Investimenti per l'occupazione e la crescita



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Investimenti per l'occupazione e la crescita Promuovere lo sviluppo e la buona governance nelle città e regioni dell'ue Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Politica regionale e urbana Luglio 2014

Commissione europea Investimenti per l'occupazione e la crescita Promuovere lo sviluppo e la buona governance nelle città e regioni dell'ue Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Bruxelles, 2014

La presente relazione è stata adottata dalla Commissione europea il 23 luglio 2014 Responsabile: Lewis Dijkstra, Commissione europea, direzione generale della Politica regionale e urbana Questa pubblicazione è consultabile online all'indirizzo: http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docoffic/official/reports/cohesion6/6cr_it.pdf Questa pubblicazione è stata realizzata con l'assistenza tecnica di Applica (Belgio) in collaborazione con SeproTec (Spagna). Eventuali commenti sulla relazione saranno accolti favorevolmente e andranno inviati a: Commissione europea Direzione generale della Politica regionale e urbana Direzione B B-1049 Bruxelles E-mail: regio-b1-head-of-unit@ec.europa.eu Illustrazioni di copertina (da sinistra a destra): Free Graphic Download Deymos Photo/Shutterstock.com Eleonora Cugini e Gianluca Bernardo Artens/Shutterstock.com Per l'eventuale utilizzo o riproduzione di immagini non tutelate dal diritto d'autore dell'unione europea, è necessario richiedere l autorizzazione direttamente ai titolari dei diritti d autore. Europe Direct è un servizio a vostra disposizione per aiutarvi a trovare le risposte ai vostri interrogativi sull'unione europea. Numero verde unico (*): 00 800 6 7 8 9 10 11 (*) Le informazioni sono fornite gratuitamente, e le chiamate sono nella maggior parte dei casi gratuite (con alcuni operatori e in alcuni alberghi e cabine telefoniche il servizio potrebbe essere a pagamento). Numerose altre informazioni sull'unione europea sono disponibili su Internet consultando il portale Europa (http://europa.eu). Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell'unione europea, 2014 ISBN 978-92-79-39117-0 doi 10.2776/98003 Unione europea, 2014 Riproduzione autorizzata con citazione della fonte. Printed in Belgium Stampato su carta sbiancata senza cloro (ECF).

Prefazione La crisi ha colpito in modo particolare le regioni e le città dell'ue. Il processo di diminuzione delle disparità economiche regionali in atto si è interrotto, mentre la disoccupazione è rapidamente aumentata in quasi tutte le zone dell'ue. La povertà e l'esclusione sociale sono ugualmente aumentate, colpendo anche svariate città degli Stati membri più sviluppati. La Sesta relazione sulla coesione sociale si discosta dalle relazioni precedenti. Evidenzia i nessi tra la politica di coesione e la strategia Europa 2020 attraverso l'inserimento di capitoli sulla crescita intelligente, inclusiva e sostenibile, mostrando come essa sia evoluta per rafforzare il proprio impatto sugli obiettivi dell'ue in termini di crescita e occupazione e come una buona governance sia essenziale per la sua efficacia. La politica di coesione ha già migliorato la competitività regionale e la vita delle persone all'interno dell'ue. Ha sostenuto la creazione di nuove imprese e aiutato la popolazione a migliorare le proprie competenze e trovare nuovi posti di lavoro. Ha ampliato l'accesso alla banda larga e investito nelle reti ferroviarie e nel miglioramento della viabilità stradale nelle aree meno sviluppate dell'ue. Infine ha accresciuto notevolmente il numero di abitazioni allacciate a sistemi di fornitura dell'acqua potabile e di gestione delle acque reflue. I Fondi strutturali e d investimento europei (SIE) stanno sempre più assumendo un'importanza strategica per il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, soprattutto in merito agli obiettivi sull'occupazione e sulla riduzione della povertà. In vari Stati membri essi sono divenuti la principale fonte di finanziamento degli investimenti pubblici, a seguito dei tagli operati dagli Stati membri per ridurre i disavanzi di bilancio. Fino al 2020 i fondi SIE investiranno maggiori risorse in materia di economia a basso contenuto di carbonio, innovazione e PMI, occupazione di qualità, mobilità sul lavoro e inclusione sociale, nonché in materia di reti digitali e nella rete TEN T, istruzione, formazione, formazione permanente e riforma della pubblica amministrazione. Il semestre europeo e le relative raccomandazioni specifiche per paese svolgono un ruolo cruciale nel rinforzare la politica di coesione. Il quadro giuridico alla base dei fondi SIE nel 2014 ha introdotto nuovi regolamenti per garantire l'istituzione del corretto contesto normativo e macroeconomico, in grado di massimizzare l'impatto della politica di coesione. Inoltre, una quota più consistente delle risorse dei fondi SIE sarà dedicata al rafforzamento della capacità amministrativa, in virtù dell'aumentata consapevolezza sul fatto che in assenza di una buona governance è impossibile conseguire alti tassi di crescita e la convergenza economica regionale. Queste modifiche, assieme a una maggiore attenzione ai risultati, faranno sì che la politica di coesione possa affrontare meglio le disparità regionali in termini di resa economica e tenore di vita, contribuendo anche al raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020. Johannes Hahn Commissario europeo per la Politica regionale László Andor Commissario europeo per l'occupazione, gli affari sociali e l'inclusione iii

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale iv

Sommario Prefazione...iii Glossario... xi Investimenti per l'occupazione e la crescita...xv 1. Introduzione...xv 2. Una politica in evoluzione: investire nella competitività delle regioni per migliorare la vita dei cittadini...xviii 3. Il conseguimento dei risultati è il fulcro della nuova politica di coesione...xx 3.1 I programmi della politica di coesione devono operare in un contesto favorevole...xx 3.2 I programmi della politica di coesione devono concentrare le risorse su un numero limitato di priorità e massimizzare il loro valore aggiunto...xxi 3.3 I programmi della politica di coesione devono definire obiettivi e risultati chiari...xxii 3.4 I programmi della politica di coesione devono dare più voce alle città...xxii 3.5 È necessaria una maggiore inclusione dei partner a tutti i livelli nei programmi della politica di coesione... xxiii 4. Dalla teoria alla pratica: nuovi elementi che emergono dai negoziati... xxiii 5. Conclusioni...xxvii Riassunto esecutivo...xxix Capitolo 1: Crescita intelligente...1 1. Introduzione...1 2. La crisi ha interrotto il processo di riduzione delle disparità regionali...1 3. Negli Stati membri dell'europa centro orientale il settore industriale rimane solido, mentre l'agricoltura richiede ulteriori interventi di modernizzazione...7 4. I settori dell'industria e delle costruzioni, i più colpiti dalla crisi...11 5. La crisi ha determinato la perdita di posti di lavoro, ma anche un incremento della produttività...14 6. La crescita nelle regioni metropolitane è più soggetta a periodi di alti e bassi rispetto alle regioni rurali...17 6.1 Le regioni metropolitane della capitale hanno mantenuto un andamento positivo, finché la crisi non ha causato un calo dell'occupazione superiore alla media...17 6.2 La crescita del PIL nelle regioni rurali è rimasta limitata nel periodo precedente la crisi, ma ha dimostrato maggiore resilienza negli anni della crisi...18 7. Il tasso di creazione di impresa e l'imprenditorialità dipendono dall'iniziativa individuale e dal corretto ambiente istituzionale...21 8. L'innovazione resta territorialmente concentrata...28 8.1 R&S e l'obiettivo 2020...29 8.2 I brevetti nell'ue e negli USA...34 9. La quota di istruzione terziaria sta aumentando, ma permangono forti disparità...34 10. Le carenze in termini di reti digitali e di trasporto sono in via di miglioramento, ma molto resta ancora da fare...40 v

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale 10.1 Le reti digitali si stanno diffondendo, ma non in maniera uniforme...40 10.2 Le reti stradali negli Stati membri centro orientali sono ancora sottosviluppate...41 10.3 La bassa velocità e la scarsa frequenza dei collegamenti ferroviari negli Stati membri centro orientali determinano una loro minore attrattiva rispetto alla scelta dell'automobile...43 11. Gli scambi e gli investimenti esteri diretti stimolano la crescita nell'ue 12...49 12. La competitività regionale ha determinato ricadute limitate nelle regioni dell'ue 13...49 13. Conclusioni...54 Capitolo 2: Crescita inclusiva...57 1. Introduzione...57 2. La crisi ha cancellato gli aumenti occupazionali dal 2000...57 2.1 I tassi di occupazione sono diminuiti rapidamente nelle regioni più colpite dalla crisi...57 2.2 La disoccupazione nell'ue è la più alta di tutto il decennio...58 2.3 Il tasso di disoccupazione femminile è molto più alto nelle regioni meridionali dell'ue...63 2.4 La riduzione del tasso di abbandono scolastico sta procedendo secondo le previsioni...63 2.5 La formazione continua sta attraversando una fase stagnante...70 2.6 Occorre innalzare le competenze linguistiche e matematiche degli adulti in diversi Stati membri, secondo l'inchiesta dell'ocse sulle competenze degli adulti (PIAAC)...71 3. La povertà e l'esclusione sociale sono aumentate a causa della crisi...71 3.1 L'indigenza materiale grave è più diffusa nelle cittadine, nelle periferie e nelle aree rurali degli Stati membri meno sviluppati...71 3.2 La bassa intensità lavorativa negli Stati membri più sviluppati si concentra maggiormente nelle città...73 3.3 Il rischio di povertà è più alto nelle aree urbane degli Stati membri più sviluppati, e nelle cittadine, periferie e aree rurali degli Stati membri meno sviluppati...74 3.4 Le città negli Stati membri meno sviluppati sono prossime agli obiettivi 2020, mentre le città negli Stati membri più sviluppati hanno accumulato un ritardo...77 3.5 La qualità della vita nelle città europee non è omogenea...78 3.6 I tassi di criminalità sono più alti nelle regioni urbane, nelle regioni di confine e nelle destinazioni turistiche...79 4. I flussi migratori interni agli Stati membri e tra Stati membri diversi sono determinati dalle disparità sotto il profilo occupazionale, retributivo e sanitario...79 4.1 Il territorio dell'ue è estremamente urbanizzato, ma il processo di urbanizzazione ancora in corso ha diminuito il proprio ritmo...79 4.2 La migrazione netta è la causa principale dell'aumento demografico verificatosi a partire dal 2000...88 4.3 Sempre più nati all'estero si sono inseriti nel mercato del lavoro con esiti differenti...91 4.4 Nonostante l'aspettativa di vita sia alta, permangono differenze tra le regioni...92 4.5 Lo sviluppo umano è in via di miglioramento negli Stati membri centro orientali, mentre è in contrazione in Spagna, Grecia e Irlanda per effetto della crisi...96 5. Conclusioni...97 Capitolo 3: Crescita sostenibile...99 1. Introduzione...99 2. L'Unione europea deve mitigare e adattarsi al cambiamento climatico...100 vi

Sommario 2.1 È necessario che l'ue riduca le emissioni di gas a effetto serra per riuscire a raggiungere gli obiettivi per il 2020...100 2.2 L'UE dovrà incrementare l'utilizzo delle energie rinnovabili per riuscire a raggiungere i propri obiettivi entro il 2020...103 2.3 L'UE deve adattarsi al verificarsi di catastrofi naturali sempre più frequenti...105 3. Il passaggio a sistemi di trasporto più sostenibili può aumentare l'efficienza energetica e migliorare la qualità dell'aria...108 3.1 Migliorare l'accessibilità e l'efficienza energetica...108 3.2 Le grandi città offrono un accesso migliore al sistema di trasporto pubblico...110 3.3 La congestione del traffico è elevata in molte grandi città dell'ue...113 3.4 La qualità dell'aria è tuttora migliorabile in molte zone dell'ue...115 4. Rendere le città più attraenti contribuisce a promuovere l'efficienza dell'ue sotto il profilo delle risorse...115 4.1 Le città utilizzano il suolo in maniera più efficiente...117 4.2 Le politiche locali e nazionali possono plasmare i luoghi e l'intensità d'utilizzo del suolo dei nuovi insediamenti, promuovendo la creazione di città più compatte...124 5. Il miglioramento degli ecosistemi e la riduzione dell'impatto ambientale rendono l'ue un luogo più efficiente e vivibile...124 5.1 Preservare la qualità dell'acqua, proteggendo le specie e gli habitat...124 5.2 Il trattamento delle acque reflue urbane è necessario per garantire la qualità delle risorse idriche...125 5.3 La gestione dei rifiuti solidi è in via di miglioramento, tuttavia molto resta ancora da fare in diverse regioni dell'ue...128 5.4 Ecosistemi integri offrono numerosi servizi di vitale importanza...128 6. Conclusioni...136 Capitolo 4: Gli investimenti pubblici, la crescita e la crisi... 137 1. Introduzione...137 2. La quota di spesa pubblica a favore della crescita è diminuita...137 2.1 La crisi ha provocato un'impennata del disavanzo pubblico nazionale...137 2.2 Gli investimenti pubblici sostengono la crescita economica...139 2.3 La spesa pubblica, dopo un periodo di crescita, sta ora attraversando una fase declinante...140 2.4 Gli investimenti pubblici sono prima aumentati e poi diminuiti...142 3. Le amministrazioni pubbliche locali e regionali svolgono un ruolo chiave sotto il profilo degli investimenti e della spesa pubblica...142 3.1 Le amministrazioni pubbliche locali e regionali sono responsabili di buona parte della spesa pubblica...142 3.2 Le amministrazioni locali e regionali gestiscono la maggioranza degli investimenti pubblici...144 3.3 La crisi ha interrotto un periodo di crescita sostenuta della spesa pubblica delle amministrazioni locali e regionali...147 3.4 Investire in tempi di crisi: finanziamenti diretti e investimenti locali e regionali...149 3.5 Le entrate delle amministrazioni subnazionali dipendono in primo luogo dai trasferimenti...150 3.6 Disavanzo e debito pubblico delle amministrazioni subnazionali...152 4. Il contributo della politica di coesione agli investimenti pubblici negli Stati membri...154 vii

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale 5. Investimenti, aiuti di Stato e prestiti della BEI...155 5.1 Politica sulla concorrenza...155 5.2 Banca europea per gli investimenti...157 6. Conclusioni...159 Capitolo 5: L'importanza di una buona governance per lo sviluppo sociale ed economico... 161 1. Perché l'ue dovrebbe concentrarsi sul principio di buona governance?...161 2. È più facile fare impresa nel nord dell'ue...162 3. La maggioranza degli europei considera la corruzione un problema grave e molto diffuso...165 4. Gli indicatori di governance variano tra Stati membri e all'interno degli Stati membri...167 4.1 La qualità delle istituzioni di alcune regioni è molto più alta (o molto più bassa)...168 4.2 L'autorità delle regioni dell'ue è in aumento...169 5. Una scarsa governance limita l'impatto della politica di coesione...172 5.1 Una scarsa governance può rallentare gli investimenti, causando perdite nei finanziamenti...175 5.2 Una scarsa governance può ridurre l'effetto leva della politica di coesione...176 6. Conclusioni...177 Capitolo 6: L'evoluzione della politica di coesione... 179 1. Introduzione...179 2. La geografia si è semplificata di pari passo con l'incremento dei finanziamenti...180 2.1 La spesa per la politica di coesione è aumentata in rapporto all'rnl...180 2.2 La geografia della politica di coesione si è semplificata tra il 1989 e il 2013...182 2.3 I finanziamenti rimangono concentrati nelle regioni meno sviluppate...187 2.4 I Fondi strutturali e di investimento europei e la politica di coesione...188 2.5 L'intensità degli aiuti nelle regioni meno sviluppate è aumentata fino al periodo 2000 2006 per poi diminuire...191 3. Qual è stata l'evoluzione degli obiettivi nel tempo?...194 3.1 La formazione e la mobilità erano le priorità iniziali...194 3.2 Negli anni Settanta e Ottanta si è assistito a una disoccupazione strutturale e a rapidi cambiamenti nel settore agricolo e manifatturiero...194 3.3 Il livello di infrastrutture di base presenti nei paesi aderenti all'ue negli anni Ottanta e nel primo decennio del 2000 era piuttosto scarso...195 3.4 Miglioramento dei trasporti e delle infrastrutture ambientali...196 3.5 Le agende di Lisbona e Göteborg...196 3.6 Europa 2020, riduzione della povertà, mitigazione del cambiamento climatico, oltre il PIL...197 3.7 Oltre il PIL: povertà, sviluppo umano e benessere...198 3.8 Quali sono gli obiettivi della politica di coesione?...200 4. I fondamenti economici della politica di coesione sono diventati più integrati...201 4.1 La politica di coesione è andata oltre i fattori determinanti della crescita di primo livello...203 4.2 La politica di coesione può stimolare la crescita investendo nei fattori determinati della crescita di secondo livello...203 4.3 La politica di coesione sostiene l'integrazione del mercato e può velocizzare la crescita delle regioni meno sviluppate...205 viii

Sommario 5. La ripartizione dei finanziamenti tra diverse aree strategiche è cambiata con l'evolversi degli obiettivi della politica...206 6. L'impatto della crisi sul periodo 2007 2013...208 6.1 L'FSE e la risposta alla crisi...211 7. Conclusioni...211 Capitolo 7: Effetti della politica di coesione... 213 1. Introduzione...213 2. I risultati dei programmi nel periodo 2007 2013...214 2.1 Il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo di coesione...214 2.2 Il Fondo sociale europeo...219 3. Risultanze della valutazione d'impatto della politica di coesione...222 3.1 Lo stato dell'arte e le sfide che attendono i programmi cofinanziati dal FESR e dal Fondo di coesione...222 3.2 Risultanze delle valutazioni dei programmi realizzati nell'ambito del FESR e del Fondo di coesione...225 3.3 Risultanze delle valutazioni dei programmi dell'fse...228 4. Modellizzazione dell'impatto della politica di coesione 2000 2006 e 2007 2013...231 5. Conclusioni...234 Capitolo 8: La politica di coesione nel periodo 2014 2020... 235 1. Gli elementi chiave della riforma...235 1.1 Nuove geografie e finanziamenti...236 1.2 Concentrazione tematica a sostegno della strategia Europa 2020...239 1.3 Rafforzare l'efficacia degli investimenti...242 1.4 Raggiungere e dimostrare i risultati...243 1.5 Allineare gli investimenti dell'ue al semestre europeo...246 1.6 Un approccio strategico alle riforme della pubblica amministrazione...247 1.7 Governance economica solida...248 1.8 Preservare gli investimenti a favore della crescita...252 1.9 Collegare la verifica dell'addizionalità ai programmi per la stabilità e la convergenza...253 1.10 Potenziare il ruolo degli strumenti finanziari...253 1.11 Rafforzare la cooperazione a livello europeo...254 2. Valutazione preliminare dei negoziati sui programmi 2014 2020...258 2.1 Priorità di finanziamento nel periodo 2014 2020...258 2.2 Allineare gli investimenti alle raccomandazioni specifiche per paese...263 2.3 Aumentare l'impatto degli investimenti e incrementare i risultati...265 3. Impatto stimato della politica di coesione 2014 2020...266 3.1 Impatto stimato a livello nazionale...268 3.2 Impatto stimato a livello regionale...271 Riferimenti bibliografici... 277 Elenco delle figure, delle carte, delle tabelle e dei riquadri... 287 ix

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale x

Glossario Politica di coesione: comprende tutti i programmi finanziati dai seguenti fondi: Fondo sociale europeo (FSE), Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e Fondo di coesione (FC). 1 Denominata anche politica regionale. Fondi strutturali: Fondo sociale europeo (FSE) e Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Abbreviazioni AEA: Agenzia europea dell ambiente AMECO: Database macroeconomico annuo della direzione regionale degli Affari economici e finanziari della Commissione europea. BEI: Banca europea per gli investimenti COH: paesi della coesione, comprendenti gli Stati membri meno sviluppati e moderatamente sviluppati (v. sotto) DG BUDG: Commissione europea, direzione generale del Bilancio DG COMP: Commissione europea, direzione generale della Concorrenza DG ECFIN: Commissione europea, direzione generale degli Affari economici e monetari DG EMPL: Commissione europea, direzione generale per l'occupazione, gli affari sociali e l'inclusione DG MOVE: Commissione europea, direzione generale della Mobilità e dei trasporti DG REGIO: Commissione europea, direzione generale della Politica regionale e urbana EFGS: European Forum for Geography and Statistics FEAMP: Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, già Fondo europeo per la pesca (FEP) e precedentemente Strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP) FEASR: Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, già Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) FESR: Fondo europeo di sviluppo regionale FSE: Fondo sociale europeo FSIE: Fondi strutturali e d investimento europei. Comprende tutti i programmi finanziati da FSE, FESR, FC, FEASR e FEP ISCED: International Standard Classification of Education (Classificazione internazionale standard dell istruzione) JRC: Centro comune di ricerca della Commissione europea NSI: Istituto nazionale di statistica OCSE: Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico SPA: Standard di potere d acquisto UE: Unione europea, già Comunità europea del carbone e dell acciaio (CECA), Comunità economica europea (CEE) e Comunità europea (CE) Gli Stati membri e le loro abbreviazioni BE Belgio BG Bulgaria CZ Repubblica ceca DK Danimarca DE Germania 1 In alcuni periodi il FEASR e il Fondo europeo per la pesca sono stati considerati come appartenenti ai Fondi strutturali o alla politica di coesione. Ma ai fini della presente relazione essi saranno trattati separatamente. xi

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale EE IE EL ES FR HR IT CY LV LT LU HU MT NL AT PL PT RO SI SK FI SE UK Estonia Irlanda Grecia Spagna Francia Croazia Italia Cipro Lettonia Lituania Lussemburgo Ungheria Malta Paesi Bassi Austria Polonia Portogallo Romania Slovenia Slovacchia Finlandia Svezia Regno Unito Raggruppamenti per Stati membri Per data di adesione Per maggior facilità di lettura, la presente relazione intende la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea (CE) come Unione europea (UE). UE 6: I sei Stati membri iniziali: BE, DE, FR, IT, LU e NL UE 9: EU6 più DK, IE e UK UE 10: UE 9 più EL UE 12: UE 10 più ES e PT (quando si fa riferimento ai dati per il periodo 1986 1995) UE 12: Tutti gli Stati membri che hanno aderito all'unione nel 2004 e 2007: BG, CZ, EE, CY, LV, LT, HU, MT, PL, RO, SI, SK UE 13: Tutti gli Stati membri che hanno aderito all'unione nel 2004, 2007 e 2013: BG, CZ, EE, HR, CY, LV, LT, HU, MT, PL, RO, SI, SK UE 15: UE 12 più AT, FI, SE UE 25: UE 15 più CZ, EE, CY, LV, LT, HU, MT, PL, SI, SK UE 27: UE 25 più RO e BG UE 28: UE 27 più HR Raggruppamenti geografici Stati membri dell'europa centro orientale: BG, CZ, EE, HR, LV, LT, HU, PL, SI, SK Stati membri meridionali: EL, ES, IT, CY, MT, PT Stati membri occidentali: UE 15 Stati membri scandinavi: DK, FI, SE Stati baltici: EE, LV, LT Benelux: BE, LU, NL xii

Glossario Per grado di sviluppo Paesi membri meno sviluppati: BG, EE, HR, LV, LT, HU, PL, SK, RO (PIL pro capite inferiore al 75% della media dell'ue nel 2012) Paesi membri moderatamente sviluppati: CZ, EL, CY, MT, PT, SI 2 (PIL pro capite tra il 75% e il 90%) Paesi altamente sviluppati: BE, DK, IE, ES, FR, DE, IT, LU, NL, AT, FI, SE, UK (PIL pro capite sopra la media dell'ue) Per status Paesi candidati: Turchia, Montenegro, Serbia e l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia (FYROM) Paesi candidati potenziali: Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo ai sensi della risoluzione 1244/99 del Consiglio di Sicurezza dell'onu e Islanda Tipologie regionali Regioni metropolitane Questa classificazione è stata sviluppata in collaborazione con l'ocse e comprende l'approssimazione al livello NUTS 3 di tutte le zone urbane funzionali con oltre 250 000 abitanti, in base alla metodologia UE OCSE sulla definizione di zone urbane funzionali. Regioni prevalentemente urbane, intermedie e prevalentemente rurali Questa classificazione si basa sulla classificazione dell'ocse e successiva revisione della Commissione. Una metodologia dettagliata figura nell'annuario regionale Eurostat 2010. Regioni frontaliere Le regioni di confine sono regioni NUTS 3 ammissibili ai programmi di cooperazione transfrontaliera ai sensi del regolamento del Fondo europeo di sviluppo regionale. Tipologie locali Grado di urbanizzazione Città: unità amministrative locali con oltre il 50% della popolazione residente in un centro urbano; Cittadine e periferie: unità amministrative locali con oltre il 50% della popolazione residente in un agglomerato (cluster) urbano ma con meno del 50% residente in un centro urbano; Zona rurale: unità amministrative locali con oltre il 50% della popolazione residente in zone di tipo rurale; Per maggiori informazioni consultare la relazione disponibile all'indirizzo Internet: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/degree_of_urbanisation_classification_-_2011_revision http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/work/2014_01_new_urban.pdf Città e zone di pendolarismo Città: stessa definizione di cui sopra Zone di pendolarismo: unità amministrative locali contigue con almeno il 15% della popolazione occupata che si reca al lavoro in un'altra città. Per maggiori informazioni consultare la relazione disponibile all'indirizzo Internet: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/european_cities_ _the_eu-oecd_functional_urban_ area_definition http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/focus/2012_01_city.pdf 2 Cipro è stato inserito in ragione della sua ammissibilità al Fondo di coesione Nel 2012 il PIL pro capite in SPA era il 92% della media dell'ue, mentre secondo le proiezioni nel 2013 è inferiore al 90%. xiii

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale xiv

Investimenti per l'occupazione e la crescita 1 1. Introduzione Sebbene negli ultimi anni i governi nazionali abbiano dovuto ricorrere a tagli alla spesa per pareggiare il bilancio e i finanziamenti privati si siano esauriti a causa della crisi economica e finanziaria, i finanziamenti a titolo della politica di coesione hanno continuato a fluire verso gli Stati membri e le regioni, a sostegno degli investimenti essenziali a favore della crescita e dell occupazione. La crisi ha inciso in modo radicale sui bilanci nazionali e regionali, limitando la disponibilità dei finanziamenti in tutti i settori di investimento. Tra il 2008 e il 2013 gli investimenti pubblici in tutta l UE sono diminuiti del 20% in termini reali (Figura 1). In Grecia, Spagna e Irlanda il calo ha sfiorato il 60%. Nei paesi dell Europa centrale e orientale, in cui i finanziamenti della politica di coesione sono particolarmente importanti, gli investimenti pubblici (espressi in investimenti fissi lordi) si sono ridotti di un terzo. Senza la politica di coesione gli investimenti negli Stati membri più colpiti dalla crisi sarebbero diminuiti di un ulteriore 50%. In questi paesi i finanziamenti a favore della coesione rappresentano attualmente oltre il 60% del bilancio di investimenti (Figura 2). Figura 1 Impatto della politica di coesione sugli investimenti pubblici, 2007 2013 340 Miliardi di euro, prezzi 2005 340 320 320 300 300 280 280 260 240 220 UE-28, Investimenti pubblici (Investimenti fissi lordi) UE-28, Investimenti pubblici al netto dei pagamenti della politica di coesione (FESR, FSE, FC) 2007-2013 260 240 220 200 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 200 Fonte: Eurostat e DG REGIO La crisi economica ha invertito la prolungata tendenza alla convergenza del PIL e dei tassi di disoccupazione nell'ue, interessando in particolare le regioni dell'europa meridionale. La crisi ha inoltre determinato un aumento della povertà e dell'esclusione sociale. A sua volta questo ha ostacolato il raggiungimento di svariati obiettivi della strategia Europa 2020. 1 COM(2014) 473 def. xv

