DENISE AMRAM. Riflessioni sui profili processualistici dell addebito e della domanda di risarcimento del danno nel giudizio di separazione personale



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DENISE AMRAM Riflessioni sui profili processualistici dell addebito e della domanda di risarcimento del danno nel giudizio di separazione personale

Cass., 7.12.2007, n. 25618 gionato da cose in custodia, in questa Rivista, 1989, II, 99; Spallarossa, Danno cagionato da cose in custodia, in Alpa-Bessone, La responsabilità civile, nella Giurisprudenza Bigiavi, 2, Utet, 1989, 529; Alpa, Responsabilità per rischio da cose in custodia, in questa Rivista, 1992, I, 88. Per un recente contributo sulla prova per il danneggiato del nesso causale tra cosa in custodia e danno cfr: Nocco, in Resp. e risarc., 2005, n. 4, 37. In tema di danno cagionato da cose in custodia, oltre che sul caso fortuito, recentemente cfr.: Monni, Sul danno cagionato da cose in custodia: caratteri e limiti della responsabilità ex art. 2051 c.c., inriv. giur. sarda, 2001, 749; Laghezza, Responsabilità per cose in custodia, indanno e resp., 2006 19; Russo, Responsabilità da cose in custodia e caso fortuito, inmerito, 2006, n. 9, 10. Meriligia Nardella c CASS. CIV., I sez., 7.12.2007, n. 25618 Conferma App. Roma, 7.2.2003 - Domanda di addebito - Autonomia - Conseguenze - Reconventio reconventionis - Configurabilità - Esclusione (cod. civ., art. 151; cod. proc. civ., artt. 36, 163, 167, 183) Nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la domanda di addebito è autonoma e l iniziativa di un coniuge di richiedere la dichiarazione di addebitabilità della separazione all altro coniuge, anche sotto l aspetto procedimentale, non è mera deduzione difensiva o semplice sviluppo logico della contesa instaurata con la domanda di separazione, tanto che, se presa dalla parte attrice, deve essere inserita nell atto introduttivo del giudizio, esorbitando dalla semplice «emendatio libelli» consentita in corso di causa, e, se presa dalla parte convenuta, è soggetta ai tempi ed ai modi della riconvenzionale, con la conseguenza che non è configurabile la «reconventio reconventionis». dal testo: Il fatto. Con ricorso in data 28 ottobre 1996, il prof. B.C. U. chiese al Tribunale di Roma di dichiarare la sua separazione personale dalla moglie, C.I., con la quale aveva contratto matrimonio in data 9 giugno 1972. Si costituì in giudizio la resistente, chiedendo l assegnazione della casa coniugale e l attribuzione di un assegno di mantenimento ed inoltre, dinanzi al giudice istruttore, l addebito della separazione al coniuge. Il ricorrente, in via riconvenzionale, chiese a sua volta l addebito della separazione alla moglie. Il Tribunale, con sentenza del 3 marzo 1999, pronunciò la separazione personale tra i coniugi, dichiarando inammissibili le reciproche domande di addebito, quella della C. per non essere stata introdotta al momento della costituzione dinanzi al Presidente, e quella del B.C. in conseguenza della inammissibilità della prima, ed assegnò la casa familiare al marito, disponendo che egli provvedesse integralmente al mantenimento dei due figli, con lui conviventi, e che corrispondesse alla moglie per il suo mantenimento un assegno mensile di L. 4.000.000. 2. - Avverso la predetta sentenza propose appello la C., deducendo la erroneità della dichiarazione di inammissibilità della domanda di addebito dalla stessa ritualmente avanzata in via riconvenzionale, e sulla quale la controparte aveva accettato il contraddittorio, e chiedendo, quindi, l addebito della separazione al coniuge e l attribuzione in suo favore della somma di L. 16.000.000 mensili. L appellato, costituitosi in giudizio, chiese di respingere in toto l appello, e, in via subordinata, di decidere secondo giustizia in merito alla inammissibilità, dichiarata dal Tribunale, della domanda di addebito proposta dalla moglie, e, in caso di ritenuta ammissibilità della stessa, di respingerla e di addebitare la separazione alla C., respingendo la sua domanda di aumento dell assegno da NGCC 2008 - Parte prima 987

Cass., 7.12.2007, n. 25618 lui dovutole; propose, inoltre, appello incidentale chiedendo che detto assegno venisse ridotto a L. 2.000.000 mensili, o alla diversa somma ritenuta di giustizia. (Omissis) La Corte d appello di Roma, con sentenza depositata il 7 febbraio 2003, in parziale accoglimento dell appello principale, dichiarò la separazione addebitabile al B.C., ed elevò la misura dell assegno dallo stesso dovuto alla C. ad Euro 4.500,00 mensili. Rilevato che la domanda riconvenzionale di addebito è tempestivamente introdotta con la comparsa di risposta in sede di costituzione davanti al giudice istruttore, anche se non formulata nella fase preliminare innanzi al Presidente del tribunale, sicché la domanda della C. doveva essere esaminata nel merito, ritenne il giudice di seconde cure accertata la violazione grave dei doveri coniugali da parte del B.C., che aveva ammesso nella comparsa di risposta in sede di appello, ribadendo la dichiarazione resa all udienza presidenziale del 13 febbraio 1997, di avere dal marzo del 1995, e, quindi, da data anteriore all inizio del giudizio di separazione, una relazione extraconiugale di dominio pubblico con una donna dalla quale il 7 aprile 2000 era nata una bambina. La relazione, che, sottolineò la Corte, era stata intrattenuta con modalità potenzialmente pregiudizievoli alla dignità e al decoro della C., era da considerare causa prevalente della crisi coniugale, tenuto anche conto della mancata emersione di significativi elementi di prova in ordine ad eventuali comportamenti antidoverosi della moglie. Peraltro, osservò la Corte, la domanda di addebito proposta dal coniuge, reiterata in sede di giudizio di appello, sia pure in via subordinata, non poteva essere esaminata, in quanto quest ultimo non aveva proposto impugnazione avverso la declaratoria di inammissibilità della sua reconventio reconventionis. