Negli ultimi vent anni, la disgregazione dell ex Iugoslavia ha fatto nascere una pluralità di Stati che hanno saputo intrecciare solidi rapporti con l Europa. A ciò ha dato un contributo non marginale Adriatico: cosa può fare la fragile Italia BALCANI di Franco Botta anche un Italia in piena crisi identitaria. Paradossalmente, infatti, la mancanza di una identità nazionale forte e precisa ha consentito di prendere la guida di un processo che Anche per coloro che pure hanno soggiornato a lungo in Italia, non è facile capire e spiegare che cosa noi siamo. Il nostro è notoriamente un Paese che non si lascia capire facilmente e che incanta spesso proprio per questo suo essere complicato e difficile da decifrare. Una parte del nostro fascino nasce da questo dato che determina spesso nei nostri interlocutori sentimenti contraddittori, gli stessi che si provano verso le persone che non si lasciano capire mai bene fino in fondo e che tuttavia non possono essere accusate di opportunismo. Come spiegare il fatto che il nostro è da sempre un Paese che fa fatica a definire quale sia il proprio interesse nazionale e quindi a costruire una coerente strategia nazionale? Esiste infatti una chiara difficoltà a promuovere e attuare una vera azione di sistema, pure quando e non accade sempre la presenza italiana raggiunge livelli di eccellenza. Si tratta, infatti, di una difficoltà che sta a monte e che nasce dal fatto che si fa sempre fatica a individuare priorità settoriali e geografiche, e a organizzare risposte coerenti. La nostra azione risulta infatti il più delle volte quindi poco efficace, rispetto ai mezzi impiegati, e sono in tanti a pensare che gli esiti dei 90 Corbis_S. Amantini
BALCANI Grazia Neri_Piero OLIOSI _Alcuni Paesi dei Balcani, come l Albania stanno lentamente cercando di costruire un'economia e un sistema sociale moderno nostri interventi sarebbero certamente migliori se si riuscisse a definire più chiaramente quelle che sono le questioni o punti da privilegiare. In realtà a chi scrive appare lecito ritenere che porsi quest obiettivo non sia realistico, essendo noi da sempre un Paese che ha un identità nazionale incerta che oggi è poi messa sotto pressione dalle forti spinte secessioniste che esistono nelle regioni più ricche del Paese. Con molta probabilità queste ultime porteranno a breve ad assetti istituzionali federali nuovi e che forse renderanno ancora più difficile la definizione di un orizzonte nazionale condiviso e capace, per la sua omogeneità, di dare una maggiore forza alle strategie internazionale dell Italia. In questa fase, tenendo conto di queste considerazioni, conviene dunque provare a capire se quello che è da tutti considerato un limite la mancanza di una chiara visione dei nostri interessi nazionali non possa rivelarsi, almeno in alcuni contesti, come una risorsa utile per raggiungere alcuni dei nostri obiettivi. Si sta suggerendo in definitiva che in alcuni casi e per questioni complicate, a cominciare da quella adriatica e balcanica, non sia da escludere del tutto che questa nostra congenita debolezza possa essere stata nel recente passato un vantaggio e possa anche in futuro rivelarsi utile per consolidare gli spazi di sviluppo e di democrazia nelle aree a noi vicine, cosa questa che è certamente una delle nostre priorità. Nel seguito di questo articolo, si cercherà di argomentare questa ipotesi con riferimento all area adriatica e balcanica, non nascondendo tuttavia che questa tesi potrebbe avere una sua rilevanza per l intero Mediterraneo (tesi sviluppata meglio nel volume da me curato Seduzione e coercizione in Adriatico. Reti, attori e strategie, in corso di pubblicazione da Franco Angeli). La questione adriatica oggi In questa stretta striscia di mare Mediterraneo chiamato Adriatico si incontrano oggi popoli e nazioni che fanno fatica a restare o a diventare Stati. Sulla riva occidentale vi è l Italia, un Paese con una difficile identità nazionale e che è impegnato da alcuni decenni a trovare nuovi assetti istituzionali ed equilibri interni che 91