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Figura 2 Quota della politica di coesione negli investimenti pubblici, media 2010 2012 Finanziamenti della politica di coesione e cofinanziamenti nazionali in % sugli investimenti pubblici complessivi 100 100 90 90 80 80 70 70 60 60 50 50 40 40 30 30 20 20 10 10 0 0 Slovacchia Ungheria Bulgaria Lituania Estonia Malta Lettonia Polonia Portogallo Fonte: Eurostat e DG REGIO Ad esempio, tra il 2007 e il 2012 in 210 delle 277 regioni dell UE si è registrato un aumento della disoccupazione. In 50 di queste regioni il tasso di disoccupazione è più che raddoppiato. La situazione è particolarmente preoccupante per i giovani, dato che nel 2012 il tasso di disoccupazione giovanile era superiore al 20% in quasi la metà delle regioni. Ne consegue che molte regioni non sono ancora state in grado di contribuire al conseguimento dell obiettivo principale della strategia Europa 2020: un tasso di occupazione pari al 75% per la popolazione nella fascia di età 20 64 entro il 2020. La Commissione e gli Stati membri hanno reagito alla crisi riassegnando alcuni investimenti, previsti nel quadro della politica di coesione, a settori in cui l impatto delle attività economiche e dell occupazione sarebbe stato diretto e immediato nonché continuando a riservare un attenzione particolare al superamento degli ostacoli strutturali a lungo termine che si frappongono allo sviluppo. Entro la fine del 2013 sono quindi stati riassegnati oltre 45 miliardi di euro ossia il 13% dei fondi totali. Questo spostamento di fondi è servito a incentivare l adozione di misure intese ad attenuare la disoccupazione e l esclusione sociale crescenti e a promuovere gli investimenti in innovazione e ricerca e sviluppo (R&S), sostegno alle imprese, energie sostenibili, infrastrutture sociali e didattiche. La Commissione ha inoltre proposto misure volte ad accrescere la liquidità per gli Stati membri più colpiti dalla crisi. L adozione di tali misure da parte del Parlamento europeo e del Consiglio ha consentito una riduzione dei contributi nazionali, rendendo possibile l afflusso di pagamenti anticipati per l ammontare di oltre 7 miliardi di euro. È stata anche approvata un ulteriore riduzione del cofinanziamento nazionale per un valore pari a quasi 2,1 miliardi di euro. È documentato che gli investimenti della politica di coesione hanno avuto ripercussioni significative. xvi

Investimenti per l'occupazione e la crescita Tra il 2007 e il 2012 il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) ha creato circa 600 000 posti di lavoro: tale dato corrisponde al 20% circa delle perdite di posti di lavoro stimate nello stesso periodo, a partire dall inizio della crisi finanziaria. Il fondo ha investito in 200 000 progetti di piccole e medie imprese (PMI) e in 80 000 imprese in fase di avviamento, ha finanziato 22 000 progetti riguardanti la cooperazione fra il settore imprenditoriale e quello della ricerca, ha fornito la copertura con banda larga a 5 milioni di persone e ha incluso 5,5 milioni di persone nei servizi di trattamento delle acque reflue. Grazie agli investimenti dell UE a titolo della politica di coesione sono inoltre stati costruiti 3 000 km di reti di trasporto europee di fondamentale importanza (il 15% della rete globale TEN T) ed è anche raddoppiata la quota di finanziamenti governativi per le attività di R&S negli Stati membri meno sviluppati. Tra il 2007 e il 2012 il Fondo sociale europeo (FSE) ha sostenuto 68 milioni di partecipazioni a progetti individuali. Dopo aver ricevuto gli aiuti del FSE, 5,7 milioni di persone disoccupate o inattive hanno trovato un impiego e quasi 8,6 milioni di qualifiche sono state acquisite con il sostegno del FSE. Sono stati segnalati oltre 400 000 casi di nuove imprese create e di persone che hanno avviato un attività di lavoro autonomo. Tutti questi aspetti hanno contribuito a limitare la contrazione del PIL in molti paesi o a impedire un ulteriore aumento della disoccupazione. Gli effetti di detti investimenti aumenteranno nel corso dei prossimi anni, in quanto gli Stati membri hanno tempo fino alla fine del 2015 per utilizzare i fondi a valere sui programmi 2007 2013 e solo qualche tempo dopo che gli investimenti sono stati effettuati è possibile misurarne l impatto. Con un bilancio totale di oltre 450 miliardi di euro (compreso il cofinanziamento nazionale) per il periodo di programmazione 2014 2020, la politica di coesione costituisce il principale strumento di investimento dell UE. Essa apporterà il contributo maggiore nel sostegno alle PMI, alle attività di R&S e innovazione, all istruzione, all economia a basse emissioni di carbonio, all ambiente, alla lotta contro la disoccupazione e l esclusione sociale, allo sviluppo di infrastrutture atte a collegare i cittadini dell UE e all ammodernamento della pubblica amministrazione. Gli investimenti previsti a titolo della politica di coesione, combinati con le riforme strutturali, svolgeranno un ruolo fondamentale per il sostegno alla crescita e alla creazione di posti di lavoro e per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 relativi ad una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. La sfida consiste nel garantire che queste risorse siano utilizzate nel modo più efficace ed efficiente possibile, massimizzando i loro effetti, consolidando la ripresa e aiutando l UE ad uscire dalla crisi più forte e più competitiva di prima. La nuova politica di coesione è pienamente in linea con la strategia Europa 2020 e con i suoi obiettivi precipui in materia di occupazione, ricerca e sviluppo, clima ed energia, istruzione e lotta contro la povertà e l esclusione sociale ed è connessa al semestre europeo e al processo di governance economica dell UE. Gli investimenti a titolo della politica di coesione saranno pertanto utilizzati anche per sostenere le politiche perseguite dagli Stati membri nel quadro degli orientamenti integrati e dei programmi nazionali di riforma nonché per affrontare le pertinenti raccomandazioni specifiche per paese (RSP), formulate dal Consiglio. La Commissione può anche chiedere agli Stati membri di modificare i loro accordi di partenariato e i programmi operativi per rispondere alle nuove sfide individuate nelle RSP. xvii

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale La presente comunicazione sintetizza i risultati dei finanziamenti a favore della coesione nel precedente periodo di programmazione e descrive i principali elementi della riforma della politica di coesione per il periodo 2014 2020 2 nonché le tendenze che emergono dai negoziati sui programmi attualmente condotti dalla Commissione e dagli Stati membri. La comunicazione è corredata di un documento di lavoro dei servizi della Commissione, che analizza le sfide socioeconomiche e relative alla governance che incombono sugli Stati membri e sulle regioni e valuta l impatto della politica di coesione e degli investimenti pubblici sulle disparità economiche e sociali. 2. Una politica in evoluzione: investire nella competitività delle regioni per migliorare la vita dei cittadini Il trattato sull Unione europea sancisce che l obiettivo della politica di coesione è ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali, fornendo un sostegno particolare alle regioni meno sviluppate. Nel corso del tempo questa politica ha contribuito a migliorare il tenore di vita e le opportunità economiche nelle regioni dell UE, migliorando le competenze e le possibilità di impiego, aumentando l accesso alle regioni, promuovendo lo sviluppo delle capacità amministrative, creando collegamenti tra istituti di ricerca, università e mondo imprenditoriale nonché erogando servizi alle piccole e medie imprese. Sostenendo i principali motori della crescita economica, la politica di coesione aiuta le regioni dell UE a crescere più rapidamente. Pur restando fedele alle sue origini, la politica di coesione ha registrato sviluppi e progressi. Nei primi anni della sua esistenza, tale politica limitava il proprio raggio d azione alla sfera nazionale, finanziando negli Stati membri progetti predeterminati di scarsa influenza a livello europeo. Nel corso del tempo sono stati introdotti principi fondamentali come la programmazione pluriennale, investimenti più strategici e un maggiore coinvolgimento dei partner regionali e locali. La parte più consistente del sostegno finanziario nel quadro della politica di coesione è stata costantemente rivolta alle regioni e agli Stati membri meno sviluppati. Gli investimenti, inizialmente incentrati sulle infrastrutture, sono stati tuttavia successivamente orientati verso il sostegno alle PMI, alle opportunità occupazionali più innovative e alle politiche sociali. Tale cambiamento è stato possibile grazie allo sviluppo delle infrastrutture negli Stati membri (sia in quelli che hanno aderito all UE dopo il 2004 sia negli Stati membri di lunga data), finanziato nel quadro della politica di coesione in periodi precedenti. La figura 3 illustra la composizione degli investimenti e la sua evoluzione a partire dal 1989. La quota di investimenti nelle infrastrutture pesanti (in particolare quelle di trasporto) era elevata al momento del varo della politica e in seguito all allargamento del 2004, quando sono entrati a far parte dell UE paesi che presentavano un evidente divario infrastrutturale. Con la creazione del Fondo di coesione negli anni 90 gli investimenti 2 Regolamenti (UE) nn. 1299/2013 e 1304/2013. xviii

Investimenti per l'occupazione e la crescita ambientali hanno acquisito un importanza sempre maggiore, aiutando gli Stati membri e le regioni a conformarsi alle direttive e ai regolamenti dell UE in questo settore. Gli investimenti nel settore produttivo e in particolare nelle PMI sono rimasti relativamente stabili. Figura 3 Ripartizione degli investimenti della politica di coesione nelle regioni meno sviluppate, 1989 2013 100 % del totale 80 Assistenza tecnica 60 40 20 Ambiente Occupazione, istruzione, inclusione sociale Infrastrutture (trasporti, energia, telecomunicazioni) Sostegno alle imprese, R&S e innovazione 0 1989-1993 1994-1999 2000-2006 2007-2013 Fonte: DG REGIO Gli investimenti nel capitale umano (istruzione, occupazione e inclusione sociale) sono tuttavia leggermente diminuiti in termini relativi. Ciononostante il ruolo del FSE quale strumento per investire nel capitale umano è cresciuto considerevolmente, da ultimo a seguito delle conseguenze drammatiche della crisi economica sui mercati del lavoro degli Stati membri. Quale nuova misura per far fronte a questo problema, il quadro normativo per il periodo 2014 2020 definisce per il FSE una quota minima (23,1%) del bilancio della politica di coesione. Tale fatto è importante per garantire il volume di investimenti nel capitale umano, nell occupazione, nell inclusione sociale, nella riforma della pubblica amministrazione e nello sviluppo delle capacità istituzionali necessario per contribuire al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Durante il periodo 2007 2013 la politica di coesione in particolare mediante il FSE ha sostenuto per la prima volta la modernizzazione e la riforma delle amministrazioni pubbliche e dei sistemi giudiziari nei paesi in fase di convergenza. Tale sostegno è inteso a migliorare il funzionamento, l accessibilità e la qualità dei servizi pubblici, al fine di agevolare l elaborazione di politiche fondate su elementi concreti e di attuare politiche di concerto con le parti sociali e la società civile. Infine, la quota di risorse destinate all assistenza tecnica è aumentata significativamente dal periodo 2000 2006, rispecchiando l importanza fondamentale del buon funzionamento delle istituzioni per la gestione efficace dei programmi della politica di coesione. xix

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Adattando opportunamente gli investimenti ai livelli di sviluppo economico, la politica di coesione è stata in grado di adeguarsi nel tempo all evolversi delle esigenze di ciascuna regione, sebbene l evoluzione della politica non sia stata decisiva come ci si attendeva. L evidenza indica, ad esempio, che l introduzione nel periodo 2007 2013 dell assegnazione obbligatoria di una parte dei fondi alle priorità dell UE ha rappresentato un passo in avanti ma i risultati sono stati eterogenei e l eccessiva dispersione dei fondi continua. È inoltre diventato sempre più evidente che l efficacia della politica di coesione dipende da sane politiche macroeconomiche, da un ambiente imprenditoriale favorevole e da istituzioni solide. In alcuni casi le politiche inadeguate nonché le debolezze a livello amministrativo e istituzionale hanno limitato l efficacia dei finanziamenti. Sono rimaste lacune anche quando si è trattato di recepire la legislazione dell UE nel diritto nazionale per i settori direttamente correlati alla politica di coesione. Benché siano stati posti in essere tentativi di definire quadri strategici, istituzionali e amministrativi, la loro applicazione è rimasta discrezionale e non sistematica. Infine, l attuazione dei fondi è stata maggiormente incentrata sulla spesa e sulla conformità alle norme di gestione piuttosto che sul conseguimento di obiettivi. Talvolta gli obiettivi dei programmi erano vaghi ed è stato difficile controllare e valutare i risultati. La determinazione degli obiettivi è un attività complessa e alcuni Stati membri hanno fissato obiettivi non abbastanza ambiziosi, limitando così la capacità di valutare gli effetti degli interventi e di capire quali erano le misure più efficaci e per quale ragione. 3. Il conseguimento dei risultati è il fulcro della nuova politica di coesione Durante i negoziati sulla riforma della politica di coesione, portati a termine nel dicembre 2013, si è cercato di porre rimedio a tali carenze. La riforma verte sull attuazione di una politica in materia di investimenti. Gli obiettivi della politica di coesione sono stati allineati alla strategia Europa 2020 e all atto della pianificazione degli investimenti si è sistematicamente tenuto conto delle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese (RSP). Anche le modalità di funzionamento della politica di coesione sono state sottoposte a riforma in base a cinque idee fondamentali. 3.1 I programmi della politica di coesione devono operare in un contesto favorevole La nuova politica di coesione è collegata al processo di governance economica dell UE e al "semestre europeo", in quanto gli investimenti nel quadro della politica di coesione non possono essere considerati separatamente dal contesto economico in cui vengono effettuati. Al fine di evitare politiche economiche o fiscali insostenibili, che compromettono l efficacia del sostegno dell UE nel corso del periodo 2014 2020, i finanziamenti possono essere sospesi qualora uno Stato membro non rispetti le raccomandazioni ricevute nell ambito del processo di governance economica dell UE. xx

Investimenti per l'occupazione e la crescita L efficacia degli investimenti non deve essere compromessa da politiche inadeguate o da strozzature a livello regolamentare, amministrativo o istituzionale. Gli Stati membri e le regioni devono pertanto soddisfare una serie di requisiti preliminari, concepiti per garantire che gli investimenti confluiscano in un chiaro quadro politico strategico atto ad assicurare un rapido recepimento della legislazione dell UE che si ripercuota sull attuazione dei fondi di coesione, una sufficiente capacità amministrativa e il rispetto di requisiti minimi, ad esempio in materia di lotta alla discriminazione, parità di genere, disabilità, appalti pubblici e aiuti di Stato. In particolare, ogni settore di investimento deve basarsi su una strategia ben definita. Gli investimenti nei trasporti, ad esempio, possono essere effettuati solo dopo aver posto in essere una strategia globale dei trasporti a livello nazionale o regionale. Analogamente, gli investimenti in R&S e innovazione vanno inquadrati in una "strategia di specializzazione intelligente", che comporta un processo di elaborazione di una visione, di individuazione di vantaggi competitivi, di definizione delle priorità strategiche e dell adozione di politiche intelligenti volte a massimizzare per ogni regione il potenziale di sviluppo basato sulle conoscenze. In sintesi, dovrebbero essere i progetti a seguire le strategie e non viceversa. 3.2 I programmi della politica di coesione devono concentrare le risorse su un numero limitato di priorità e massimizzare il loro valore aggiunto Gli Stati membri e le regioni devono concentrare i finanziamenti su un numero limitato di settori rilevanti a livello di UE. Una quota elevata del FESR sarà assegnata a quattro priorità che costituiscono il fulcro della strategia Europa 2020: innovazione e ricerca, agenda digitale, sostegno alle PMI ed economia a ridotte emissioni di carbonio. La concentrazione del FSE su un massimo di cinque priorità di investimento fungerà da sostegno al consolidamento delle realizzazioni e dei risultati a livello europeo e garantirà inoltre una correlazione più chiara con la strategia europea per l occupazione e gli orientamenti integrati per l occupazione. Almeno il 20% della dotazione del FSE sarà riservata al sostegno dell inclusione sociale e alla lotta contro la povertà e la discriminazione. Data l urgente necessità di combattere la disoccupazione giovanile, è stata avviata con una dotazione di 6 miliardi di euro l iniziativa a favore dell occupazione giovanile (YEI), fornendo finanziamenti mirati per contribuire ad attuare la "garanzia per i giovani" in tutta l UE. In tal modo si garantisce che ad ogni giovane venga offerta un occupazione o una formazione adeguata entro quattro mesi dal termine del percorso scolastico o dall inizio della disoccupazione. I finanziamenti a titolo della YEI saranno concentrati sulle regioni che presentano tassi di disoccupazione giovanile particolarmente elevati. Le regioni e gli Stati membri dovranno operare scelte chiare in merito ai loro obiettivi. In questo modo sarà possibile ottenere una massa critica di risorse atte a garantire che l impatto sia significativo e che gli investimenti vadano a quei settori in cui possono esplicare effetti diretti e immediati sulla crescita e sull occupazione. xxi

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale 3.3 I programmi della politica di coesione devono definire obiettivi e risultati chiari Il successo della politica di coesione sarà misurato in base ai suoi risultati e al suo impatto. Le riforme si concentrano pertanto su una maggiore attenzione ai risultati, grazie a indicatori di rendimento nonché ad attività di rendicontazione e di valutazione migliori. In fase di elaborazione dei programmi, gli Stati membri e le regioni devono precisare i risultati che intendono conseguire entro la fine del periodo di programmazione. I programmi dovranno illustrare le modalità secondo cui le azioni proposte contribuiranno al conseguimento di tali obiettivi e stabiliranno gli indicatori di rendimento con parametri di riferimento e obiettivi chiari per misurare i progressi compiuti. Ciascun programma avrà un quadro di riferimento dei risultati al fine di aumentare la trasparenza e la responsabilità. Per fornire un incentivo supplementare, circa 20 miliardi di euro (ossia il 6% del bilancio della politica di coesione) sono stati accantonati per essere assegnati nel 2019 ai programmi che dimostrano di essere sulla buona strada per la realizzazione dei loro obiettivi. 3.4 I programmi della politica di coesione devono dare più voce alle città Le città possono svolgere un ruolo fondamentale nella politica di coesione e per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Più di due terzi degli europei vive nelle città. Le città sono produttive ed innovative e possono assumere un ruolo guida ai fini di una crescita intelligente. Esse possono essere più efficienti sotto il profilo delle risorse (ad esempio riducendo al minimo l occupazione del suolo, l impermeabilizzazione del suolo e l impiego di energia) e possono partecipare alla realizzazione di una crescita sostenibile, ad esempio attraverso le infrastrutture verdi. Dato il divario di ricchezza, la concentrazione dell esclusione sociale e della povertà nelle città, esse sono essenziali per affrontare la sfida della crescita inclusiva. Per tali motivi si prevede che, nel periodo 2014 2020, circa la metà del FESR sarà spesa nelle città. La nuova politica di coesione mira inoltre a potenziare il ruolo delle città nel concepire e attuare politiche che contribuiscano a conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020, determinando un importo minimo (5% del FESR) per gli investimenti integrati nello sviluppo urbano sostenibile e garantendo che le città svolgeranno il ruolo principale nella selezione dei progetti. La Commissione inviterà inoltre alla presentazione di progetti nell ambito del nuovo programma "Azioni urbane innovative", per sostenere le città che sono disposte a sperimentare nuove idee in materia di sviluppo urbano. xxii

Investimenti per l'occupazione e la crescita 3.5 È necessaria una maggiore inclusione dei partner a tutti i livelli nei programmi della politica di coesione Il quadro strategico 2014 2020 si fonda sul presupposto che tutti i partner a livello nazionale, regionale e locale saranno coinvolti in tutte le fasi di programmazione, nel rispetto dei principi della governance multilivello e includendo le parti sociali e le organizzazioni della società civile. Per la prima volta a livello di UE, il codice europeo di condotta sul partenariato 3 fornisce agli Stati membri un modello per raggiungere e coinvolgere tali partner nell elaborazione dei programmi nel corso dell intera fase di attuazione nonché in quelle di monitoraggio e di valutazione. I partenariati potrebbero altresì risultare particolarmente efficaci nel realizzare strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo. Nei nuovi regolamenti sono integrate anche misure volte a potenziare le capacità delle parti sociali e della società civile. 4. Dalla teoria alla pratica: nuovi elementi che emergono dai negoziati Al momento dell adozione della presente comunicazione, la Commissione aveva ricevuto tutti i 28 accordi di partenariato (AP) e circa 150 programmi operativi (PO) 4. Sono in corso negoziati con gli Stati membri e le regioni. Quanto segue fornisce pertanto solo un indicazione della misura in cui gli elementi principali della riforma sono stati integrati nelle nuove strategie e nei nuovi programmi. Figura 4 Ripartizione per priorità e per Fondo, 2014 2020 FSE FESR FC 0 10 20 30 40 50 60 01 Innovazione e R&S 02 Tecnologie dell'informazione e della comunicazione 03 Sostegno alle PMI 04 Economia a basso contenuto di carbonio 05 Adattamento al cambiamento climatico 06 Ambiente 07 Infrastrutture di rete 08 Occupazione 09 Inclusione sociale 10 Istruzione 11 Buona governance Fonte: Accordi di partenariato provvisori e definitivi al 1 giugno 2014 0 10 20 30 40 50 60 in % sul finanziamento complessivo (esclusa assistenza tecnica) Le informazioni disponibili rivelano alcune tendenze decisamente incoraggianti e alcuni problemi. 3 Cfr. il regolamento delegato della Commissione del 7.1.2014, C (2013) 9651 final. 4 Quattro AP sono già stati adottati dalla Commissione. xxiii

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Complessivamente, circa 336 miliardi di euro sono destinati ai programmi nazionali e regionali nel quadro dell obiettivo "Investimenti a favore della crescita e dell occupazione" (IGJ). Le risorse sono ripartite come segue: 187,5 miliardi di euro al FESR, 63 miliardi di euro al Fondo di coesione e 85 miliardi di euro al FSE, che superano la dotazione minima prevista a livello giuridico per il FSE, pari a 80 miliardi di euro 5. Circa 124 miliardi di euro sono destinati alle attività di R&S e innovazione, alle TIC, alle PMI e all economia a basse emissioni di carbonio (Figura 4), con un aumento pari a quasi il 22% rispetto al periodo 2007 2013. La maggior parte di tale importo è finanziato dal FESR (116,5 miliardi di euro) e il resto dal Fondo di coesione. 98 miliardi di euro saranno investiti a favore dell occupazione, dell inclusione sociale e delle misure per l istruzione. La parte preponderante di tale importo viene dal FSE: occupazione (30,7 miliardi di euro), inclusione sociale (20,9 miliardi di euro) ed istruzione (26,3 miliardi di euro). 59 miliardi di euro sono destinati ai trasporti e alle infrastrutture delle reti energetiche: si tratta di una diminuzione del 21% rispetto al periodo 2007 2013. Figura 5 Ripartizione per priorità 2014-2020 e 2007-2013 2014-2020 2007-2013 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Priorità FESR Priorità FSE Infrastrutture di rete Adattamento al cambiamento climatico e ambiente 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 in % sul totale (esclusa assistenza tecnica) Fonte: Accordi di partenariato provvisori e definitivi al 1 giugno 2014 e DG REGIO Circa 4,3 miliardi di euro saranno investiti nel potenziamento delle capacità istituzionali delle autorità pubbliche e nell efficienza delle pubbliche amministrazioni e dei servizi ("buona governance"): ciò rappresenta un aumento del 72% rispetto al periodo precedente. Il nuovo periodo di programmazione comporta quindi un chiaro cambiamento di rotta in termini di priorità di finanziamento rispetto al periodo 2007 2013 (Figura 5). Gli Stati membri e le regioni investiranno di più sulle priorità del FESR (R&S e innovazio- 5 Le risorse finanziarie per l obiettivo IGJ comprendono il FESR (ad esclusione del sostegno per la cooperazione territoriale europea), il FSE e il Fondo di coesione. Le cifre riflettono la situazione a partire dal 1º giugno e possono ancora cambiare nel contesto dei negoziati sui programmi. xxiv

Investimenti per l'occupazione e la crescita ne, TIC, PMI ed economia a basse emissioni di carbonio) e sulle priorità del FSE (occupazione, inclusione sociale, istruzione e governance). Di conseguenza si ridurranno gli investimenti in infrastrutture di rete e ambientali. La diminuzione degli investimenti in infrastrutture è particolarmente marcata negli Stati membri più sviluppati. La particolare attenzione riservata dalla Commissione all economia a basse emissioni di carbonio si è tradotta in un sostanziale incremento di tale tipologia di investimento: oltre 38 miliardi di euro contribuiranno al passaggio ad un economia a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici. Vari paesi hanno posto particolare enfasi sull efficienza energetica e sullo sviluppo delle energie rinnovabili. In alcuni casi è tuttavia necessario chiarire meglio il nesso tra investimenti e risultati attesi in relazione agli obiettivi in materia di cambiamenti climatici. Date le sfide rappresentate dagli elevati tassi di disoccupazione e dall aumento della povertà, l accento sulla crescita inclusiva potrebbe essere maggiore in alcuni AP. La Commissione ritiene anche che i finanziamenti destinati all istruzione non siano al momento sufficienti per attuare le priorità individuate. In alcuni AP viene attribuita una priorità ridotta alle misure attive di inclusione sociale. Per garantire migliori risultati a livello sociale e investimenti più adeguati ai cambiamenti sociali, la riforma della politica sociale va integrata meglio nell attività di programmazione. Per quanto concerne inoltre l iniziativa a favore dell occupazione giovanile, le informazioni pertinenti in alcuni accordi di partenariato e programmi operativi sono piuttosto generali e non precisano le modalità di realizzazione di tale nuova iniziativa e del relativo sostegno all attuazione dei sistemi di garanzia per i giovani. In alcuni programmi le azioni sostenute dall iniziativa a favore dell occupazione giovanile vanno maggiormente incentrate sul sostegno alla creazione di posti di lavoro. Nonostante l esistenza di una RSP sull integrazione della minoranza Rom, alcuni Stati membri non prevedono una priorità specifica per le comunità emarginate, rendendo così più difficile valutare quanti finanziamenti saranno assegnati a tale settore d intervento. Alcuni Stati membri non tengono sufficientemente conto delle esigenze di questo gruppo destinatario o della necessità di elaborare ulteriormente la propria strategia e la logica d intervento. La modernizzazione amministrativa e la qualità della giustizia sono riconosciuti come fattori chiave per la competitività e la crescita inclusiva. Molti Stati membri stanno programmando misure volte a rendere più incisive le proprie istituzioni pubbliche e a migliorare la loro capacità di realizzare politiche più efficaci, erogare servizi amministrativi migliori, accelerare i procedimenti giudiziari, aumentare la trasparenza e l integrità delle istituzioni pubbliche nonché favorire una maggiore partecipazione del pubblico nelle varie fasi di elaborazione delle politiche. In un certo numero di Stati membri, in cui la riforma della pubblica amministrazione è stata affrontata come una sfida, non esiste però una strategia ben definita e gli obiettivi sono incompleti e poco chiari, mentre tali riforme sono indispensabili per sostenere la crescita, l occupazione e la competitività. In alcuni di questi Stati membri manca inoltre un chiaro impegno politico a favore di tali riforme. Emerge con chiarezza che la necessità di prepararsi agli investimenti adeguandosi alle condizioni operative prima ancora di procedere all attuazione del programma è xxv

