Terapia antitrombotica nelle sindromi coronariche acute

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Transcript:

Terapia antitrombotica nelle sindromi coronariche acute Il trattamento antitrombotico di supporto alle strategie riperfusive Direttore Struttura Complessa Cardiologia Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo Progetto scientifico a cura di

L attivazione e l aggregazione delle piastrine e la conseguente formazione di un trombo coronarico costituiscono il meccanismo determinante le sindromi coronariche acute (SCA) che si manifestano come infarto miocardico con o senza persistente sopraslivellamento del tratto ST (STEMI o NSTEMI) o come angina instabile. Nel caso di uno STEMI, la trombosi determina l occlusione persistente del vaso: la sua riperfusione meccanica o farmacologica dovrebbe essere eseguita il prima possibile, entro 12 ore dall esordio dei sintomi. A tale scopo, l angioplastica primaria (ppci) si è dimostrata il miglior trattamento, se eseguita da operatori esperti entro 120 minuti dal primo contatto medico (1-2) (slide 1). La terapia antitrombotica con farmaci anticoagulanti e antiaggreganti è di fondamentale supporto sia in caso di riperfusione meccanica che farmacologica; la disponibilità di più farmaci rende possibile molteplici associazioni in entrambi i casi. Di seguito verranno discusse le terapie antitrombotiche raccomandate in caso di ppci e in caso di fibrinolisi. Slide 1 Terapia riperfusiva con angioplastica primaria Antiaggreganti Piastrinici Il caposaldo è costituito dall associazione di acido acetilsalicilico (ASA) più un secondo farmaco che blocca il recettore dell ADP; in alcuni casi viene aggiunto un ulteriore antiaggregante che agisce antagonizzando il legame del fibrinogeno e del fattore di von Willebrand ai recettori delle glicoproteine IIb/IIIa presenti sulla superficie delle piastrine (slide 2). Circa il timing di somministrazione della doppia antiaggregazione (DAPT) nel contesto dello STEMI, le Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (2) prendono una posizione precisa, raccomandandola il più presto possibile, prima dello studio coronarografico, sulla base di una pratica comune in Europa e in conformità con dati di farmacocinetica: prima questi farmaci vengono somministrati e prima è raggiunto l effetto antiaggregante. Nonostante siano stati effettuati numerosi studi clinici sull utilizzo degli antiaggreganti orali nello STEMI, non sono disponibili evidenze cliniche derivate da studi randomizzati ad hoc circa il momento ottimale della loro somministrazione rispetto alla coronarografia e alla ppci. L acido acetilsalicilico (ASA) dovrebbe essere somministrato preferibilmente per os alla dose di 150-300 mg nella Slide 2 2

formulazione masticabile. Qualora non sia disponibile, se ne raccomanda la somministrazione endovenosa alla dose di 250-500 mg: dosaggi superiori, con concentrazioni plasmatiche più elevate, determinerebbero un inibizione delle prostacicline endoteliali con potenziali effetti dannosi. Per quanto riguarda i bloccanti del recettore ADP, il prasugrel e il ticagrelor sono da preferirsi rispetto al clopidogrel, sulla base del maggior effetto antiaggregante e della maggior efficacia clinica. In studi su volontari sani (slide 3) e in pazienti sottoposti a PCI per cardiopatia stabile (slide 4), sia il prasugrel che il ticagrelor hanno dimostrato infatti di raggiungere molto più rapidamente un maggior effetto antiaggregante e soprattutto di non essere soggetti a variabilità inter-individuale nella risposta (3-4). Slide 3 Come abbiamo già detto, il maggior effetto antiaggregante ha determinato anche una maggior efficacia clinica. Slide 4 I dati finora disponibili sull utilizzo di prasugrel nelle SCA derivano dallo studio TRITON TIMI 38, che ha confrontato prasugrel (60 mg + 10 mg /die) con clopidogrel (300 mg + 75 mg/die) in 13.608 pazienti candidati a PCI sia per STEMI che per NSTEMI a rischio medio-alto. I risultati dello studio hanno dimostrato che l utilizzo di prasugrel determinava una significativa riduzione dell endpoint primario composito (morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, o stroke non fatale), prevalentemente determinato da una riduzione dei re-infarti fatali e non fatali, a spese però di un significativo aumento dei sanguinamenti, inclusi quelli correlati a CABG. (5). Nei 3554 pazienti con STEMI arruolati nel TIMI 38, il 69% sono stati sottoposti a PCI primaria entro 12 ore dall esordio dei sintomi e il restante a PCI secondaria tra 12 ore e 14 giorni; anche nel contesto dello STEMI, l utilizzo di prasugrel ha determinato una significativa riduzione dell endpoint primario dello studio e anche della mortalità per tutte le cause e della mortalità cardiovascolare a 30 giorni (6) (slide 5). Per quanto riguarda l efficacia occorre poi sottolineare il forte impatto positivo che il prasugrel ha avuto sulla trombosi di stent, con una riduzione relativa del rischio del 45% nei pazienti trattati con PCI primaria. Da notare che l efficacia dimostrata dal farmaco, nel contesto dello STEMI, non si è associata a un significativo aumento dei sanguinamenti (slide 6). Gli inibitori delle glicoproteine IIb/IIIa, che sono stati utilizzati in più del 64% dei casi, non hanno influenzato l outcome, né hanno determinato un eccesso di sanguinamento. Slide 5 Slide 6 3

