Franco Arzano. Confindustria, Presidente della Commissione Economia Digitale



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Transcript:

Franco Arzano Confindustria, Presidente della Commissione Economia Digitale La diffusione dell'innovazione digitale come elemento indispensabile per la crescita economica del paese

Vorrei innanzitutto ringraziare la Banca d'italia per avermi invitato ad esporre alcune considerazioni a margine del suo ponderoso rapporto sull'impatto delle nuove tecnologie. Cercherò prima di tutto di inquadrare alcune questioni generali che la Confindustria ritiene debbano essere affrontate per capire a che punto siamo e quanto sia importante il problema della diffusione delle tecnologie digitali per la crescita del Paese ed il recupero della nostra competitività internazionale. In realtà, il ruolo dell ICT in un economia è duplice in quanto aumenta la crescita dell output in due modi: 1. contribuendo alla crescita dell investimento nel suo complesso; 2. contribuendo all efficienza dell'impiego sia del lavoro che del capitale, cioè alla multifactor productivity (MFP), la cui insoddisfacente crescita è una delle ragioni che spiegano la scarsa performance economica dell Italia. In Europa e in particolare in Italia stiamo perdendo rapidamente produttività rispetto agli Stati Uniti e ad altri paesi che crescono a tassi importanti. Solo 10-15 anni fa alcuni sociologi sostenevano che l informatica ci avrebbe fatto perdere occupazione e ricchezza. È avvenuto esattamente il contrario: nei Paesi dove l informatica si è diffusa più rapidamente, l economia è cresciuta, così come la produttività e l occupazione. Invece in l Italia, dove l informatica si è diffusa in misura minore, combattiamo ancora con problemi di produttività, di occupazione e di crescita. Cerchiamo di capire per quale motivo siamo rimasti indietro. Anzitutto, la perdita della produttività ha riguardato non tanto le fasi più specifiche della manifattura (le cosiddette operations), ma principalmente l area dei servizi connessi alla produzione, che svolgono un ruolo crescente nell ambito dell intero processo produttivo. È in questa area che si evidenziano gli effetti degli scarsi investimenti in ICT. Come e' noto, l Italia è una realtà fatta soprattutto di piccole e medie imprese; per questo è importante investire le nostre risorse e la nostra intelligenza non solo nella produzione manifatturiera in sé ma anche nelle fasi a valle della produzione stessa: abbiamo cioè bisogno di far circolare efficientemente le merci, di essere più "vicini" possibile al cliente, di conoscere in tempo reale gli andamenti dei mercati. Non potendo competere sui costi con i paesi emergenti e dovendo in molti casi delocalizzare la produzione, ci serve ancora di più avere conoscenza, ricerca, innovazione e informatica per supportare tutto ciò. 1

Ci sono quindi alcune questioni di fondo su cui occorre riflettere: innanzitutto, e lo insegna la storia degli Stati Uniti d America, il ruolo della domanda pubblica. È di tutta evidenza che la domanda pubblica qualificata, sia in termini di quantità di investimenti sia soprattutto in termini di qualità nell utilizzo di supporti informatici, crea e genera una migliore offerta sul mercato, una maggiore alfabetizzazione informatica, migliori soluzioni che dal pubblico passano al privato. In Italia, invece, non solo spendiamo meno degli altri paesi europei in termini di spesa pubblica (a prescindere dall importante sforzo che sta facendo il Ministro Stanca, è un dato di fatto che l Italia spende, nella Pubblica Amministrazione, lo 0,23% del prodotto interno lordo in ICT, contro una media europea che si attesta allo 0,35%), ma abbiamo un problema ancor più di fondo: gli investimenti in ICT in Italia negli ultimi tre anni hanno battuto il passo con la conseguenza che il gap in percentuale del PIL rispetto alla media europea è drammaticamente peggiorato, portandoci all'ultimo posto in Europa (5,4 % rispetto alla media del 6,7 % ), con un divario reale di circa 15 miliardi di euro. Dobbiamo passare dalla logica attuale, in cui il computer e Internet sono ancora considerati superflui, ad una logica in cui l informatica diventa indispensabile. L informatica deve cioè diventare parte integrante della nostra vita e del nostro modo di studiare, di fare ricerca, di lavorare. Attraverso l uso dell informatica il rapporto stesso tra Pubblica Amministrazione e cittadino si inverte completamente. Molte delle richieste che la Pubblica Amministrazione fa al cittadino e alle imprese possono essere delegate al settore privato, attraverso un uso informatizzato e più efficiente delle informazioni già in possesso della P.A. stessa: in alcune città italiane, ad esempio nel settore dell urbanistica, ingegneri e architetti possono adempiere direttamente tramite Internet ad una serie di procedure che erano prima a carico delle amministrazioni comunali. Se tutto ciò può dare un grande contributo alla diffusione degli strumenti ICT non possiamo peraltro ignorare che in questo campo anche gli investimenti privati sono bassi rispetto agli altri paesi europei. In sostanza, ci deve allarmare il fatto che in Italia spendiamo molto meno in innovazione tecnologica rispetto agli altri paesi europei sia nel settore pubblico sia nel settore 2