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale stata presa sul serio. Il processo non è stato facile e, in molti casi, la Commissione dovrà concordare piani d azione per garantire la piena conformità alle prescrizioni entro scadenze ben definite. Le condizioni che gli Stati membri hanno trovato particolarmente difficili da soddisfare riguardano settori in cui devono essere recepite le direttive dell UE o in cui devono essere applicati in modo efficace i regolamenti dell UE. A livello nazionale e regionale sono state definite strategie di specializzazione intelligente allo scopo di accelerare la trasformazione economica e ridurre il divario di conoscenze. È necessario porre maggiormente l accento su forme di sostegno meno incisive, sul sostegno alla ricerca orientata al mercato e sulla collaborazione con le imprese. Sussiste il rischio che il sostegno alle PMI sia orientato allo status quo e non venga adattato alle loro esigenze e al potenziale di crescita per assicurare un forte effetto leva e un rapido assorbimento. Alcuni Stati membri hanno inoltre elaborato programmi che istituiscono collegamenti chiari tra l economia digitale e l innovazione. Ciò è importante in quanto gli investimenti nella banda larga ad alta velocità e nelle TIC sono necessari per superare strozzature specifiche e per promuovere soluzioni orientate al mercato. Ad esempio, è essenziale concentrarsi sugli investimenti nelle reti a banda larga di prossima generazione per garantire che le regioni meno sviluppate non perdano ulteriormente terreno. Anche le sinergie tra la politica di coesione, il programma Orizzonte 2020 e altri programmi dell UE sono di fondamentale importanza nel contesto delle strategie di specializzazione intelligente a livello regionale e nazionale. Nel periodo 2014 2020 circa 88 programmi in 16 paesi saranno programmi a finanziamento multiplo, che combinano le risorse del FESR, del Fondo di coesione e del FSE. Tale fatto dovrebbe incoraggiare un approccio integrato, in grado di riunire politiche, fondi e priorità di diversa natura. Per rendere la politica più efficace, orientata ai risultati e basata sulle prestazioni, gli Stati membri e le regioni dovranno fissare obiettivi e traguardi dettagliati. È essenziale che i programmi non esprimano le finalità in modo troppo generico e che comprendano un numero considerevole di possibili azioni intese a mantenere la massima flessibilità nella selezione dei progetti in una fase successiva. Questo è un elemento fondamentale: se gli obiettivi e i traguardi non sono sufficientemente ambiziosi e dettagliati sarà molto difficile sottoporre a valutazione la politica e promuovere un dibattito pubblico significativo a tale riguardo. Nel corso del processo negoziale la Commissione si concentrerà su tali rischi. Gli accordi di partenariato sono stati redatti basandosi ampiamente su un dialogo positivo tra i partner, sebbene vi siano indicazioni che in alcuni casi tale dialogo è stato insufficiente, che importanti parti interessate non sono state coinvolte o che le osservazioni non sono state riprese nelle versioni successive dei documenti. La Commissione esaminerà molto attentamente le modalità di applicazione da parte degli Stati membri del codice di condotta sul partenariato, al fine di garantire una reale partecipazione delle parti interessate. Quale ultimo aspetto, ma non meno importante degli altri, va osservato che il nuovo periodo richiede una solida governance e meccanismi di coordinamento a livello nazionale e regionale al fine di garantire la coerenza tra i programmi, il sostegno xxvi

Investimenti per l'occupazione e la crescita alla strategia Europa 2020 e le RSP nonché di evitare sovrapposizioni e lacune. Ciò è particolarmente importante in considerazione dell aumento complessivo del numero di programmi regionali (per i programmi del FSE si tratta quasi del 60% rispetto al periodo 2007 2013). 5. Conclusioni Nel periodo 2014 2020 la politica di coesione guiderà le attività di investimento di un terzo del bilancio dell UE per contribuire a realizzare gli obiettivi paneuropei di crescita e creazione di posti di lavoro nonché di riduzione delle disparità economiche e sociali. Tale politica costituisce inoltre il principale strumento di investimento a livello di UE al fine di perseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020 e apporta il contributo maggiore in una serie di settori, tra cui: sostegno alle PMI, R&S e innovazione, investimenti in una forza lavoro qualificata e competitiva, lotta contro la disoccupazione e l esclusione sociale, adattamento ai cambiamenti climatici e ambiente. I modelli economici forniscono un indicazione dell impatto macroeconomico. Si prevede ad esempio che, grazie alla politica di coesione, nei principali paesi beneficiari il PIL potrebbe aumentare in media del 2% e l occupazione dell 1% circa durante il periodo di attuazione. Gli effetti di aumento della produttività esplicati dalla politica di coesione continueranno inoltre a rafforzarsi anche quando i programmi saranno giunti a termine. Si stima che, entro il 2030, in questi paesi il PIL sarà superiore del 3% rispetto al livello atteso in assenza di tale politica. Ciò significa che, nel periodo 2014 2030, per ogni euro speso nei principali paesi beneficiari si prevede che il PIL sia superiore di oltre tre euro. Affinché tali effetti diventino concreti è tuttavia essenziale che gli Stati membri e le regioni attuino le riforme e utilizzino questa politica quale strumento di investimento efficace. Sarà pertanto fondamentale l esito dei negoziati in corso per sviluppare strategie solide, individuare un numero limitato di priorità di investimento principali, determinare obiettivi ambiziosi e assicurare che le condizioni, a livello locale e globale, massimizzino l impatto degli investimenti cofinanziati a titolo della politica di coesione. Nel 2017 la Commissione presenterà al Parlamento europeo una prima relazione sui progressi compiuti nell ambito dei programmi. In tal modo verrà fornita una panoramica dei progressi realizzati dagli Stati membri e dalle regioni nel conseguimento degli obiettivi stabiliti nei rispettivi programmi, indicando se essi stiano dando o no i risultati previsti. xxvii

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale xxviii

Riassunto esecutivo La presente relazione esce all'inizio del nuovo settennato di programmazione della politica di coesione, in una fase in cui l'unione europea si presenta profondamente cambiata dal 2007, anno di avvio della precedente programmazione. All'epoca l'ue stava attraversando una fase di crescita economica costante. Ilivelli di reddito erano in aumento, così come i tassi di occupazione e la spesa pubblica, mentre la povertà e l'esclusione sociale erano in calo e le disparità regionali si stavano riducendo. Malgrado queste tendenze positive, le disparità tra regioni continuavano comunque a rimanere ampie e numerose. L'avvento della crisi ha modificato questo scenario. Dal 2008 il debito pubblico è aumentato vertiginosamente, il reddito è diminuito per molti cittadini dell'ue, i tassi di occupazione sono crollati in molti paesi e la disoccupazione ha toccato il picco più alto mai raggiunto negli ultimi 20 anni, mentre la povertà e l'esclusione sociale sono tendenzialmente diventate più diffuse. Allo stesso tempo, in molti paesi sono aumentate le disparità regionali in termini di tassi di occupazione e disoccupazione, come pure quelle in termini di PIL pro capite, mentre in altri si è interrotto il processo di attenuazione delle disparità. Questi sviluppi indicano che gli obiettivi di Europa 2020 in materia di occupazione e lotta alla povertà sono divenuti più difficili da raggiungere rispetto al periodo in cui sono stati definiti. Per questo motivo, nei prossimi 6 anni occorrerà incrementare gli sforzi per ottenere risultati positivi a fronte dei pesanti vincoli di bilancio. Capitolo 1: Nella sua prima fase, la crisi ha colpito particolarmente il settore edile e il settore manifatturiero. In entrambi l'occupazione è diminuita drasticamente, nell'edilizia a seguito del collasso della bolla immobiliare in alcuni Stati membri e dei tagli alla spesa pubblica, nel settore manifatturiero a causa del declino a livello di domanda globale, soprattutto per i beni di investimento. Più recentemente, i mercati mondiali sono in fase di espansione e le esportazioni in aumento, determinando un certo incremento della produzione. Questo aspetto è particolarmente importante soprattutto per molti Stati membri dell'europa centro orientale, nei quali il settore manifatturiero costituisce un'ampia fetta di valore aggiunto. L'impatto territoriale della crisi è variegato. Nella maggior parte dell'ue, le regioni metropolitane si sono dimostrate maggiormente soggette a fasi alterne tra momenti di espansione e momenti di contrazione, mentre nel complesso le regioni rurali hanno dimostrato una maggiore resilienza. Nell'UE 15, le regioni metropolitane di secondo livello hanno avuto un rendimento nella media, mentre nell'ue 13 esse hanno superato le altre regioni. Tra il 2008 e il 2011, le regioni rurali dell'ue 15 hanno registrato una contrazione del PIL inferiore rispetto alle altre regioni, grazie a un maggior incremento della produttività. Anche nell'ue 13 il maggior incremento della produttività ha determinato una riduzione del divario con le altre regioni in termini di crescita. Nonostante le difficoltà dello scenario economico, la percentuale di persone con istruzione terziaria è salita negli ultimi anni in molti paesi e i tassi di abbandono scolastico xxix

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale sono diminuiti. Di conseguenza, gli obiettivi dell'ue inerenti questi due settori saranno probabilmente raggiunti entro il 2020, se non prima. Allo stesso tempo, durante la crisi la quota di R&S non è diminuita in rapporto al PIL, anzi è leggermente aumentata nel corso dell'ultimo anno/degli ultimi due anni, anche se non abbastanza da raggiungere l'obiettivo del 3% fissato per il 2020. L'innovazione, tuttavia, rimane per lo più concentrata territorialmente e non mostra segni di diffusione nelle regioni in ritardo. Gli investimenti nei trasporti e nelle infrastrutture digitali hanno diminuito le carenze a livello di reti in molte regioni rurali e nelle regioni meno sviluppate. L'accesso a Internet tramite le tecnologie di nuova generazione, però, rappresenta una nuova sfida per le aree rurali in cui tali tecnologie sono pressoché assenti. Inoltre, il completamento della rete transeuropea dei trasporti richiederà per lo meno altri due decenni di investimenti massicci, in particolare negli Stati membri centro orientali. Gli investimenti esteri diretti e gli scambi commerciali all'interno dell'ue, entrambi importanti fonti di crescita per gli Stati membri meno sviluppati, hanno risentito della contrazione provocata dalla crisi. Fortunatamente le esportazioni dall'ue 13 verso gli altri paesi UE hanno dimostrato discreti segnali di ripresa, superando la quota di PIL che rappresentavano prima dell'avvento della crisi; inoltre, anche gli investimenti esteri diretti sembrano ripartiti. La competitività rimane limitata nella maggior parte degli Stati membri centro orientali, con l'eccezione tipica delle regioni della capitale. Qui il livello di competitività tende a essere molto alto, pur non essendo generalmente ancora in grado di produrre ricadute positive misurabili sulle altre regioni. In questi paesi, dunque, molte delle regioni vicine alla capitale non traggono benefici tangibili da questa vicinanza, mentre negli Stati membri più sviluppati anche tali regioni tendono a mostrare livelli di competitività elevati. In effetti in alcuni Stati membri, quali Paesi Bassi, Germania e Italia, regioni con una seconda grande città presentano con livelli di competitività più elevati rispetto alla regione della capitale. Capitolo 2: La crisi ha spazzato via la metà degli incrementi occupazionali ottenuti tra il 2000 e l'inizio della recessione, soprattutto negli Stati membri meridionali. Di conseguenza, nelle regioni di transizione e nelle regioni meno sviluppate, i tassi di occupazione sono inferirori di circa 10 punti percentuali rispetto all'obiettivo nazionale, contro solo 3 punti percentuali nelle regioni più sviluppate. Anche l'incremento del tasso di disoccupazione è maggiore in queste regioni, pari a una media di 5 punti percentuali tra il 2008 e il 2013, contro i 3 punti percentuali delle regioni più sviluppate. Nonostante il 2013 sia stato il primo anno con il medesimo tasso di disoccupazione nell'ue per gli uomini e per le donne, in alcune zone permangono forti disparità, in particolare in molte regioni meridionali dove la disoccupazione femminile è molto più diffusa di quella maschile. Il tasso di occupazione femminile rimane più basso di quello maschile in tutte le regioni dell'ue. Se questo divario è relativamente limitato in alcune regioni della Svezia e della Finlandia, esso supera i 20 punti percentuali in Italia, Grecia e in svariate regioni della Romania, della Repubblica ceca e della Polonia. Sul fronte dell'istruzione, invece, in nove regioni su dieci molte più donne che uomini tra i 30 e i 34 anni hanno un'istruzione terziaria. xxx

Riassunto esecutivo Un ulteriore effetto della crisi economica è rappresentato dal rischio povertà ed esclusione sociale. Nell'UE si calcolano attualmente circa 9 milioni di persone a rischio povertà o esclusione, con un incremento particolarmente pronunciato in Grecia, Spagna, Italia e nel Regno Unito. Una questione chiave è costituita dalle differenze all'interno dei singoli paesi. Il rischio povertà tende a essere molto più basso nelle città rispetto al resto del paese per gli Stati membri meno sviluppati, mentre nelle città degli Stati membri più sviluppati avviene il contrario. Pertanto in questi ultimi, nell'ottica di raggiungere gli obiettivi riguardanti la lotta alla povertà fissati dalla strategia Europa 2020, occorre ridurre in maniera decisiva il numero di persone a rischio povertà o esclusione sociale nei centri urbani, mentre nei paesi meno sviluppati la sfida principale è la riduzione del numero di persone a rischio nelle aree prevalentemente rurali. Le forti disparità in termini di occupazione, livelli di reddito e benessere sociale sono tra i fattori principali alla base degli spostamenti dei popoli all'interno dell'ue. Negli ultimi 20 anni, negli Stati membri centro orientali si è registrata una tendenza delle persone a spostarsi dalle zone rurali alle aree urbane, soprattutto in direzione della capitale, nonché verso altri territori dell'ue. Il naturale calo demografico assieme al fenomeno migratorio hanno determinato una diminuzione significativa degli abitanti delle regioni rurali dell'ue 13 nel corso dell'ultimo decennio. Nell'UE 15, al contrario, la popolazione è mediamente aumentata nelle regioni rurali a seguito dei flussi migratori interni netti, controbilanciando il naturale calo demografico. Nell'UE 15, nel corso dell'ultimo decennio, il contributo dell'immigrazione netta all'aumento demografico è stato di tre volte maggiore rispetto a quello apportato dall'incremento naturale. Al contrario, nell'ue 13 l'emigrazione ha contribuito di due volte al calo demografico rispetto al calo naturale. Permangono ampie differenze tra i paesi dell'ue quanto ad aspettative di vita e tassi di mortalità. Vi è una differenza di oltre 9 anni tra le dieci regioni con l'aspettativa di vita più alta e le 10 con l'aspettativa più bassa. Analogamente, la mortalità infantile e i decessi per incidente stradale in rapporto alla popolazione differiscono di 4 volte tra le 10 regioni con la situazione migliore e le 10 regioni con la situazione peggiore. Capitolo 3: La crisi ha avuto effetti contrastanti sull'ambiente. La contrazione dei redditi e delle attività economiche ha favorito una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra; nel contempo, lo scarso miglioramento dell'efficienza energetica potrebbe causare un'inversione di questa tendenza in caso di ripresa della domanda. La crisi ha altresì ridotto il costo delle quote nell'ambito del sistema europeo per lo scambio delle quote di emissioni (ETS), causando così una diminuzione degli incentivi economici a favore dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili e una sospensione della transizione verso un'economia a basso contenuto di carbonio. La Commissione europea ha posticipato l'asta di un gruppo di quote a seguito del calo dei prezzi. Nell'UE si registrano alcuni progressi per quanto concerne il miglioramento del trattamento delle acque reflue urbane e dei rifiuti solidi. Sono diventate più numerose le città e i piccoli centri che soddisfano gli standard di qualità fissati dalla direttiva UE sul trattamento delle acque reflue. È aumentata la quantità di rifiuti destinati al recupero o alla termovalorizzazione, con relativa produzione energetica, mentre è diminuita la quantità destinata allo smaltimento in discarica. In entrambi i casi, tuttavia, molto xxxi

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale resta ancora da fare e sono necessari investimenti massicci soprattutto negli Stati membri e nelle regioni meno sviluppate. Nell'UE si registrano ampie differenze per quanto concerne la qualità dei "servizi" erogati dagli ecosistemi. Questi servizi possono svolgere importanti funzioni come la depurazione dell'aria e dell'acqua, il contenimento delle acque per la prevenzione delle alluvioni e la rimozione del carbonio. Le recenti inondazioni in diverse zone dell'ue e la scarsa qualità dell'aria in molti centri urbani rendono tali servizi quanto mai necessari. Gli investimenti in queste infrastrutture in genere consentono un risparmio dei costi, contribuendo nel contempo a limitare la perdita di biodiversità. La dimensione urbana della crescita sostenibile è origine di numerosi contrasti. Da un lato la qualità dell'aria è scadente in molte città e resa peggiore dal traffico congestionato; inoltre, sono più vulnerabili alle ondate di calore a seguito del cosiddetto effetto "isola di calore", nonché alle alluvioni per la loro frequente vicinanza a fiumi e mari e per la grande espansione delle superfici sigillate. Dall'altro lato, le città offrono maggiori vantaggi in termini di efficienza ambientale, poiché la vicinanza ai luoghi di interesse riduce il bisogno di compiere lunghi spostamenti. Il servizio di trasporto pubblico è più accessibile nelle città, con mezzi di trasporto più ecocompatibili; il consumo energetico per il riscaldamento domestico è inferiore. Allo stesso modo, le città utilizzano il suolo in maniera più efficiente rispetto ad altre aree con densità demografica inferiore e maggior terreno edificabile pro capite. Capitolo 4: Nella maggioranza degli Stati membri, il bilancio nazionale nel periodo di crisi è deficitario; il debito pubblico è aumentato vertiginosamente, in alcuni casi superando il 100% del PIL. L'erodersi delle finanze pubbliche ha portato all'adozione capillare di misure di consolidamento fiscale e a un consistente taglio della spesa pubblica da parte di numerosi governi. In media, la spesa pubblica nell'ue è scesa del 20% in termini reali tra il 2008 e il 2013, in Grecia, Spagna e Irlanda è scesa di oltre il 60%, mentre nei paesi dell'ue 12, ove la politica di coesione riveste un ruolo particolarmente importante, del 32%. La conseguenza di questo scenario potrebbe essere una riduzione dei tassi di crescita sul medio periodo. Visti i tagli nella spesa nazionale, si fa sempre più affidamento alla politica di coesione per finanziare gli investimenti a favore della crescita. Negli anni 2010 2012, i finanziamenti della politica di coesione rappresentavano complessivamente fino al 21% della spesa pubblica nell'ue, fino al 57% nell'insieme dei paesi della coesione e oltre il 75% in Slovacchia, Ungheria, Bulgaria e Lituania. In assenza di questi contributi, la spesa pubblica negli Stati membri meno sviluppati avrebbe registrato un ulteriore calo. La responsabilità di quasi due terzi della spesa pubblica nell'ue è affidata alle autorità locali e regionali, le quali hanno quindi risentito particolarmente dei tagli effettuati. L'autonomia politica (o autogoverno) delle regioni è tendenzialmente aumentata nel corso degli ultimi decenni, con incrementi notevoli in molti Stati membri. In Italia, in particolare, l'autonomia amministrativa delle regioni è superiore a quella in essere negli stati federali di Germania, Austria e Belgio. xxxii

Riassunto esecutivo Capitolo 5: Nel corso degli ultimi anni, l'ue ha attribuito sempre più importanza alla governance e alla qualità delle istituzioni pubbliche, anche in relazione ai programmi della politica di coesione. Ad esempio, nel 2014 è stata adottata una relazione anticorruzione, oltre all'inserimento nel semestre europeo di specifiche raccomandazioni nazionali concernenti questioni legate alla capacità amministrativa. Iniziative come l'e government e l'e procurement possono contribuire ad aumentare l'efficienza e ridurre i casi di abuso di potere. Inoltre, lo sviluppo di strategie nazionali anticorruzione e antifrode potrà favorire il rafforzamento delle capacità amministrative, promuovendo un uso più efficiente dei fondi. Il miglioramento delle capacità istituzionali e dell'amministrazione pubblica costituisce uno degli 11 obiettivi tematici chiave per il periodo 2014 2020 della politica di coesione. Questa decisione deriva anche dal nesso riscontrato tra scarsa efficienza amministrativa, da un lato, e tasso di assorbimento dei fondi stanziati dalla politica di coesione per il periodo 2007 2013 dall'altro, in alcuni casi talmente ridotto da comportare il rischio del taglio dei fondi disponibili per alcuni Stati membri. Se in base ai risultati di alcune indagini sulla governance e grazie alla facilità di fare impresa, alcuni paesi dell'europa settentrionale hanno ottenuto buoni risultati, sono ancora troppi gli Stati membri con un livello percepito di amministrazione pubblica scadente e dove si riferisce la presenza di un sistema di corruzione. Recenti studi hanno dimostrato che la facilità di fare impresa e la qualità delle istituzioni possono variare anche all'interno degli stessi paesi, segno della necessità di strutturare interventi più mirati per recuperare il ritardo nelle regioni meno sviluppate. Secondo questi studi, inoltre, i problemi di governance possono costituire un freno per lo sviluppo socioeconomico e ridimensionare l'impatto degli investimenti della politica di coesione. Riconoscendo il ruolo chiave ricoperto dagli enti locali e regionali nella gestione della spesa pubblica, l'ocse ha recentemente adottato una serie di principi di gestione efficace della spesa pubblica applicabili a tutti i livelli amministrativi. Capitolo 6: La politica di coesione è nata dalla constatazione secondo cui gli ostacoli allo sviluppo economico quali l'assenza di innovazione, le competenze della forza lavoro, la qualità infrastrutturale o istituzionale possono bloccare definitivamente la crescita e la produttività, causando un decadimento del tenore di vita. Nel corso degli anni, gli aiuti finanziari assegnati nell'ambito della politica, incentrata quindi sulle regioni meno sviluppate, sono passati dalle infrastrutture pesanti al sostegno e all'innovazione aziendale, all'occupazione e all'inclusione sociale, al fine di superare gli ostacoli identificati. Anche la natura e gli obiettivi della politica di coesione hanno subito un'evoluzione. La copertura geografica è stata semplificata con l'ammissibilità di tutte le regioni alle richieste di contributo nell'ambito di almeno una misura di sostegno. Inoltre, ponendo al centro la riduzione delle disparità economiche, la politica si è meglio armonizzata alla strategia complessiva dell'ue. Così, durante gli anni Novanta i finanziamenti sono stati estesi alle infrastrutture ambientali e transeuropee e negli anni 2000 la politica di coesione è stata diretta al perseguimento delle strategie di Lisbona e Göteborg per la crescita e lo sviluppo sostenibile. Nel nuovo periodo, la politica di coesione è parte integrante della strategia Europa 2020, incentrandosi su occupazione, innovazione, sostenibilità e lotta alla povertà e all'esclusione sociale. xxxiii

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale I successivi allargamenti dell'ue hanno modificato le sfide che la politica di coesione deve affrontare, aumentandone anche il di grado di difficoltà. Non solo è notevolmente aumentato il numero di regioni con un basso livello di sviluppo, ma si è anche accentuata la diversità territoriale all'interno dell'ue. Con l'introduzione nel trattato di Lisbona della coesione territoriale come obiettivo esplicito della politica di coesione, viene dedicata una maggiore attenzione all'accesso ai servizi, alla geografia funzionale, all'analisi territoriale e alla sostenibilità. Questa evoluzione si rispecchia nel crescente interesse verso la crescita sostenibile in Europa 2020 e nel riconoscimento dell'importanza di superare il PIL come strumento di valutazione dello sviluppo territoriale. Il dibattito su come misurare il progresso e sul ruolo della politica di coesione in questo ambito è ancora aperto. Capitolo 7: La politica di coesione nel periodo 2007 2013 ha contribuito in maniera sostanziale alla crescita e all'occupazione. Si stima che questa abbia prodotto un aumento medio del PIL del 2,1% annuo in Lettonia, dell'1,8% annuo in Lituania e dell'1,7% annuo in Polonia, rispetto a quanto sarebbe stato possibile realizzare in assenza dei contributi. Un altro effetto stimato è l'aumento del livello di occupazione dell'1% annuo in Polonia, dello 0,6% in Ungheria e dello 0,4% in Slovacchia e Lituania. Le stime delle ricadute sul lungo periodo sono più ampie in ragione dell'impatto sul potenziale di sviluppo economico. In Lituania e Polonia, si stima che il PIL nel 2020 sia più alto del 4% di quanto sarebbe possibile senza gli investimenti effettuati, mentre in Lettonia del 5%. Durante lo stesso periodo, la politica di coesione è stata fondamentale per sostenere la spesa pubblica in aree di vitale importanza quali R&S, sostegno alle PMI, energia sostenibile, sviluppo delle risorse umane e inclusione sociale. In alcuni Stati membri, essa ha altresì contribuito a promuovere i processi di riforma nazionale, in particolare dei sistemi di istruzione, del mercato del lavoro e della pubblica amministrazione. Vi sono prove concrete del fatto che la politica di coesione stia producendo risultati tangibili in molte aree. Ha sostenuto oltre 60 000 progetti di RST entro la fine del 2012, oltre 21 500 accordi di collaborazione tra imprese e centri di ricerca, e quasi 80 000 nuove imprese. Inoltre, grazie ai fondi stanziati, è stato possibile consentire l'accesso alla banda larga a oltre 5 milioni di persone, migliorare la fornitura di acqua potabile per 3,3 milioni di persone e consentire il collegamento al sistema di drenaggio e gestione delle acque reflue per 5,5 milioni di persone. Tra il 2007 e il 2012, grazie alla politica di coesione, fino a 68 milioni di persone hanno partecipato a programmi di inserimento lavorativo 1, di cui 35 milioni di donne, 21 milioni di giovani, 22 milioni di disoccupati e 27 milioni con un basso livello di istruzione (con o senza obbligo scolastico). Grazie all'fse oltre 5,7 milioni di persone hanno trovato lavoro e quasi 8,6 milioni hanno acquisito una qualifica, mentre secondo quanto riferito dagli Stati membri sono state create oltre 400 000 nuove imprese o forme di lavoro autonomo. 1 Poiché le relazioni calcolano tutte le istanze di partecipazione, risulta che molte persone hanno partecipato diverse volte alle attività. Le attività possono spaziare da un colloquio di breve durata, all'orientamento, alla formazione o allo stage in azienda. xxxiv