L efficacia clinica di ticagrelor è stata valutata nello studio PLATO: 18.624 pazienti con SCA-NSTEMI (trattati con strategia invasiva e conservativa) e STEMI candidati a ppci sono stati randomizzati a ticagrelor (dose di carico 180 mg, seguita da 90 mg due volte/die) vs clopidogrel (dose di carico 300 o 600 mg seguita da 75 mg/die). La somministrazione di ticagrelor ha determinato una significativa riduzione relativa di rischio del 16% dell endpoint primario composito (morte da causa cardiovascolare, infarto miocardico o stroke) a 12 mesi. Tra gli endpoint secondari, oltre a un attesa riduzione degli infarti miocardici e delle trombosi di stent (compatibili con il maggior effetto antiaggregante), il ticagrelor ha determinato una significativa riduzione della mortalità da causa cardiovascolare e della mortalità per tutte le cause (quest ultima con una riduzione relativa di rischio del 22%). Per quanto riguarda invece la sicurezza, il maggior effetto antiaggregante del ticagrelor ha determinato un aumento dei sanguinamenti maggiori non correlati a CABG e delle emorragie intracraniche (7). Tra gli effetti collaterali descritti vi è stato un significativo aumento di dispnea e di pause ventricolari al monitoraggio Holter: tali eventi avversi vengono spiegati con il blocco del reuptake dell adenosina (a causa della somiglianza strutturale di quest ultima con il farmaco) da parte dei globuli rossi e successivo sovraccarico cellulare che causerebbe broncospasmo a livello polmonare e un effetto pro-aritmico a livello del sistema elettrico cardiaco (8). Tuttavia, questi effetti collaterali non hanno avuto riscontro in termini prognostici. Come per il TRITON-TIMI 38 anche per il PLATO è stata eseguita un analisi specifica nel sottogruppo di pazienti con STEMI candidati a ppci. In questo sottogruppo, il ticagrelor ha determinato una riduzione del 17% dell endpoint composito di morte/infarto/stroke che, pur non raggiungendo la significatività statistica formale (HR 0.87, p=0.07), risulta clinicamente rilevante. In modo simile, il farmaco ha ridotto anche la mortalità per cause cardiovascolari (HR 0.83, p=0.07) e la mortalità per tutte le cause (HR 0.82, p=0.05), senza un aumento significativo dei sanguinamenti maggiori (slide 7). Anche con il ticagrelor il maggior effetto antiaggregante ha determinato una forte riduzione della trombosi di stent, con una riduzione relativa del rischio del 35% (9). Se da un lato il sovraccarico cellulare di adenosina può spiegare gli effetti collaterali prima descritti, una upregulation dei suoi recettori, potrebbe esercitare un effetto cardioprotettivo dal danno da riperfusione, un aumento della contrattilità miocardica e una maggior stabilità elettrica: questo meccanismo pleiotropico potrebbe spiegare l effetto positivo sulla mortalità esercitato da ticagrelor che va al di là del suo effetto antipiastrinico (10). In un sottogruppo di pazienti STEMI arruolati nello studio PLATO è stata eseguita poi un analisi ad hoc dei dati elettrocardiografici: sebbene l effetto di ticagrelor rispetto a clopidogrel sia stato mantenuto a un anno indipenden- Slide 7 4

