L UTILIZZAZIONE DEL GRANO DURO COMPLEMENTATO CON FONTI PROTEICHE A DIFFERENTE DEGRADABILITA NELL ALIMENTAZIONE DELLA CAPRA DA LATTE THE UTILIZATION OF DURUM WHEAT WITH PROTEIN SOURCES DIFFERING IN THE RATES OF RUMINAL DEGRADATION IN DAIRY GOAT FEEDING Petrera F., Lestingi A., Tortorelli G., Radogna E., Laudadio V. Department of Heath and Welfare of Animals; University of Bari ITALY. S.P. per Casamassima, km 3-70010, Valenzano (BA) Tel. 0039 080 5443916; Fax: 0039 080 5443925; e-mail: v.laudadio@veterinaria.uniba.it Parole chiave: grano duro, capra da latte, fonti proteiche. Key words: durum wheat, dairy goat, protein source. Abstract A 120-day trial was carried out in order to evaluate the effects of the utilization of two mixed pelletted feeds containing durum wheat and protein sources differing in the rates of rumen degradation on quanti-qualitative aspects of goat milk. Two experimental diets were formulated with the same energy source, durum wheat, and different protein sources: corn gluten meal (low rumen protein degradability = LD diet) or soybean meal and urea (high rumen protein degradability = HD diet). 40 Jonica goats, thirty days after lambing, were divided into two groups, balanced according to body weight, parity, number of kids weaned and milk yields during the preliminary period. The goats were grazing on native pasture and housed nightly in pens, where animals received Italian ryegrass and the experimental diets, different between groups. Milk yields and fat corrected milk yields were not affected by dietary treatments. LD diet significantly increased protein (P<0.05), casein (P<0.01) and lactose (P<0.05) percentages. Introduzione Il grano duro (Triticum durum), come tutti gli altri cereali, è essenzialmente un concentrato di natura glucidica, in quanto il maggior componente della sua sostanza secca è rappresentato dall amido (55-60%); il suo contenuto proteico è piuttosto variabile, a seconda della cultivar, dal 7 al 18%, mediamente il 12% (Baggini, 1998). Nel 2002 l Italia ha prodotto circa 44 milioni di quintali di grano duro (ISTAT, 2002) allineandosi tra i principali Paesi produttori. La coltivazione si concentra per il 70% nel centro-sud Italia, ed in particolare in Puglia e in Sicilia. Tale cereale riveste un interesse primario nel nostro Paese, in particolare nel meridione, dove è coltivato in aree caratterizzate da carenza idrica, nelle quali non vi sono oggi alternative colturali, come il mais nel settentrione. La coltivazione del grano duro risulta però, attualmente, attraversata da una profonda crisi, in conseguenza della notevole concorrenza della produzione estera che ha determinato la progressiva riduzione del suo prezzo di mercato. A causa delle diverse e variabili condizioni pedo-climatiche che contraddistinguono le zone di coltivazione nel Mezzogiorno d Italia e della notevole frammentazione aziendale, le caratteristiche qualitative di gran parte del cereale prodotto risultano estremamente variabili, rendendo tale tipo di coltura poco competitiva a livello globale. Infatti, la difficoltà di reperire partite con peculiarità reologiche uniformi, come richiesto dall industria di trasformazione, costituisce una delle principali cause di deprezzamento del prodotto nazionale. Le grandi industrie di trasformazione, di conseguenza, per assicurare soddisfacenti standard produttivi, sono costrette, annualmente, ad importare notevoli quantità di frumento duro, in particolare dalla Francia, dalla Grecia e dalla Spagna, ma anche dai Paesi esterni alla CEE, come Canada e Stati Uniti. Considerando che la produzione nazionale di frumento duro è già di per sé eccedente rispetto al fabbisogno interno (+10%), è facile immaginare come a fine campagna ci siano notevoli giacenze di tale cereale nei magazzini che rischia di andare invenduto e con danni economici facilmente immaginabili per i produttori. Questa situazione ha determinato la sensibile riduzione dello scarto di prezzo fra frumento duro e gli altri cereali foraggieri, spiegando il crescente interesse, da parte degli operatori economici del settore, verso l impiego del frumento duro per l alimentazione degli animali in produzione zootecnica. La possibilità di sostituire il mais, il cereale attualmente maggiormente impiegato, con il grano duro, nella formulazione di mangimi complementari per ruminanti in lattazione, per lo meno in quei periodi dell anno in cui il prezzo medio di mercato vede le quotazioni del frumento duro più vantaggiose 1