Riassunto esecutivo Per il periodo di programmazione 2007 2013, si attendono risultati ancora più consistenti per i mesi che mancano alla fine del 2015. I dati sui pagamenti sottolineano tuttavia la necessità di accelerare il completamento dei programmi. Nonostante gli inevitabili scostamenti temporali tra la spesa effettivamente sostenuta sul campo e i pagamenti della Commissione, in alcuni paesi sono stati riscontrati notevoli ritardi per quanto riguarda l'approvazione e la realizzazione dei progetti. Questo vale soprattutto in settori quali la RSTI, le reti ferroviarie, le TIC, la banda larga e gli investimenti nell'energia e nell'efficienza energetica, in ragione della scarsa esperienza delle amministrazioni pubbliche oppure della presenza di progetti relativamente complessi. Capitolo 8: Nel periodo 2014 2020, un terzo del bilancio UE sarà investito nell'ambito della politica di coesione per affrontare le disparità tra regioni, contribuendo allo stesso tempo al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. I due obiettivi sono pienamente compatibili tra loro. In effetti, il perseguimento degli obiettivi di Europa 2020 può considerarsi una leva per la promozione degli obiettivi di sviluppo regionale e per rafforzare i vari elementi che determinano il potenziale di crescita delle regioni. La nuova politica di coesione non solo è pienamente allineata alla strategia Europa 2020 e ai suoi obiettivi chiave, ma è anche collegata al semestre europeo e all'evoluzione della governance economica dell'ue. In questo modo, l'efficacia degli investimenti non verrà compromessa da politiche fiscali ed economiche errate. Gli Stati membri e le regioni dovranno inoltre definire opportuni quadri normativi, amministrativi e istituzionali al fine di massimizzare l'impatto degli investimenti. Grazie a una concentrazione delle risorse attorno ad alcune priorità chiave e a una maggiore attenzione al rendimento e ai risultati, si garantirà un uso efficiente delle risorse finanziarie e il contributo della politica di coesione alla crescita e alla creazione di lavoro. xxxv

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Capitolo 1: Crescita intelligente 1. Introduzione Nel corso degli ultimi decenni, la politica di coesione ha investito risorse molto consistenti a favore della crescita intelligente. Ha cofinanziato l'innovazione, l'istruzione, le reti digitali e le reti di trasporto. Gli investimenti effettuati hanno contribuito alla creazione di un mercato unico in grado di stimolare la crescita, la produttività e la specializzazione in tutte le regioni, e di conseguenza a rafforzare la posizione dell'ue in mercati globali nei quali compete sia con territori a basso costo sia con soggetti altamente innovativi. Il presente capitolo descrive le tendenze sulla crescita intelligente nelle regioni e nelle città dell'ue, evidenziando l'impatto della crisi su di esse. Affronta un'ampia gamma di tematiche, tra cui la dimensione territoriale della crisi, l'innovazione, l'istruzione terziaria, l'imprenditorialità, l'estensione delle reti digitali e di trasporto e l'integrazione dei mercati tramite gli scambi e gli investimenti esteri diretti. L'obiettivo principale è di mettere in evidenza l'andamento delle regioni meno sviluppate e di alcune specifiche tipologie territoriali come città e aree rurali. Un'ulteriore finalità è collegata al raggiungimento degli obiettivi nazionali di Europa 2020 in materia di spesa in R&S, istruzione terziaria e formazione continua. La maggior parte delle tenedenze di lungo periodo descitte qui sono positive in termini di rendimento delle economie dell UE. Esse comprendono una maggiore integrazione tra mercati, scambi e investimenti esteri diretti, la transizione dell'occupazione verso settori più produttivi, un miglior accesso alle reti digitali e di trasporto e un continuo aumento nel numero di persone con un'istruzione terziaria. La crisi, tuttavia, ha avuto effetti dirompenti in molte parti dell'ue. Ha provocato un'inversione di tendenza per quanto riguarda la riduzione delle disparità regionali sul lungo periodo. Ha determinato una contrazione delle attività economiche e dell'occupazione nella maggioranza degli Stati membri. Fortunatamente, i primi segni di ripresa si percepiscono in molti degli aspetti qui esaminati, quali l'incremento degli scambi e la crescita positiva del PIL verso la fine del 2013 in quasi tutti gli Stati membri. Nonostante il sostanziale contribuito fornito dalla politica di coesione alla crescita intelligente e alla riduzione delle disparità, sono necessari sostanziali investimenti per affrontare i bassi livelli di innovazione in molte regioni, il permanere delle disparità economiche e i divari nelle reti digitali e di trasporto negli anni a venire, anche oltre l'attuale periodo di programmazione. 2. La crisi ha interrotto il processo di riduzione delle disparità regionali Un abitante su 4 risiede nelle regioni NUTS 2 dell'ue, con un PIL pro capite espresso in SPA 1 inferiore al 75% della media UE (Carta 1.1). Si tratta di regioni per lo più appartenenti agli Stati membri dell'europa centro orientale, ma anche a Grecia, Italia meridionale, Portogallo e alla maggioranza delle regioni periferiche. Tra il 2000 e il 2011, tutte le regioni degli Stati membri centro orientali hanno registrato un incremento del PIL pro capite in SPA rispetto alla media UE. In genere, i maggiori incrementi si sono verificati nelle regioni della capitale. In Slovacchia, Romania e Bulgaria, il PIL pro capite espresso in SPA è aumentato sensibilmente in queste regioni (fino al 186% della media UE nella prima, 122% nella seconda e 78% nella terza), doppiando nei primi due paesi l'incremento medio nazionale. Nelle regioni meno sviluppate della Grecia, Italia e Portogallo (eccetto Açores) al contrario, non si è registrato un aumento del PIL pro capite rispetto alla media UE; in Grecia a causa dei pesanti effetti della crisi, mentre negli altri 1 Il prodotto interno lordo (PIL) pro capite espresso in standard di potere di acquisto rappresenta il valore totale di tutti i beni e servizi prodotti per abitante. Lo standard di potere di acquisto (SPA) permette di attenuare le differenze di potere d'acquisto tra paesi con diversi livelli di prezzo. 1

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Capitolo 1: Crescita intelligente Figura 1.1 Coefficiente di variazione del PIL pro capite, tasso di occupazione (15 64), tasso di disoccupazione, UE-27 regioni NUTS 2, 2000 2013 Coefficiente di variazione, 2000=100 PIL pro capite Tasso di disoccupazione Tasso di occupazione 120 115 110 105 100 95 90 85 80 75 70 65 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 120 115 110 105 100 95 90 85 80 75 70 65 Fonte: Eurostat, calcoli della DG REGIO due paesi anche a causa della presenza di tassi di crescita relativamente bassi presenti prima della crisi. Fino all'avvento della crisi nel 2008, le disparità tra economie regionali dell'ue erano in diminuzione (il coefficiente di variazione del PIL regionale pro capite era sceso del 10% tra il 2000 e il 2008 Figura 1.1). Nel 2000, il PIL medio pro capite nel 20% più sviluppato delle regioni era di circa 3,5 volte più alto di quello nel 20% meno sviluppato. Nel 2008, questa differenza era scesa a 2,8 volte. Questo cambiamento è principalmente dovuto alla maggiore rapidità con cui sono cresciute le regioni con il PIL più basso, avvicinandosi ai risultati delle regioni più prospere (processo noto come beta convergenza). Tuttavia, sembra che la crisi abbia interrotto questa tendenza poiché tra il 2008 e il 2011 le disparità regionali sono aumentate (il coefficiente di variazione è salito leggermente). L'interruzione della tendenza alla convergenza è confermata anche da altri indicatori economici per i quali si dispone di dati più recenti, in particolare per l'occupazione e la disoccupazione. Se tra il 2000 e il 2007 le disparità regionali a livello di tassi di occupazione e disoccupazione sono diminuite, dal 2008 sono aumentate in maniera significativa. Nel 2013, pertanto, le disparità a livello di entrambi questi fattori sono più ampie rispetto al 2000. Questi cambiamenti sono visibili anche nei tassi reali di crescita del PIL pro capite. Tra il 2001 e il 2008 quasi tutte le regioni hanno registrato un incremento positivo, con tassi superiori al 5% annuo in molte regioni dell'ue 13 (Carta 1.2). Tra il 2008 e il 2011, invece, due regioni su tre hanno subito una diminuzione del PIL pro capite, fino al 3% annuo e oltre in Grecia e in alcune regioni della Romania, del Regno Unito e dell'irlanda (Carta 1.3). Nel corso degli ultimi anni, le disparità regionali si sono ampliate poiché la crisi economica ha colpito le regioni in maniera differenziata. Alcune regioni sono state pesantemente colpite, altre poco o affatto. Ciò è particolarmente evidente a livello dei tassi di disoccupazione. Nel 2008, cinque regioni avevano un tasso di disoccupazione superiore al 20%. Nel 2013, questo numero è salito a 27. Allo stesso tempo, il tasso di disoccupazione è sceso in molte regioni della Germania grazie alla tenuta relativamente forte dell'economia tedesca fin dalla recessione globale del 2008 2009. Nonostante dagli ultimi dati disponibili sul PIL pro capite si evinca solo l'inizio della crisi, è possibile osservare la medesima tendenza. In alcune regioni, il PIL pro capite in termini reali (ovvero a prezzi costanti) è diminuito notevolmente, come ad esempio in Közép Dunántúl (Ungheria) o in Estonia, dove è crollato del 15% tra il 2008 e il 2009. In altre regioni ha continuato ad aumentare come in Pomorskie (Polonia) o Åland (Finlandia), dove è salito rispettivamente del 4% e 6%. L'impatto della recessione generale subentrata dopo la crisi del 2008 non ha seguito uno specifico andamento 3

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Capitolo 1: Crescita intelligente Figura 1.2 Indice di Theil, PIL pro capite, regioni NUTS 2 UE-28, 2000 2015 12 10 8 Indice Indice di Theil Tra Stati membri Tra Stati membri (proiez.) All'interno degli Stati membri 12 10 8 6 6 4 4 2 2 0 0 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Fonte: Eurostat, calcoli della DG REGIO geografico, colpendo sia le economie più sviluppate che quelle meno sviluppate. Tra il 2008 e il 2009, il PIL reale pro capite è notevolmente diminuito nei tre Stati baltici ma anche in Finlandia, Svezia e Italia esso ha subito. Allo stesso tempo, la diminuzione è stata modesta in Francia e Belgio, ma anche a Cipro e a Malta, mentre in Polonia si registra una crescita costante. Delle 13 regioni in cui il PIL reale pro capite è sceso di oltre il 10%, 6 avevano un PIL pro capite superiore alla media UE nel 2008. Anche le disparità regionali interne ai vari paesi si sono ampliate notevolmente in diversi casi tra il 2000 e il 2011. Questo vale in particolare per Bulgaria e Romania (dove il coefficiente di variazione è salito rispettivamente di 22 e 12 punti percentuali), soprattutto per effetto dell'alto tasso di crescita nella regione della capitale. La convergenza del PIL pro capite delle altre regioni di questi due paesi in direzione della media UE ha proseguito il suo corso, ma a un ritmo molto più blando. Anche le disparità regionali all'interno della Grecia e del Regno Unito sono aumentate nel corso di questi ultimi 11 anni (con un incremento del coefficiente di variazione rispettivamente di 12 e 8 punti percentuali), in entrambi i casi a causa in parte della diminuzione del PIL pro capite rispetto alla media UE in alcune delle regioni meno sviluppate. Questo si è verificato ad esempio a Ipeiros (Grecia), dove il PIL pro capite è sceso dal 71% della media UE al 55%, e in West Wales and the Valleys (nel Regno Unito), dove è sceso dal 72% della media UE al 64%. Un ulteriore indicatore delle disparità regionali, l'indice di Theil 2, è scomponibile in due elementi, uno per misurare le disparità tra Stati membri e l'altro per misurare le disparità all'interno degli Stati membri. Tale indice mostra che le disparità in termini di PIL pro capite tra le regioni NUTS 2 all'interno degli Stati membri (calcolabili solo fino al 2011 per i dati disponibili) sono leggermente aumentate dal 2004, soprattutto in ragione dell'alto tasso di crescita in alcune aree urbane (in genere le regioni della capitale) dell'ue 13 (Figura 1.2). Questo dato è controbilanciato dalla marcata diminuzione delle disparità tra gli Stati membri fino al 2009, determinando così una complessiva attenuazione delle disparità regionali nell'ue 28. La crisi economica ha interrotto questo processo di convergenza; le disparità sono così rimaste inalterate nel 2009, per poi aumentare nel 2010 e 2011. Tuttavia, i dati provenienti dalle contabilità nazionali per il 2012 e le ultime previsioni degli Stati membri fino al 2015 suggeriscono che questa interruzione potrebbe essere solo temporanea e che nel 2012 il processo di convergenza potrebbe avere già registrato una ripresa, considerata la mancanza di incrementi significativi delle disparità regionali all'interno dei paesi. L'effetto della crisi economica sul lungo processo di attenuazione delle disparità regionali nell'ue è osservabile anche nell'esperienza delle singole regioni. Tra il 2003 e il 2011, in 50 regioni sulle 63 situate negli Stati membri poco o moderatamente sviluppati, si è 2 In sintesi, l'indice di Theil misura il grado di differenza tra le diseguaglianze nel PIL pro capite tra regioni e la situazione di pari livello di ogni regione. 5

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Figura 1.3 Tassi di crescita del PIL pro capite negli Stati membri meno sviluppati o moderatamente sviluppati, 2003 2011 7 6 5 4 3 2 1 0-1 -2 Variazione media annua (%) UE-27 BG CZ EE CY LV LT HU MT PL PT RO SI SK Le colonne rappresentano le regioni NUTS 2. Dati non disponibili per la Grecia. Fonte: Eurostat, calcoli della DG REGIO 7 6 5 4 3 2 1 0-1 -2 registrato un tasso di crescita maggiore rispetto alla media UE (Figura 1.3). Nel periodo precedente la crisi (2003 2008), 56 regioni sono cresciute più velocemente rispetto alla media UE, mentre durante la crisi (2009 2011) questo numero è sceso a 45. È ragionevole ritenere che il lungo processo di convergenza nell'ue proseguirà anche una volta superata la crisi. Poiché, tra le altre cose, tale processo è trainato dall'introduzione, da parte delle regioni meno sviluppate, di tecnologie e metodi di lavori elaborati e testati in altre regioni, è probabile che tali regioni tenderanno a recuperare il ritardo in termini di produttività. È altresi' probabile che negli anni a venire, grazie ai finanziamenti della politica di coesione, il tasso di crescita delle aree meno sviluppate dell'ue supererà quello delle zone più sviluppate, esattamente come nel periodo 2003 2008. L'analisi delle variazioni nel PIL pro capite tra il 2000 e il 2011 conferma che, nel lungo periodo, la convergenza è un risultato più che altro dello sviluppo delle regioni meno sviluppate, anziché del rallentamento della crescita nelle regioni più sviluppate. Ad esempio, le regioni (NUTS 2) con un PIL pro capite inferiore al 50% della media UE erano 37 nel 2000 e solo 20 nel 2011, con un aumento de PIL pro capite in 16 regioni tra il 50% e il 75% della media UE e in una regione (Yugozapaden, la regione della capitale della Bulgaria) tra il 75% e il 100% della media. Il processo di convergenza ha seguito un ritmo notevole anche in Figura 1.4 Crescita del PIL pro capite in termini reali, UE-28, 2001 2015 8 6 4 2 0-2 -4 Variazione media annua (%) Paesi membri meno sviluppati Paesi membri moderatamente sviluppati Paesi altamente sviluppati -6 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 8 6 4 2 0-2 -4-6 Fonte: Eurostat 6

Capitolo 1: Crescita intelligente Bucureşti Ilfov (Romania) tra il 1995 e il 2011, con un aumento del PIL pro capite da meno del 50% della media UE a oltre il 120%. Il PIL pro capite è cresciuto più velocemente in termini reali negli Stati membri meno sviluppati nel periodo 2000 2013; si prevede che questa tendenza rimarrà confermata anche nel 2014 e 2015 (Figura 1.4). Il tasso di crescita negli Stati membri moderatamente sviluppati, al contrario, è risultato inferiore rispetto a quello degli Stati membri molto sviluppati, anche nel periodo 2011 2013, mentre si prevede un leggero aumento entro il 2015. 3. Negli Stati membri dell'europa centro orientale il settore industriale rimane solido, mentre l'agricoltura richiede ulteriori interventi di modernizzazione Nel 1970, l'industria rappresentava oltre il 30% dell'occupazione totale e del VAL (valore aggiunto lordo) dell'ue6 (ovvero in quelli che all'epoca erano i 6 Stati membri). La crescita del settore terziario, l'automazione della produzione e lo spostamento di parte della produzione nelle economie emergenti ha determinato una Turchia La Turchia ha una popolazione di quasi 75 milioni di abitanti in continuo aumento (di quasi 10 milioni nello scorso decennio). Anche l'economia sta crescendo velocemente, con un tasso annuo del 5% tra il 2002 e il 2012. Di conseguenza il PIL pro capite in termini di SPA è arrivato al 56% della media UE nel 2012, con un tasso superiore a quello della Romania e della Bulgaria ma inferiore a quello della Croazia. La Turchia è tuttavia caratterizzata da profonde disparità regionali. Nelle regioni occidentali di Istanbul (oltre il 50% della media nazionale nel 2011), Kocaeli (oltre il 41%), Ankara (oltre il 32%) e Bursa (oltre il 31%), il PIL pro capite si attesta su livelli relativamente elevati (Carta 1.4). In tre regionali orientali i livelli di PIL sono più bassi della metà della media nazionale. Tali disparità sono aumentate tra il 2004 e il 2007, attenuandosi leggermente tra il 2007 e il 2011. Ancora oggi l'agricoltura assorbe quasi un quarto dell'occupazione totale e una quota significativa, benché molto inferiore, del PIL (9% nel 2012). 7

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Le disparità economiche regionali nel mondo Profonde disparità regionali sono riscontrabili nell'area dell'accordo nordamericano per il libero scambio (Carta 1.5) come pure nei paesi BRIC (Carta 1.6). Queste disparità non sono direttamente rapportabili a quelle europee a causa della grande differenza in termini di superficie territoriale delle regioni. India e Cina, entrambe con una popolazione superiore al miliardo di persone, avrebbero bisogno di oltre 700 regioni per essere comparabili con le regioni europee NUTS 2. Relativamente agli USA, il PIL pro capite dovrebbe essere riferito a 160 regioni anziché a 50 stati. L'Accordo nordamericano per il libero scambio ha favorito una più forte integrazione economica tra Canada, USA e Messico dal 1994, incrementando gli scambi e gli investimenti esteri diretti. Diversamente dall'ue, il NAFTA non prevede la libera circolazione delle persone. Ecco perché molti dei messicani che lavorano negli USA sono considerati immigrati clandestini. Durante il primo decennio dell'accordo (1994 2003), la crescita del PIL reale pro capite in Messico si limitava allo 0,8% annuo. Nello stesso periodo, il tasso di crescita in Canada e negli USA era tre volte superiore. In Messico, il basso tasso di crescita non dipendeva dall'accordo per il libero scambio ma presumibilmente dalla presenza di bassi livelli di istruzione e un ambiente imprenditoriale poco favorevole, nonché dalla carenza di infrastrutture di trasporto. Poiché il NAFTA non prevede una politica di sviluppo analoga alla politica di coesione, è necessario più tempo prima che le regioni messicane traggano beneficio dall'integrazione degli scambi. Tra il 2004 e il 2012, invece, l'economia messicana ha registrato un andamento più positivo, con una crescita media del PIL reale pro capite pari all'1,5% annuo malgrado la crisi, il doppio del tasso di Canada e USA. Nonostante il miglioramento dei risultati economici del Messico, le disparità regionali all'interno del NAFTA non sono diminuite. In larga parte questo è imputabile alla mancata capacità delle regioni messicane meno sviluppate di recuperare il proprio ritardo. Anche se all'inizio del processo di sviluppo economico le disparità regionali tendono ad ampliarsi, questo non si può dire per i paesi BRIC. Tra il 2000 e il 2010, esse sono diminuite in Cina e Brasile e aumentate in India e Russia. In Cina, il PIL pro capite delle regioni costiere è molto più alto rispetto a quello delle regioni dell'entroterra. In Russia, il PIL pro capite di Mosca, San Pietroburgo e delle regioni circostanti è molto più elevato di quello delle regioni meridionali del paese. Più in generale, il PIL pro capite nelle aree settentrionali è tendenzialmente più alto di quello delle zone meridionali grazie all'attività di estrazione delle risorse naturali. Anche Brasile e India presentano profonde disparità regionali, in particolare il PIL pro capite delle principali aree urbane è molto più alto rispetto a quello delle regioni rurali più remote. Questi paesi, essendo alla ricerca di nuovi metodi per diminuire le disparità che li caratterizzano, hanno manifestato grande interesse nei confronti del funzionamento della politica di coesione. Nel corso degli ultimi 8 anni, la Commissione ha siglato protocolli di intesa in materia di cooperazione politica regionale con Cina, Russia e Brasile, accordi di cooperazione con Cile, Perù e Giappone, nonché con Ucraina, Moldova e Georgia nell'ambito del partenariato orientale. Riguardo a quest'ultimo, la Commissione ha organizzato una serie di attività inerenti la politica regionale e urbana, sfociati in scambi di esperienza sull'assistenza tecnica, ricerche, visite di studio, corsi di formazione, conferenze, costruzione di reti e rapporti tra le regioni e le città dell'ue e questi altri paesi. 8

Capitolo 1: Crescita intelligente 9

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Balcani occidentali Essi comprendono i tre paesi candidati dei Balcani occidentali (Montenegro, Serbia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia) e i tre paesi candidati potenziali (Albania, Bosnia Erzegovina e Kosovo secondo la risoluzione ONU 1244). Il Montenegro è il paese con il minor numero di abitanti, circa 620 000 e, nel contempo, con il PIL pro capite più alto (anche se era solo pari al 46% della media UE in termini di SPA nel 2012), inoltre è il secondo paese con il tasso di disoccupazione più basso (20%). La Serbia si caratterizza per il numero di abitanti più alto (7 milioni di persone) e l'economia più estesa. Tra il 2003 e il 2008 il PIL è salito del 6% annuo, mentre tra il 2008 e il 2012 la crescita è diminuita dell'1,2% annuo. Il PIL pro capite è pari a solo un terzo della media UE e il tasso di disoccupazione nel 2012 riguarda il 24% della forza lavoro. L'ex Repubblica jugoslava di Macedonia ha una popolazione di poco superiore ai 2 milioni di abitanti. Il PIL di questo paese è aumentato del 5% annuo tra il 2003 e il 2008 e del 2% nei successivi quattro anni. Il tasso di disoccupazione è molto elevato (31% nel 2012) e il PIL pro capite è simile a quello della Serbia (35% della media UE). I tre paesi candidati potenziali nel 2012 avevano un PIL pro capite compreso tra il 23% e il 30% della media UE in termini di SPA. L'Albania presentava il tasso di disoccupazione più basso (14%), anche se più alto della media UE, mentre i tassi di disoccupazione in Bosnia Erzegovina (29%) e Kosovo (35%) erano nettamente superiori alla media. Solo un paese su 6 (Albania) ha un tasso di occupazione superiore al 50% della popolazione tra i 15 e i 64 anni (nessuno Stato membro dell'ue ha un tasso inferiore al 50%). In Bosnia Erzegovina nel 2012 è pari a solo il 40%, mentre in Kosovo meno di un quarto della popolazione in età lavorativa è occupata, un dato impressionante. Tabella 1.1 Indicatori chiave relativi ai Balcani occidentali, 2003 2012 Popolazione (in migliaia) PIL pro capite espresso in SPA (EU28 = 100) Tasso di disoccupazione (%) Tasso di occupazione, 15 64 anni (%) Tasso di crescita del PIL reale (% p.a.) 2012 2012 2012 2012 2003 2008 2008 2012 Montenegro 621 43 20 47 6,2 1,2 ex Repubblica 2060 35 31 44 4,7 1,9 jugoslava di Macedonia Serbia 7217 35 24 45 5,0 0,2 Albania 2816 30 14 56 6,0 3,8 Bosnia Erzegovina 3836 28 29 40 5,2 0,6 Kosovo (ai sensi 1816 23 35 24 4,6* della Risoluzione UNSC 1244) * 2008 2011 Fonte: Eurostat, Banca Mondiale e wiiw 10

Capitolo 1: Crescita intelligente diminuzione costante del tasso di occupazione e del valore aggiunto lordo nel settore dell'industria (eccetto l'edilizia) nell'economia dell'ue (Figura 1.5). Questa tendenza non è stata modificata dagli allargamenti del 2004 e 2007, i quali hanno determinato un leggero aumento nella quota di occupazione in ambito industriale. Nel 2012, il tasso del VAL dell'industria è sceso al 19% e la quota di occupazione al 16%. Nell'UE 12, tuttavia, il settore industriale è più diffuso rispetto all'ue 15 e ha subito meno cambiamenti nel corso del tempo. Tra il 1995 e il 2012, la quota di VAL nell'industria si attesta al 27%. Durante questi diciassette anni il tasso di occupazione è sceso dal 26% al 22%, rimanendo comunque più alto rispetto a quello dell'ue 15, nella quale solo il 14% degli occupati lavora nell'industria (Figura 1.6). La quota di attività agricole ha subito modifiche sostanziali. Nel 1970, l'agricoltura rappresentava il 12% dell'occupazione totale e il 6% del VAL dell'ue6 (Figura 1.8). Entro il 2012, questi valori sono scesi rispettivamente al 5% e al 2% nell'ue 27. In questo caso l'effetto dei vari allargamenti è più visibile, con incrementi nella percentuale di occupati dopo gli allargamenti del 1981, 1986, 2004 e 2007. A causa del basso livello di produttività dei paesi entrati a far parte dell'ue, tuttavia, le percentuali di VAL non sono aumentate in maniera significativa l'agricoltura di sussistenza, ad esempio, contribuisce alla composizione della percentuale di occupati ma di fatto non incide sul VAL. Nell'UE 12, la percentuale di occupati in agricoltura è scesa dal 25% al 15% tra il 1995 e il 2012 e, con l'incremento della produttività, è probabile che continui a diminuire (Figura 1.7). Nell'UE 15, la quota nel 2012 è pari a solo il 3%. Al declino del numero di posti di lavoro nell'industria e nell'agricoltura ha corrisposto un aumento dei posti di lavoro nel settore terziario. Tuttavia, il passaggio da un lavoro nell'agricoltura o nell'industria a un impiego nel settore dei servizi spesso richiede l'apprendimento di nuove competenze. Questa transizione può essere agevolata dall'organizzazione di attività formative rivolte a persone intenzionate a trovare lavoro in un altro settore rispetto al proprio. 4. I settori dell'industria e delle costruzioni, i più colpiti dalla crisi In genere gli Stati membri meno sviluppati presentano una struttura economica diversa dal resto dell'ue, con una percentuale maggiore di occupati e di VAL nel comparto dell'industria (Tabella 1.2). Nel 2012, la quota di occupati nell'industria in questi paesi era pari al 22%, superiore del 50% rispetto agli Stati membri altamente sviluppati (15%). I segnali di convergenza rispetto a questa percentuale sono scarsi. Tra il 2000 e il 2012, l'industria negli Stati membri meno sviluppati ha registrato un incremento del VAL più alto rispetto ad altri settori. Persino durante il periodo di crisi, tra il 2008 e il 2012, il VAL è salito del 2% annuo, a fronte di un Figura 1.5 Quota di attività industriali (eccetto il settore delle costruzioni) nell'ue, 1970 2012 35 30 25 20 15 10 5 % del totale Occupazione VAL 35 30 25 20 15 10 5 0 0 1973 1981 1986 1995 2004 2007 2012 UE-6 UE-9 UE-10 UE-12 UE-15 UE-25 UE-27 Fonte: AMECO 11