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il B.C., affidandosi a tre motivi, illustrati anche da successiva memoria. Ha resistito con controricorso la C., che, nella imminenza della udienza, ha depositato una memoria illustrativa. I motivi. 1. - Con il primo motivo di ricorso, si lamenta violazione e falsa applicazione dell art. 151 cod. civ. nonché omessa e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia. La Corte di merito, nell addebitare la separazione all attuale ricorrente sulla base della sola esistenza di una sua relazione extraconiugale da lui stesso ammessa con la precisazione che il matrimonio era naufragato prima del suo inizio a causa del comportamento della C., avrebbe omesso di compiere alcuna attività istruttoria in ordine al comportamento tenuto reciprocamente dai coniugi, trascurando, così, di specificare l iter logico-giuridico seguito per pervenire alla conclusione secondo la quale proprio la condotta del B.C. fosse stata la causa, e non la conseguenza, della crisi matrimoniale. E ciò in contraddizione con i principi enunciati nella motivazione della stessa sentenza, in cui il giudice di seconde cure aveva ricordato che la pronuncia di addebito postula l accertamento, oltre che della violazione grave dei doveri coniugali indicati all art. 143 cod. civ., altresì della ricollegabilità ad essa della situazione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza. 2.1. - La censura non è meritevole di accoglimento. 2.2. - Deve premettersi sul punto che, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare, in tema di separazione tra coniugi, l inosservanza dell obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (v., tra le altre, Cass., sent. n. 8512 del 2006). 2.3. - Nella specie, risulta corretta, alla stregua del richiamato principio, la valutazione operata dalla Corte di merito in ordine alla sussistenza, nel comportamento del B.C., di una grave violazione dei propri obblighi coniugali, nonché della efficacia causale di detto comportamento nella crisi del suo matrimonio con la C. Al riguardo, il giudice di secondo grado ha 988 NGCC 2008 - Parte prima

Cass., 7.12.2007, n. 25618 posto l accento sulle ammissioni rese dallo stesso B., a conferma di quanto già dallo stesso dichiarato all udienza presidenziale del 13 febbraio 1997, nella comparsa di risposta depositata nel giudizio di appello, relative alla relazione pubblica extraconiugale da lui intrattenuta sin dal mese di marzo del 1995, sottolineando l anteriorità dell instaurazione di tale rapporto sentimentale alla richiesta di separazione, avanzata dal ricorrente solo il 28 ottobre 1996: ciò che rende, in assenza di una consolidata separazione di fatto dalla moglie all epoca, particolarmente grave la violazione dell obbligo di fedeltà da parte del ricorrente. La Corte capitolina ha, poi, evidenziato le forme esteriori in cui la relazione di cui si tratta si era svolta, con modalità giudicate potenzialmente pregiudizievoli alla dignità e al decoro della C., traendone argomento, con motivazione logica e scevra da errori logico-giuridici, per concludere nel senso della riconducibilità essenzialmente a detta condotta della crisi coniugale. 2.4. - Né detta conclusione risulta censurabile, come ipotizzato dal ricorrente, alla stregua della lamentata obliterazione dell esame della condotta della C. La Corte di merito, al contrario, si è fatta carico della necessaria valutazione globale dei reciproci comportamenti dei coniugi, pervenendo, peraltro, sulla base delle risultanze processuali, al convincimento, non sindacabile nella presente sede siccome non affetto da illogicità, della insussistenza di elementi di prova in ordine ad una pretesa condotta antidoverosa della C. 3. - Con la seconda censura, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 333, 343 e 183 cod. proc. civ. Avrebbe errato la Corte di merito, una volta ritenuta ammissibile la domanda riconvenzionale di addebito proposta dalla C., ad escludere che quella, reiterata in sede di giudizio di appello, sia pure in via subordinata, dal B.C., di addebito della separazione alla moglie potesse essere autonomamente esaminata per non avere lo stesso proposto impugnazione avverso la declaratoria di inammissibilità della sua reconventio reconventionis. L attuale ricorrente non aveva ragione di impugnare in via incidentale detta declaratoria, ben potendo limitarsi, come aveva fatto, a riproporre la domanda, in via subordinata, per il caso di pronuncia positiva sull ammissibilità della riconvenzionale di controparte, al fine di evitare la presunzione di rinuncia ai sensi dell art. 346 cod. proc. civ. 4.1. - Anche tale censura è infondata. 4.2. - In realtà, ancor prima che la mancata impugnazione della declaratoria di inammissibilità della reconventio reconventionis, individuata dalla Corte di merito quale ragione di inammissibilità della domanda di addebito della separazione proposta dall attuale ricorrente, è la non configurabilità, nella specie, di una reconventio reconventionis a determinare un tale effetto: ed infatti, nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la domanda di addebito è autonoma e l iniziativa di un coniuge di richiedere la dichiarazione di addebitabilità della separazione all altro coniuge, anche sotto l aspetto procedimentale, non è mera deduzione difensiva o semplice sviluppo logico della contesa instaurata con la domanda di separazione, tanto che, se presa dalla parte attrice, deve essere inserita nell atto introduttivo del giudizio (v., da ultimo, Cass., sent. n. 2818 del 2006). 5. - Con il terzo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 156, 2727 e 2729 cod. civ. e omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, nonché illogicità della motivazione in tema di quantificazione dell assegno di mantenimento e omessa valutazione delle prove acquisite agli atti. La Corte territoriale si sarebbe basata, nella determinazione della somma a tale titolo dovuta alla C. in Euro 4500,00 mensili, non già sulle risultanze documentali, ma su apodittiche, indimostrate ed offensive presunzioni, carenti dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall invocato art. 2729 cod. civ. Essa avrebbe ignorato la circostanza della flessione dei propri redditi a decorrere dal 1994, dimostrata dall attuale ricorrente attraverso una ampia produzione documentale, ed arbitrariamente ritenuto la tendenza del B.C. alla elusione fiscale sulla sola base della dichiarazione resa dallo stesso in sede di comparsa di risposta nel giudizio di appello, nella quale il predetto, nell illustrare il sistema di organizzazione del patrimonio familiare, aveva attestato di avere offerto alla moglie, in costanza di matrimonio, di collaborare stabilmente nella gestione delle sue società, fissandone la retribuzione sulla base di NGCC 2008 - Parte prima 989