rispetto a quelle del mais, determinerebbe, oltre ad un maggior impiego del grano duro in alimentazione animale, anche una riduzione delle importazioni delle costose fonti proteiche, in particolare della soia e dei suoi derivati, in quanto la base energetica offerta dal grano duro apporterebbe al mangime circa il 13% di proteina contro appena l 8%, in media, del mais. Nella formulazione delle diete per ruminanti viene dedicata sempre più attenzione alla cinetica di degradazione ruminale dei diversi principi nutritivi, in quanto, una buona sincronizzazione tra la degradabilità ruminale delle fonti proteiche e quella dei carboidrati non strutturali, è in grado di ottimizzare la replicazione microbica e migliorare, quindi, l utilizzazione digestiva degli alimenti (Nocek e Russel, 1988). A tal riguardo, poiché mancano in bibliografia lavori relativi all impiego del grano duro nell alimentazione dei ruminanti, lo scopo del presente lavoro è stato quello di valutare, nella capra, gli effetti sulla produzione quanti-qualitativa di latte della somministrazione di 2 mangimi complementari, la cui base energetica era costituita da grano duro, integrati con fonti proteiche a differente velocità di degradazione ruminale. Materiali e metodi Sono stati preparati due mangimi sperimentali, simili per contenuto in energia ed in proteina grezza, a base di frumento duro, ma contenenti fonti proteiche a diversa degradabilità ruminale: glutine di mais, a bassa velocità di degradazione ruminale della componente proteica, nel primo gruppo (Dieta BD) e farina di estrazione di soia e urea, ad alta velocità di degradazione, nel secondo gruppo, (Dieta AD), al fine di ottenere una diversa distribuzione delle frazioni azotate, così come indicato dal Cornell Net Carbohydrate and Protein System (CNCPS) proposto dai ricercatori della Cornell University (Russel et al., 1992; Sniffen et al., 1992; Fox et al., 1992). Per la prova sono state utilizzate 40 capre di razza Jonica in produzione, allevate in un azienda ubicata in agro di Ruvo di Puglia (BA). La sperimentazione ha avuto una durata di 135 giorni (agostodicembre), di cui 15 preliminari e 120 sperimentali. In particolare, dopo l allontanamento dei capretti, avvenuto attorno al 30 giorno dal parto, le capre selezionate per la prova sono state alimentate per i primi 15 giorni (periodo pre-sperimentale) con una miscela in parti uguali dei due mangimi sperimentali. Alla fine di tale periodo, gli animali sono stati suddivisi in 2 gruppi omogenei di 20 soggetti ciascuno, sulla base dell ordine di lattazione, del peso vivo, del numero di capretti svezzati e dei rilievi preliminari quanti-qualitativi della produzione di latte. Tutti i soggetti in prova venivano condotti quotidianamente al pascolo su prati naturali, ricchi di essenze di graminacee (8 ore/die), mentre all ovile ricevevano fieno di loietto di buona qualità, ed al momento della mungitura (ore 6.00 e 18.00), il mangime differente tra i due gruppi a confronto. Nel periodo pre-sperimentale e nei primi 60 giorni di sperimentazione le capre ricevevano 1,2 kg di mangime per capo/giorno, nel successivo periodo di prova (61-120 giorni) la quantità di mangime somministrato è stata ridotta a 0,8 kg a causa delle diminuite produzioni di latte. La composizione dei due mangimi e l integrazione vitaminico-minerale utilizzata sono riportate nella tabella 1. In tabella 2 è riportata la composizione chimica dei due mangimi sperimentali, determinata secondo le metodiche suggerite dalla Commissione Valutazione degli Alimenti dell A.S.P.A. (1980), le frazioni fibrose, fibra al detergente neutro (NDF), fibra al