f = lim n f n e f n = g n,k dove g n,k M k per ogni n 1 e k 1. Ragionando analogamente a quanto fatto nella dimostrazione del Teorema 2.2, possiamo scrivere: (4) f m f n 2 = Quindi: g m,k g n,k 2 < ε 2 per m n(ε) e n n(ε). lim g m,k g n,k 2 = 0 per k 1. m,n
(5) Pertanto esistono i limiti: 2. SOTTOSPAZI ORTOGONALI 35 g k = lim n g n,k M k per k 1. Da (4) concludiamo che: h g m,k g n,k 2 < ε 2 per m n(ε), n n(ε), per h 1. g k g n,k 2 ε 2 per n n(ε). Quindi per il Teorema 2.3 a) la serie (g k g n,k ) converge e pertanto anche la serie: (g k g n,k ) + g n,k = Inoltre la (5) prova che la somma dell ultima serie è il limite della successione (f n ) n=1: f = lim n f n = g k g k M k. Teorema 2.5. Sia (M k ) una successione di sottospazi mutuamente ortogonali. Allora per ogni f M k esiste un unico vettore f k M k per ogni k 1 tale che f = f k. Dim. Supponiamo che f = f k = f k con f k, f Allora: (f k pertanto f k = f k k M k per ogni k 1. f k 2 = 0 f k ) = 0 quindi per il Teorema 2.3 b) segue che f k per ogni k 1. Corollario 2.1. Se M 1 e M 2 sono due sottospazi mutuamente ortogonali, per ogni vettore f = M 1 M2 = M 1 + M 2 la decomposizione di f nella f = f 1 + f 2 con f 1 M 1, f 2 M 2 è unica. Teorema 2.6. Sia M un sottospazio e sia f H. Se δ = inf{ f g : g M} allora esiste un unico vettore P M f M, DETTO PROIEZIONE DI f SOPRA M, tale che: f P M f = δ.
36 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT Dim. Sia (g n ) n=1 M una successione di vettori di M tale che lim n f g n = δ. Applicando la legge del parallelogramma ai vettori (f g m ) e (f g n ) risulta: e cioé: 2f (g m + g n ) 2 + g m g n 2 = 2 f g m 2 + 2 f g n 2 g m g n 2 = 2 f g m 2 + 2 f g n 2 4 f 1 2 (g m + g n ) 2. Poiché 1 2 (g m + g n ) M segue necesseriamente che f 1 2 (g m + g n ) δ e quindi: g m g n 2 2 f g m 2 + 2 f g n 2 4δ 2. Per m, n il secondo membro della disuguaglianza tende a 0. Pertanto in M esiste lim n g n = P M f e risulta f P M f = lim n f g n = δ. Supponiamo infine che f 1, f 2 M siano tali che: f f 1 = f f 2 = δ. Applicando la legge del parallelogramma a (f f 1 ) e (f f 2 ) risulta: e cioé 2f (f 1 + f 2 ) 2 + f 1 f 2 2 = 2 f f 1 2 + 2 f f 2 2 f 1 f 2 2 = 4δ 2 4 f 1 2 (f 1 + f 2 ) 2 0 in quanto 1 2 (f 1 + f 2 ) M e quindi f 1 2 (f 1 + f 2 ) δ. Teorema 2.7. Sia M un sottospazio e sia f H. Indichiamo con P M f M la proiezione di f sopra M. Allora (f P M f) M. H = IR 3 f 0 P M f M = IR 2 f P M f = δ f P M f ortogonale a M Figura 1. f P M f è ortogonale a M
2. SOTTOSPAZI ORTOGONALI 37 Dim. Sia f 0 = f P M f, allora per il Teorema 2.6 si ha f 0 = δ. Per ogni g M e per ogni α K abbiamo P M f + αg M e quindi δ 2 = f 0 2 f P M f αg 2 = f 0 αg 2 = f 0 2 α g, f 0 α f 0, g + α 2 g 2, 0 α g, f 0 α f 0, g + α 2 g 2 Supponiano che esista g M tale che f 0, g 0 (che implica g 0). Scegliendo α = f 0,g otterremmo g 2 0 2 f 0, g 2 + f 0, g 2 = f 0, g 2 g 2 g 2 g 2 che è una contraddizione. Corollario 2.2. Sia M una varietà lineare contenuta in un sottospazio N. Allora M N esiste un vettore f N diverso da 0 ortogonale a M. Dim. Se M N, allora prendiamo un qualunque vettore f, diverso da zero di N ma non di M. Quindi il vettore f 0 = f P M f ha tutte le proprietà richieste dal Teorema 2.7. Viceversa se M = N indichiamo con f un vettore di N ortogonale a M. Proveremo che f deve essere necessariamente 0. Infatti f = lim n f n, f n M per n 1. Pertanto f, f = lim n f, f n = 0. Corollario 2.3. Sia M una varietà lineare. Allora: M = H M = 0. Teorema 2.8 (Teorema della proiezione). Se M è un sottospazio, allora H = M + M. Dim. Per ogni f H possiamo scrivere f = P M f + (f P M f) dove P M f M per il Teorema 2.6 e (f P M f) M per il Teorema 2.7. Per il corollario del Teorema 2.5 possiamo scrivere il teorema della proiezione come segue: Teorema 2.9. Se M è un sottospazio, allora ogni vettore f H può essere decomposto nella somma f = f 1 + f 2 dove f 1 (= P M f) M e f 2 (= P M f) M. Osservazione 2.3. Se nel Teorema 2.8 al posto di H conderiamo un sottospazio N M, allora l insieme M = {f H : f M} deve essere sostituito con N M = {f N : f M}. Il seguente corollario giustifica la notazione N M = N M.