Cass., 7.12.2007, n. 25618 una suddivisione dei redditi e non del valore effettivo della prestazione, per abbassare l aliquota fiscale. Né il rilievo di tale tendenza risulterebbe accompagnato da una attendibile ricostruzione della complessiva situazione reddituale del ricorrente, non avendo la Corte fornito alcuna indicazione dei criteri seguiti per la quantificazione dell assegno, ed in particolare non avendo essa chiarito come dalla assunta propensione del B.C. ad eludere le disposizioni fiscali potesse aver fatto discendere il convincimento che i redditi dello stesso fossero tali da giustificare la imposizione a suo carico di un assegno di Euro 4500,00 mensili per il mantenimento della moglie. Ancora, la decisione censurata, nel sottolineare l accumulo di risparmi del ricorrente, aveva obliterato la circostanza che essi erano stati reinvestiti nell acquisto di un appartamento per ciascuno dei figli, e che inoltre il B.C. aveva consegnato alla moglie la somma di L. 200.000.000 in cambio della cessione al figlio delle quote della società Help s.p.a. La Corte avrebbe, poi, errato nel minimizzare, ai fini della valutazione della capacità di reddito del B.C., la patologia dalla quale lo stesso era affetto; così come nell escludere, nonostante le deduzioni del ricorrente ed in assenza di istruttoria sul punto, che la C. disponesse di una occupazione stabile. 6.1. - Anche tale censura è infondata. 6.2. - La Corte di merito ha fatto buon governo dei principi in materia di quantificazione dell assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole. Premesso che, ai fini del riconoscimento del diritto al mantenimento a favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, è necessario che questi sia privo di redditi che gli consentano di godere di un tenore di vita analogo a quello tenuto in costanza di matrimonio, e che sussista una differenza di reddito tra i coniugi, la Corte capitolina ha analiticamente esaminato la posizione reddituale e patrimoniale dell appellante e dell appellato, inferendone la esistenza di un notevole divario tra la condizione del B.C. e quella della C., e, quindi, la necessità di attribuire a quest ultima, in funzione riequilibratrice, un adeguato assegno di mantenimento, la cui entità ha ritenuto di determinare in Euro 4500,00 mensili, tenuto conto, oltre che dei predetti elementi, della durata del matrimonio e del contributo apportato dalla donna alla formazione del patrimonio del coniuge, elementi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, integrano parametri utilizzabili in occasione della quantificazione dell assegno di mantenimento in caso di separazione personale (v., tra le altre, Cass., sent. n. 20838 del 2004). 6.3. - Così ricostruito il tessuto motivazionale della decisione censurata ed il quadro probatorio tenuto presente nella decisione, va, per un verso, ricordato, che, ai fini che nella presente sede rilevano, non risulta necessario un accertamento dei redditi percepiti dai coniugi nel loro esatto ammontare, risultando, invece, sufficiente una attendibile ricostruzione delle situazioni patrimoniali complessive di entrambi (v., tra le altre, Case., sent. n. 3974 del 2002); per l altro, va sottolineato che il riferimento, contenuto nella sentenza censurata, alla inclinazione del B. C. ad eludere le disposizioni fiscali costituisce non già il punto di partenza, ma piuttosto l esito dell apprezzamento della entità del divario reddituale tra le parti, compiuto dalla Corte territoriale, nell esercizio dei poteri ad essa spettanti in via esclusiva, e argomentato alla stregua, come si è visto, dell esame di una serie di elementi, valutati in modo corretto sul piano logico giuridico. Risulta, in tal modo, destituita di fondamento la censura relativa alla mancata indicazione dei criteri adottati per la quantificazione dell assegno. 6.4. - In tale quadro, non è esatto neanche che il giudice di seconde cure abbia trascurato di considerare la diminuzione di reddito del B.C. conseguente alle sue deteriorate condizioni di salute. La Corte ha, infatti, al riguardo ragionevolmente ritenuto, alla stregua della documentazione medica dallo stesso prodotta, che dette condizioni, se pur idonee a determinare una riduzione del reddito da lui prodotto, non fossero comunque tali da incidere significativamente sul divario patrimoniale tra le parti. 6.5. - Né assume alcun rilievo, contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, la pretesa mancata considerazione, da parte della Corte di merito, della destinazione data dal ricorrente ai risparmi accumulati nel tempo, con l acquisto di un appartamento a ciascuno dei figli e la dazione alla moglie di una somma di circa L. 200 milioni. Ed infatti, da un lato, la citata 990 NGCC 2008 - Parte prima