privato, in quest'ultimo per effetto del basso grado di utilizzo delle applicazioni ICT nelle attività quotidiane aziendali (acquisti, vendite, gestione operativa). Per risolvere il problema non si tratta solo di aumentare la quantità complessiva degli investimenti. Infatti mentre negli Stati Uniti i forti investimenti in ICT si sono tradotti, nel corso degli anni novanta del secolo scorso, in un cospicuo aumento di produttività, in Italia (come del resto in altri paesi europei) ciò non si è verificato. Un recente e approfondito studio dell OCSE individua la ragione principale di questo fenomeno nel grado relativamente basso di diffusione delle nuove tecnologie tra le imprese. Ovviamente, nel caso italiano, la presenza di molte piccole e medie imprese costituisce un ostacolo particolarmente importante alla diffusione di tecnologie che spesso richiedono, per massimizzarne i benefici, riorganizzazioni dell intero processo produttivo e distributivo, fenomeno particolarmente difficile in un momento di sostanziale stagnazione economica. Inoltre, un recente studio della Bocconi (Net Impact), presentato in Confindustria nell autunno scorso, ha dimostrato come i benefici dell innovazione digitale siano di dimensioni ragguardevoli non solo a livello macroeconomico, ma anche per la singola impresa. In particolare, lo studio della Bocconi ha stimato che in Italia solo l 11,4% delle organizzazioni che operano sul territorio (dato medio), utilizza tecnologie IBS. Questo risultato è in netto contrasto con il tasso di penetrazione registrato negli USA (61%) e con quello degli altri paesi europei studiati in una indagine europea (47% medio tra Gran Bretagna, Germania e Francia). A fronte del ritardo italiano la Bocconi ha calcolato che esiste un evidente beneficio per le imprese ad adottare Internet Business Solutions: in effetti le organizzazioni oggetto dello studio che hanno adottato IBS hanno realizzato nel periodo 1996-2001 un risparmio di costi cumulato pari a 9.17 miliardi di euro e un aumento dei ricavi pari a 6.69 miliardi di euro. Da qui deriva la necessità di considerare l aumento della spesa per ICT e più in generale la diffusione delle tecnologie digitali come un elemento indispensabile di una strategia di politica industriale per lo sviluppo della competitività del nostro sistema produttivo. A questo scopo, l anno scorso la Confindustria ha elaborato il PID, Piano per l Innovazione Digitale (poi presentato nel luglio 2003), per sollecitare le istituzioni a collaborare più fattivamente con il mondo imprenditoriale per definire una strategia politica e industriale che fosse chiaramente definita, stabile negli anni, negli indirizzi, negli strumenti, e 3