temente dall estensione del sopra-st basale, appare interessante notare come invece non sia emerso alcun beneficio di ticagrelor sulla risoluzione del tratto ST sia in terza giornata che alla dimissione ospedaliera; quest ultimo risultato indicherebbe pertanto che l effetto positivo del farmaco non sia determinato dal favorire una migliore riperfusione, ma sia legato piuttosto alla prevenzione di eventi cardiovascolari (re-infarti e trombosi di stent) nel lungo termine (11). La mancanza di dati analoghi e la precoce divergenza delle curve di valutazione dell endpoint primario nello studio TIMI 38 non ci permette di estendere il risultato a prasugrel. In linea teorica però, visto il sovrapponibile meccanismo d azione e la via orale di somministrazione, la supposizione appare logica e sostenibile anche parlando di prasugrel. Non sono attualmente disponibili studi randomizzati di confronto tra i due antiaggreganti prasugrel e ticagrelor su endpoint clinici, ma almeno nei pazienti con STEMI sono stati eseguiti studi di farmacodinamica. Su 55 pazienti randomizzati dopo l angiografia coronarica a prasugrel vs ticagrelor, non sono emerse differenze sull effetto antiaggregante per le prime 24 ore dalla randomizzazione, ma solo una superiorità a favore di ticagrelor dopo 5 giorni di trattamento; un messaggio importante che però si può ricavare da questo studio è la difficoltà a raggiungere un antiaggregazione efficace con entrambi nelle prime ore dopo la somministrazione a differenza di quanto accade in volontari sani e in pazienti stabili (12) (slide 8). Slide 8 Anche il recente studio RAPID, eseguito sempre in pazienti con STEMI, sostanzialmente conferma l equivalenza sull effetto antiaggregante tra i due farmaci e sottolinea ulteriormente che circa la metà dei pazienti, due ore dopo la somministrazione della dose di carico di entrambi farmaci, ha presentato ancora un elevata attività piastrinica residua (13). Qualora non sia disponibile nessuno dei due farmaci, oppure qualora ci siano controindicazioni al loro utilizzo, dovrebbe essere somministrato il clopidogrel, ma alla dose di carico di 600 mg seguita per i primi sette giorni da una dose giornaliera di 150 mg, ciò sulla base di risultati di studi di farmacodinamica che hanno dimostrato che con questa dose di carico viene raggiunto prima l effetto antiaggregante e sulla base di una dimostrata efficacia clinica in pazienti con SCA sottoposti a PCI (slide 9). Slide 9 5