Cass., 7.12.2007, n. 25618 - Commento somma è stata espressamente presa in considerazione nella ricostruzione delle condizioni economiche della C.; dall altro, e in via generale, il riferimento operato dalla Corte ai risparmi del B. C. risulta finalizzato essenzialmente alla dimostrazione della continuità dei flussi reddituali dello stesso e degli ulteriori redditi da essi scaturenti, a riprova della disparità economica esistente tra le parti, e del sicuro, e rilevante, deterioramento della situazione della moglie per effetto della crisi coniugale, avuto anche riguardo alla circostanza che la stessa non disponeva di una occupazione stabile. 6.6. - Con riferimento a tale ultima circostanza, deve, poi, sottolinearsi la spettanza esclusiva alla Corte di merito dell apprezzamento in ordine alla inesistenza di alcuna prova della prestazione, da parte della C., di attività lavorativa, sostenuta dal ricorrente. 7. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente, siccome soccombente, deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo. (Omissis) [Luccioli Presidente San Giorgio Estensore Caliendo P.M. (concl. conf.). B.C.U. (avv. Del Bufalo) C.I. (avv. Merla)] Nota di commento: «Riflessioni sui profili processualistici dell addebito e della domanda di risarcimento del danno nel giudizio di separazione personale» I. Il caso Nell ottobre 1996, un coniuge ricorreva innanzi al Tribunale di Roma per la dichiarazione di separazione personale dalla propria moglie, la quale si costituiva in giudizio, richiedendo al giudice istruttore, oltre all assegnazione della casa coniugale e all assegno di mantenimento, di addebitare il venir meno della comunione materiale e spirituale al ricorrente. Quest ultimo, a sua volta, proponeva in via riconvenzionale analoga richiesta nei confronti della resistente. In primo grado le due domande di addebito erano dichiarate inammissibili: la prima per tardività della proposizione, la seconda in conseguenza dell inammissibilità della prima. La Corte di Appello di Roma dichiarava la separazione addebitabile al marito (rinvenendo che la gravità del di lui comportamento infedele aveva inevitabilmente reso intollerabile la convivenza), sulla considerazione della tempestività con cui la domanda riconvenzionale di addebito proposta dalla moglie era stata introdotta in giudizio, e cioè attraverso la comparsa di risposta in sede di costituzione davanti al giudice istruttore. Nel giudizio di terzo grado, la Corte di Cassazione affronta la problematica relativa alla proponibilità della reconventio reconventionis avente ad oggetto la domanda di addebito nella separazione personale dei coniugi. Rilevando l autonomia della richiesta di separazione personale da quella di addebito ed evidenziando la natura prettamente attorea e non difensiva di quest ultima, il S.C. ha escluso la configurabilità di una simile pretesa in via controriconvenzionale, individuando così il momento preclusivo per la sua proposizione nel ricorso introduttivo. II. Le questioni 1. Tardività della domanda di addebito prima e dopo la legge n. 80 del 14.5.2005. A lungo si è dibattuto, tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza, sul rapporto esistente fra la pronuncia di separazione personale e quella di addebito. Le sezioni unite, con sentenza 3.12.2001, n. 15248, infra, sez. III, hanno fatto chiarezza sul punto, accogliendo l orientamento proposto da una parte delle corti di merito degli anni novanta che, discostandosi dalle contemporanee decisioni di legittimità, ammettevano l emanazione di una sentenza non definitiva di separazione e disponevano la prosecuzione del giudizio per l accertamento dei requisiti per la pronuncia di addebito. Preso atto della scindibilità dei due giudizi, la giurisprudenza successiva all intervento delle sezioni unite ha provveduto ad applicare alla richiesta di addebito la normativa prevista per la proposizione di nuove domande in giudizio. A tal proposito, Cass., 10.6.2005, n. 12284, infra, sez. III, ha statuito che l istanza di addebito «soggiace alle regole ed alle preclusioni stabilite per le domande». La sentenza in commento, invece, se da un lato si sia semplicemente limitata a considerare l addebito un autonoma domanda rispetto alla separazione, dall altro ha connotato di specialità la disciplina da applicargli in relazione alla sua proponibilità in via riconvenzionale (infra, sez. II, sub 2). Il dibattito non sembra dunque essersi esaurito completamente. Anche alcuni aa., pur riconoscendo la possibilità di pronunciare la separazione e permettere la prosecuzione del processo per determinarne la responsabilità, preferiscono continuare a porre l accento sul rapporto di causalità che lega le due richieste, definendo così l addebito una domanda accessoria ed eventuale (Salvaneschi, 179, infra, sez. IV), non potendo essa formare NGCC 2008 - Parte prima 991

Cass., 7.12.2007, n. 25618 - Commento oggetto di un giudizio diverso da quello di separazione personale dei coniugi. Simili considerazioni costituiscono le basi per un analisi critica dei profili processualistici trattati dalla pronuncia in epigrafe, la quale, riferendosi al rito di separazione e divorzio precedente alla novella della l. 14.5.2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali) affronta la tematica relativa alle preclusioni. In particolare, stabilisce che l attorea richiesta di addebito «deve essere inserita nell atto introduttivo del giudizio», cioè nel ricorso dinnanzi al Presidente del Tribunale. In tal senso, per l attore non si configura alcuna possibilità di replica al convenuto che, in via riconvenzionale, richieda al giudice di attribuire al primo la responsabilità della crisi familiare. Una tale soluzione risponde all esigenza di determinare le domande (e quindi l oggetto del giudizio) fin dal ricorso introduttivo, al fine di non mutare i fatti in una fase già avanzata dello stesso. Nel corso degli anni sono stati attribuiti molteplici valori all udienza presidenziale, soprattutto con riferimento alla fase successiva del giudizio dinnanzi al giudice istruttore. Prima della riforma del 1975 si ammetteva che il convenuto potesse proporre domanda riconvenzionale di separazione per colpa del coniuge attore o per colpa comune nella prima difesa, e cioè nella comparsa di costituzione e non nell ulteriore corso del giudizio (Trib. Torino, 22.10.1947, infra, sez. III). Successivamente, il convenuto poteva proporre domanda di addebito della separazione nei confronti dell altro coniuge solo nel primo atto difensivo, poiché, in forza di principi generali, si riteneva inammissibile una domanda nuova di addebito nel corso del giudizio. Unica deroga a tale meccanismo era costituita dalla reconventio reconventionis. Il mancato coordinamento delle norme processuali riformate dalla l. 