38 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT Corollario 2.4. Se N e M sono due sottospazi con M N, allora: N = M + (N M ) = M + (N M). Esempio 2.1. Sia H = L 2 [a, b] ( a < b + ) e sia Y un sottoinsieme di ]a, b[ misurabile secondo Lebesgue. Per ogni f H definiamo le funzioni f 1, f 2 M[a, b] { 0 se x Y f 1 (x) = f(x) se x ]a, b[\y { f(x) se x Y f 2 (x) = 0 se x ]a, b[\y. Da b f a k(x) 2 dx b a f(x) 2 dx < per k = 1, 2 concludiamo che f k L 2 [a, b], k = 1, 2. Inoltre risulta: f 1 M 1 = {g L 2 [a, b] : g(x) = 0 q.o. in Y } f 2 M 2 = {g L 2 [a, b] : g(x) = 0 q.o. in ]a, b[\y } f 1, f 2 = f = f 1 + f 2 b a f 1 (x)f 2 (x)dx = 0 Poiché la decomposizione di un qualunque vettore f nella somma di un vettore di Mk e di un vettore di M k è unica per il Teorema 2.9, concludiamo che: f k = P Mk f per k = 1, 2 e M 2 = M 1 Nel seguito scriveremo A in luogo di (A ). Teorema 2.10. Sia A un sottoinsieme di H. Allora A = A e di conseguenza A = A. In particolare: A è sottospazio A = A. Dim. Sia f A il limite di successione (f n ) n convergente dove f n è una combinazione lineare finita di vettori di A (cfr. Teorema 1.4). Allora per ogni g A abbiamo f, g = lim n f n, g = 0 e quindi f g. Ciò implica che A A e A A. Se A A allora per il Corollario 2.2 dovrebbe esistere un vettore diverso da zero f A A. Questo comunque per il Teorema 2.1 è impossibile. La seconda parte del teorema si ottiene sostituendo A con A. Esercizio 2.1. Sia H = l 2. Per ogni n 1 sia e n = (δ n,k ) l 2 e sia A = (e 2n 1 + e 2n ) n=1. a) Identifica A e A in l 2.
3. BASI 39 b) a = (α k ) l 2 allora P A a = (β k ), dove β 2n 1 = β 2n = 1 2 (α 2n 1 + α n ) per n 1; P A a = (γ) con γ 2n 1 = γ 2n = 1 2 (α 2n 1 α 2n ) per n 1. 3. Basi Def. 3.1. Sia M un sottospazio di uno spazio di Hilbert H. Una FAMIGLIA ortonormale {e σ } σ Σ M è detta MASSIMALE in M se il solo vettore in M ortogonale a ogni e σ, σ Σ, è il vettore 0. Una famiglia ortonormale massimale in M è detta una BASE di M. Ricordiamo che una famiglia ortonormale è linearmente indipendente (cfr. Teorema 1.6). Esempio 3.1. Sia H = C n. Allora ogni n-pla di vettori ortonormali è una base. Esempio 3.2. Sia H = l 2. Per ogni intero k sia e k = (0,..., 0, 1, 0,...) ove la k- esima componente è 1 e le altre sono 0. Allora {e k } è una base, detta base standard di l 2. Infatti se f, e k = 0 per ogni k 1 allora tutte le componenti di f devono essere 0. Esempio 3.3. Sia H = L 2 [0, 1]. Per ogni intero k poniano e k = e 2πikx. Allora {e k } + k= è una famiglia ortonormale (cfr. Esempio 1.5). Supponiamo che per qualche f H sia f, e k = 0 per ogni intero k. Ricordiamo che l insieme L di tutte le combinazioni lineari finite m k= m α k e k con coefficienti razionali complessi α k è ovunque denso (cfr. Teorema 4.5). Ovviamente f, g = 0 per ogni vettore g L. Se f 0 potremmo scegliere un vettore g L tale che: Questo ovviamente implica: f g < f. f 2 = f, f = f, f f, g = f, f g f f g < f 2 e questa è una contraddizione. Quindi {e k } + k= è una base. Esempio 3.4. Sia L 2 [0, 1] e sia e 0 = 1, f k (x) = 2 cos 2πkx, g k (x) = 2 sin 2πkx per k = 1, 2,.... Provare che la famiglia F = {e 0 } {f k } {g k} è ortonormale. Questo segue dal fatto che f k = e k+e 2 k e g k = e k e k i per k 1. 2 Se f è un vettore ortogonale a e 0 e a f k e g k k 1 allora f e k per ogni intero k. Poiché la famiglia {e k } + k= è una base, concludiamo che f = 0. Di conseguenza F è una base. Ogni spazio di Hilbert ammette una base? Enunceremo che per uno spazio di Hilbert separabile la risposta è sì.