detergente acido (ADF) e lignina al detergente acido (ADL), secondo il metodo Van Soest (1991), mentre il contenuto in frazioni azotate è stato determinato secondo le indicazioni suggerite da Licitra et al. (1996). In tabella 3 sono riportate le caratteristiche nutrizionali (Energia Lorda, Energia Digeribile, Energia Metabolizzabile, Unità Foraggere Latte e Carne) ed i contenuti in Proteina digeribile intestinale (PDIA, PDIN e PDIE ), Calcio e Fosforo, calcolati utilizzando i valori tabulati dell Institute Nationale de la Recherche Agronomique (I.N.R.A., 1988). I rilievi riguardanti la produzione quanti-qualitativa di latte sono stati eseguiti ogni 15 giorni, pesando il latte della mungitura del mattino e quello della sera di tutti i soggetti in prova, e prelevando un campione individuale di latte, rappresentativo delle due mungiture giornaliere. Sui campioni di latte sono state eseguite le analisi relative al contenuto percentuale in proteina, grasso, lattosio, urea, caseine (Milkoscan 255; Foss Electric) e numero di cellule somatiche (Fossomatic 250; Foss-Electric). Inoltre, sui campioni di latte prelevati al primo ed all ultimo controllo, si è proceduto alla valutazione dell attitudine alla coagulazione presamica del latte, mediante apparecchiatura Formagraph (Foss Electric), al fine di determinare i parametri relativi al tempo di coagulazione (TC), tempo di rassodamento del coagulo (K 20 ) e consistenza del coagulo (A 30 ) (ASPA, 1995). Tutti i soggetti in prova sono stati pesati ad inizio e fine sperimentazione al fine di valutare le eventuali variazioni di peso vivo degli animali. 2
Al fine di valutare le differenze tra i due gruppi a confronto, è stato applicato un modello lineare misto utilizzando la procedura MIXED (SAS, 1990). La variabile dipendente è stata, di volta in volta, la produzione quantitativa di latte e di latte standard (4% di grasso), le percentuali di grasso, proteina, caseina e lattosio, il contenuto in cellule somatiche (CCS) e urea, e le caratteristiche di caseificazione, rilevate ai diversi controlli. Il modello misto includeva l effetto casuale della capra, gli effetti fissi della dieta e dell ordine di lattazione. Le differenze tra le medie stimate sono state valutate statisticamente con il t di Student (SAS, 1990). Risultati Tutti i soggetti in prova non hanno mostrato, nel corso della sperimentazione, alcuna sintomatologia clinica ascrivibile al trattamento alimentare. I valori medi delle produzioni di latte e di latte standard (4% di grasso), le caratteristiche chimiche e di caseificazione del latte dei due gruppi sperimentali a confronto sono riportate in tabella 4. La diversa velocità di degradazione ruminale della componente proteica dei due mangimi sperimentali non ha influenzato la produzione media giornaliera di latte né quella di latte standard (4% di grasso), che però sono risultate tendenzialmente maggiori nel gruppo alimentato con la dieta BD rispetto al gruppo che riceveva la dieta AD (1500,46 vs 1436,89 g e 1507,40 vs 1440,71 g, rispettivamente). Per quanto concerne il contenuto medio in grasso del latte, l influenza esercitata dalla diversa fonte proteica della dieta è risultata molto limitata. Infatti, i valori medi registrati sono risultati pressoché sovrapponibili tra i due gruppi sperimentali a confronto (4,03 vs 4,01%, rispettivamente per il gruppo BD e AD). Per quanto riguarda il contenuto medio in proteine del latte, i soggetti che ricevevano la dieta BD hanno fatto registrare valori significativamente più elevati rispetto a quelli del gruppo AD (3,75 vs 3,66 %; P<0,05), probabilmente per effetto della migliore utilizzazione della componente proteica del mangime contenente glutine rispetto a quello contenente farina di estrazione di soia e urea, per la sintesi delle proteine del latte. Similmente a quanto è accaduto per la proteina, anche il contenuto in caseine del latte è stato positivamente influenzato dal trattamento alimentare con proteina a bassa degradabilità ruminale (3,03 vs 2,93%; P<0,01). Risultati analoghi sono stati riscontrati