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Figura 1.6 Quota di attività industriali (eccetto il settore delle costruzioni) nell'ue 12, 1995 2012 30 % del totale Occupazione VAL 30 Figura 1.7 Quota di attività agricole nell'ue 12, 1995 2012 30 % del totale Occupazione VAL 30 25 25 25 25 20 20 15 15 20 20 10 10 5 5 15 1995 2000 2005 2010 15 0 1995 2000 2005 2010 0 Fonte: AMECO Fonte: AMECO Figura 1.8 Quota di attività agricole nell'ue, 1970 2012 14 % del totale Occupazione VAL 14 12 12 10 10 8 8 6 6 4 4 2 2 0 0 1973 1981 1986 1995 2004 2007 2012 UE-6 UE-9 UE-10 UE-12 UE-15 UE-25 UE-27 Fonte: AMECO calo dell'1% annuo negli Stati membri molto sviluppati e moderatamente sviluppati. Anche l'occupazione nell'industria negli Stati membri è rimasta pressoché invariata fino al 2008, subendo invece una contrazione negli altri Stati. L'ingresso nell'ue e nel mercato unico ha aumentato le potenzialità di specializzazione e di creazione di distretti territoriali. È possibile quindi che gli Stati membri meno sviluppati abbiano potuto mantenere elevata la quota di occupati nell'industria in quanto l'equilibrio tra costo del lavoro, produttività e accessibilità li rende attraenti per le aziende manifatturiere. L'occupazione e il VAL nel settore delle costruzioni sono bruscamente diminuiti nel periodo di crisi in tutti e tre i gruppi di paesi. Il calo maggiore si è registrato nei tre Stati baltici e in Irlanda, Grecia e Spagna, nei quali è scoppiata una bolla speculativa immobiliare durante la crisi finanziaria. Negli Stati membri meno sviluppati i servizi finanziari e i servizi all'impresa rappresentano quote inferiori di occupati e VAL, nonostante stiano aumentando, avvicinandosi ai valori riscontrabili nei paesi molto sviluppati. Negli Stati membri meno sviluppati l'impatto della crisi su questo macrosettore è meno evidente, l'occupazione e il VAL hanno continuato ad aumentare anche se a un tasso inferiore rispetto a quello registrato nel periodo 2000 2008. Il processo di ristrutturazione e modernizzazione del settore agricolo è ancora in corso negli Stati membri meno sviluppati. Nel 2012 esso rappresenta il 16% del totale degli occupati, un valore 6 volte maggiore rispet- 12

Tabella 1.2 Variazione dell'occupazione e del VAL per settore e gruppo di Stati membri, 2000 2008 e 2008 2012 Occupazione VAL 13 Meno sviluppati Mediamente sviluppati Molto sviluppati UE 28 Meno sviluppati Mediamente sviluppati Molto sviluppati Quota nel 2012 (in %) Agricoltura, silvicoltura e pesca 15,9 8,3 2,5 5,2 4,5 2,7 1,5 1,7 Industria (tranne costruzioni) 21,7 18,6 14,5 16,0 25,9 20,5 18,5 19,1 Costruzioni 7,3 7,5 6,4 6,6 7,4 4,5 5,8 5,9 Commercio all'ingrosso e al dettaglio; trasporti; attività dei 25,0 29,1 27,7 27,4 26,8 27,1 23,2 23,6 servizi di alloggio e di ristorazione; informazione e comunicazione Attività finanziarie e assicurative; attività immobiliari; 8,8 11,6 17,2 15,3 18,8 23,0 27,6 26,9 attività professionali, scientifiche e tecniche; attività amministrative e servizi di assistenza Pubblica amministrazione; attività di 21,2 24,9 31,6 29,4 16,6 22,3 23,4 22,9 organizzazioni ed enti extraterritoriali Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 Variazione media annua (in %), 2000 2008 Agricoltura, silvicoltura e pesca 2,5 2,5 1,6 2,2 2,6 1,9 0,8 0,9 Industria (tranne costruzioni) 0,1 0,3 1,1 0,7 5,8 3,7 1,0 1,4 Costruzioni 4,6 0,8 1,5 1,9 6,5 1,2 1,4 1,7 Commercio all'ingrosso e al dettaglio; trasporti; attività dei 2,0 1,8 1,1 1,3 5,4 4,6 2,4 2,7 servizi di alloggio e di ristorazione; informazione e comunicazione Attività finanziarie e assicurative; attività immobiliari; 3,1 3,1 2,8 2,8 4,7 2,9 2,5 2,6 attività professionali, scientifiche e tecniche; attività amministrative e servizi di assistenza Pubblica amministrazione; attività di 1,2 1,8 1,4 1,4 1,7 1,9 1,5 1,6 organizzazioni ed enti extraterritoriali Totale 0,8 1,0 1,0 1,0 4,7 3,0 1,9 2,1 Variazione media annua (in %), 2008 2012 Agricoltura, silvicoltura e pesca 1,3 2,0 1,5 1,5 3,1 0,5 1,8 1,9 Industria (tranne costruzioni) 2,9 3,6 2,0 2,3 2,0 1,2 1,0 0,8 Costruzioni 3,5 7,1 3,9 4,1 0,3 13,3 3,9 4,1 Commercio all'ingrosso e al dettaglio; trasporti; attività dei 0,4 1,8 0,2 0,3 0,9 3,5 0,1 0,3 servizi di alloggio e di ristorazione; informazione e comunicazione Attività finanziarie e assicurative; attività immobiliari; 2,3 0,2 0,5 0,6 0,7 1,0 0,3 0,3 attività professionali, scientifiche e tecniche; attività amministrative e servizi di assistenza Pubblica amministrazione; attività di 0,2 1,0 0,7 0,5 0,3 0,7 0,8 0,7 organizzazioni ed enti extraterritoriali Totale 1,0 2,3 0,4 0,6 0,8 2,4 0,2 0,3 Fonte: Eurostat UE 28 Capitolo 1: Crescita intelligente

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale to a quello degli Stati membri molto sviluppati (2,5%). La quota di VAL dell'agricoltura è notevolmente inferiore ma tre volte più alta di quella di questi ultimi paesi (4,5% contro l'1,5%). Entrambi questi valori tendono a diminuire, parallelamente al calo dell'occupazione e a un incremento del VAL inferiore a quello di altri settori. In ogni caso, la quota di occupati nell'agricoltura negli Stati membri meno sviluppati nel 2012 è comunque più alta rispetto alla percentuale dell'ue 6 osservata nel 1970 (12%). L'impatto della crisi è stato più pesante negli Stati membri moderatamente sviluppati, con un calo del VAL e dell'occupazione superiore al 2% annuo tra il 2008 e il 2012. La contrazione maggiore si è registrata nei comparti edile, manifatturiero, della distribuzione, dei trasporti e delle comunicazioni. Nel complesso gli Stati membri molto sviluppati sono stati meno colpiti dalla crisi, registrando un calo dell'occupazione di appena lo 0,4% annuo e del VAL dello 0,2% annuo tra il 2008 e il 2012. Il calo più consistente a livello di occupazione e VAL si è registrato nel comparto edile, manifatturiero e agricolo. 5. La crisi ha determinato la perdita di posti di lavoro, ma anche un incremento della produttività Tra il 2001 e il 2008, il VAL pro capite nell'ue è aumentato dell'1,7% annuo in termini reali, alimentato principalmente da un incremento della produttività pari all'1,2% annuo. Gli incrementi nel tasso di occupati hanno aggiunto un ulteriore 0,5% annuo, mentre l'aumento della quota di popolazione in età lavorativa ha avuto un impatto ridotto ma comunque positivo (0,1% Tabella 1.3). Durante il periodo di crisi tra il 2008 e il 2012, il VAL pro capite è sceso dello 0,5% annuo e il tasso di occupazione dello 0,8% annuo, con un incremento della produttività pari allo 0,3% annuo. Le differenze tra gli Stati membri meno sviluppati e il resto dell'ue sono molto pronunciate in entrambi i periodi. Tra il 2001 e il 2008, l'incremento del VAL pro capite è stato più consistente negli Stati membri meno sviluppati (5,2% annuo), soprattutto in virtù dell'aumento della produttività (4,2% annuo), mentre un incremento della quota di popolazione in età lavorativa sul totale (con conseguente aumento del numero di occupati per qualsiasi tasso di occupazione) ha fornito un ulteriore contributo (pari allo 0,4% annuo). Nel periodo 2008 2012, anche il VAL pro capite degli Stati membri meno sviluppati è aumentato, seppur a un tasso molto più basso (pari allo all'1,2% annuo), a fronte di un declino in tutti gli altri Stati membri. L'aumento della produttività (pari all'1,8% annuo) è stata la principale fonte di crescita in questi anni, a fronte di un calo significativo dell'occupazione (dell'1,1% annuo). Tra il 2008 e il 2012 tutti gli Stati membri meno sviluppati hanno registrato una diminuzione dei posti di lavoro e un aumento della produttività, con l'eccezione di Romania e Ungheria dove è avvenuto il contrario. In cinque di questi paesi l'incremento di produttività ha compensato il calo occupazionale, con il VAL pro capite rimasto invariato. L'aumento della quota di popolazione in età lavorativa ha inciso meno durante questo periodo (contribuendo alla crescita con uno 0,2% annuo anziché lo 0,4%), pur con effetti significativi in Bulgaria, Polonia e Slovacchia (con un incremento tra lo 0,4% e lo 0,5% annuo). In Croazia la popolazione in età lavorativa è diminuita in rapporto al totale (con un calo del VAL pro capite dello 0,6% annuo), a seguito dell'effetto combinato di emigrazione, bassi tassi di fertilità e invecchiamento della popolazione. Il VAL pro capite è salito dell'1,3% annuo tra il 2001 e il 2008 negli Stati membri molto sviluppati, mentre è diminuito dello 0,7% annuo tra il 2008 e il 2012. Nel primo periodo, il tasso di produttività (salito dello 0,9% annuo) ha contribuito maggiormente rispetto all'aumento del tasso di occupazione (pari allo 0,4% annuo), con la percentuale di popolazione in età lavorativa rispetto al totale rimasta invariata. Tra il 2008 e il 2012, il tasso di occupati è sceso dello 0,7% annuo, mentre la produttività è aumentata solo marginalmente, come marginalmente è diminuita in media la quota di popolazione in età lavorativa, anche se in misura maggiore (pari a circa lo 0,5% annuo) in Irlanda, Danimarca e Finlandia. Tra gli Stati membri molto sviluppati, emergono Irlanda e Spagna per aver subito il calo più pesante a livello di tasso di occupazione (3,6% e 3,9% annuo), a fronte dell'aumento di produttività più consistente (2,4% e 2,7% annuo). Questo risultato è in parte dovuto alla contrazione del settore edile, già di per sé scarsamente produttivo, e agli incrementi di produttività in altri comparti. 14

Tabella 1.3 Ripartizione della variazione media annua del VAL pro capite, 2000 2008 e 2008 2012 2000 2008 2008 2012 15 Variazione media annua (%) VAL pro capite Produttività Tasso di occupazione Quota di popolazione in età lavorativa VAL pro capite Produttività Tasso di occupazione Quota di popolazione in età lavorativa UE 28 1,7 1,2 0,5 0,1 UE 28 0,5 0,3 0,8 0,0 Meno sviluppati 5,2 4,2 0,6 0,4 Meno sviluppati 0,9 1,8 1,1 0,2 Ungheria 3,3 3,0 0,0 0,2 Croazia 2,7 0,4 2,5 0,6 Polonia 4,5 2,9 0,6 0,9 Romania 1,2 1,1 0,0 0,1 Croazia 4,5 2,2 2,0 0,2 Ungheria 1,2 1,4 0,3 0,0 Estonia 6,2 4,0 1,8 0,3 Lettonia 0,5 3,8 4,5 0,3 Slovacchia 6,4 4,4 1,1 0,8 Estonia 0,0 1,2 1,4 0,3 Bulgaria 6,4 3,2 3,3 0,3 Lituania 0,4 0,9 0,7 0,1 Romania 7,0 8,2 0,8 0,4 Bulgaria 1,0 3,8 3,1 0,4 Lettonia 8,5 5,0 3,1 0,2 Slovacchia 1,2 2,3 1,6 0,5 Lituania 8,8 5,8 2,5 0,4 Polonia 2,7 3,3 1,0 0,4 Mediamente 2,7 2,1 0,5 0,1 Mediamente 2,5 0,2 2,0 0,3 sviluppati sviluppati Portogallo 0,6 0,8 0,2 0,0 Grecia 5,2 0,8 3,7 0,8 Malta 1,8 1,3 0,1 0,6 Cipro 3,2 0,4 4,4 0,8 Cipro 1,9 0,6 0,5 0,7 Slovenia 2,4 0,5 2,0 0,1 Grecia 3,2 1,6 1,4 0,1 Portogallo 0,8 1,8 2,4 0,2 Slovenia 4,3 3,3 0,8 0,1 Rep. ceca 0,5 0,3 0,0 0,2 Rep. ceca 4,7 4,2 0,3 0,2 Malta 0,4 0,8 1,2 0,1 Molto sviluppati 1,3 0,9 0,4 0,0 Molto sviluppati 0,7 0,1 0,7 0,1 Italia 0,2 0,5 0,9 0,3 Lussemburgo 2,6 2,5 0,5 0,3 Danimarca 0,8 0,6 0,6 0,4 Irlanda 1,8 2,4 3,6 0,6 Francia 0,9 1,0 0,2 0,1 Italia 1,8 0,8 0,9 0,1 Spagna 1,3 0,1 0,7 0,5 Finlandia 1,7 0,9 0,4 0,4 Belgio 1,4 1,0 0,4 0,0 Spagna 1,5 2,7 3,9 0,1 Germania 1,7 1,3 0,7 0,4 UK 1,4 0,7 0,5 0,1 Paesi Bassi 1,7 1,5 0,4 0,1 Danimarca 1,2 0,7 1,3 0,5 Irlanda 1,7 1,0 0,2 0,8 Paesi Bassi 0,9 0,3 0,3 0,3 Austria 2,0 1,4 0,6 0,0 Belgio 0,5 0,2 0,5 0,1 UK 2,0 1,7 0,1 0,2 Francia 0,3 0,3 0,4 0,2 Lussemburgo 2,1 1,8 0,3 0,0 Austria 0,0 0,4 0,3 0,0 Svezia 2,3 2,2 0,1 0,0 Svezia 0,5 0,9 0,2 0,2 Finlandia 2,5 1,5 1,0 0,1 Germania 0,7 0,1 0,6 0,2 Per Irlanda e Malta è stato utilizzato il PIL reale anziché il VAL reale. Fonte: Eurostat, AMECO e calcoli della DG REGIO Capitolo 1: Crescita intelligente

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Tra gli Stati membri molto sviluppati, Germania e Svezia sono gli unici due paesi ad aver registrato un aumento del VAL pro capite durante il periodo di crisi, ma con un'ampia separazione tra produttività e occupazione. In Germania, l'aumento dell'occupazione (tenendo conto del tasso di occupati e della quota di popolazione in età lavorativa) ha leggermente superato l'aumento del VAL pro capite, proprio per effetto di una moderata contrazione della produttività. In Svezia, la produttività è aumentata di più rispetto al PIL pro capite e il tasso di occupazione è diminuito. Gli Stati membri moderatamente sviluppati (Grecia, Portogallo, Cipro, Malta, Repubblica ceca e Slovenia) sono stati colpiti più duramente dalla crisi come gruppo rispetto agli altri Stati membri. Mentre il VAL pro capite è salito del 2,7% annuo nel primo periodo, esso è diminuito del 2,5% nel secondo periodo, soprattutto per effetto del calo del tasso di occupazione (2% annuo), ma anche della diminuzione della quota di popolazione in età lavorativa rispetto al totale (0,3% annuo) e della contrazione della produttività (0,2% annuo). Questa contrazione ha dunque attutito gli effetti della diminuzione del VAL sull'occupazione, ma solo in minima parte. In questo periodo, tuttavia, i vari paesi hanno seguito dinamiche di sviluppo molto diverse tra loro. Malta è l'unico paese del gruppo in cui il VAL pro capite è aumentato leggermente, a fronte di una contrazione relativamente consistente della produttività (0,8% annuo) accompagnata da un aumento significativo del tasso di occupazione (1,2% annuo). In Portogallo, dall'altro lato, il VAL pro capite è sceso ma in misura minore rispetto alla media del gruppo, mentre la produttività è aumentata in misura molto maggiore rispetto al resto del gruppo (1,8% annuo), con una significativa diminuzione del tasso di occupazione (2,4% annuo). A Cipro, il VAL pro capite è nettamente calato (3,2% annuo), mentre la produttività è aumentata (0,4% annuo) diversamente dagli altri paesi del gruppo (Grecia e Slovenia); questo, assieme a un incremento della popolazione in età lavorativa sul totale pari allo 0,8% annuo per effetto del fenomeno dell'immigrazione, ha determinato un considerevole calo del tasso di occupazione (pari al 4,4% annuo, superiore a qualsiasi altro paese). Scomposizione della crescita in VAL pro capite La crescita in termini di VAL pro capite si articola in tre principali componenti: variazioni a livello di produttività (VAL per occupato), variazioni nel tasso di occupazione (occupati rispetto alla popolazione in età lavorativa), variazioni nella percentuale di occupati sul totale della popolazione. Pertanto: VAL VAL Occupazione Popolazione totale = Occupazione x Popolazione in età lavorativa La stessa equivalenza può essere espressa in termini di variazioni. x Popolazione in età lavorativa Popolazione totale Solitamente il tasso di occupazione è tratto dalla rilevazione sulla forza lavoro, condotta in base al comune di residenza degli occupati. Il valore della produttività, invece, si calcola sulla base dell'occupazione sul luogo di lavoro (dati provenienti dalla contabilità nazionale). Ai fini della validità di questa equivalenza, il tasso di occupati qui fa riferimento ai dati occupazionali riportati nelle contabilità nazionali anziché ai dati provenienti dalla rilevazione sulla forza lavoro. 16

Capitolo 1: Crescita intelligente 6. La crescita nelle regioni metropolitane è più soggetta a periodi di alti e bassi rispetto alle regioni rurali 6.1 Le regioni metropolitane della capitale hanno mantenuto un andamento positivo, finché la crisi non ha causato un calo dell'occupazione superiore alla media Nel 2011, le regioni metropolitane (Carta 1.7) rappresentavano il 59% della popolazione dell'ue, il 62% dell'occupazione e il 67% del PIL dell'ue. Erano quindi i centri principali in termini di occupazione e attività imprenditoriali, caratterizzati da livelli di produttività più elevati delle altre zone. In tutti gli Stati membri, le regioni metropolitane hanno un PIL pro capite superiore a quello delle altre regioni, anche se questo dato non sempre si traduce in tassi di crescita più alti. Ad esempio, tra il 2000 e il 2011 il PIL pro capite è cresciuto più velocemente nelle regioni non metropolitane in Germania, Austria, Svezia, Finlandia, Portogallo e Spagna. Cionondimeno, tra il 2000 e il 2008 nell'ue 15 come nell'ue 13 il PIL reale pro capite delle regioni metropolitane è aumentato più velocemente rispetto alle altre regioni (Tabella 1.4). I tassi di crescita così elevati nelle regioni della capitale sono anche dovuti a una maggiore crescita produttiva nell'ue 15 e a una maggiore crescita occupazionale nell'ue 13. La crescita nelle regioni metropolitane di secondo livello era in linea con la situazione nazionale, ma inferiore all'andamento delle regioni metropolitane della capitale. Le regioni metropolitane più piccole sono cresciute più lentamente rispetto alle altre regioni metropolitane. Nell'UE 15 hanno registrato lo stesso tasso di crescita delle regioni non metropolitane. Nell'UE 13, le regioni metropolitane più piccole hanno registrato un tasso di crescita decisamente inferiore a quello delle regioni non metropolitane. Tra il 2008 e il 2011, le regioni metropolitane dell'ue 15 e dell'ue 13 hanno risentito in maniera diversa della crisi. Nell'UE 15, il tasso di diminuzione del PIL nelle regioni della capitale è identico a quello delle altre regioni. Nell'UE 13, il PIL nelle regioni della capitale è diminui- Tabella 1.4 Variazioni del PIL pro capite, della produttività e dell'occupazione pro capite per tipologia di regione metropolitana, 2000 2008 e 2008 2011 2000 2008 2008 2011 Variazione media annua (%) PIL pro capite Produttività Occupazione pro capite PIL pro capite Produttività Occupazione pro capite UE 15 Regione metropolitana capitale 1,4 0,9 0,6 0,8 0,3 1,1 Regione metropolitana 1,3 0,7 0,6 0,8 0,1 0,9 di secondo livello Regione metropolitana più piccola 1,2 0,7 0,5 0,6 0,2 0,8 Regione non metropolitana 1,2 0,8 0,4 0,8 0,2 1,0 Totale 1,3 0,8 0,5 0,7 0,2 0,9 UE 13 Regione metropolitana capitale 5,5 3,6 1,9 0,3 1,0 1,3 Regione metropolitana 4,9 4,1 0,8 1,4 1,3 0,1 di secondo livello Regione metropolitana più piccola 3,7 3,6 0,1 1,4 1,2 0,2 Regione non metropolitana 4,5 4,4 0,0 0,6 1,7 1,1 Totale 4,9 4,3 0,6 0,7 1,4 0,8 UE 28 Regione metropolitana capitale 1,9 1,0 0,9 0,7 0,5 1,2 Regione metropolitana 1,6 1,0 0,6 0,6 0,1 0,7 di secondo livello Regione metropolitana più piccola 1,3 0,8 0,5 0,5 0,2 0,8 Regione non metropolitana 1,6 1,3 0,3 0,5 0,5 1,0 Totale 1,6 1,1 0,5 0,5 0,4 0,9 Fonte: Eurostat e calcoli della DG REGIO 17

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Tabella 1.5 Variazioni del PIL pro capite, della produttività e dell'occupazione pro capite per tipologia di regione metropolitana, 2000 2008 e 2008 2011 Variazione media annua (%) PIL pro capite 2000 2008 2008 2011 2011 Produttività Occupazione pro capite PIL pro capite Produttività Occupazione pro capite PIL pro capite (SPA) indice UE 28=100 UE 15 Urbana 1,3 0,8 0,5 0,9 0,2 1,0 124 Intermedia 1,2 0,7 0,5 0,6 0,3 0,8 100 Rurale 1,2 0,7 0,5 0,5 0,4 0,9 90 Totale 1,3 0,8 0,5 0,7 0,2 0,9 110 UE 13 Urbana 5,5 3,6 1,9 0,7 0,9 0,2 108 Intermedia 4,6 4,2 0,4 0,5 1,5 1,0 57 Rurale 4,3 4,5 0,2 0,6 1,6 1,1 46 Totale 4,9 4,3 0,6 0,7 1,4 0,8 64 UE 28 Urbana 1,5 0,9 0,7 0,8 0,2 0,9 122 Intermedia 1,5 1,0 0,5 0,4 0,4 0,9 90 Rurale 1,7 1,5 0,2 0,3 0,7 1,0 74 Totale 1,6 1,1 0,5 0,5 0,4 0,9 100 Fonte: Eurostat e calcoli della DG REGIO to, mentre è aumentato nelle altre regioni. In entrambi i casi, a questo fenomeno si è accompagnata una contrazione dell'occupazione maggiore che in altre zone. Nell'UE 15, le regioni metropolitane più piccole e quelle di secondo livello hanno registrato uno scarso aumento della produttività e un calo occupazionale, con una diminuzione del PIL pro capite simile a quello dell'ue 15 nel suo complesso. Nell'UE 13, il tasso di crescita del PIL pro capite delle regioni di secondo livello e delle regioni metropolitane era il doppio della media dell'ue 13, per effetto della crescita della produttività senza cali occupazionali. Sarà interessante osservare se questa tendenza anticiperà un periodo di tassi di crescita più alti al di fuori della regione metropolitana della capitale, restringendo in tal modo il divario a livello di PIL pro capite con quest'ultima. Secondo le conclusioni di una nuova ricerca ESPON 3 specificamente incentrata sul rendimento delle città di secondo livello, nonostante gli importanti contributi forniti all'economia nazionale da parte di alcune di queste città, nella maggioranza dei paesi il loro apporto non è paragonabile a quello delle città capitali. L'ipotesi è 3 Parkinson, M. et al. (2012). che il loro apporto potrebbe essere più significativo a patto che possano beneficiare di aiuti nazionali e UE più consistenti. In molti paesi si osserva una spiccata tendenza a investire troppo nelle capitali e troppo poco nelle città secondarie, ed è auspicabile che i governi centrali si oppongano a un tale approccio per creare politiche territoriali specifiche per le città di secondo livello. Questo dimostra l'importanza di una politica di sviluppo mirata e contestualizzata, che tenga conto del diverso impatto territoriale delle politiche nazionali sulla R&S, innovazione, istruzione e formazione, trasporti e connettività. 6.2 La crescita del PIL nelle regioni rurali è rimasta limitata nel periodo precedente la crisi, ma ha dimostrato maggiore resilienza negli anni della crisi Tra il 2000 e il 2008, il PIL reale pro capite nelle regioni rurali (Carta 1.8 e Riquadro) nell'ue 28 è aumentato dell'1,7% annuo (Tabella 1.5), seguendo un tasso analogo a quello di altre tipologie di regioni. L'unica differenza riguarda il fatto che la produttività nelle regioni rurali è cresciuta più velocemente, mentre l'occupazione in rapporto alla popolazione è aumentata più lentamente. 18