certa nelle risorse, il tutto finalizzato a favorire una più rapida diffusione delle innovazioni tecnologiche nelle aziende e nel Paese. Tra le misure suggerite per le imprese si e' proposto di seguire una doppia via. Una fiscale automatica per le singole imprese e una contributiva a valutazione mediante singoli bandi per progetti integrati. Qualunque strada si scelga, è comunque importante sottolineare tre aspetti fondamentali che debbono essere alla base di una seria politica per l innovazione digitale, e cioè: la diffusione delle tecnologie digitali deve necessariamente essere accompagnata da un ampio programma di formazione e di alfabetizzazione. Nei confronti delle imprese, nei confronti dei cittadini (soprattutto, ma non solo, attraverso al scuola) e della Pubblica Amministrazione; l innovazione digitale delle imprese viene efficacemente accelerata attraverso adeguati strumenti di incentivazione. Va sottolineato, che, come per tutti gli investimenti in innovazione, il costo per lo Stato di queste agevolazioni, se gestite in modo efficiente ed efficace, viene più che compensato, nell arco di pochi anni, dalle entrate fiscali connesse al reddito aggiuntivo generato; occorre individuare strumenti di agevolazione che siano specificamente tarati sulle esigenze delle imprese, specialmente con riguardo ai distretti produttivi. Occorre superare la logica degli investimenti a carattere marginale e standardizzata e favorire lo sviluppo di progetti di innovazione che producano soluzioni concrete a specifici problemi di competitività. Quindi forte integrazione di domanda e offerta e ampia attenzione a tematiche/settore emergenti come la logistica integrata, la sicurezza, l info-mobilità, il facility management, etc. Per far questo sia la Confindustria sia le principali Associazioni settoriali stanno da tempo sottolineando la necessità di una strategia di politica industriale fondata su tre principali linee direttrici: 1. un ambiente favorevole agli investimenti in Ricerca & Innovazione. Occorre rendere attrattivi gli investimenti attraverso un vero e proprio marketing territoriale della ricerca, che crei ambienti e situazioni favorevoli e di eccellenza, creando un sistema di incentivi che spinga in modo continuo e stabile le imprese a fare investimenti nell integrazione di nuove tecnologie. Un sistema di agevolazioni certo nelle risorse, stabile nei tempi e nelle 4

regole, efficiente nella gestione. Un sistema equilibrato fatto di un mix di strumenti di ampio respiro, definiti su più anni e con processi di valutazione efficienti, e strumenti di defiscalizzazione automatici per gli investimenti in ricerca e innovazione; 2. la collaborazione Università-Imprese. Occorre un meccanismo interno al sistema della ricerca che concentri maggiori risorse sui centri di eccellenza permettendo a questi di raggiungere livelli internazionali e una maggiore attenzione per favorire le collaborazioni. In questo senso occorre un impegno delle Università affinché abbandonino il sistema autoreferenziale a favore dei processi di valutazione del merito. Occorre altresì una forte determinazione a introdurre anche nel mondo della ricerca pubblica maggiori dosi di concorrenza e di mercato, spingendo il mondo universitario ad una maggiore attenzione alla domanda delle imprese e alle risorse che possono derivare dalla collaborazione con esse; 3. lo sviluppo del capitale di rischio. Il terzo pilastro riguarda la disponibilità di strumenti finanziari per consentire l innovazione, in particolar modo nelle PMI. È necessario che il sistema bancario assuma competenze specifiche per la valutazione e il finanziamento dei progetti di ricerca e innovazione tecnologica. Dobbiamo costruire un tessuto di nuove imprese nei settori ad alta tecnologia che nascano e crescano dal capitale umano disponibile nel nostro Paese. Ciò è possibile solo se un investimento innovativo, ad alto rendimento, viene valutato in modo diverso da un investimento di altro tipo. La Confindustria nello scorso autunno aveva condiviso e apprezzato i progetti del Governo che contenevano un impegno a realizzare una Finanziaria per il 2004 che, tra i propri punti qualificanti, comprendesse per l industria italiana stimolanti prospettive di defiscalizzazione degli investimenti in ricerca e sviluppo nonché degli investimenti direttamente sostenuti in tecnologie digitali e mirati a innovazioni di prodotto, di processo, e organizzative. Le speranze sono state poi parzialmente deluse a causa dell eliminazione dalla legge finanziaria dei sostegni all innovazione digitale delle imprese, eliminazione che ha sostanzialmente svuotato di contenuti la c.d. Tecno-Tremonti. Come abbiamo già detto, l ICT è il volano per l innovazione e lo sviluppo, fattori decisivi per la modernizzazione del Paese e la ripresa della sua competitività: in quest ottica ogni occasione persa rischia di ampliare il gap, che già esiste, tra l Italia e la maggior parte dei paesi dell Unione europea in termini di investimenti volti all innovazione. 5