Infine, per quanto riguarda gli inibitori del recettore Gp IIb-IIIa, non sono disponibili dati clinici conclusivi circa un loro utilizzo ottimale nel caso in cui la DAPT comprenda prasugrel o ticagrelor. Dai dati dello studio FINESSE (14) si ricava che un utilizzo routinario di abciximab prima della ppci non risulta superiore a un utilizzo in laboratorio di emodinamica ed è associato inoltre a un aumento dei sanguinamenti (slide 10). Un beneficio chiaro di questi potenti farmaci anti-piastrinici endovenosi sembra emergere in pazienti con STEMI ad alto rischio, o in pazienti con STEMI entro 4 ore dall esordio dei sintomi che accedono a centri spoke senza laboratorio di emodinamica. Come si vedrà poi nel paragrafo successivo, un loro utilizzo non appare indicato, almeno in prima battuta, qualora sia utilizzata la bivalirudina come anticoagulante. Sulla base delle evidenze attuali gli anti GpIIb-IIIa andrebbero utilizzati in laboratorio di emodinamica qualora sia presente un elevata quantità di trombo a livello coronarico visibile al momento della angiografia e in caso di PCI subottimale. Slide 10 Anticoagulanti Un farmaco anticoagulante deve essere utilizzato in tutti i pazienti trattati con ppci; attualmente vengono raccomandati l eparina non frazionata (UHF), la bivalirudina e l enoxaparina. Sebbene non siano disponibili studi randomizzati sull utilizzo della UHF nella ppci, la decennale esperienza clinica fa si che ne venga raccomandato l utilizzo, quando non siano disponibili o siano controindicate, come nel caso della insufficienza renale, le altre due molecole. La bivalirudina confrontata con l associazione UHF + anti Gp IIb-IIIa in pazienti con STEMI trattati con ppci nello studio HORIZON-AMI (15) ha determinato una significativa riduzione dei sanguinamenti che, a parità di prevenzione degli eventi ischemici, si è tradotta in un significativo beneficio clinico netto (slide 11). La bivalirudina ha poi determinato una rilevante riduzione della mortalità per tutte le cause e per cause cardiovascolari a 30 giorni, riduzione che si è mantenuta fino a 3 anni (slide 13). Nei pazienti trattati con bivalirudina si è verificato, però, un significativo aumento delle trombosi acute di stent (< 24 ore) che è poi scomparso a 30 giorni. L aumento delle trombosi di stent acute è stato ridotto, però, in quei pazienti che avevano ricevuto un bolo di UHF prima della randomizzazione e/o nei pazienti trattati con dose di carico di 600 mg di clopidogrel. Quest ultima osservazione rinforza l importanza dell uso di farmaci antipiastrinici orali più potenti e soprattutto più rapidi nel raggiungere l effetto antiaggregante rispetto a clopidogrel, così da proteggere il paziente da eventi car- Slide 11 Slide 13 6

diovascolari sfavorevoli nelle prime ore dopo la rivascolarizzazione quando lo stato pro-trombotico è ancora elevato (slide 12). Nello studio randomizzato ATOLL (16) è stato confrontato il trattamento con enoxaparina (alla dose di 0.5 mg/kg e.v. seguita da trattamento s.c.) vs UHF in pazienti con STEMI trattati con ppci; la somministrazione di enoxaparina, sebbene abbia determinato solo una tendenza alla riduzione dell endpoint primario dello studio, si è dimostrata superiore nel ridurre in modo significativo i principali endpoint secondari, senza aumento dei sanguinamenti. I dati di questo studio e di altri studi non randomizzati, che vanno nella stessa direzione, giustificano la preferenza dell enoxaparina sull UHF. Non sono al momento disponibili dati di confronto tra enoxaparina e bivalirudina. Slide 12 Terapia riperfusiva con fibrinolisi Nei pazienti con STEMI una riperfusione farmacologica con fibrinolisi deve essere eseguita quando la ppci non può essere eseguita nei tempi consigliati dalla Linee Guida. Numerosi studi hanno dimostrato il beneficio della fibrinolisi rispetto al placebo nella prevenzione della mortalità a breve termine di circa 30 eventi su 1000 pazienti trattati entro 6 ore dall esordio dei sintomi. La terapia fibrinolitica richiede anch essa, come la ppci, la contemporanea somministrazione di antiaggreganti e anticoagulanti. Per quanto concerne gli antiaggreganti, oltre alla somministrazione di ASA, è stato dimostrato da due studi randomizzati che l aggiunta anche del clopidogrel ha determinato una riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori e della mortalità (17) (slide 14). Non sono attualmente disponibili dati sull utilizzo di prasugrel e ticagrelor nei pazienti con STEMI trattati con fibrinolisi. In caso di fibrinolisi deve essere aggiunto un farmaco anticoagulante a somministrazione e.v. o s.c. Sono attualmente raccomandati l UHF, l enoxaparina e il fondaparinux. Dai dati disponibili l enoxaparina sembra il farmaco da preferirsi, anche se la maggior efficacia dimostrata rispetto all UHF si è associata a un significativo aumento dei sanguinamenti maggiori non-intracranici (18) (slide 15). La bivalirudina, essendo stata al momento solo studiata in pazienti trattati con streptokinasi, non appare raccomandata per l utilizzo in caso di riperfusione farmacologica, a meno di non trovarsi a somministrare streptokinasi, il cui uso, però, in Italia è ormai residuale, se non del tutto abbandonato. Slide 14 Slide 15 7

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