ADRIATICO: COSA PUÒ FARE LA FRAGILE ITALIA consentano la sopravvivenza dello Stato unitario. Il processo di riforma federale secondo molti analisti altro non è che uno sforzo per arrivare a una secessione dolce che consenta di mantenere unite e su nuove basi un insieme di regioni del Nord, quelle che sono in Europa tra le più ricche, e quelle del Sud, in ritardo e in affanno. Mentre nel secondo dopoguerra le classi dirigenti hanno lavorato per cercare di superare lo storico divario economico e sociale ritenuto inaccettabile, ora si punta invece a creare condizioni per cui le regioni italiane più sviluppate possano gestire al meglio l intera propria forza economica e la propria ricchezza, chiedendo alle altre di darsi da fare di più per il proprio sviluppo. Si tratta di un processo quello in atto nel nostro Paese - che non va considerato solo come un fatto italiano, in quanto analoghi processi si stanno verificando sia in Europa che in altre parti del mondo. Siamo infatti in una fase nella quale in molti luoghi si lavora per forme diverse di secessione che puntano a separare i territori più ricchi dagli altri. La particolarità italiana sta nel fatto che il nostro è in assoluto il Paese europeo in cui è più evidente come la società sia divisa in due e come essa abbia contemporaneamente mantenuto un carattere plurale, proliferante, molecolare, multiplo e policentrico. L Italia infatti è un Paese nel quale questi aspetti sono talmente forti da ridurre a pura dichiarazione retorica l affermazione di un astratto interesse generale. Siamo il Paese nel quale le identità particolari prevalgono sempre sull identità nazionale e tanto per fare una esemplificazione sono tanti gli italiani che, alla domanda da dove vengono, rispondono come Oriana Fallaci che, anche in luoghi lontani, rispondeva sempre d essere di Firenze poiché per lei, come per molti altri dire Italia non sarebbe stata la stessa cosa. Il nostro è dunque un Paese che ha un identità nazionale storicamente debole per ragioni diverse e che ha ora rinunciato a pensare di poter porre rimedio a questo stato di cose. Invece di investire nella costruzione di una più forte unità si punta infatti a usare meglio le proprie articolazioni territoriali. Mentre sulla riva occidentale adriatica vi è dunque uno Stato unitario e tuttavia incapace di definire e tutelare bene quali _Sopra, il presidente croato Stjepan Mesic e sotto, quello sloveno Danilo Turk. Nell'altra pagina, albanesi al mercato del bestiame Olycom_L. Nocenti Olycom_L. Matej/Sipa press 92
BALCANI Grazia Neri_ Martin Roemers siano i propri interessi nazionali, soprattutto da quando ha perduto quella rendita di posizione di cui godeva nell era dei blocchi contrapposti, sulla riva orientale dell Adriatico e nei territori della penisola balcanica vi sono invece molti Stati. La maggior parte di queste realtà statuali, frutto del dissolversi della Iugoslavia, sono piuttosto piccole e impegnate in una transizione democratica non semplice e non priva di problemi. Naturalmente sono Paesi e Stati molto diversi tra loro e in alcuni la democrazia economica e politica è più consolidata che in altri. Come un esempio positivo si può citate la Slovenia, mentre la Croazia può essere indicata come esempio di uno Stato nel quale appaiono ancora forti le minacce che possono bloccare o far regredire i progressi realizzati. In difficoltà appaiono anche quei Paesi come la Bulgaria o la Romania che pure sono già all interno dell Unione. Vi sono poi altri Stati che sono particolarmente piccoli, come il Montenegro, o con assetti interni fragili, come la Macedonia o la Bosnia Erzegovina e, naturalmente, il Kosovo. Questi ultimi, se non si riuscirà a inserirli nell Unione europea e a trovare intese con i Paesi vicini, in particolare con la Serbia e con l Albania, per arrivare a soluzioni territoriali condivise, rischiano la loro stessa sopravvivenza statuale. Volendo essere ingenerosi si potrebbe anche dire che sulle sponde orientali del mare Adriatico, e nei territori della penisola balcanica, vi sono Stati fragili e a rischio di fallimento e Stati falliti, essendo come scrive Francesco Strazzari in Notte balcanica (il Mulino 2008) in ostaggio della commistione che esiste nei loro Paesi tra criminalità organizzata e connivenze politiche clientelari. Volendo sintetizzare e le sintesi semplificano sempre troppo si potrebbe scrivere che in quest area siamo spesso in presenza di realtà statuali piccole e fragili, rese tali da un nazionalismo esasperato che certamente ostacola la transizione interna, complica le relazioni interbalcaniche e non favorisce neppure l ingresso di questi nuovi Stati nell Unione Europea. Il quadro che, sia pure molto sommariamente, abbiamo tracciato rispetto all evolversi delle situazioni nelle terre che vanno dall Adriatico ai Balcani, deve tuttavia essere completato sottolineando un interessante anomalia. Nell ultimo ventennio, mentre i fili e le reti interne alle singole realtà statuali si sono lacerati per le 93