Nel nostro "Piano di Innovazione Digitale" abbiamo cercato - con la collaborazione di tutte le parti interessate - di individuare le condizioni affinché questo processo di innovazione possa effettivamente decollare. Queste condizioni si riassumono nei seguenti quattro pilastri: 1. Investimenti dei privati (operatori e utenti), opportunamente incentivati da misure ad hoc. Un primo possibile strumento è il rifinanziamento della legge n. 388/2000 per l incentivazione al commercio elettronico, da estendere anche allo sviluppo di iniziative innovative riferite ai sistemi informativi che favoriscano la comunicazione fra imprese. Un ulteriore strada percorribile è quella della creazione di una nuova "legge Sabatini per l innovazione, riprendendo l esempio di questa legge che, a suo tempo, aveva aiutato decine di migliaia di imprese ad ammodernare l apparato produttivo attraverso l acquisto, in prevalenza, di macchinari: oggi si tratterebbe di aumentare la produttività con l uso delle ICT. 2. Investimenti in ICT della PA.C (Pubblica Amministrazione Centrale) e PA.L (Pubblica Amministrazione Locale). Per colmare nel triennio 2004-2006 il gap italiano, ANIE ha quantificando la manovra complessiva necessaria nella misura di 18,9 mld di cui la quota parte spettante agli investimenti della P.A. ammonterebbe a soli 2,8 mld (15% del totale) gran parte dei quali potrebbero essere assorbiti dallo sviluppo del progetto di e-government del MIT. 3. Investimenti in ricerca ed innovazione. Occorre sbloccare gli arretrati e procedere al rifinanziamento del FAR - Fondo Ricerca Applicata e del FIT - Fondo per l Innovazione. D'altro canto occorre ricordare che la nostra industria ICT si contraddistingue per un alto tasso di investimenti in R&S (nel 2001 il comparto degli apparati e sistemi TLC ha investito l 8,2% del proprio fatturato in R&S, contro una media del resto dell industria manifatturiera pari allo 0,7%). 4. Finanziamenti mirati all incentivazione e sviluppo della larga banda, della televisione digitale terrestre e dell IT per la casa. Questi incentivi, già peraltro avviati, sono tutti importanti in quanto il percorso per l alfabetizzazione digitale passa attraverso il potenziamento delle infrastrutture ed adeguate incentivazioni agli acquisti di attrezzature da parte delle famiglie ma anche, e soprattutto, attraverso la formazione sia intesa in un ambito scolastico (studenti e insegnanti), sia rivolta alle imprese decise ad intraprendere percorsi innovativi. 6

In conclusione, riteniamo ormai necessaria una maggiore spinta di carattere culturale e politico per fare dell innovazione tecnologica e digitale uno dei principali obiettivi del Governo perché è sulla qualità e la quantità di ricerca e innovazione tecnologica che saremo capaci di produrre come sistema-paese che ci giochiamo veramente la nostra competitività. Solo così potremo raggiungere quei benefici che l innovazione informatica ha già prodotto in altri Stati tanto nel settore pubblico quanto in quello privato. Per quanto riguarda più specificatamente le imprese stiamo lavorando a stretto contatto con i Ministeri competenti (Attività produttive, Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie e Comunicazioni) per contribuire sia a una diffusione culturale della Società dell Informazione presso le imprese (attraverso una serie di seminari che abbiamo realizzato nel 2003 e che stiamo replicando quest anno), sia alla definizione di strategie e strumenti di incentivazione che spingano le imprese verso approcci tecnologicamente più qualificati. Questo comporta un evoluzione anche da parte del settore dell offerta, alla ricerca di soluzioni che siano maggiormente rispondenti alle esigenze delle PMI, Il recente bando tematico della legge n. 46 sull innovazione ICT è un esempio di cui vi parlerà probabilmente più avanti il Consigliere del Ministro Marzano, dott. Guidoni. Si tratta in buona sostanza di attuare tutti assieme quello che il PID ha definito Patto per l Innovazione del Paese assumendo un impegno, per la seconda parte della corrente legislatura, a dare continuità alle iniziative intraprese con i piani programmatici proposti nel 2003 ed a passare alla fase operativa per le due società legate a Sviluppo Italia, garantendo nel contempo quei flussi minimi di finanziamento la cui onerosità per lo Stato è ragionevolmente sostenibile, come dimostrato dalla simulazioni che sono state svolte sull impatto economico del PID stesso. Poiché uno strumento essenziale per tutto ciò è certamente l incontro dialettico e costruttivo tra le imprese della domanda, quelle dell offerta e gli interlocutori istituzionali, abbiamo chiesto qualche settimana fa ad alcuni Ministri di aprire un tavolo di confronto e coordinamento per la definizione di una Strategia Nazionale per la diffusione dell economia digitale, anche con l'intento di sviluppare le basi per l elaborazione del prossimo documento di programmazione economica (DPEF) e le successive manovre finanziarie. 7