da Sanz Sampelayo et al. (1998) che impiegando diete contenenti diverse fonti proteiche, trovarono che la minore degradabilità della fonte proteica determinava produzioni di latte con la più alta concentrazione proteica e la più elevata resa alla caseificazione. Per quanto concerne il contenuto in lattosio del latte, la dieta BD ha determinato un aumento significativo di tale parametro rispetto alla dieta AD (4,76 vs 4,70%; P<0,05). Anche il contenuto in urea del latte è stato influenzato dal trattamento alimentare; in particolare la dieta BD ha fatto registrare una concentrazione media significativamente inferiore (35,65 vs 37,33 mg/100ml; P<0,01) rispetto alla dieta AD. Andando a considerare il contenuto in cellule somatiche, è possibile rilevare un tendenziale aumento di tale parametro nel latte prodotto dalle capre del gruppo AD, ma le differenze non sono risultate statisticamente significative. Per quanto riguarda l influenza della degradabilità della fonte proteica alimentare sull attitudine alla coagulazione presamica del latte, i valori registrati relativi ai parametri TC, A 30, e k 20, che esprimono la velocità di formazione del coagulo, la consistenza del coagulo a 30 minuti ed il tempo di rassodamento del coagulo, rispettivamente, non hanno mostrato differenze statisticamente significative tra i due gruppi a confronto, ma un peggioramento dei valori nel corso della prova sperimentale in entrambi i gruppi, come era logico aspettarsi. L incremento di peso vivo medio registrato a fine prova è risultato piuttosto contenuto in entrambi i gruppi (+0,9 e +1,1 kg, rispettivamente per il gruppo alimentato con la dieta BD e AD). Conclusioni L impiego del grano duro nell alimentazione della capra da latte in produzione ha determinato, indipendentemente dalla fonte proteica utilizzata nella formulazione dei due mangimi sperimentali, produzioni di latte soddisfacenti. La complementazione del grano duro con glutine di mais, fonte proteica a bassa velocità di degradazione ruminale, ha fatto registrare, rispetto al mangime contenente farina di estrazione di soia ed urea, fonti a più elevata degradabilità, una produzione quantitativa di latte tendenzialmente maggiore. La qualità del latte è risultata influenzata dalla differente degradabilità della fonte proteica utilizzata soprattutto nei contenuti in proteina e caseina, mostrando, nel complesso, un effetto positivo su tali 3
parametri, della dieta contenente glutine di mais rispetto a quella contenente farina di estrazione di soia ed urea. Il tendenziale vantaggio sulle caratteristiche quanti-qualitative del latte prodotto, derivante dall inclusione di una fonte proteica a bassa degradabilità ruminale in mangimi complementari a base di frumento duro per capre in lattazione va, comunque, commisurato al costo che comporta l impiego di tali materie prime in alimentazione animale. Pertanto, senza voler entrare nel merito degli aspetti economici legati al costo formula dei mangimi, possiamo tranquillamente affermare che, sulla base dei risultati scaturiti dalla nostra sperimentazione, il frumento duro può essere vantaggiosamente adoperato nella formulazione di mangimi per capre in lattazione, soprattutto nei periodi in cui il suo prezzo di mercato raggiunge valori convenienti, al fine di ridurre l impiego di mais, che spesso, in conseguenza di annate sfavorevoli, può presentare notevoli livelli di contaminazione da micotossine e valorizzare tale cereale largamente disponibile nel nostro territorio. Tabella 1 Composizione dei due mangimi sperimentali (%). Dieta AD Dieta BD Grano duro 35,00 35,00 Soia far. estr. 44% PG 22,00 - Mais glutine - 17,80 Crusca di grano duro 15,00 15,00 Polpe bietola disidratate 8,35 13,05 Medica disidratata 17% PG 7,50 7,50 Pastazzo di agrumi 5,00 5,00 Melasso canna 2,50 2,50 Calcio carbonato 1,50 1,50 Fosfato bicalcico 1,30 1,30 Urea 46% 0,50 - Integratore vit.