26.11.1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile) con i processi speciali di separazione e divorzio ha portato parte della giurisprudenza, in particolare il Tribunale di Milano, a fornire un interpretazione monofasica di quest ultimi, indicata dai commentatori come rito ambrosiano (Mandrioli, infra, sez. IV). La percezione di un continuum fra le due fasi del processo di separazione e divorzio comportava la necessità di scoprire tutte le carte nel ricorso introduttivo, poiché l udienza presidenziale costituiva il momento in cui si determinavano tutti gli effetti processuali e sostanziali della domanda: era infatti onere del Presidente del Tribunale compiere le attività di cui all art. 180 cod. proc. civ. Pertanto sia la richiesta di mantenimento che quella di addebito andavano articolate sin dal ricorso, salva la possibilità di introdurle mediante reconventio reconventionis (D Ascola, 15, e Carbone, Un rito per i giudizi di separazione, 269, entrambi infra, sez. IV). La sentenza in epigrafe, dunque, recupera in parte le ragioni poste a fondamento del rito ambrosiano, negandone, tuttavia, l eccezione e, cioè, la proponibilità della controriconvenzionale. L inaspettata chiusura verso quest ultima trova la propria origine nella massima della richiamata sentenza Cass., 8.2.2006, n. 2818, infra, sez. III, secondo cui la domanda di addebito «anche sotto l aspetto procedimentale, non è mera deduzione difensiva o semplice sviluppo logico della contesa instaurata con la domanda di separazione». In un ottica radicalmente opposta si pongono sia la visione di quegli aa. che negano l applicabilità degli artt. 166, 180 e 183 cod. proc. civ. al procedimento di separazione e divorzio, considerando il limite dell art. 187 cod. proc. civ. per il decorso delle preclusioni relative alla costituzione e alla proposizione delle domande accessorie (Cipriani, 383, infra, sez. IV); sia l orientamento accolto nel 2002 dal S.C. (Cass., 25.7.2002, n. 10914 e Cass., 22.12.2002, n. 16066, infra, sez. III), che, scindendo le due fasi processuali, attribuisce solo a quella dinnanzi al giudice istruttore i connotati tipici della prima udienza di comparizione ai sensi dell art. 180 cod. proc. civ., facendo scattare solo da questo momento tutte le preclusioni. Meno distante dalla pronuncia in commento risulta la ricostruzione di quegli aa. che considerano la fase presidenziale idonea a far scattare le preclusioni solo in presenza di entrambe le parti, mentre, in caso di mancata costituzione del convenuto, considerano la specialità del rito di separazione e divorzio quale fatto impeditivo del verificarsi di tale effetto fino al giudizio istruttorio (Tommaseo, Il procedimento di divorzio, 147, infra, sez. IV). Su tale scia si pone la soluzione che Cass., 7.2.2000, n. 1332, infra, sez. III, ha dato, seppur a livello di obiter dictum, all analoga questione del termine per la proposizione della riconvenzionale avente ad oggetto l ottenimento dell assegno di divorzio, individuandolo nei venti giorni precedenti l udienza di prima comparizione davanti al giudice istruttore. Alla luce di tali osservazioni, la sentenza in epigrafe, oltre a non aderire completamente ad alcuna delle ricostruzioni precedenti, non coglie nemmeno l occasione per trarre insegnamento dalle modifiche apportate al codice di rito nel 2005. Per i ricorsi successivi al 1 o marzo 2006, l editio actionis assume i connotati di una fattispecie a formazione progressiva (Tommaseo, Il procedimento di divor- 992 NGCC 2008 - Parte prima

Cass., 7.12.2007, n. 25618 - Commento zio, infra, sez. IV), il cui completamento è differito, secondo il nuovo art. 709, comma 3 o, cod. proc. civ., al termine fissato dal giudice per il deposito di una memoria integrativa in cui sia individuato l oggetto della domanda ai sensi dell art. 163, comma 3 o, nn. 2-6. Risulta perciò questo il momento successivamente al quale al ricorrente resterebbe preclusa la possibilità di proporre la domanda di addebito. Inoltre, essendo garantito (in virtù dell art. 76 disp. att. cod. proc. civ.) l accesso al fascicolo di parte anche al convenuto non costituito, il principio del contraddittorio si ritiene pienamente rispettato anche dalla presentazione di un ricorso privo di difese esaustive. Le affermazioni della pronuncia in epigrafe imporrebbero inoltre al convenuto l obbligo di costituzione all udienza presidenziale e di immediata proposizione della domanda riconvenzionale. Se così fosse, verrebbe vanificata la struttura del processo di separazione personale dei coniugi, in cui, in realtà, il contenzioso si apre solo di fronte al giudice istruttore e in conseguenza del fallimento del tentativo di conciliazione esperito durante la fase presidenziale. Poiché la fase dinnanzi al Presidente del Tribunale mira ad ottenere la riconciliazione fra i coniugi, o quanto meno la composizione consensuale del procedimento contenzioso (si vedano Navarrini, 317, e Fazio, 11, entrambi infra, sez. IV), e non, dunque, ad instaurare il contraddittorio alla stregua dell odierno art. 183 cod. proc. civ. (già art. 180 cod. proc. civ.), conseguenze dirette di una simile applicazione sono, senza dubbio, l inasprimento del conflitto fra le parti e il venir meno di ogni speranza di superamento della crisi matrimoniale (ciò non toglie che, in alcuni casi, al coniuge sia consigliabile proporre l addebito contestualmente al ricorso introduttivo, dietro la considerazione del potere attribuito al Presidente di adottare gli opportuni provvedimenti, con la consapevolezza che si tratti di una facoltà e non di un onere). Per di più,l impossibilità di riconoscere al ricorrente il diritto di proporre una reconventio reconventionis dà adito ad ulteriori perplessità, in quanto colui che presenta ricorso per separazione personale senza addebitare la responsabilità della crisi al convenuto, di fatto, si troverebbe in una posizione di inferiorità processuale rispetto al coniuge convenuto che, legittimato in via riconvenzionale, richieda l addebito. Qualora tale orientamento si consolidasse anche nelle pronunce relative a ricorsi presentati dopo il primo marzo 2006, ogni ricorrente, trovandosi nelle more di un giudizio (e non di un accordo da omologare), poichéèsempre meglio prevenire le mosse dell avversario, piuttosto che subirne le conseguenze, avanzerebbe sempre e comunque l istanza di addebito. 