40 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT Teorema 3.1 (Ortogonalizzazione di Gram-Schmidt). Sia F = {f k } χ una famiglia numerabile lineamente indipendente di vettori. Allora esiste una famiglia ortogonale G = {g k } χ (della stessa cardinalità di F) tale che g k 0 e g k è una combinazione lineare di f 1,..., f k per ogni k. Dim. Noi costruiremo la famiglia G per induzione. Poniamo g 1 = f 1 (per ipotesi f 1 0). Supponiamo che g 1,..., g k 1 sono vettori non nulli mutuamente ortogonali verificanti le proprietà del teorema. Definiamo: (6) g k = f k Risulta, per 1 n k 1: g k, g n = f k, g n k 1 h=1 k 1 h=1 f k, g h g h 2 g h. f k, g h g h 2 g h, g n = f k, g n f k, g n g n 2 g n, g n = 0. Inoltre g k è una combinazione lineare di f 1,..., f k. Poiché f 1,..., f k sono linearmente indipendenti la (6) implica g k 0. Corollario 3.1. Sia F = {f k } χ e G = {g k} χ come nel Teorema 3.1. Allora valgono le seguenti affermazioni: a) f k è una combinazione lineare di g 1,..., g k per 1 k χ b) {f k } χ = {g k } χ c) La famiglia {e k = g k g k }χ è una famiglia ortonormale verificante il Teorema 3.1 d) Se {h k } χ è un altra famiglia ortogonale di vettori non nulli verificante il Teorema 3.1 allora h k = α k g k e α k 0 per 1 k χ. Teorema 3.2. Uno spazio di Hilbert H è separabile possiede una base numerabile (finita o infinita). Teorema 3.3. Sia {e k } χ una famiglia ortonormale di H. Le seguenti affermazioni sono equivalenti: a) {e k } χ è una base b) f e k per ogni k 1 = f = 0 c) H = {e k } χ d) f = χ f, e k e k per ogni f H (Serie di Fourier) e) f, g = χ f) f 2 = χ f, e k g, e k per ogni f, g H (Identità di Parseval) f, e k 2 per ogni f H (Identità di Parseval). Osservazione 3.1. In d) il vettore f è rappresentato in una serie di Fourier rispetto alla base {e k } χ. In questa rappresentazione f, e k è detto il coefficiente di Fourier corrispondente a e k. Sebbene l affermazione f) è detta identità di Parseval,
3. BASI 41 questo nome è talvolta assegnato anche alla e). Infatti questa affermazione soltanto in apparenza è più generale della f); entrambe le affermazioni sono equivalenti per il Teorema 3.3. Osservazione 3.2. Tutte le affermazioni del Teorema 3.3 rimangono vere anche se l indice k si muove da 1 a χ. Esempio 3.5. Sia H = L 2 [0, 1] e consideriamo la base dell esempio 3.4. Per ogni funzione reale f L 2 [0, 1] definiamo: α 0 = 1 0 f(x)dx, α k = 1 Nelle notazioni dell esempio 3.4 si ha: 0 f(x) cos 2kπxdx, β k = 1 0 f(x) sin 2kπxdx, α 0 = f, e 0, α k = 1 2 f, f k, β k = 1 2 f, g k, k = 1, 2,.... Per l identità di Parseval otteniamo: 1 0 f 2 (x)dx = α 2 0 + 2Σ (α 2 k + β 2 k) per k = 1, 2,.... I seguenti due corollari del Teorema 3.3 sono due delle diverse versioni del cosiddetto Teorema di Riesz-Fisher. Corollario 3.2. Se H è uno spazio complesso (reale) di Hilbert separabile e se {e k } χ è una base, allora: H = { χ α k e k : α k C (o α k IR) per k 1, χ α k 2 < }. Dim. Se χ α k 2 < allora la serie (o la somma finita) χ α ke k converge per il Teorema 2.3 a). Viceversa ogni vettore di H ammette una rappresentazione di Fourier avente le proprietà d) e f) del Teorema 3.3. Corollario 3.3. Sia {e k } χ una base di uno spazio complesso (o reale) di Hilbert separabile e sia {α k } χ una successione in C (o in IR) tale che χ α k 2 < +. Allora esiste un unico vettore f H tale che: f, e k = α k, per ogni k 1. Dim. Il vettore f = χ α ke k verifica le richieste e per il Teorema 3.3 d) è unico. Teorema 3.4. Due qualunque basi di uno spazio di Hilbert H separabile hanno lo stesso numero cardinale.