Capitolo 1: Crescita intelligente Dimensione della città, benefici dell'agglomerazione e governance metropolitana In tutti i paesi dell'ocse, la produttività e le retribuzioni aumentano in proporzione alla dimensione della città (Figura 1.9). In considerazione dei livelli di produttività più alti e della loro dimensione, i grandi agglomerati urbani contribuiscono in maniera sostanziale alla crescita nazionale. Perché le grandi città sono più produttive? La produttività delle città dipende da una vasta gamma di fattori, tra cui la presenza di imprese innovative e la disponibilità di forza lavoro qualificata. La produttività, però, cresce con l'aumentare delle dimensioni delle città (almeno fino a un certo punto), sollevando la questione del perché avvenga in questo modo. Innanzi tutto, una prima spiegazione è legata al fatto che le grandi città dispongono di più alti livelli di capitale umano, anche se il rapporto con la dimensione della città è spesso non lineare, nel senso che le percentuali di lavoratori altamente qualificati e le percentuali di lavoratori scarsamente qualificati aumentano di pari passo. In secondo luogo, nelle grandi città si concentra in genere un'alta percentuale di settori molto produttivi, quali i servizi consulenziali e finanziari. Terzo, le grandi città fungono spesso da snodi o centri di servizio attraverso cui convogliare le attività commerciali, finanziarie e gli altri flussi. Questi flussi richiedono solitamente la disponibilità di servizi ad alto valore aggiunto. Quarto, le città traggono vantaggio dai "benefici dell'agglomerazione", ovvero in media la produttività delle persone aumenta con l'aumentare della dimensione della città in cui esse abitano e lavorano. La Figura 1.10 mostra i livelli di produttività di città in Germania e USA rettificati per le differenze a livello di capitale umano. Recenti stime dell'ocse suggeriscono che la produttività aumenta del 2 5% per ogni raddoppio della popolazione (Ahrend et al. (2014a)), in linea con quanto affermato da studi analoghi riferiti ai singoli paesi (Combes et al. (2011)). Di solito si ritiene che i benefici dell'agglomerazione derivino dalla possibilità di "condividere", "incrociare" e "apprendere" (si veda ad esempio Duranton e Puga, 2004). Nei grandi agglomerati, le aziende usufruiscono di una maggiore offerta di servizi pubblici, nonché di infrastrutture "condivise", ovvero in comune, quali laboratori pubblici e università. Esse trovano con più facilità fornitori meglio rispondenti alle loro esigenze. Analogamente la presenza di un mercato del lavoro più ampio consente più alti livelli di flessibilità e una migliore corrispondenza tra personale e posti di lavoro. La creazione, diffusione e concentrazione delle conoscenze nei grandi agglomerati favorisce anche l'accesso alle tecnologie e alle competenze. Inoltre, i benefici dell'agglomerazione sono spesso associati alla possibilità per gli abitanti di usufruire di migliori "connessioni" nelle grandi città, probabilmente derivanti dalla maggiore disponibilità di "capitali basati sulla conoscenza" (beni immateriali) grazie alle imprese ivi localizzate. I benefici dell'agglomerazione non solo derivano dalla dimensione demografica della città in questione, ma anche da vantaggi "presi a prestito" dagli agglomerati vicini. Per ogni raddoppio della popolazione residente in agglomerati nel raggio di 300 km, si stima che la produttività della città situata al centro aumenti dell'1 1,5% (Ahrend et al. (2014a)). In parte questo potrebbe spiegare il motivo per cui la produttività degli agglomerati urbani statunitensi solitamente aumenta in maniera più proporzionata al numero di abitanti rispetto ai paesi europei. Essenzialmente, poiché le distanze tra agglomerati tendono a essere minori in Europa, le città più piccole non sono particolarmente svantaggiate poiché "prendono a prestito" i benefici dell'agglomerazione dalle città limitrofe. L'importanza della governance metropolitana per l'efficienza e il benessere economico Le aree metropolitane attraversano generalmente più confini amministrativi. Esse risentono spesso di una poli- Figura 1.9 Le grandi aree metropolitane sono più produttive 120 000 100 000 80 000 VAL per occupato - USD (SPA) 0,5-1 milione di abitanti 1-2 milioni di abitanti 2-5 milioni di abitanti 5+ milioni di abitanti 120 000 100 000 80 000 60 000 60 000 40 000 40 000 20 000 20 000 0 USA/Canada Europa (OCSE) Giappone/Corea Messico/Cile 0 Fonte: Banca dati dell'ocse sulle città metropolitane 19

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Figura 1.10 Dimensione demografica e produttività per città Germania Stati Uniti 0,25 Produttività della città (normalizzata) 0,25 0,3 Produttività della città (normalizzata) Germania occidentale 0,3 0,00 0,00 0 0 Germania orientale -0,25 50 000 Fonte: Ahrend et al. (2014a) -0,25 500 000 5 000 000 Popolazione (scala log10) -0,3 300 000 3 000 000 Popolazione (scala log10) 30 000 000-0,3 tica frammentata, e non è insolito che al loro interno siano presenti diverse centinaia di comuni. Se questi ultimi continuano a perseguire le proprie politiche indipendentemente dagli altri, difficilmente riusciranno ad affrontare la sfida dello sviluppo del potenziale economico dell'area metropolitana nel suo complesso e del benessere dei propri abitanti in maniera adeguata. Gli studi condotti dall'ocse mostrano che la frammentazione dei comuni causa un'effettiva riduzione della crescita economica (Figura 1.11), come anche della produttività delle aree Figura 1.11 Le aree metropolitante meno frammentate hanno registrato una crescita maggiore 1,5 1 0,5 Crescita media annua del PIL pro capite, 2000-2010 (%) Basso Medio-bassa Medio-alta Fonte: Ahrend et al. (2014b) Grado relativo di frammentazione Elevato 1,5 1 0,5 metropolitane; secondo le stime, raddoppiando il numero dei comuni per 100 000 persone ne consegue una diminuzione della produttività pari al 5 6%. È probabile che questo derivi in parte dall'insufficienza delle infrastrutture di trasporto, come dimostrato dalla presenza di strade extraurbane che si interrompono sul confine amministrativo senza alcuna ragione apparente. Questo aumenta anche le probabilità di esclusione sociale per le persone residenti in zone scarsamente collegate. Gli effetti potenzialmente negativi della frammentazione dei comuni, tuttavia, potrebbero essere in buona parte mitigati dalle forme di governance adottate. In particolare, si ritiene che la presenza di un governo centrale metropolitano possa quasi dimezzare l'effetto negativo della frammentazione sulla produttività. Le aree metropolitane provviste di un organo di governance centrale, in media, registrano una minore espansione urbana incontrollata, probabilmente grazie a un uso più efficiente del terreno e alla pianificazione dei trasporti (Figura 1.12). Analogamente, nelle aree metropolitane provviste di un'autorità dei trasporti, o nella quale vi sia un organo preposto al coordinamento del sistema dei trasporti, le persone tendono a essere più soddisfatte del servizio di trasporto pubblico; le aree interessate, inoltre, tendono ad avere livelli di inquinamento atmosferico decisamente più bassi (Ahrend et al. (2014b)). Figura 1.12 Istituzioni pubbliche e alcuni risultati specifici Organi di governance centrale e variazioni nell'espansione urbanistica incontrollata* Autorità dei trasporti e % di cittadini soddisfatti del servizio di trasporto pubblico 1,2 1,0 1,2 1,0 78 78 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0-0,2-0,4-0,6 Con organi di governo Senza organi di governo 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0-0,2-0,4-0,6 73 68 63 58 Con autorità dei trasporti Senza autorità dei trasporti 73 68 63 58 * Effetti fissi a livello di paese Fonte: Ahrend et al. (2014c) 20

Capitolo 1: Crescita intelligente Nell'UE 15, il PIL pro capite delle regioni rurali è aumentato un po' più lentamente in quanto la produttività è cresciuta meno rispetto alle altre regioni, mentre il tasso di occupazione in rapporto alla popolazione è aumentato allo stesso ritmo delle altre regioni. Anche nell'ue 13, il PIL pro capite delle regioni rurali è aumentato più lentamente tra il 2000 e il 2008 rispetto ad altre regioni, anche se qui si è registrata una maggiore crescita della produttività e una contrazione dell'occupazione in rapporto alla popolazione, a fronte di un aumento in altre regioni. Le due tendenze potrebbero essere tra loro collegate, nella misura in cui il maggiore aumento di produttività era attribuibile al recupero del ritardo nell'uso delle tecnologie e all'adozione di sistemi di lavoro più efficienti, anche nel comparto agricolo, determinando a sua volta un calo dell'occupazione. La crisi ha avuto effetti differenziati sulle regioni rurali. Nell'UE 15 la diminuzione del PIL pro capite tra il 2008 e il 2011 è stata meno pronunciata nelle regioni rurali rispetto alle regioni urbane. Nell'UE 13, i tassi di crescita del PIL pro capite tra il 2008 e il 2011 sono scesi notevolmente rispetto al periodo precedente, pur mantenendosi positivi. Le regioni urbane sono cresciute un po' di più rispetto alle altre regioni L'occupazione è diminuita in tutte le tipologie di regioni, ma in maniera più consistente nell'ue 15 e nelle regioni rurali dell'ue 13. La produttività ha continuato a crescere nell'ue 15 ma soprattutto nell'ue 13. In entrambe le aree, le regioni rurali hanno registrato una crescita maggiore rispetto alle altre. Nel 2011, le differenze a livello di PIL pro capite tra le tre tipologie di regione erano molto minori nell'ue 15 rispetto all'ue 13. Nelle regioni rurali, il PIL pro capite medio corrispondeva al 90% della media UE, nelle regioni rurali era pari al 124% della media, con una differenza di 34 punti percentuali. Nell'UE 13, al contrario, il PIL pro capite nelle regioni rurali era solo il 46% della media UE, mentre nelle regioni urbane era pari al 108% della media, con una differenza di 62 punti percentuali. 7. Il tasso di creazione di impresa e l'imprenditorialità dipendono dall'iniziativa individuale e dal corretto ambiente istituzionale La demografia imprenditoriale rispecchia il dinamismo di un'economia tramite l'adattamento delle strutture economiche e delle imprese ai cambiamenti nelle condizioni del mercato. Nel periodo 2014 2020, la politica di coesione è fortemente incentrata sul supporto alla crescita intelligente con particolare attenzione all'innovazione e alle imprese a forte crescita, tramite programmi atti a supportare la capacità innovativa delle PMI. Anche nei precedenti periodi, una quota cospicua del fondo stanziato nell'ambito della politica di coesione è stata destinata a interventi di miglioramento dell'ambiente imprenditoriale e di supporto della creazione d'impresa. Gli indicatori sulla demografia imprenditoriale regionale mostrano i luoghi della creazione di nuove attività e la velocità di crescita delle imprese. In questa sezione, vengono esaminati due indicatori principali: il tasso di natalità delle imprese (imprese create in una regione rispetto al numero di imprese esistenti nella stessa zona) e il tasso di mortalità (imprese che hanno cessato l'attività dall'ultima attività svolta nella regione rispetto al numero complessivo di aziende attive). Il tasso di natalità delle imprese costituisce uno dei principali motori della creazione di posti di lavoro e dello sviluppo economico. La presenza di imprese nuove e innovative tende ad aumentare la competitività economica sia in maniera diretta sia stimolando i concorrenti ad adottare pratiche più efficaci. I tassi di mortalità tendono a indicare quelle attività economiche che hanno smesso di essere profittevoli. Nel 2010, le imprese di nuova creazione erano tendenzialmente più numerose all'interno o nei pressi delle regioni della capitale, negli Stati membri più sviluppati come anche in quelli meno sviluppati. I tassi di natalità erano più alti anche nelle regioni caratterizzate da un'economia in continua espansione (soprattutto in Polonia) o da una rapida ripresa dopo la pesante contrazione del 2009 (come in Slovacchia) (Figura 1.14). 21

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale 22

Capitolo 1: Crescita intelligente Definizione OCSE UE di città e zona di pendolarismo e di regioni metropolitane La nuova definizione UE OCSE è legata alle regioni metropolitane. Le città, nella nuova definizione, sone le stesse di quelle individuate in base al grado di urbanizzazione (si veda sopra). Una città viene definita come un insieme di uno o più comuni (amministrazione locale di livello 2) con almeno il 50% della popolazione residente in un centro urbano. L'area di pendolarismo della città viene identificata come la serie di comuni limitrofi in cui almeno il 15% dei residenti viaggia regolarmente verso la città per lavorare. I comuni sotto questa soglia ma circondati da altri comuni sopra la soglia vengono inseriti anch'essi nella zona di pendolarismo. (Per ulteriori informazioni, si veda Dijkstra e Poelman 2012 e OCSE 2012). La città sommata alla zona di pendolarismo costituisce la cosiddetta area urbana funzionale. Celle ad alta densità, centro urbano e città (Graz) Cella ad alta densità (>1 500 abit. per kmq.) Comuni Centro urbano (Gruppo di celle ad AD con popolazione > 50 000) Comuni più estesi > 50% della popolazione risiede in un centro urbano Città dell'audit urbano Questa relazione contiene i dati relativi ai centri urbani (accesso al trasporto pubblico), città (rischio di povertà) e le città e le zone di pendolarismo (qualità dell'aria). Le regioni metropolitane 1 sono composte dalle città più le zone di pendolarismo con oltre 250 000 abitanti. Se in una regione NUTS 3 oltre il 50% della popolazione è residente in una città, compresa la zona di pendolarismo, essa viene considerata come (parte di) regione metropolitana. Si distinguono tre tipologie di regioni metropolitane: 1. regioni della capitale (ovvero le regioni in cui si trova la capitale della nazione); 2. regioni metropolitane di secondo livello; 3. regioni metropolitane più piccole. Le regioni metropolitane di secondo livello consistono nelle città più estese di una regione, ad esclusione della capitale. Per distinguerle dalle regioni metropolitane più piccole viene usata una linea di demarcazione naturale secondo il numero di abitanti. 1 Eurostat, Metropolitan regions, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/region_cities/metropolitan_regions. 23

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Il pendolarismo e le geografie funzionali La differenza nel PIL pro capite tra le regioni urbane e altre regioni è in parte attribuibile alle distorsioni provocate dal fenomeno del pendolarismo. Il numero di persone occupate in una regione urbana ma residenti in una regione limitrofa o rurale determina un incremento del PIL pro capite della regione urbana (concorrendo alla formazione del PIL ma non del numero di abitanti), e nel contempo una diminuzione del PIL pro capite della regione di residenza (concorrendo alla formazione del numero di abitanti ma non del PIL). In vari casi si tratta di un effetto limitato, in altri può avere dimensioni molto ampie. Ad esempio, la metà delle persone che lavora a Bruxelles non abita nella regione di Bruxelles, pertanto il PIL pro capite a Bruxelles è quasi il doppio del valore che avrebbe in assenza del pendolarismo. Data questa situazione, il PIL pro capite non costituisce un buon indicatore del reddito pro capite. L'utilizzo delle regioni funzionali, quali ad esempio i bacini occupazionali 1 o le regioni metropolitane, consente di evitare questa distorsione. Sulle 272 regioni metropolitane, tuttavia, ben 42 combinano tra loro zone rurali, intermedie e urbane, pertanto in questi casi le differenze in termini di PIL pro capite tra le tre tipologie di aree sono probabilmente eccessive per effetto del pendolarismo. Un metodo per mettere in evidenza l'impatto del pendolarismo consiste nel confrontare il PIL pro capite (distorto dal pendolarismo) con il PIL per persona occupata, considerando le persone occupate in base al posto di lavoro al fine di superare la distorsione provo- cata dal pendolarismo. Naturalmente il PIL pro capite per occupato è ovviamente molto più alto del PIL pro capite, poiché solo la metà della popolazione totale è occupata. Nell'ambito di una regione funzionale priva di pendolarismo interno o esterno, questa differenza dovrebbe corrispondere alla percentuale di popolazione occupata. Tuttavia, ad esempio, nel caso della regione metropolitana di Parigi, il PIL pro capite è molto più alto di quanto suggerirebbe la differenza tra le due aree con pendolarismo netto interno, mentre è decisamente più basso più alto nelle aree con pendolarismo netto esterno (Figura 1.13). Questo è indicativo di un aumento gonfiato del PIL pro capite nelle regioni in cui il numero di posti di lavoro supera il numero di occupati residenti, e della riduzione nelle regioni in cui si verifica il contrario (a tutti gli effetti regioni "dormitorio" a fianco delle regioni ove si concentrano le attività economiche). Esiste un consenso crescente sulla necessità di collegare le politiche economiche e le strategie di sviluppo a regioni più funzionali, anziché affrontare specifici punti di un ambito economico o occupazionale. Questo è dimostrato dall'introduzione di nuovi strumenti per il governo delle aree metropolitane in Francia, Regno Unito e in altri paesi. Ed è anche il motivo per cui nella valutazione della competitività regionale si è proceduto all'unione di diverse regioni NUTS 2, onde evitare di frammentare un'unica regione metropolitana in più regioni. Figura 1.13 PIL pro capite e per persona occupata nella regione metropolitana di Parigi, 2010 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 Indice, Regione metropolitana di Parigi=100 PIL pro capite PIL per persona occupata Hauts-de-Seine Parigi Val-de-Marne Essone Yvelines Seine-Saint- Denis Fonte: Eurostat e calcoli della DG REGIO Val-d Oise Seine-et-Marne 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 1 L'Eurostat ha istituito una task force per esaminare le diverse metodologie riguardanti il mercato del lavoro. I risultati saranno disponibili nel 2015. 24

Capitolo 1: Crescita intelligente Novità rispetto al grado di urbanizzazione e alla tipologia urbano rurale Nella Quinta relazione sulla coesione sociale, la Commissione europea ha sviluppato una nuova tipologia territoriale associata a una corrispondente tipologia regionale 1. Entrambe le tipologie fanno riferimento a un nuovo strumento analitico, una griglia demografica utile per individuare tre tipi di celle: 1. centro urbano (denominazione alternativa: cluster ad alta densità): sequenza di celle contigue di un chilometro quadrato con una densità minima di 1 500 abitanti per chilometro quadrato e una popolazione minima di 50 000 persone; 2. cluster urbano: sequenza di celle contigue di un chilometro quadrato con una densità di almeno 300 abitanti per chilometro quadrato e popolazione minima di 5 000 persone; 3. cella rurale: celle esterne ai cluster urbani. 1 Eurostat, Urban-rural typology, http://epp.eurostat.ec.europa. eu/statistics_explained/index.php/urban-rural_typology.. Esse vengono poi utilizzate per definire le seguenti tre tipologie di comuni (amministrazione locale di livello 2): 1. città: almeno il 50% della popolazione vive in un centro urbano; 2. piccoli centri e quartieri: meno del 50% della popolazione vive in un centro urbano, ma oltre il 50% vive in un cluster urbano; 3. zone rurali: almeno il 50% della popolazione vive nelle cosiddette celle rurali. Tali celle sono anche utilizzate per definire le regioni NUTS 3 nel modo seguente: 1. prevalentemente urbana: meno del 20% della popolazione vive in una cella rurale; 2. intermedia: tra il 20% e il 50% della popolazione vive in un cella di tipo rurale; 3. prevalentemente rurali: almeno il 50% della popolazione vive nelle cosiddette celle rurali. Così si crea una connessione particolarmente stretta tra regioni rurali e aree rurali, essendo definite nella stessa identica maniera. In Francia, dove il tasso di natalità imprenditoriale è risultato mediamente elevato, esistono spiccate differenze regionali, con tassi più alti nelle regioni più periferiche e meridionali, oltre che attorno a Parigi e nelle regioni confinanti con il Belgio e la Germania. In Austria e in Italia si sono registrati tassi di natalità particolarmente bassi. Altri paesi presentano ampie differenze regionali, anche se in alcuni casi imputabili a un'unica regione in particolare, come ad esempio Ilfov in Romania, la regione NUTS 3 attorno a Budapest e Byen Figura 1.14 Tasso di natalità delle imprese, 2010 16 In % sul numero di imprese Media nazionale Regioni NUTS 3 16 13 13 10 10 7 7 4 AT IT ES RO HU FI NL SI DK BG CZ EE PT FR SK PL 4 Fonte: Eurostat 25

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Figura 1.15 Tasso di mortalità delle imprese, 2010 22 20 18 16 14 12 10 8 6 In % sul numero di imprese Media nazionale Regioni NUTS 3 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 NL AT FR SI BG IT FI HU ES EE DK PL SK RO 4 Fonte: Eurostat København (tasso elevato) e Bornholm (tasso basso) in Danimarca. I tassi di mortalità delle imprese erano particolarmente alti in Romania, Slovacchia e in molte regioni polacche, oltre che nelle regioni meridionali della Spagna (es. Andalucia e Murcia), Italia (es. Calabria) e nelle regioni orientali in Danimarca (Figura 1.5). Si sono registrati bassi tassi di mortalità nei Passi Bassi, in Austria, nell'italia nord orientale e in varie regioni della Francia. È interessante notare la tendenza, da parte delle regioni della Polonia e della Slovacchia, a registrare tassi cospicui di natalità e mortalità, segno di un livello di avvicendamento (o "abbandono") molto elevato. In Romania, nel 2010 gli alti tassi di mortalità erano affiancati da bassi tassi di natalità, a indicare un'ulteriore contrazione economica dopo la grave recessione del 2009. Questo nuovo insieme di dati sulla demografia imprenditoriale regionale potrebbe diventare un indicatore politico di particolare importanza per misurare le dinamiche imprenditoriali a livello regionale. Può infatti servire per identificare i tassi di creazione di impresa inferiori alla media, o le regioni con un alto tasso di mortalità o un basso tasso di sopravvivenza. Ognuno di questi tre esempi richiederebbe un ulteriore approfondimento volto a indagare le cause della scarsa qualità dell'ambiente imprenditoriale nelle regioni in questione. L'imprenditorialità costituisce un motore fondamentale per lo sviluppo, la ristrutturazione e la crescita delle regioni. Essa può essere considerata come un'interazione dinamica e istituzionalizzata tra atteggiamenti, capacità e aspirazioni dei singoli individui, finalizzata a plasmare la distribuzione delle risorse attraverso la creazione di nuove attività e la gestione di quelle esistenti. Pertanto l'imprenditorialità si traduce con un complesso processo che comporta decisioni individuali all'interno di un contesto più ampio. Questo fenomeno è stato studiato dal punto di vista dell'individuo e del contesto, tuttavia la complessa relazione tra questi due elementi non è mai stata analizzata prima a livello regionale. Le variazioni in termini di imprenditorialità misurate nelle 125 regioni sono notevoli (Carta 1.9), con una differenza di oltre il quadruplo tra la prima in classifica (Hovedstaden in Danimarca) e l'ultima (Macroregiunea doi in Romania). Tra le prime 10 vi sono quatto regioni svedesi, due danesi, due britanniche, una francese e una irlandese. Hovedstaden è seguita dalle due regioni con le due città più grandi di tutta l'ue, Greater London e Île de France. Altre regioni più sviluppate, sedi di grandi città con un PIL pro capite più alto, in genere occupano una posizione più alta rispetto alle regioni meno sviluppate dello stesso paese. Nella maggioranza dei casi, le regioni della capitale occupano la prima posizione in ogni paese. Le regioni nelle ultime posizioni appartengono a Romania, Ungheria e Grecia. L'indice contiene sia indicatori individuali sia indicatori istituzionali e ambientali (si veda il riquadro), rispecchiando il contesto regionale. Ad esempio, un fattore come la percezione del rischio deriva dalla combinazione tra un fattore istituzionale (l'effettivo rischio imprenditoriale a carico della start up, misurabile in termini di tasso di chiusura) e un fattore individuale (l'accet- 26

Capitolo 1: Crescita intelligente 27

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Indice dell'imprenditorialità regionale e dello sviluppo REDI Un recente progetto UE 1 ha sviluppato un indice (indice dell'imprenditorialità regionale e dello sviluppo o REDI Regional Entrepreneurship and Development Index) per descrivere il processo di creazione d'impresa, tenendo conto sia di atteggiamenti e caratteristiche individuali sia del contesto regionale, in grado quindi di misurare non solo la disponibilità delle persone ad avviare una nuova attività, ma anche la presenza delle condizioni necessarie nella regione di riferimento. Questo indice si compone di tre sottoindicatori relativi ad atteggiamenti imprenditoriali, capacità e aspirazioni. Ciascun sottoindicatore è formato da una componente individuale (relativa al comportamento decisionale del singolo) e da una istituzionale (relativa al contesto). Con atteggiamenti imprenditoriali si intendono l'insieme degli atteggiamenti della popolazione di una regione nei confronti dell'imprenditorialità, con elementi quali la percezione delle opportunità e dei rischi, il sostegno culturale e la capacità di fare rete. Essi vengono misurati da indicatori inerenti l'agglomerazione dei mercati, il capitale sociale e il grado di corruzione. Le capacità imprenditoriali misurano le caratteristiche degli imprenditori e delle nuove imprese ad alto potenziale di crescita, come l'adozione delle tecnologie, il livello del capitale umano e il grado di competizione sul mercato. Tali indicatori comprendono il livello di istruzione, il grado di sofisticazione delle imprese e la libertà operativa delle imprese. Le aspirazioni imprenditoriali fanno riferimento alla natura distintiva, strategica dell'attività imprenditoriale, quale l'innovazione di prodotto e di processo e l'accesso ai finanziamenti. Esse si misurano utilizzando gli indicatori di innovazione, R&S e sviluppo del mercato finanziario. Gli indicatori possono fare riferimento alle regioni (NUTS 1 o NUTS 2) oppure ai paesi. 1 Szerb, L. et al. (2013) tazione personale del rischio di impresa, misurabile in termini di percentuale di popolazione tra i 18 e i 64 anni che afferma di non sentirsi frenata dalla paura del fallimento nella creazione di una nuova impresa). L'analisi degli aspetti individuali offre un quadro diverso rispetto all'indice combinato (Carta 1.10). Le 10 migliori regioni in termini di indice "individuale" comprendono non solo 5 regioni tra le prime 10 della classifica prodotta dall'indice combinato (es. London, Hovedstaden e Île de France), ma anche le due regioni slovene e le due irlandesi. Le 10 regioni in fondo alla classifica, diversamente dai risultai dell'indice combinato, comprendono 3 regioni tedesche e 4 regioni polacche. Questa analisi può servire alle regioni per calibrare meglio le strategie intese a rimuovere gli ostacoli e liberare il potenziale imprenditoriale, compresa l'imprenditoria sociale. 8. L'innovazione resta territorialmente concentrata Come ampiamente documentato dalla letteratura economica, la ricerca e l'innovazione svolgono un ruolo fondamentale nel determinare la performance economica nazionale e regionale. L'innovazione, intesa nel senso ampio di innovazione di prodotto, processo, mercato e organizzazione, risulta essere uno dei principali motori della crescita economica, dell'occupazione e della sostenibilità ecologica, e ha quindi un'importanza critica per il progresso sociale e per il benessere. In particolare, l'innovazione è uno dei principali motori della crescita della produttività sul lungo periodo e riveste un ruolo cruciale per il mantenimento della competitività delle imprese sulle imprese concorrenti. Questi concetti si applicano in modo particolare alle imprese europee, sempre più in competizione con le imprese localizzate nelle zone meno sviluppate del mondo e nelle economie emergenti. Queste ultime non solo stanno velocemente recuperando il proprio ritardo tecnologico, ma continuano a trarre vantaggio da un costo del lavoro inferiore reso possibile da un'organizzazione del mercato del lavoro secondo standard differenti, dall'assenza di tutele sociali per i lavoratori e da aspettative di reddito inferiori, anche se il basso costo del lavoro è parzialmente controbilanciato da una minore produttività. Da questo punto di vista, l'innovazione e la capaci- 28