2. Questioni relative alla domanda di risarcimento del danno intrafamiliare. L attribuzione della responsabilità della crisi familiare può formare oggetto non solo di una domanda di addebito della separazione, ma anche di una richiesta di risarcimento del danno c.d. intrafamiliare, qualora la violazione dei doveri coniugali abbia arrecato ingiusti pregiudizi al coniuge. Sotto tale prospettiva, il dibattito relativo agli aspetti processuali della proposizione dell addebito non può che influenzare quello relativo all ammissibilità o meno della richiesta di risarcimento del danno intrafamiliare nel processo di separazione o divorzio. Il risarcimento del danno da illecito inter coniuges ha come presupposto la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio di cui all art. 143 cod. civ., in tal senso il campo di indagine del giudice sarà il medesimo della pronuncia di addebito: di tale avviso è il Trib. Firenze, 23.3.2003, infra, sez. III, che ha ritenuto la richiesta di risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ. «accessoria e strettamente connessa alla domanda di addebito», consentendone il simultaneus processus nell ambito dei procedimenti di separazione e divorzio perché «qualificata ai sensi e per gli effetti dell art. 40 cod. proc. civ.». Una simile ricostruzione è ostacolata da una consolidata giurisprudenza che nega l ammissibilità delle domande connesse nei giudizi di separazione e divorzio (in quanto soggetti al rito speciale camerale) in mancanza di una connessione forte ai sensi degli artt. 31, 32, 34, 35, 36 cod. proc. civ. Non rientrando nelle suddette ipotesi, rispetto alla domanda principale, l azione di risarcimento del danno sarebbe dunque soggetta alla cognizione piena di un separato giudizio. In tal modo, però, si vanificherebbe la indubbia affinità che lega l addebito della separazione al risarcimento del danno intrafamiliare, pregiudicando notevolmente le esigenze di economia processuale che caratterizzano la disciplina del cumulo. Una soluzione intermedia, in virtù della parziale coincidenza con la causa petendi dell addebito, potrebbe essere rinvenuta nella trattazione congiunta della fase istruttoria e successiva disposizione della separazione delle cause per la fase decisoria (Picardi, 1676, infra, sez. IV). In definitiva, il cumulo tra separazione personale e risarcimento del danno intrafamiliare sarebbe possibile solo in presenza di una richiesta di addebito della separazione, che ne giustifichi l unitarietà della fase istruttoria, restando salva la possibilità di rimettere la decisione sul risarcimento del danno al giudice monocratico. A ben vedere, la c.d. specialità del rito di separazione, che impedisce il cumulo oggettivo delle azioni promosse tra gli stessi attori e convenuti ex art. 104 cod. proc. civ., consiste nella previsione della fase presidenziale (che, come sopra specificato, non ha carattere contenzioso, in quanto finalizzata all espe- NGCC 2008 - Parte prima 993

Cass., 7.12.2007, n. 25618 - Commento rimento del tentativo di conciliazione, che ben potrebbe ripetersi ai sensi dell art. 183, comma 3 o, cod. proc. civ.) e nell applicazione del rito camerale anche nel processo di appello. Se a ciò si somma che l inammissibilità del simultaneus processus deve essere eccepita o rilevata d ufficio entro la prima udienza (ovvero in caso di mancata eccezione la trattazione unitaria prosegue fino alla sentenza), le ragioni per escludere il cumulo tra la domanda di separazione personale e quella di risarcimento del danno tendono a dissolversi. Tale prospettiva, che rende possibile il cumulo tra il ricorso per separazione personale e la domanda di risarcimento del danno, salva la necessità di trattare il giudizio di appello con rito ordinario, permetterebbe di compiere un passo ulteriore, cioè di svincolare la domanda di risarcimento del danno intrafamiliare da quella di addebito. Poiché gli effetti da quest ultimo prodotti incidono esclusivamente sulla sfera del coniuge responsabile della separazione, non ristorando in alcun modo l altro per i pregiudizi subiti, potrebbe sussistere un interesse alla separazione personale e all ottenimento del risarcimento del danno, senza che ciò comporti il venir meno dei diritti successori, del diritto al mantenimento, etc. Ciò si potrebbe verificare qualora ad adire alla tutela risarcitoria sia il coniuge debole, che, per la propria situazione patrimoniale, mai si troverebbe a dover corrispondere un assegno di mantenimento, decidendo così di non aggravare la crisi coniugale con la richiesta di addebito, pur tuttavia senza rinunciare alla compensazione dei danni patiti. Sia che si consideri la richiesta di risarcimento vincolata alla domanda di addebito, sia che si aderisca all ultima soluzione prospettata, si ritengono estensibili le precedenti osservazioni sulle modalità e sui tempi di proposizione. Perciò, secondo la normativa attualmente vigente, il termine ultimo per presentare la domanda di risarcimento del danno per violazione dei doveri coniugali all interno del processo di separazione e divorzio sarebbe costituito dal deposito della memoria integrativa di cui all art. 709, comma 3 o, cod. proc. civ. Diverse risultano le problematiche processuali relative all ipotesi di risarcimento del danno intrafamiliare disciplinata dal legislatore nell art. 709 ter, comma 2 o,nn.2e3,cod. proc. civ. Secondo tali norme, il giudice del procedimento in corso (id est il giudice istruttore, per l orientamento maggioritario) accerta le inadempienze nell esplicazione delle modalità di affidamento della prole e il pregiudizio subito dal minore o dall altro coniuge a causa del comportamento del convenuto. Alcune perplessità sono state sollevate allorquando il danneggiato sia il minore e l istanza ex art. 709 ter cod. proc. civ. venga presentata in