-minerale* 0,50 0,50 Sodio cloruro 0,40 0,40 Solfato di calcio 0,20 0,20 Lievito irradiato 0,15 0,15 Magnesio carbonato 0,10 0,10 Integrazione vitaminico-minerale del mangime sperimentale (UI-mg/kg): 20.000 UI Vit. A; 1.200 UI Vit. D 3; 20 mg Vit. E ; 12,5 mg Vit. B 1; 7,5 mg Vit. B 2; 3 mg Vit. B 6; 32,5 mg Vit. PP; 0.01 mg Vit B 12; 200 mg Colina cloruro ; 0,75 mg Cobalto; 10 mg Ferro; 12,5 mg Iodio; 60 mg Manganese; 0,16 mg Selenio ; 150 mg Zinco. Tabella 2 Composizione chimica dei due mangimi sperimentali (% s.s.). Dieta AD Dieta BD Umidità 10,86±0,81 10,78±0,64 Proteina grezza 21,47±0,38 21,41±0,31 Fibra grezza 9,85±0,67 9,39±0,46 Estratto etereo 2,33±0,23 2,36±0,14 Ceneri 8,20±0,26 7,76±0,21 N.D.F. 26,37±0,93 25,47±0,81 A.D.F. 13,89±0,87 12,96±0,66 A.D.L. 2,27±0,36 2,08±0,38 A.I.A. 0,62±0,19 0,51±0,23 Frazionamento Proteico A % Azoto Totale 21,57±0,74 9,36±0,51 B 1 6,81±0,28 6,33±0,33 B 2 54,60±0,87 66,85±0,59 B 3 8,92±0,69 8,21±0,47 C 8,10±0,15 9,25±0,24 4
Tabella 3 Caratteristiche chimico-nutrizionali dei due mangimi sperimentali. Dieta AD Dieta BD Dieta AD Dieta BD P.D.I.N. % s.s. 17,54 17,85 EL (Mcal/kg (s.s.) 4,35 4,35 P.D.I.E. 15,79 15,85 ED Mcal/kg (s.s.) 3,14 3,14 P.D.I.A. 5,66 9,77 EM Mcal/kg (s.s.) 2,71 2,72 Calcio 1,25 1,24 UFL n /kg (s.s.) 1,00 0,99 Fosforo 0,64 0,64 UFC n /kg (s.s.) 1,00 1,00 *Dati calcolati (INRA, 1988) Tabella 4 - Medie stimate ed errori standard delle variabili dipendenti per le due diete. Dieta AD Dieta BD E.S. Latte prodotto (g) 1436,89 1500,46 72,39 Latte standard (g) 1440,71 1507,40 68,60 Grasso (%) 4,01 4,03 0,03 Proteina (%) 3,66 b 3,75 a 0,03 Caseina (%) 2,93 B 3,03 A 0,02 Lattosio (%) 4,70 b 4,76 a 0,02 Cellule somatiche (log 2 (SCC/10 5 )+3) 6,79 6,67 0,06 Urea (mg/dl) 37,33 A 35,65 B 0,32 TC (min) Inizio 12,26 10,93 0,807 Fine 14,97 13,64 0,767 A 30 (mm) Inizio 34,86 32,20 2,360 Fine 29,52 29,53 2,685 K (min) 20 Inizio 2,07 2,03 0,267 Fine 1,89 1,90 0,120 A, B : P<0.01; a, b : P<0.05. Bibliografia ASPA (1980). Valutazione degli alimenti di interesse zootecnico. 1. Analisi chimica. Zoot. Nutr. Anim, VI, 1: 19-34. ASPA (1995). Commissione di studio metodologie di valutazione della produzione quanti-qualitativa del latte. Metodi di analisi del latte delle principali specie di interesse zootecnico. Università degli Studi di Perugia. Ed., Perugia, Italy. Baggini G. (1998). Monitoraggio della qualità del frumento di grano duro. L Informatore Agrario n. 36. Nocek J., Russel J.B. (1988). Protein and carbohydrate as an integrates system. Relationship of ruminal availability to microbial contribution and milk production. J. Dairy Sci., 71:2070-2078. Fox D.G., Sniffen C. J., O Connor J.D., Russel J.B. and Van Soest P.J. (1992). A net carbohydrate and protein system for evaluating cattle diets: III. Cattle requirements and diet adequacy. J. Anim. Sci., 70:3578-3577. I.N.R.A. (1988). Alimentation des bovins, ovins et caprins. Ed. INRA, Versailles Paris. ISTAT (2002). www.istat.it Licitra G., Hernandez T.M., Van Soest P.J. (1996). Standardization of procedures for nitrogen fractionation of ruminant feeds. Anim. Feed Sci. Tech., 57:347-358. Nocek J., Russel J.B. (1988). Protein and carbohydrate as an integrates system. Relationship of ruminal availability to microbial contribution and milk production. J. Dairy Sci., 71: 2070-2078. Russel J.B., O Connor J.D., Fox D.G., Van Soest P.J. and Sniffen C.J. (1992). A net carbohydrate and protein system for evaluating cattle diets : I. Rumen Fermentation. J. Anim. Sci., 70: 3551-3561. Sanz Sampelayo M.R., Amigo L., Ares J. L., Sanz B., Boza J. (1998). The use of diets with different protein sources in lactating goats: composition of milk and its suitability for cheese production. Small Rum. Res. 31:37-43. S.A.S. (1990). Statistics guide version 6. Ed. SAS Inst. N.C. USA. Sniffen C.J., O Connor J.D., Van Soest P.J. Fox D.G., and Russel J.B. (1992). A net carbohydrate and protein system for evaluating cattle diets: II carbohydrate and protein availability. J. Anim. Sci., 70:3526-3577. Van Soest P.J., Robertson J.B., Lewis B.A, (1991). Methods for dietary fiber, neutral detergent fiber, and nonstarch polysaccarides in relation to animal nutrition. J. Dairy Sci. 74, 3583-3597. 5