Capitolo 1: Crescita intelligente tà di assimilare le innovazioni prodotte altrove risultano essere condizioni importanti per riuscire a preservare le caratteristiche specifiche del modello sociale europeo. Inoltre, contrariamente alla crescita ottenuta dalla ristrutturazione delle economie, la crescita derivante dall'innovazione è per sua essenza priva di limiti, ecco perché è fondamentale per assicurare la crescita economica e lo sviluppo sul lungo periodo 4. Generalmente le regioni con il più alto tasso di spesa per R&S sono le regioni più sviluppate. Tra le 20 regioni dell'ue con i più alti livello di spesa per R&S, 16 hanno un PIL pro capite superiore al 100% della media dell'ue 27. La stragrande maggioranza delle regioni con i più bassi livelli di spesa per R&S è situata negli Stati membri meridionali, centrali o orientali, oppure nelle regioni con livelli di PIL pro capite relativamente bassi degli Stati membri occidentali. Il livello di spesa regionale per attività di ricerca e sviluppo (R&S) costituisce uno dei principali indicatori per la valutazione degli investimenti a favore dell'innovazione 5. Il progresso tecnologico è in larga misura prodotto dalle attività di R&S e la spesa per R&S è indicativa dell'impegno da parte del settore pubblico e delle imprese a generare innovazioni e nuove opportunità di mercato 6. Il ruolo svolto da R&S nel sostenere i motori principali della crescita è entrato a far parte degli obiettivi chiave della strategia Europa 2020, in particolare la spesa per R&S nell'ue dovrebbe raggiungere il 3% del PIL entro il 2020. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2011 la spesa per R&S nell'ue 28 si aggirava attorno al 2% del PIL (Carta 1.11). Tuttavia alcune regioni presentano significativi scostamenti rispetto alla media Braunschweig in Germania e Brabant Wallon in Belgio hanno registrato una spesa per R&S pari all'8% del PIL, a fronte di altre regioni (Ciudad Autónoma de Ceuta in Spagna, Dytiki Macedonia, Notio Aigaio in Grecia e Severozapaden in Bulgaria) in cui la spesa era pari a solo lo 0,1% del PIL. La spesa per R&S nell'unione è aumentata regolarmente nell'ultimo decennio, passando nell'ue 27 dall'1,8% del PIL nel 1995 al 2,0% nel 2011. Tuttavia, la crescita ha seguito un passo troppo lento per colmare il divario con le economie mondiali altamente sviluppate, quali il Giappone dove nel 2011 la spesa per R&S era pari al 3,7% del PIL o gli USA con il 2,9% del PIL. 4 Questa importanza è riconosciuta dall'iniziativa denominata Innovation Union, lanciata nel 2010 nell'ambito della strategia Europa 2020 per stimolare la ricerca e l'innovazione nell'ue attraverso 34 specifiche azioni. 5 Va notato, tuttavia, che se la spesa per R&S tende a sottostimare le attività innovative, in particolare nei settori esterni alla produzione dove le innovazioni non tecnologiche sono frequenti (si veda la sezione dedicata al Quadro regionale di valutazione dell'innovazione riportata di seguito). 6 Si osservi come la spesa per R&S costituisca un indicatore iniziale non rappresentativo di quanto tale spesa sia effettivamente trasformata in innovazioni, e più specificatamente in innovazioni commerciali. 8.1 R&S e l'obiettivo 2020 Nel 2011 la spesa per R&S superava l'obiettivo di Europa 2020 del 3% solo in 32 regioni dell'ue, mentre era inferiore all'1% in 100 regioni. La maggioranza delle regioni detiene un livello di spesa nettamente inferiore all'obiettivo nazionale, che per molti Stati membri è inferiore all'obiettivo generale (Tabella 1.6 e Carta 1.12). Solo 32 regioni hanno raggiunto l'obiettivo di spesa nazionale e persino gli Stati membri con un livello di spesa vicino alla soglia nazionale (es. Danimarca, Svezia e Germania) presentano notevoli disparità regionali 7. Tuttavia, non per tutte le regioni è possibile o consigliabile raggiungere l'obiettivo nazionale, poiché le differenze regionali in questo senso costituiscono una caratteristica intrinseca della situazione, come esposto qui di seguito. La spesa per R&S è generalmente elevata nelle regioni ove vi siano grandi città, anche se la regione con la città di maggiori dimensioni, solitamente la capitale, non sempre presenta i livelli più alti. In effetti, in numerose regioni con una spesa elevata non vi sono città molto grandi, come Oulu in Finlandia o Styria in Austria. Questo è in parte dovuto alla tendenza, da parte delle città molto grandi, ad avere una quota minore di attività manifatturiere, che sono quelle che generano la maggior parte del settore R&S. Il settore R&S non è rappresentativo della spesa complessiva per l'innovazione. Pur rappresentando un'ampia fetta della spesa per l'innovazione nel settore manifatturiero, essa non coglie buona parte della spesa nei servizi. Essendo il settore manifatturiero concentrato territorialmente, è realistico prevedere che non tutte le regioni raggiungeranno l'obiettivo nazionale di spesa per R&S. Infatti, grazie alle "esternalità" positive, ovvero 7 Si veda ESPON (2013), Territorial Dimension of the Europe 2020 Strategy. 29

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Capitolo 1: Crescita intelligente Tabella 1.6 Spesa totale per R&S e distanza dall'obiettivo 2020, regioni dell'ue 28, 2011 Più Transizione Meno UE 28 sviluppate sviluppate R&S in % sul PIL, 2011 2,3 1,3 0,8 2,1 Distanza dall'obiettivo nazionale 0,4 1,4 0,9 0,9 (differenza in punti %) % di regioni* che ha raggiunto l'obiettivo nazionale 21 8 5 14 * Comprende solo le regioni con dati statistici e un obiettivo nazionale. Fonte: Eurostat e calcoli della DG REGIO alle ricadute prodotte dalla concentrazione dell'innovazione tecnologica in alcune aree specifiche, molte regioni non dovrebbero cercare di raggiungere l'obiettivo nazionale in materia di R&S, bensì dovrebbero concentrarsi sull'individuazione di altri metodi di innovazione. L'innovazione costituisce un fattore chiave di sviluppo per tutte le regioni UE, non solo per quelle più tecnologicamente avanzate. Tuttavia, esse differiscono notevolmente tra loro in termini di rendimento innovativo. Alcune sono molto vicine alla frontiera tecnologica globale e la loro crescita è generalmente imperniata su R&S e sull'innovazione tecnologica, al fine di ampliare sempre più questa frontiera. Altre stanno recuperando il ritardo con le regioni più avanzate tramite un processo di assorbimento delle tecnologie esistenti; la loro sfida principale consiste nell'aumentare la capacità dei lavoratori e delle imprese di realizzare questo processo. Per un altro gruppo di regioni, la scarsità delle infrastrutture e la qualità del contesto imprenditoriale costituiscono un fattore limitante. Pertanto, è fondamentale tenere conto dei vari aspetti che compongono l'innovazione oltre al semplice R&S, o alla pura innovazione tecnologica, al fine di poter fornire un quadro più preciso e completo della geografia dell'innovazione nell'ue. Questo è l'approccio adottato dal Quadro di valutazione dell'innovazione regionale (o RIS Regional Innovation Scoreboard) per la stima del rendimento innovativo nelle regioni NUTS 1 e 2. Il RIS copre 190 regioni europee in tutto le regioni dell'ue più quelle della Norvegia e della Svizzera 8. Esso utilizza 11 indicatori relativi a diversi aspetti cruciali per l'innovazione, quali ad esempio "Risorse umane", "Finanziamenti e aiuti", "Investimenti delle imprese", "Collaborazioni e attività imprenditoriali" (rilevazione degli sforzi imprenditoriali e della disponibilità ad in- 8 Informazioni sul metodo e sugli indicatori utilizzati per la ricostruzione del RIS sono reperibili nella relazione predisposta dalla Commissione europea "Quadro di valutazione dell'innovazione regionale 2014", Commissione europea (2014). staurare collaborazioni), "Risultati" (ovvero il numero di imprese che hanno introdotto innovazioni sul mercato o all'interno della propria organizzazione e i relativi effetti sull'occupazione, sulle esportazioni e sulle vendite). Ai fini dell'analisi, le regioni sono state raggruppate in quattro categorie (Carta 1.13): leader dell'innovazione (34 regioni), follower o regioni che tengono il passo (57 regioni), innovatori moderati (68 regioni) e innovatori cosiddetti modesti o in ritardo (31 regioni). In genere, dai dati emersi la resa regionale risulta essere tendenzialmente in linea con la resa nazionale. I leader e follower regionali dell'innovazione sono per lo più localizzati nei paesi definiti come tali nel quadro di valutazione "L'unione dell'innovazione" (IUS), e lo stesso dicasi per gli innovatori regionali moderati e modesti. Tutti i leader regionali dell'innovazione appartengono a soli 8 Stati membri (Danimarca, Germania, Finlandia, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito), a dimostrazione del fatto che sono relativamente poche le zone dell'europa in cui si concentra l'eccellenza nell'innovazione. Le regioni in Bulgaria, Croazia, Grecia, Polonia e Romania hanno ottenuto la valutazione peggiore in termini di rendimento. Vi sono tuttavia alcune differenze a livello di rendimento regionale all'interno dei singoli paesi. In particolare, in 14 paesi vi sono regioni appartenenti a due gruppi di rendimento e 4 (Francia, Portogallo, Slovacchia e Spagna) a 3 gruppi. Solo in Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica ceca e Grecia tutte le regioni appartengono allo stesso gruppo. Dalla rilevazione condotta per il periodo 2004 2010, emerge come il rendimento sul piano dell'innovazione sia peggiorato nella maggioranza delle regioni (155 su 190, si veda la Carta 1.14). Le regioni con tassi di crescita relativamente alti sono presenti in tutta l'ue. In ogni paese, almeno una regione ha migliorato la propria resa di oltre la media UE. Questo vale per tutte le regioni di Austria, Irlanda, Paesi Bassi e Svizzera. 31

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Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Viceversa nella metà dei paesi (14), almeno una regione ha peggiorato il proprio rendimento durante questo periodo. L'indice è sceso di oltre il 2,5% annuo in 7 regioni polacche, 4 regioni spagnole e 1 regione in Croazia, Italia e Romania. Una ulteriore diminuzione (superiore al 10% annuo) si è registrata in Ciudad Autónoma de Ceuta e Ciudad Autónoma de Melilla in Spagna e Podlaskie e Kujawsko Pomorskie in Polonia. Nel complesso, i risultati indicano l'assenza di segnali di recupero del divario, inteso come avvicinamento del rendimento delle regioni meno innovative verso quello delle regioni più innovative. Molte tra le regioni più innovative (leader dell'innovazione e follower con un ottimo rendimento) registrano un punteggio elevato per quasi tutti gli indicatori (es. risorse umane, spesa per R&S, imprenditorialità e innovazioni di processo e di prodotto). Al contrario, la maggioranza degli innovatori moderati e modesti registrano valori estremamente diversi tra loro per i vari aspetti. Un fattore chiave per l'imprenditorialità e l'innovazione è rappresentato da un atteggiamento positivo dei singoli nei confronti della novità (secondo i dati dell'indagine sociale europea). Inoltre, il rendimento regionale dipende in buona parte dalla presenza di un sistema ben sviluppato di finanziamenti pubblici a sostegno dell'innovazione e dall'accesso delle imprese a tali forme di aiuto. Questo suggerisce che i finanziamenti pubblici possono compensare la carenza di finanziamenti privati nella promozione delle attività innovative. In genere l'analisi conferma l'esistenza di differenze profonde tra le regioni UE in termini di rendimento innovativo, a conferma del fatto che l'innovazione ha una forte dimensione regionale. Date queste ampie differenze, è necessario che i programmi di supporto all'innovazione, compresi quelli rientranti nell'ambito della politica di coesione, tengano chiaramente conto del contesto locale o regionale durante la fase di progettazione delle misure di sostegno da erogare. 8.2 I brevetti nell'ue e negli USA Nel biennio 2008 2009, sono state depositate all'ufficio europeo dei brevetti (UEB) circa 135 domande di brevetto per milione di abitanti. Negli USA, nello stesso periodo sono state depositate 408 domande per milione di abitanti. La maggiore numerosità dei brevetti negli USA è il segnale di un'economia più innovativa, ma anche di una maggiore propensione alla presentazione di domande di brevetto. Nonostante le marcate differenze regionali in entrambi i territori, nella maggioranza degli Stati USA il numero dei brevetti pro capite è molto più alto rispetto alle regioni UE. Nell'UE, le regioni con il maggior numero di domande sono Noord Brabant (559 per milione di abitanti), Stuttgart (544) e Mittelfranken (505); altre regioni numericamente rilevanti si trovano in Germania, Inghilterra meridionale, Svezia e Finlandia. Nella maggioranza delle regioni UE, tuttavia, il numero di brevetti pro capite rimane relativamente basso (Carte 1.15 e 1.16). Negli USA, gli Stati con il maggior numero di domande sono localizzati sulle costa orientale e occidentale, soprattutto in Massachusetts (879 per milione di abitanti) e California (864). I dati relativi alle domande di brevetto suggeriscono che, mentre alcune regioni UE potrebbero essere prossime alla frontiera della conoscenza globale in alcune aree economiche, la maggioranza è ancora molto lontana. Negli USA, presumibilmente molti più Stati appartengono alla prima categoria. 9. La quota di istruzione terziaria sta aumentando, ma permangono forti disparità L'istruzione terziaria, con i suoi collegamenti al mondo della ricerca e dell'innovazione, può contribuire a creare quel capitale umano altamente qualificato necessario all'ue per la creazione di lavoro, la crescita economica e i miglioramenti a livello di stato sociale 9. La disponibilità di una forza lavoro istruita è essenziale per la prosperità. Il livello di istruzione della forza lavoro di una regione e il valore mediano dei redditi nella stessa regione tendono a essere strettamente correlati. Inoltre, il raggiungimento di un livello di istruzione relativamente alto tende a indicare una riduzione del rischio di disoccupazione. La quota di popolazione tra i 25 e 64 anni con un livello di istruzione elevato 9 Commissione europea (2012), Education and training monitor 2012. 34

Capitolo 1: Crescita intelligente Programma quadro per la competitività e l'innovazione Il Programma quadro per la competitività e l'innovazione (CIP) rientra tra i vari programmi di finanziamento dell'ue a sostegno delle attività innovative (comprese le eco innovazioni), l'accesso al credito e ai servizi di supporto all'impresa. Con uno stanziamento pari a 3,6 miliardi di euro per il periodo 2007 2013, si rivolge in particolare alle piccole e medie imprese; pur non avendo come obiettivo specifico la coesione, sostiene progetti che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi della coesione. Gli strumenti principali utilizzati per il sostegno alle PMI sono gli strumenti finanziari (con finanziamenti pari a circa 1 miliardo di euro), ma anche reti, piattaforme e agenzie (es. la rete Imprese Europa, PRO INNO Europe e Europe INNOVA). Altre iniziative comprendono gli European Cluster (es. European Cluster Observatory, European Cluster Excellence Initiative) e il supporto alle eco innovazioni, progetti di market replication e progetti pilota sulle TIC. Il CIP promuove anche l'effettuazione di analisi statistiche sull'innovazione regionale. Il progetto dell'osservatorio regionale per l'innovazione (denominato RIM Plus) fornisce una piattaforma per lo scambio di conoscenze sulle politiche regionali di innovazione nelle regioni dell'ue. Il Quadro regionale per la valutazione dell'innovazione (RIS) offre un'analisi comparativa del rendimento delle regioni in termini di innovazione. L'edizione 2012 del RIS conferma la presenza di situazioni molto variegate in termini di rendimento innovativo regionale, dimostrando che le differenze non sono molto cambiate nel corso del tempo. Tra il 2007 e il 2011, pertanto, solo pochissime regioni hanno registrato un miglioramento del proprio rendimento. Capitalizzando le lezioni apprese grazie al CIP, i due programmi sono finalizzati a sostenere la competitività e l'innovazione nel periodo di programmazione 2014 2020. Il Programma per la competitività delle imprese e delle PMI (COSME) affronta vari aspetti legati alla competitività di particolare rilevanza per le PMI. L'innovazione è un tema affrontato dal Programma quadro per la ricerca e l'innovazione Orizzonte 2020. Elemento chiave dei nuovi programmi è il rafforzamento delle sinergie tra COSME, Orizzonte 2020 e i Fondi strutturali. Le regioni sono chiamate a definire strategie regionali di specializzazione intelligente al fine di massimizzare l'impatto degli investimenti, sfruttare al meglio il potenziale innovativo e creativo del proprio mercato interno e collegare le proprie capacità in termini di ricerca e sviluppo alle esigenze delle imprese. In questo ambito, i fondi previsti dalla politica di coesione possono costituire una importante fonte di sostegno per l'applicazione di tecniche di produzione avanzate, la modernizzazione delle fabbriche e lo sviluppo di tecnologie abilitanti. 70 Figura 1.16 Percentuale di popolazione con un'istruzione terziaria per paese ed estremi regionali, 2013 % sulla popolazione 25-64 anni Massimo regionale Minimo regionale Media nazionale Inner London 70 60 50 40 30 20 10 0 Helsinki- Prov. Brabant Uusimaa Wallon Southern Stoccolma and Hovedstaden Eastern Lussem Utrecht Île de burgo France Cipro Mazowieckie Bratislavský Estonia Berlino Yugozapaden Praga Kraj Lituania Zahodna Attiki Közép- Bucuresti- Magayrország Ilfov Lettonia Slovenija Vienna Midtjylland Lisbona Åland Jadranska Prov. Tees Valley Hrvatska Norra Hainaut Lazio and Malta Mellansverige Vzhodna Zeeland Durham Ciudad Picardie Arnsberg Slovenija Autónoma Lubuskie de Ceuta Severozapaden Kontinentalna (ES) Notio Burgenland Hrvatska Aigaio Észak-Magyarország Západné Região Puglia Slovensko Sud- Severozápad Autónoma dos Muntenia Açores (PT) FI IE CY LU UK EE SE BE DK LT NL ES FR LV DE SI EL PL BG HU AT CZ SK HR PT MT IT RO Fonte: Eurostat 60 50 40 30 20 10 0 35

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Capitolo 1: Crescita intelligente Figura 1.17 Percentuale di popolazione con un basso livello di istruzione per paese ed estremi regionali, 2013 80 70 60 50 % sulla popolazione 25-64 anni Massimo regionale Minimo regionale Media nazionale Região Autónoma dos Açores (PT) Extremadura Malta Anatoliki Makedonia, Puglia Thraki 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Lisbona Lazio Comunidad de Madrid Attiki Prov. Hainaut Prov. Brabant Wallon Picardie Bretagna Zeeland Border, Midland and Western Sud-Est Utrecht Southern and Eastern Bucuresti - Ilfov Cipro Hovedstaden Highlands and Islands West Midlands Kontinentalna Nordjylland Észak- Hrvatska Alföld Vorarlberg Lussem Sveroiztochen Småland burgo med öarna Jadranska Övre Kärnten Hrvatska Közép- Helsinki- Norrland Magyarország Uusimaa Zahodna Slovenija Yugozapaden Chemnitz PT MT ES IT EL BE FR NL IE RO CY UK DK LU HR BG HU SE AT FI SI DE LV PL EE SK CZ LT Fonte: Eurostat Åland Vzhodna Slovenija Bremen Lettonia Warminsko- Mazurskie Śląskie Estonia Severozápad Východné Slovensko Lituania Bratislavský Kraj Praga 40 30 20 10 0 (ovvero con un diploma di livello universitario), tuttavia, varia notevolmente da regione a regione (Carta 1.17 e Figura 1.16). Nel 2013 questa quota superava il 40% solo nel 10% delle regioni, con i valori più alti in Inner London, Brabant Wallon e Helsinki. In molti casi, sono le regioni della capitale o le regioni adiacenti a registrare i livelli di istruzione più elevati 10. Viceversa, la quota è inferiore al 15% in 15 regioni, localizzate in particolare in Italia e in Romania. Si possono riscontrare differenze notevoli tra regioni appartenenti allo stesso paese. Nel Regno Unito la quota di persone con un'istruzione terziaria varia dal 28% al 63%, superando il divario tra Stati membri, compreso tra il 16% e il 42%. All'altro estremo, circa un quarto della popolazione tra i 25 e i 64 anni nell'ue dispone solo dell'istruzione di base (ovvero ha un titolo di studio inferiore al diploma di scuola secondaria superiore). Le regioni con il più alto numero di persone con questo grado di istruzione sono per lo più situate negli Stati membri meridionali, con quote in molti casi superiori al 50% (Carta 1.18 e Figura 1.17). In molti casi gli estremi regionali sembrano conformarsi alle medie nazionali, ma con alcune eccezioni. 10 Occorre tuttavia notare che, in ragione delle differenti modalità organizzative dei sistemi di istruzione all'interno dell'ue (si veda l'esempio di Austria o Germania, in cui la formazione per gli operai specializzati al di fuori del sistema universitario ha una durata maggiore di quanto richiesto altrove, con conseguente acquisizione da parte dei discenti di un ottimo livello di competenze), il numero di persone con un livello di istruzione terziario non costituisce necessariamente un indicatore attendibile della presenza di forza lavoro altamente qualificata, o semplicemente ben istruita. Ad esempio, la Romania ha una percentuale di bassa scolarità superiore al Regno Unito o alla Danimarca, ma Bucureşti Ilfov ha una percentuale inferiore a tutte le regioni di questi due Stati membri. L'istruzione terziaria e l'obiettivo 2020 La strategia Europa 2020 si propone di innalzare al 40% la quota di popolazione tra i 30 e i 34 anni con un'istruzione terziaria entro il 2020. Gli Stati membri hanno poi tradotto questo valore con obiettivi nazionali, variabili dal 26% (Italia) al 60% (Irlanda). Nell'UE 27, tra il 2008 e il 2012 questa percentuale è salita in maniera significativa dal 31% al 36%, da cui si evince che l'obiettivo europeo del 40% dovrebbe essere raggiunto senza particolari difficoltà. La situazione prevalente nel 2013, invece, presenta numerose variazioni tra le regioni (Carta 1.19 considerata la relativamente scarsa numerosità del campione di riferimento, per le regioni si utilizza una media triennale a garanzia di una maggiore attendibilità dei valori). Mentre il 29% delle 124 regioni più sviluppate che abbiano dati disponibili e un proprio obiettivo nazionale ha già raggiunto tale obiettivo, non una sola tra le regioni in transizione e solo 4 tra quelle meno sviluppate hanno raggiunto l'obiettivo nazionale (Tabella 1.7 e Carta 1.20). Le regioni in cui la popolazione tra i 30 e i 34 anni con diploma terziario è inferiore al 20% appartengono a Italia, Romania, Grecia, Slovacchia, Repubblica ceca, 37

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Capitolo 1: Crescita intelligente Tabella 1.7 Popolazione tra i 30 e i 34 anni con un'istruzione terziaria, regioni dell'ue 28, media 2013 Più sviluppate Transizione Meno sviluppate Popolazione tra i 30 e i 34 anni con 41,3 32,3 28,9 36,8 un'istruzione terziaria, 2013 Variazione in punti % 2008 2013 5,7 1,1 8,1 5,8 Variazione in punti % 2000 2008 9,3 9,1 8,5 8,6 Distanza dall'obiettivo nazionale (differenza in punti %) 1,0 12,2 8,7 4,3 % di regioni* che ha raggiunto l'obiettivo nazionale 27 0 6 17 * Comprende solo le regioni con dati statistici e un obiettivo nazionale. Fonte: Eurostat e calcoli della DG REGIO UE 28 Programmi quadro di ricerca I programmi quadro di ricerca costituiscono lo strumento principale di supporto alle attività di ricerca e innovazione nel territorio dell'ue. L'obiettivo primario è il rafforzamento della capacità scientifica e tecnologica dell'ue, nonché della sua competitività internazionale tramite accordi di cooperazione con partner di ricerca di altri paesi. Il Settimo programma quadro per la ricerca (7PQ), con una dotazione finanziaria di circa 50 miliardi di euro per il periodo 2007 2013, si proponeva di trasformare l'ue nel centro di ricerca leader del mondo, supportando l'eccellenza nella ricerca ovunque essa si svolgesse. Il programma ha supportato una gamma di attività quali la promozione delle attività di ricerca svolte dalle PMI; il sostegno alla creazione di un'infrastruttura per la ricerca paneuropea di larga scala 1, nonché l'ottimizzazione delle infrastrutture esistenti. Un'ulteriore finalità era il rafforzamento del potenziale di R&S delle regioni tramite la creazione di cluster di ricerca regionali (coinvolgendo la tripla elica di ricercatori, imprese e pubbliche amministrazioni) attraverso l'iniziativa delle Regioni della conoscenza e il sostegno ai centri di ricerca eccellenti nelle regioni di convergenza tramite l'iniziativa sul potenziale di ricerca. Orizzonte 2020 è il nuovo programma UE per la ricerca e l'innovazione per il periodo 2014 2020; prevede uno stanziamento di quasi 80 miliardi di euro (a prezzi correnti), successivamente integrati dai finanziamenti privati che prevede di stimolare. L'intento è quello di collegare la ricerca e l'innovazione tramite il supporto all'eccellenza scientifica, la leadership industriale e misure di intervento sulle sfide della società. Lo scopo è di contribuire alla creazione di una cultura scientifica di altissimo livello all'interno dell'ue, eliminare le barriere all'innovazione e facilitare la cooperazione tra pubblico privato nella produzione di innovazione. 1 Commissione europea, ESFRI European Strategy Forum for Research Infrastructures. http://cordis.europa.eu/esfri/roadmap.htm. Orizzonte 2020 unifica in un unico strumento finanziario tre programmi precedenti finalizzati a supportare la ricerca e l innovazione: il Settimo programma quadro, il Programma quadro per la competitività e l innovazione e l Istituto europeo di innovazione e tecnologia. L'intento è di erogare finanziamenti continui a progetti innovativi dalla fase di laboratorio fino allo sfruttamento commerciale, integrando attività precedentemente condotte in maniera separata per meglio affrontare le sfide della società in termini di salute, energia pulita e trasporti. Include tutte le forme di innovazione, compresi i servizi e l'innovazione sociale, supportando anche lo sviluppo del mercato delle innovazioni e la definizione di un corpus legislativo adeguato per la gestione degli appalti pubblici, la definizione di standard e via dicendo. L'obiettivo è di attrarre i migliori ricercatori a prescindere dalla loro provenienza. Si continuerà ad assegnare fondi tramite la pubblicazione di inviti a presentare proposte, senza tenere conto della regione di provenienza delle stesse. Un approccio del genere, tuttavia, ha bisogno di essere integrato con misure complementari atte a garantire l'accessibilità dei fondi a un'ampia gamma di proponenti, soprattutto nelle regioni meno sviluppate. Nell'ambito della politica di coesione, pertanto, saranno previste azioni di sostegno a favore delle regioni, per favorirne lo sviluppo delle capacità di ricerca e innovazione. Come nel precedente periodo di programmazione, parte delle ricerche finanziate verterà su tematiche regionali. Nell'ambito del filone di ricerca sulle scienze socioeconomiche e scienze umane, con uno stanziamento di 623 milioni di euro per il periodo 2007 2013, sono stati condotti studi su questioni quali il rendimento regionale, la specializzazione intelligente, problematiche urbane e regioni rurali sotto pressione a causa della globalizzazione, nonché la coesione sociale nelle città. Orizzonte 2020 continuerà a sovvenzionare questa tipologia di ricerche nell'ambito del pilastro "Sfide per la società", supportando anche studi sulla pianificazione spaziale e urbana innovativa per la creazione di ambienti sostenibili e inclusivi. 39