corso di un processo di separazione o divorzio tra i genitori. Si obietta, infatti, che il minore non avrebbe la legittimazione ad intervenire in tale processo, da cui la considerazione che il giudice possa condannare d ufficio al risarcimento del danno in favore dello stesso. Tuttavia, è da notarsi che giammai il minore è legittimato a prendere parte ad un processo, dovendosi far rappresentare dal genitore, che in tal caso sarà quello non inadempiente. Altro nodo da sciogliere è il richiamo presente nell ult. comma dell art. 709 ter cod. proc. civ. all art. 710 cod. proc. civ., che attribuisce al procedimento in questione il rito camerale, anche qualora non siano in corso dei procedimenti di separazione e divorzio tra le parti. In tale ultima ipotesi, competente ad emanare i provvedimenti ex art. 709 ter cod. proc. civ. potrebbe essere il giudice tutelare. Infatti, essendo colui che, ai sensi dell art. 337 cod. civ., ha il compito di vigilare sull osservanza delle condizioni per l esercizio della potestà genitoriale, ben potrebbe tale attività estendersi all attuazione dei provvedimenti in materia di affidamento della prole (Danovi, L affidamento condiviso, 1903, infra, sez. IV). Avvalora una tale argomentazione l interpretazione che la giurisprudenza di legittimità ha dato all art. 337 cod. civ. nella sentenza 3.11.2000, n. 14360, infra, sez. III, per la quale al g.t. compete la vigilanza sull attuazione dei provvedimenti emanati «sia dal tribunale per i minorenni per l esercizio della potestà e l amministrazione dei beni che dal tribunale ordinario per l affidamento della prole in sede di separazione tra i coniugi», incontrando il limite nell esercizio «di poteri decisori, che non siano meramente applicativi delle condizioni di separazione». Un obiezione potrebbe essere sollevata, invece, dal dato normativo dell art. 6, comma 10 o, l. sul divorzio, che attribuisce al giudice di merito tale competenza, rendendo il giudice tutelare mero custode dei provvedimenti presi dal primo. In realtà, il suo superamento è agevole dal momento che la competenza del g.t. sorge successivamente a quella del g.i., ovvero solo allorquando le cause di separazione e divorzio non siano più pendenti. III. I precedenti 1. Tardività della domanda di addebito prima e dopo la legge n. 80 del 14.5.2005. Per l orientamento contrario alla scissione del giudizio di separazione personale da quello di addebito, si vedano: Cass., 17.3.1995, n. 3098, in Giur. it., 1996, I, 1, 68, con nota di Lenti; Cass., 7.12.1994, n. 10512, in Mass. Giust. civ., 1994. A favore della scindibilità, si ricordano, ex multis: App. Roma, 28.4.1997, in Giust. civ., 1997, I, 3215, con nota di Giacobbe; App. Milano, 13.5.1994, in questa Rivista, 1995, I, 736, con nota di Rimini; Trib. Milano, 29.9.1994, 994 NGCC 2008 - Parte prima

Cass., 7.12.2007, n. 25618 - Commento ivi, 1996, I, 83, con nota di Titta; Cass., 3.12.2001, n. 15248, in Familia, 2002, 1136, con note di Dogliotti e Neri; Cass., 10.6.2005, n. 12284, in Riv. dir. proc., 2006, 1115, con nota di Violante, ein questa Rivista, 2002, I, 419. Per l assoggettamento dell addebito al regime delle nuove domande Cass., 10.6.2005, n. 12284, in Guida al dir., 2005, n. 31, 56. Prima della riforma del diritto della famiglia, si vedano Cass., 5.7.1978, n. 3346, in Mass. Foro it., 1978, e Trib. Torino, 22.10.1947, in Foro it., 1948, I, 582. Per un orientamento contrario alla sentenza in epigrafe: Cass., 25.7.2002, n. 10914, in Fam. e dir., 594, con nota di Frassinetti, Ancora sulla fase introduttiva del procedimento di divorzio; Cass., 22.12.2002, n. 16066, in Mass. Foro it., 2002; Cass., 10.3.2004, n. 4903, in Giur. it., 2004, 2272, con nota di Carbone, La fase introduttiva nei giudizi della crisi coniugale: istanze nomofilattiche e prospettive de iure condendo,e Cass., 4.8.2004, n. 14932, in Mass. Foro it., 2004; nel merito Trib. Lucca, 15.7.1996, in Giur. it., 1996, I, 2, 625 ss., con nota di Luiso, Ancora sulla fase introduttiva della separazione e del divorzio dopo la riforma del c.p.c.; Cass., 7.2.2000, n. 1332, in Foro it., 2002, I, 283, con nota di Cipriani, Sulle domande di addebito e di divorzio; Trib. Roma, 26.1.2000, ivi, 2000, I, 3010, e Trib. Napoli, 12.2.1997, in Gius, 1997, 1399. Conformi alla sentenza in commento: Cass., 8.2.2006, n. 2818, in Mass. Foro it., 2006, e Cass., sez. lav., 6.6.2007, n. 13276, in Mass. Giur. it., 2007. 2. Questioni relative alla domanda di risarcimento del danno intrafamiliare. Il risarcimento del danno intrafamiliare è stato riconosciuto da Cass., 10.5.2005, n. 9801, in Fam. e dir., 2005, 372, con nota di Facci, L illecito endofamiliare al vaglio della Cassazione; inriv. crit. dir. priv., 2006, 175, con nota di Ramaccioni, I c.d. danni intrafamiliari: osservazioni critiche sul recente dibattito giurisprudenziale. Per il simultaneus processus fra addebito e risarcimento del danno: Trib. Firenze, 23.3.2006, in Dir. fam. e pers., 2007, 1658, con nota di Picardi, Le domande di risarcimento del danno tra coniugi nei procedimenti di separazione e divorzio e Trib. Brescia, 14.10.2006, in Fam. e dir., 2007, 57, con nota di Facci, Relazione omosessuale ed illecito endofamiliare. Il rilevamento dell inammissibilità del simultaneus processus fra addebito e risarcimento del danno è precluso successivamente alla prima udienza dinnanzi al giudice istruttore, così Cass., 24.4.2007, n. 9915, in Mass. Giust. civ., 2007; Cass., 22.10.2004, n. 20638, ivi, 2004, e Cass., 10.3.2006, n. 5304, ivi, 2006. A favore dell attribuzione della competenza al g.i. per i provvedimenti ex art. 709 ter cod. proc. civ.: Trib. Modena, 29.1.2007, in Fam. e dir., 2007, 823, e Trib. Modena, ord. 7.6.2006, in Giur. merito, 2007, 117, e in Dir. e giust., 2006, n. 25, 24; Trib. Termini Imerese, 12.7.2007, in Foro it., 2007, I, 3243; contra Trib. Pisa, decr. 19.12.2007, disponibile su www.affidamentocondiviso.it. Con riferimento alla competenza del giudice tutelare: Cass., 3.11.2000, n. 14360, in Mass. Giust. civ., 2000, e Trib. Roma, decr. 14.6.2005, disponibile su www.personaedanno.it; contra