ADRIATICO: COSA PUÒ FARE LA FRAGILE ITALIA Corbis_Bettman note drammatiche vicende e trovano ancora serie difficoltà a riannodarsi, i legami tra questi territori e gli Stati dell Unione europea si sono invece intensificati in misura molto significativa. Un risultato che si deve non solo alle politiche dell Unione (in primo luogo a quelle per l allargamento o per la prossimità) ma anche alle spinte che sono venute dal basso e che sono state interpretate in questo senso da tanti attori locali di natura economica, politica e sociale. In questo scenario fatto di iniziative commerciali e culturali, di incontri, di scambi, di opportunità di conoscenza, l Italia è stata presente e attiva. Infatti, malgrado il nostro Paese sia in una situazione di fortissima crisi identitaria e nonostante il peso che le storie adriatiche del Novecento continuano ad avere rendendo complicati ancora oggi i rapporti tra le due sponde (in particolare tra noi e la Croazia e la Slovenia), i dati, a cominciare da quelli economici, dicono che abbiamo partecipato in modo non marginale a questo processo. Molte di queste reti sono immateriali e tutte sono state realizzate non solo grazie alle risorse dell Unione e dei singoli Stati, ma soprattutto per l iniziativa assunta dagli altri 94 _Il mosaico di Paesi balcanici uscito dal dopo Tito (sopra mentre passa in rassegna le truppe) è tutt'altro che omogeneo Grazia Neri_ARICI Graziano
BALCANI Grazia neri_ Martin Roemers attori sub-istituzionali, come le Regioni, le Province e i Comuni, ma anche le Università e le Fondazioni, e le Camere di commercio, senza dimenticare il ruolo svolto dalle ong e dalle imprese. Una conclusione ed un ipotesi di lavoro Le reti esistenti meritano una particolare attenzione poiché segnalano come l Italia, benché non sia stata capace di muoversi con una logica di sistema, abbia giocato un ruolo non secondario nei processi di costruzione delle connessioni che esistono tra questi Paesi e il resto del mondo. Un risultato buono che forse va attribuito, in larga parte, proprio al fatto che non siamo riusciti quasi mai a mettere in campo una consapevole strategia nazionale. In un area nel quale il nazionalismo su basi etniche appare ipertrofico ed endemico, si può infatti ipotizzare che l incapacità a far sistema dell Italia possa avere giocato un ruolo positivo in diversi modi, contribuendo per esempio a superare, almeno in parte, le diffidenze che esistono e che sono il frutto del passato, ma anche degli squilibri di potere che esistono tra le due sponde adriatiche. Un Paese come l Italia può sperare di guadagnare ruoli e spazi nel mondo solo usando al meglio il soft power che possiede, un potere quest ultimo che per riprendere la definizione che ne è stata data da Joseph S. Nye è la capacità di ottenere risultati attraverso la persuasione e l attrazione (la potenza delle idee), la sua cultura, i suoi valori e la sua politica. Se il problema è quello di contare sul soft power, su di un potere che solo in parte dipende dai governi e per il resto invece dalla società civile, i nostri tradizionali limiti possono invece rivelarsi come una risorsa. In alcuni scenari internazionali (soprattutto quelli in cui le identità sono intolleranti, le nazioni violente e gli Stati fragili), dove gli obiettivi prioritari sono quelli legati alla promozione dello sviluppo, della democrazia e delle buone relazioni, bisogna infatti dedicare più attenzione alle reti e agli attori subnazionali. In conclusione non solo non appare realistico immaginare che si possa arrivare a definire delle migliori strategie unitarie, ma forse conviene fare una scelta diversa: cercare di fare il migliore uso del potenziale che possiede un Paese particolarmente plurale, policentrico e polimorfo come il nostro. 95