42 2. GEOMETRIA DEGLI SPAZI DI HILBERT Def. 3.2. Il numero cardinale di una base di uno spazio di Hilbert H è detto la DIMENSIONE DI H. IR n e C n hanno dimensione n. l 2 e L 2 [a, b] hanno dimensione χ 0. 4. Isomorfismi Noi dimostreremo che ogni spazio di Hilbert infinito-dimensionale e separabile è una copia di l 2. Teorema 4.1. Se due spazi di Hilbert separabili, H e H, hanno la stessa (finita o infinita) dimensione, allora esiste una applicazione biiettiva: U : H H, f Uf tale che per ogni f, g H e λ C, si ha: a) U(f + g) = Uf + Ug b) U(λf) = λuf c) Uf, Ug = f, g (N.B. = Uf = f ) Dim. {e k } χ e {e k }χ basi per H e H rispettivamente (χ ). Per ogni f H definiamo: f = Uf = Σ χ f, e k e k Questa definizione ha senso poiché per l identità di Parseval Σ χ f, e k 2 = f 2 < e in virtù del Teorema 2.3 la serie Σ χ f, e k e k converge in H. Inoltre: Ue k = e k, k 1. Provare che U verifica le a),b) e c) e che è una biiezione. Intuitivamente il Teorema 4.1 dice che possiamo identificare, tramite U, gli elementi di H e H in modo che ognuno di questi spazi appare (algebricamente e topologicamente) una copia perfetta dell altro. Def. 4.1. Un APPLICAZIONE A : D H, ove D è una varietà lineare di H, e H e H sono due K-spazi di Hilbert, è detta LINEARE se: a) A(f + g) = Af + Ag, f, g D b) A(λf) = λaf, f D, λ K. Def. 4.2. Un APPLICAZIONE LINEARE A : D H, ove D è una varietà lineare di H, e H e H sono due K-spazi di Hilbert, è detta ISOMETRIA LINEARE se:
c) Af, Ag = f, g, f, g D. 4. ISOMORFISMI 43 Def. 4.3. Un applicazione A : H H, ove H e H sono K-spazi di Hilbert, lineare isometrica e suriettiva, è detta un ISOMORFISMO DI H sopra H. Un isomorfismo di H sopra se stesso è detto un AUTOMORFISMO. Osservazione 4.1. Una isometria lineare è automaticamente iniettiva 3. Quindi un isomorfismo è biiettivo. Se esiste un isomorfismo di H sopra H, allora esiste un isomorfismo di H sopra H. Def. 4.4. Due spazi di Hilbert H e H sono detti isomorfi se esiste un isomorfismo di uno spazio sopra l altro. Corollario 4.1. Due spazi di Hilbert separabili sono isomorfi hanno la stessa dimensione. Dim. La parte sufficiente segue dal Teorema 4.1. Viceversa sia U : H H un isomorfismo e {e k } χ una base per H. Allora {Ue k } χ è una famiglia ortonormale di H e quindi la dimensione di H è almeno χ. Ripetendo il ragionamento nell altro modo, concludiamo che H e H devono avere la stessa dimensione. Corollario 4.2. Ogni spazio di Hilbert infinitamente dimensionale e separabile è isomorfo a l 2. 3 f, g H, f g = A(f g), A(f g) = f g, f g = 0 = A(f g) 0 = 0 A(f g) = Af Ag.