Trib. Roma, 13.7.2007, disponibile su www.personaedanno.it. IV. La dottrina 1. Tardività della domanda di addebito prima e dopo la legge 80 del 14.5.2005. Sugli aspetti sostanziali della domanda di addebito, v. Contiero, I doveri coniugali e la loro violazione - L addebito e il risarcimento, Giuffré, 2005; Zatti, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione personale, nel Trattato Rescigno, 3, 2a ed., Utet, 1996. Sul rapporto fra domanda di addebito e di separazione personale si vedano: Paladini, Addebito di separazione alla luce delle modifiche del rito civile, in Guida al dir., 2005, n. 48, 45; Salvaneschi, Sul rapporto tra domanda di separazione giudiziale e domanda di addebito, infam. e dir., 2002, 179; Nascosi, Separazione giudiziale e dichiarazione di addebito: la Cassazione cambia opinione, inriv. trim. dir. e proc. civ., 2002, 1383, e Al Mureden, La separazione giudiziale dei coniugi: presupposti e giudizio di addebitabilità, instudium iuris, 2000, 854. Per il rito ambrosiano: Mandrioli, Il rito «ambrosiano» nei giudizi di separazione e di divorzio, in Fam. e dir., 1994, 215 ss.; D Ascola, Questioni processuali in tema di giudizi contenziosi di primo grado di separazione e divorzio, in Giust. civ., 2005, I, 15 e Carbone, Un rito per i giudizi di separazione e divorzio: «tradizionale», «ambrosiano», «romano», «a specialità integrale«, ivi, 2004, I, 269 ss. Per l inapplicabilità delle preclusioni ordinarie ai processi di separazione e divorzio: Cipriani, Sulle domande di separazione, di addebito e di divorzio, in Foro it., 2002, I, 383. Per un orientamento simile a quello proposto dalla sentenza in commento: Tommaseo, Il procedimento di divorzio secondo la cassazione: nomofilachia e dubbi non risolti, nota a Cass., 19.9.2001, n. 11751, in Fam. e dir., 2002, 147. Contra Fiorini, Preferibile inserire le domande accessorie nel ricorso introduttivo, inguida al dir., 2008, n. 7, 31, e Danovi, Le nuove norme sui procedimenti di separazione e di divorzio,in Riv. dir. proc., 2005, 849 ss. Per un commento sulle modifiche apportate dalla legge n. 80/2005 ai processi di separazione e divorzio: Tommaseo, La disciplina processuale della separazione e del divorzio dopo le riforme del 2005 (e del 2006), infam. e dir., 2006, 5; Graziosi, Osservazioni sulla riforma dei processi di separazione e divorzio, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2005, 1113 ss. NGCC 2008 - Parte prima 995

Cass., 19.2.2008, n. 4197 Straniero Per la funzione della fase presidenziale, si vedano: Navarrini, I procedimenti contenziosi di separazione e di divorzio. Temi e problemi della fase introduttiva, in Dir. fam. e pers., 2005, 317, e Fazio, Il rito nelle separazioni e nei divorzi alla luce delle recenti modifiche normative e la ripartizione delle competenze tra Tribunale ordinario, minorile e giudice tutelare, relazione presso il CSM, Roma, 16.6.2006, 11. 2. Questioni relative alla domanda di risarcimento del danno intrafamiliare. Concorda con un istruttoria comune fra addebito e risarcimento Picardi, Le domande di risarcimento del danno tra coniugi nei procedimenti di separazione e divorzio, 1676. La riflessione sulla cumulabilità ai sensi dell art. 104 cod. proc. civ. prende spunto dal pregevole intervento di Paladini al Corso di Alta Formazione «La responsabilità civile nelle relazioni familiari e parafamiliari», tenutosi a Pisa - Scuola Superiore Sant Anna, il 13.3.2008. Per la competenza del giudice tutelare si vedano: Oberto, I rimedi all inadempimento degli obblighi di mantenimento nell ambito della crisi della famiglia, indir. e fam. e pers., 2008, 77. Contra Fazio, Il rito nelle separazioni e nei divorzi alla luce delle recenti modifiche normative e la ripartizione delle competenze tra Tribunale ordinario, minorile e giudice tutelare, 32; Danovi, L affidamento condiviso e le tutele processuali, indir. fam. e pers., 2007, 1903. Denise Amram c CASS. CIV., I sez., 19.2.2008, n. 4197 Conferma App. Perugia, 22.2.2008 Straniero - Familiare di minore - Autorizzazione ex art. 31, comma 3 o,d. legis n. 286/1998 - Decreto camerale della Corte di Appello - Ricorribilità in Cassazione - Ammissibilità (Cost., art. 111; cod. proc. civ., artt. 739-742 bis; d. legis. 25.7.1998, n. 286, art. 31, comma 3 o )(a) Straniero - Familiare di minore - Autorizzazione all ingresso e alla permanenza del familiare - Gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore - Individuazione - Sussistenza di condizioni d emergenza transeunti ed eccezionali - Necessità (d. legis. 25.7.1998, n. 286, art. 31, comma 3 o ; Convenzione di New York, 20.11.1989, art. 3) (b) (a) È ammissibile il ricorso straordinario per Cassazione, ex art. 111 Cost., contro il decreto, pronunciato in sede di reclamo, con il quale la Corte di Appello decide in ordine alla domanda di autorizzazione ad entrare o a permanere temporaneamente in Italia, proposta, ai sensi dell art. 31, comma 3 o, d. legis. 25.7.1998, n. 286, dal familiare di minore straniero che si trovi nel territorio nazionale per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico di quest ultimo. (massima non ufficiale) (b) I gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore straniero, legittimanti l autorizzazione ex art. 31, comma 3 o, d. legis. 25.7.1998, n. 286, vanno correlati alla sussistenza di condizioni d emergenza contingenti e cioè transeunti ed eccezionali, che pongano in grave pericolo l evoluzione normale della personalità del minore, tanto da richiedere il sostegno del genitore. Si deve quindi trattare di un danno non altrimenti evitabile ed ulteriore rispetto a quello sempre riconoscibile alla separazione dal proprio padre, che è evento, di per sé, connaturalmente traumatico. Esulano, dunque, dalla previsione di legge invocata, il bisogno di completare il ciclo scolastico del minore o l opportunità di consolidare l integrazione al tessuto sociale in cui il minore si è oramai inserito. Accedendo ad un interpretazione più estensiva della norma si aprirebbe la strada a regolarizzazioni anomale di nuclei familiari, attraverso 996 NGCC 2008 - Parte prima