Banca d Italia (Roma, 30 gennaio 2004) Intervento ing. Franco ARZANO (Presidente Commissione Economia Digitale - Confindustria) 1

Spesa ICT in % del PIL (Fonte EITO 2003) 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 9,28 8,37 7,82 7,25 7,14 6,71 6,49 6,43 6,38 6,23 6,11 6,07 5,79 5,61 5,47 6,74 8,48 Svezia Regno Unito Olanda Portogallo Finlandia Danimarca Belgio/Lux Austria Germania Francia Irlanda Norvegia Spagna Grecia Italia Media Ue Stati Uniti 1999 2000 2001 2002 2

Acquisti on-line delle imprese europee (Fonte: Eurostat) Irlanda Germania Danimarca Norvegia Finlandia Inghilterra Svezia Olanda Lussemburgo Austria Portogallo Italia Spagna Grecia Europa 5 9 10 11 15 19 25 26 31 33 37 37 36 35 45 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 3

Vendite on-line delle imprese europee (Fonte: Eurostat) Irlanda Germania Danimarca Olanda Inghilterra Finlandia Austria Svezia Norvegia Lussemburgo Portogallo Spagna Grecia Italia Europa 3 6 6 6 9 10 11 12 14 16 18 23 28 30 40 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 4

Dotazione ICT imprese italiane per dimensione (Fonte: Univ. Bocconi) Dotazione ICT imprese italiane per dimensione 5

Disponibilità dei servizi e-government (Fonte Commissione Europea) 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Svezia 88 61 Irlanda 85 68 Danimarca 82 59 Finlandia 76 66 64 Spagna 50 Francia 63 49 Regno Unito 62 50 Portogallo 59 51 Italia 58 39 Austria 57 40 Olanda 54 37 Grecia 52 39 Germania 48 40 47 Belgio Lussemburgo 23 32 15 2002 2001 6

Western European ICT market annual growth, 1993-2003, in % TLC IT 16 14,5 14 12,7 13,4 12,1 12 10 8 6 4 5,1 8,7 5,6 9,3 7,9 8,5 6,7 8,0 8,6 10,1 10,8 6,4 3,9 5,8 5,1 6,8 8,8 2 2,0 0 1993/92 1994/93 1995/94 1996/95 1997/96 1998/97 1999/98 2000/99 2001/00 2002/01 2003/02 Source: EITO 2002 Market value 2002: 678 billion Euro 7

Western European ICT market annual growth, by segment 2001-2003, in % 2001 2002 2003 12 10 8,0 8,6 10,8 8,7 9,5 8 6,7 6,4 6 4 2 4,5 3,1 0-2 -1,7-0,6-4 -6-4,4 Computer hardware Software & IT Services Telecommunications equipment Carrier services Source: EITO 2002 Market value 2002: 678 billion Euro8

Worldwide ICT market growth by region, 2001-2003, in % 2001 2002 2003 16 14 13,8 12 10 8 7,8 9,4 7,6 7,3 8,7 9,3 6,6 9,8 6 5,1 5,4 5,1 5,3 4,4 4 2 0 0,5 Western Europe USA Japan RoW World Source: EITO 2002 Market value 2002: 2.442 billion Euro 9

Worldwide ICT market growth by region, 2001-2003 in % 2001 2002 2003 16 14 13,8 12 10 8 7,8 9,4 7,6 7,3 8,7 9,3 6,6 9,8 6 5,1 5,4 5,1 5,3 4,4 4 2 0,5 0 Western Europe USA Japan RoW World Source: EITO 2002 Market value 2002: 2.442 billion Euro 10

Utilizzo attuale e previsto di applicazioni di ebusiness rivolte verso l esterno dell azienda Dati Federcomin E-Commerce/on-line banking on-line insurance 31% 8% Ricerche marketing on-line 16% 5% stomer Relationship Management 7% 6% elogistic 6% 3% Supply Chain Management 6% 1% eprocurement 4% 1% Utilizza Prevede 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 11

Utilizzo attuale e previsto di applicazioni di ebusiness rivolte verso l interno dell azienda Dati Federcomin Gestione online dei rapporti col personale Sales Force Automation Enterprise Resource Planning Knowledge Management Collaborative computing, Workflow, Workgroup Gestione online di progetti di R&S elearning Telelavoro 10% 3% 10% 3% 9% 2% 6% 4% 7% 2% 5% 3% 6% 2% 3% 1% 0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% Utilizza Prevede 12