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Figura 1.18 Accesso alle reti di prossima generazione (NGA) per tipologia di area, fine 2011 100 % di famiglie per tipologia di area Zona rurale Zona urbana 100 80 80 60 60 40 40 20 20 0 UE 27 EL IT FR CZ SE IE PL UK DE HU ES RO DK AT BG EE PT SI FI LU LT LV SK MT BE NL Fonte: Commissione europea (2013), Broadband lines in the EU: situation at 1 July 2012, documento di lavoro del Comitato per le comunicazioni 0 Grecia e Ungheria. Tra il 2000 e il 2008 la distanza media dall'obiettivo nazionale era scesa di 9 punti percentuali in tutte e tre le categorie di regioni. Tra il 2008 e il 2013, questa distanza si è accorciata di 8 punti percentuali in molte delle regioni meno sviluppate, seguite dalle regioni più sviluppate (5,7 punti percentuali). Nelle regioni della transizione, la distanza dall'obiettivo nazionale non si è accorciata sensibilmente tra il 2008 e il 2013, rimanendo sempre di 12 punti percentuali, contro la regione più sviluppata con 1 punto percentuale e le regioni meno sviluppate con 9 punti percentuali. Sulla base delle attuali tendenze, è probabile che sempre più regioni tra quelle meno sviluppate e quelle più sviluppate raggiungano gli obiettivi nazionali; mentre per le regioni della transizione, occorre intensificare gli interventi affinché tali obiettivi siano raggiunti. 10. Le carenze in termini di reti digitali e di trasporto sono in via di miglioramento, ma molto resta ancora da fare 10.1 Le reti digitali si stanno diffondendo, ma non in maniera uniforme L'accesso a reti di telecomunicazione a elevata efficienza rappresenta un fattore chiave per la competitività e la crescita economica. L'offerta di servizi digitali e la possibilità di operare efficacemente in un ambiente imprenditoriale globale poggiano sempre più sull'efficienza e sulla velocità dei collegamenti a banda larga. L'infrastruttura tecnologica è dunque un elemento cruciale del potenziale di sviluppo delle regioni UE. Le regioni più prospere sono in genere ben attrezzate da questo punto di vista, mentre molte delle regioni meno prospere presentano ancora gravi lacune. Negli ultimi anni il grado di copertura della banda larga nell'ue è aumentato considerevolmente. Nel 2012, l'accesso alla rete fissa a banda larga è disponibile per il 96% dei nuclei familiari dell'ue 27 11 ; passando alle tecnologie mobili, l'accesso alla rete HSPA (High Speed Packet Access) è disponibile per il 95% dei nuclei familiari, mentre la piena copertura della connessione satellitare ad alta capacità KA SAT è presente in tutti gli Stati membri, tranne quattro (Estonia, Lettonia, Lituania e Svezia). Tuttavia, il tasso di copertura è maggiore rispetto al tasso di effettivo utilizzo e nel 2012 solo il 70% dei nuclei familiari con possibilità di accesso (il 67% del totale) dispone di un abbonamento alla banda larga. Le differenze in questo campo sono ampie anche tra le regioni, soprattutto tra quelle urbane e quelle rurali. Nel 2012 per 9,1 milioni di abitazioni nell'ue, di cui oltre il 90% provenienti da zone rurali, non è disponibile la copertura a banda larga su rete fissa. La copertura, in aree di questo tipo in Polonia e Bulgaria, è inferiore al 40%. Nella maggioranza delle città e delle aree urbane la copertura è quasi totale, anche se sussistono zone dove la copertura è inferiore al 90%, la maggioranza delle quali 11 Commissione europea (2013), Broadband lines in the EU, Documento di lavoro del Comitato per le comunicazioni. 40

Capitolo 1: Crescita intelligente in Svezia, Finlandia e in Europa meridionale e orientale e alcune, tutte in Polonia, dove è inferiore al 75%. Passando alle reti di accesso di nuova generazione 12 (NGA), il divario si allarga ulteriormente (Figura 1.18). Nel 2011, il 78% dei nuclei familiari nelle zone rurali dell'ue aveva accesso alla banda larga standard ma solo il 12% alla rete NGA. Contrariamente a quanto avviene per la banda larga standard, le regioni in ritardo sono per lo più ubicate negli Stati membri dell'ue 15. Se la copertura si attesta al 100% o poco meno nei Paesi Bassi, in Belgio e a Malta, essa è inferiore all'80% in Francia, Irlanda, Italia, Grecia, Polonia e Cipro. Le abitazioni nelle aree rurali di Lussemburgo, Irlanda, Italia, Cipro, Slovacchia, Lettonia e Polonia non hanno alcun accesso alla rete NGA, mentre in Germania la copertura disponibile è minima. La diffusione della banda larga presso i nuclei familiari è aumentata notevolmente negli ultimi anni, parallelamente alla disponibilità della copertura della rete. Se nel 2009 solo il 56% circa dei nuclei familiari dell'ue aveva sottoscritto un abbonamento alla rete a banda larga, nel 2013 questa cifra è salita al 76%. Tuttavia permangono profonde differenze tra regioni (si veda la Carta 1.21). Nel 2013 in Severozapaden (Bulgaria), Kentriki Ellada, Nisia Aigaiou Kriti (Grecia) e Nord Est (Romania), il tasso di diffusione è inferiore al 50%, mentre in Flevoland, Utrecht (Paesi Bassi), London, South West (Regno Unito), Helsinki Uusimaa (Finlandia) e Bremen, è superiore al 90%. Anche per le imprese si delinea un quadro analogo. Tra il 2010 e il 2013, la quota di aziende con 10 o più addetti nell'ue 28 con un abbonamento alla banda larga è aumentata dall'84% al 90%. In Finlandia, Francia e Danimarca il tasso di diffusione superava il 96%. Viceversa, il tasso di diffusone era inferiore all'80% in Bulgaria, Grecia, Croazia e Polonia e solo del 61% in Romania. 12 Reti di accesso di nuova generazione: reti di accesso cablate costituite in tutto o in parte da elementi ottici e in grado di fornire servizi d'accesso a banda larga con caratteristiche più avanzate (quale una maggiore capacità di trasmissione) rispetto a quelli forniti tramite le reti in rame esistenti. 10.2 Le reti stradali negli Stati membri centro orientali sono ancora sottosviluppate Nel 1955, solo pochi collegamenti della rete trans europea dei trasporti TEN T consentivano di viaggiare a una velocità oraria superiore a 80 km orari (si veda la Carta 1.22). La stragrande maggioranza dei collegamenti consentiva una velocità media di 70 km orari. Nel 1970 la situazione era molto migliorata grazie alla costruzione di vari collegamenti stradali in Germania, Italia, Benelux e Regno Unito in grado di accettare velocità superiori a 80 km orari; al contrario, ancora poco o nulla esisteva nel resto dell'ue, compresi i paesi centro orientali. Il divario tra l'europa nord occidentale più l'italia e le altre zone dell'unione si era ulteriormente accentuato già nel 1980, con la costruzione nella prima di numerosi collegamenti stradali con velocità media superiore a 90 km orari. Portogallo, Grecia e gli Stati membri centro orientali non disponevano di collegamenti con velocità media superiore a 80 km orari, mentre alcuni erano idonei solo per velocità inferiori a 60 km orari. In Spagna l'unica tratta con velocità superiore a 80 km orari collegava Valencia con Barcellona. Verso il 1990, le velocità medie erano ulteriormente aumentate, ma le differenze tra paesi erano ancora presenti. Verso il 2000, la velocità media in Grecia, Spagna e Portogallo era aumentata considerevolmente, superando L'agenda digitale Secondo le stime, la metà della crescita della produttività nell'ue nel primo decennio di questo secolo è attribuibile alle TIC 1. Lo sviluppo delle reti digitali è dunque fondamentale per la coesione economica dell'unione alla luce della tendenza, da parte delle regioni meno sviluppate, di accumulare un ritardo nell'accesso alla banda larga. Questi gli obiettivi dell'agenda digitale 2020: (1) garantire a tutti i cittadini dell'ue l'accesso alla banda larga veloce (oltre 30 Mbps); (2) consentire ad almeno la metà dei cittadini UE l'utilizzo della banda larga a velocità di 100 Mbps o oltre; (3) raddoppiare gli investimenti pubblici nel settore R&S in materia di TIC. 1 Europe s Digital Competitiveness Report (2010). 41

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Capitolo 1: Crescita intelligente i 100 km orari in alcuni collegamenti. Nel 2012, Spagna e Portogallo hanno recuperato il ritardo rispetto agli Stati membri molto sviluppati in quanto a velocità nei collegamenti. I miglioramenti nelle velocità dei principali collegamenti stradali di questi tre paesi sono stati ampiamente realizzati grazie ai fondi della politica di coesione. Rispetto al resto dell'ue, i collegamenti stradali in Polonia, negli Stati baltici, in Romania e Bulgaria sono tuttora piuttosto lenti. La completa realizzazione della rete principale TEN T, prevista entro il 2030, dovrebbe aumentare le velocità medie soprattutto negli Stati membri centro orientali. I finanziamenti della politica di coesione e il nuovo "Meccanismo per collegare l'europa" (Connecting Europe Facility) sono finalizzati alla realizzazione della rete centrale multimodale TEN T. 10.3 La bassa velocità e la scarsa frequenza dei collegamenti ferroviari negli Stati membri centro orientali determinano una loro minore attrattiva rispetto alla scelta dell'automobile A partire dagli anni Settanta, la quota di passeggeri per km di rete ferroviaria è diminuita sempre più con il progressivo aumento dell'utilizzo dell'automobile. In due aree, tuttavia, il collegamento ferroviario costituisce un'alternativa interessante e più efficiente sotto il profilo delle risorse rispetto al trasporto aereo o su strada: i viaggi a lunga percorrenza e gli spostamenti verso il posto di lavoro. Le reti ferroviarie tradizionali possono far ottimizzare i tempi di percorrenza casa lavoro per tragitti fino a 350 km rispetto ai viaggi aerei, mentre le reti ad alta velocità sono più indicate per viaggi fino a 800 km. La rete ferroviaria ad alta velocità (HSL) è in continua espansione. Tra il 1990 e il 2009, le linee con velocità superiore a 250 km orari sono passate da 1 000 km a 6 000 km. In questo periodo, il valore passeggeri per km percorso è salito da meno di 20 miliardi all'anno a quasi 100 miliardi 13. Entro il 2030, se i lavori andranno a buon fine, la rete ad alta velocità TEN T dovrebbe coprire oltre 30 000 km. La politica comune dei trasporti contribuisce alla coesione e allo sviluppo regionale tramite il miglioramento dell'accessibilità La creazione di un mercato unico pienamente integrato non può avvenire senza efficaci collegamenti tra le varie parti. Tuttavia, i collegamenti transfrontalieri sono spesso lacunosi, soprattutto negli Stati membri centro orientali, tenendo separato il centro dell'ue dalla periferia e ostacolando lo sviluppo degli scambi all'interno dell'ue. La politica comune dei trasporti si propone di sviluppare sistemi di trasporto affidabili, competitivi ed efficienti dal punto di vista energetico al fine di contribuire all'attenuazione della natura periferica delle regioni lontane rispetto al centro dell'ue, nonché allo sviluppo delle regioni in ritardo in ragione della scarsità di infrastrutture di collegamento e dei costi di trasporto elevati. Essa comprende lo sviluppo del trasporto marittimo a corto raggio, le "autostrade del mare", le vie di navigazione interna e un uso più efficiente dell'attuale rete di trasporto su rotaia. Le rete TEN T 1 si compone di due livelli: una rete centrale da terminare entro il 2030 e una rete più capillare, collegata a quella centrale, da terminare entro il 2050. La rete centrale fornirà un sostegno fondamentale alla crescita del mercato unico, facilitando il flusso di merci e persone all'interno dell'ue, compresi gli Stati membri meno sviluppati (Carta 1.22). Essa comprende il collegamento di 94 importanti porti europei alle reti stradali e ferroviarie, il collegamento su rotaia di 38 aeroporti chiave alle città principali, l'adeguamento all'alta velocità di 15 000 km di linee ferroviarie e 35 progetti transfrontalieri per ridurre i cosiddetti colli di bottiglia. Un nuovo strumento finanziario, il Meccanismo per collegare l'europa (CEF Connecting Europe Facility) 2 contribuirà all'attuazione della rete TEN T, triplicando la dotazione finanziaria a disposizione per le infrastrutture di trasporto nel periodo 2014 2020 fino a 26 miliardi di euro, che serviranno da capitale iniziale per stimolare l'immissione di ulteriori fondi da parte degli Stati membri. L'esperienza mostra che i finanziamenti destinati all'infrastruttura TEN T tendono a esercitare un forte effetto leva. Per il prossimo periodo di programmazione, si prevede che per 1 milione di euro di finanziamento UE verranno generati circa 5 milioni di euro provenienti da fondi pubblici nazionali oppure, in caso di utilizzo di strumenti finanziari innovativi, fino a 20 milioni di euro provenienti dal settore privato. 13 Commissione europea (2009), European high speed rail An easy way to connect. 1 Regolamento (UE) n. 1315/2013. 2 Regolamento (UE) n. 1316/2013. 43

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Capitolo 1: Crescita intelligente Tuttavia, vi sono notevoli differenze tra le regioni per quanto riguarda il grado di estensione delle reti ferroviarie convenzionali e ad alta velocità. In Belgio, Francia, Spagna, Germania, Italia e Regno Unito, ampi tratti della rete ferroviaria nazionale sono stati aggiornati per l'utilizzo di treni ad alta velocità, a fianco della creazione di nuove linee specifiche per l'alta velocità (Carta 1.24). Francia, Belgio, Svezia e Finlandia detengono il primato per quanto riguarda i km pro capite di linee ferroviarie servite da treni con velocità superiore a 120 km orari. Queste opere sono state in buona parte realizzate con i contributi del FESR, del Fondo di coesione, nonché con gli stanziamenti nell'ambito della rete TEN T e le sovvenzioni della Banca europea per gli investimenti. Malgrado i significativi investimenti per la modernizzazione della rete ferroviaria, esistono ancora collegamenti regionali con treni a velocità inferiore a 120 km orari. Essi sono localizzati soprattutto negli Stati baltici, in Polonia, Ungheria, Romania e Bulgaria. Per di più, in alcune aree tipo la Polonia centrale, le velo- 45

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale cità sono diminuite dal 1990 (Carte 1.23 e 1.24 e Figura 1.20). La capacità delle reti ferroviarie di offrire un'alternativa appetibile ai viaggi su strada dipende non solo dalla velocità ma anche dalla frequenza dei treni. Nel 2010 il numero medio di treni giornalieri sulle reti di quasi tutte le regioni degli Stati baltici e di Polonia e Irlanda era inferiore a 25 (Carta 1.25), pari a meno di un'ora per tratta. Date queste basse frequenze, in genere chi se lo può permettere preferisce utilizzare l'automobile. Viceversa, nei Paesi Bassi e in Danimarca, il numero medio di treni giornalieri sulle reti principali TEN T era pari a 130 o più alto, con una serie di vantaggi tra cui minori tempi di attesa, migliori collegamenti e in genere un'offerta più allettante. Figura 1.19 Lunghezza della rete ferroviaria con treni operanti a velocità superiori a 120 km orari, 2013 250 200 150 100 50 0 200 150 100 50 km per milione di abitanti PL CZ NL HU EL DK IT UK DE PT IE AT ES FI FR BE SE Fonte: RRG 2013 e calcoli della DG REGIO Figura 1.20 Variazione nella lunghezza della rete ferroviaria con treni operanti a velocità superiori a 120 km orari, 1990 2013 km per milione di abitanti oltre 200 km/h oltre 160 km/h oltre 120 km/h oltre 200 km/h oltre 160 km/h oltre 120 km/h 250 200 150 100 50 0 200 150 100 50 Secondo le linee guida sulla strategia TEN T, -50 l'obiettivo è di poter disporre di una vera e propria rete transeuropea multimodale tramite la creazione di una nuova infrastruttura e l'ottimizzazione delle infrastrutture esistenti. L'importanza attribuita allo sviluppo di sistemi di trasporti sostenibili ed ecocompatibili, quali le reti ferroviarie, si evince anche dalle finalità del Meccanismo per collegare l'europa (CEF) e dalle priorità del Fondo di coesione concernenti gli investimenti nei trasporti. 0 PL CZ NL HU EL DK IT UK DE PT IE AT ES FI FR BE SE Fonte: RRG 2013 e calcoli della DG REGIO L'accessibilità ai voli passeggeri è maggiore per quanto riguarda i principali aeroporti di Londra, Parigi, Francoforte e Amsterdam (con oltre 2000 voli giornalieri) (Carta 1.26). Nell'UE 15, di fatto in tutte le regioni le persone hanno accesso a oltre 10 voli giornalieri entro 90 minuti di auto. Questo non avviene in Romania, Bulgaria, Polonia, Estonia e Lettonia, in parte perché i collegamenti stradali sono scadenti, ma anche per la scarsa domanda di voli da e verso alcune regioni. 0-50 46

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Capitolo 1: Crescita intelligente Figura 1.21 Scambi tra UE 12 e UE 27 in rapporto al PIL, 2004 2012 50 40 30 20 10 0-10 -20-30 -40-50 % del PIL dell'ue 12 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Fonte: Eurostat 11. Gli scambi e gli investimenti esteri diretti stimolano la crescita nell'ue 12 Benché la politica di coesione sia nata anche sulla base della preoccupazione per gli effetti del mercato unico sulle regioni meno sviluppate, l'integrazione dei paesi centro orientali ha incrementato notevolmente gli scambi con l'ue 15 e tra i paesi stessi. Nel 2004 le importazioni ed esportazioni riguardanti l'ue 27 ammontavano mediamente al 20% circa del PIL di questi paesi. Da allora questa cifra è notevolmente aumentata, con una leggera flessione nel 2008 e 2009 a causa della crisi. Nel 2012, i flussi di importazioni ed esportazioni rappresentavano il 40% del PIL, con un incremento pari al doppio in 8 anni. Una tale rapida integrazione nel mercato unico ha consentito a queste economie di specializzarsi e aumentare la propria produttività, determinando così un aumento dei tassi di crescita sia nei paesi interessati sia a livello di UE nel suo complesso (Figura 1.21). Anche gli investimenti esteri diretti (IED) hanno costituito un importante motore di sviluppo per le economie dell'ue 12. Essi provenivano principalmente da altri Stati membri. La crisi, tuttavia, ha ridotto buona parte di questi flussi. Nel 2007, l'ue 12 ha ricevuto 55 miliardi di euro sotto forma di IDE; nel 2009 questa cifra è scesa a 23 miliardi di euro. Da allora i flussi sono arrivati quasi a toccare i 30 miliardi Esportazioni dall'ue 12 all'ue 27 Importazioni nell'ue 12 dall'ue 27 50 40 30 20 10 0-10 -20-30 -40-50 di euro nel 2012, rimanendo comunque molto al di sotto dei valori del 2005 (Figura 1.22). In tutti gli Stati membri dell'ue 15 e dell'ue 12, la regione della capitale detiene una percentuale consistente, spesso la più consistente, di occupati in imprese estere. In queste regioni, la maggiore accessibilità, la concentrazione degli uffici direzionali delle grandi società e i buoni collegamenti con il mercato nazionale tendono ad attrarre in particolare le imprese di servizi. Anche nelle regioni più prossime ai confini interni dell'ue, la percentuale di occupati in aziende estere tende a essere più alta che nelle altre regioni (Carta 1.27). Questo vale in particolare per le imprese manifatturiere, per le quali la vicinanza alle altre parti del mercato interno dell'ue è generalmente importante. Le regioni dell'italia meridionale, della Spagna meridionale, del Portogallo settentrionale, della Polonia orientale e dell'ungheria orientale, oltre che la maggioranza delle regioni greche, tendono ad avere una percentuale relativamente bassa di occupati in imprese straniere. Anche se la posizione relativamente decentrata di queste regioni rispetto al cuore del mercato unico potrebbe in parte spiegare questo dato, è vero che regioni altrettanto periferiche in Irlanda, nei paesi nordici e negli Stati baltici registrano una percentuale molto più alta di occupati in imprese straniere. 12. La competitività regionale ha determinato ricadute limitate nelle regioni dell'ue 13 L'indice di competitività regionale (RCI) è stato concepito per misurare le variazioni nella dimensione della competitività a livello regionale. Utilizza 73 indicatori 49

Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Figura 1.22 Investimenti diretti esteri nell'ue-12, 2005 2012 Extra UE 27 Consistenze di investimenti diretti esteri (asse di destra) UE 27 Consistenze di investimenti diretti esteri (asse di destra) Totale flussi investimenti diretti (asse di sinistra) UE 27 Flussi di investimenti diretti esteri (asse di sinistra) 60 miliardi di EUR miliardi di EUR 600 50 500 40 400 30 300 20 200 10 100 0 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Fonte: Eurostat 0 per lo più di dimensione regionale, utili ai fini della valutazione della competitività 14. Si articola in 11 "pilastri" suddivisi in tre gruppi. I pilastri di base: (1) Qualità delle istituzioni, (2) Stabilità macroeconomica, (3) Infrastrutture, (4) Salute, (5) Qualità dell'istruzione primaria e secondaria. Questi sono i pilastri più importanti per le regioni meno sviluppate. I pilastri relativi all'efficienza: (6) Istruzione superiore e formazione continua, (7) Efficienza del mercato del lavoro, (8) Dimensione del mercato. Questi pilastri sono importanti per tutte le regioni. I pilastri relativi all'innovazione: (9) Maturità tecnologica, (10) Complessità delle imprese, (11) Innovazione. Questi pilastri sono importanti per le regioni intermedie ma soprattutto per le regioni altamente sviluppate. Al fine di tenere conto del livello di sviluppo regionale, i pesi assegnati a ciascun gruppo sono in funzione del PIL pro capite regionale (Tabella 1.8). L'indice è applicato a un insieme modificato di regioni NUTS 2, per evitare di creare zone economiche funzionali articolate su più regioni. Le regioni NUTS 2 sono state 14 Annoni, P. e Dijkstra, L. (2013). combinate per definire le zone economiche funzionali di Londra, Bruxelles, Amsterdam, Vienna, Praga e Berlino. L'indice offre una valutazione delle differenze in termini di competitività all'interno di uno stesso paese. Esso mette in evidenza la profonda dimensione regionale della competitività. Si tratta di un aspetto fondamentale in quanto gli enti locali e regionali hanno voce in capitolo su molti dei fattori chiave della competitività. L'indice può inoltre costituire un valido strumento con cui gli Stati membri dell'ue, caratterizzati da ampie differenze in termini di competitività regionale, possono comprenderne i potenziali effetti negativi sull'economia nazionale e sulle modalità di attenuazione, possibilmente con il supporto della politica di coesione. Ad esempio, in Romania, Slovacchia e Francia emerge un profondo divario tra la regione della capitale e la seconda regione più competitiva, mentre in Germania le regioni non presentano particolari differenze in termini di competitività. L'assenza di effetti di ricaduta, soprattutto nei pressi delle capitali di alcuni tra gli Stati membri meno sviluppati, è già stata rilevata nell'edizione 2010 dell'indice di competitività regionale. L'edizione 2013 conferma che la prossimità a una regione competitiva nei paesi sviluppati tende a migliorare la competitività della regione, mentre questo non avviene negli Stati membri meno sviluppati. Il livello complessivo di competitività di un paese dipende dal rendimento di tutte le regioni che lo compongono, non solo da quello della regione della capitale. Il miglioramento del contesto operativo, 50

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Sesta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale Tabella 1.8 Pesi utilizzati per l'elaborazione dell'indice di competitività regionale 2013 PIL pro capite (SPA) nel 2009 (UE 28=100) Base Efficienza Innovazione Totale <50 35 50 15 100 50 75 31,25 50 18,75 100 75 90 27,5 50 22,5 100 90 110 23,75 50 26,25 100 >110 20 50 30 100 Fonte: Annoni, P. e Dijkstra, L. (2013). la presenza di una rete di trasporti efficiente e un accesso di buona qualità alla banda larga in altre regioni potrebbe contribuire a ridurre le differenze in termini di competitività. L'indice rivela l'esistenza di profonde differenze a livello di competitività in molti paesi (Figura 1.23). In Francia, Spagna, Regno Unito, Slovacchia, Romania, Svezia e Grecia le variazioni tra regioni sono particolarmente evidenti, con la regione della capitale quasi sempre in testa come regione più competitiva. In Italia e Germania, invece, la regione della capitale non è la regione più competitiva. Precedenti studi in ambito geografico avevano evidenziato la presenza di quella che fu denominata "banana blu", ovvero una dorsale che dalla grande Londra si estendeva fino alla Lombardia attraverso il Benelux e la Baviera, nonché di un pentagono formato da Londra, Parigi, Milano, Monaco e Amburgo. In queste aree si concentrava la maggior parte delle attività economiche. Secondo questa linea di ricerca, le attività economiche erano articolate secondo uno schema molto netto centro periferia. L'indice di competitività regionale, invece, mostra uno schema policentrico caratterizzato dalla presenza di solide città capitali e regioni metropolitane in molti territori dell'ue. Ad esempio Stoccolma, Copenaghen, Helsinki, Berlino, Praga, Bratislava e Madrid, non ricomprese nelle aree menzionate nel paragrafo precedente, presentano tutte un livello di competitività molto elevato (Carta 1.28). L'indice di competitività regionale mostra anche che, in alcuni paesi, il livello di competitività è molto elevato in tutte le regioni, mentre in altri, questo vale solo per la regione della capitale. Delle dieci regioni in testa alla classifica nel 2010, otto sono rimaste tra le prime dieci anche nel 2013. In entrambi gli anni la regione più competitiva è Utrecht nei Paesi Bassi, mentre tra le prime dieci si registrano l'area funzionale di London and Berkshire, Buckinghamshire e Oxfordshire nel Regno Unito, l'area funzionale di Amsterdam e Zuid Holland sempre nei Paesi Bassi, Hovedstaden (che comprende Copenaghen) in Danimarca, Stockholm e Île de France (la regione di Parigi). Figura 1.23 Indice di competitività regionale, 2013 1,5 Stato membro Regione della capitale Regione 1,5 1,0 1,0 0,5 0,5 0,0 0,0-0,5-0,5-1,0-1,0-1,5-1,5 RO BG EL LV LT HR SK MT HU PL IT PT CY ES CZ EE SI IE FR AT FI DK UK SE DE BE NL LU Fonte: Annoni, P. e Dijkastra, L (2013) 52

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