Cass., 19 marzo-8maggio 2008, n. 11489



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Cass., 19 marzo-8maggio 2008, n. 11489 Famiglia - Procedimenti in materia di famiglia e stato delle persone - Separazione personale dei coniugi - Separazione consensuale Elementi essenziali della fattispecie - Decreto di omologa - Ricorribilità per Cassazione - Esclusione - Clausole della separazione personale - Revisione - Presupposti - Sopravvenienza di giustificati motivi - Vizi dell accordo posto a base della separazione - Deducibilità con il procedimento camerale - Esclusione. (C.p.c., articoli 710 e 711) Massima In materia di separazione consensuale non sono deducìbili con II giudizio camerale ai sensi degli art. 710 e 711 c.p.c. gli eventuali vizi del consenso. Sono, invece, sempre modificabili, su richiesta di uno o di entrambi i coniugi i provvedimenti assunti in sede di separazione consensuale a condizione clie la richiesta rivesta il carattere della sopravvenienza di un "quid novi" modificativo della situazione in relazione alla quale gli accordi erano stati stipulati. Testo Fatto 1. B.G.F., con ricorso ex art. 710 cod. proc. civ., chiese al Tribunale di Como la parziale modifica delle condizioni accessorie della separazione coniugale omologata con decreto in data 5 dicembre 1997, con particolare riguardo: (1) al riconoscimento della reciproca autonomia economica dei coniugi già al tempo della sottoscrizione degli accordi di separazione; (2) all'accertamento delle gravi e deteriori condizioni economi che nelle quali esso ricorrente era venuto a trovarsi a seguito dell'iscrizione ipotecaria effettuata sull'immobile di sua esclusiva proprietà, già in precedenza adibito a casa coniugale e comunque rimasto nella sua disponibilità; (3) all'accertamento dell'indebito comportamento della moglie. F.G., la quale, rifiutatasi di prestare aiuto al figlio S. per l'inizio di una sua attività lavorativa di tipo imprenditoriale, aveva con ciò contribuito ad aggravare la posizione debitoria di esso ricorrente quanto alla sua esposizione nei confronti della banca erogatrice del mutuo ipotecario; (4) alla revoca per indegnità della donazione indiretta oggetto delle pattuizioni raggiunte in sede di separazione consensuale; (5) al riconoscimento in proprio favore di un assegno mensile di mantenimento, a carico della moglie, dell'importo di almeno Euro 1.000,00 mensili. Nella resistenza della F., il Tribunale di Corno, con decreto depositato il 31 dicembre 2003, respinse la domanda, ponendo a carico del B. le spese processuali. 2. - La Corte d'appello di Milano, con decreto depositato il 13 ottobre 2004, preliminarmente ritenuta l'irrilevanza del documento impugnato con querela di falso, ha, in parziale riforma del decreto impugnato, dichiarato l'inammissibilità di alcune delle domande proposte dal B. (in particolare, di quelle di cui ai punti 1, 2, 3 e 4 delle conclusioni riportate in atto di impugnazione"), confermando nel resto, per quanto di ragione, il provvedimento reclamato e ponendo a carico del reclamante le spese processuali del grado. 2.1. - Circa la querela di falso depositata dal B. con riguardo "al ricorso per separazione consensuale dei coniugi F. G. e B.G.F. asseritamente del 17 luglio 1997 depositato avanti il 1

Tribunale di Como il 1 ottobre 1997 ed omologato con decreto del 5 dicembre 1997 depositato il 16 dicembre 1997" (con la richiesta di disporre gli accertamenti volti a provare che la firma era stata da lui apposta su un foglio bianco e che il riempimento era poi avvenuto in modo differente rispetto agli accordi), la Corte territoriale ha rilevato che il documento difettava del prerequisito essenziale della rilevanza, avendo il reclamante proposto querela di falso relativamente ad un documento non soltanto da lui stesso prodotto in giudizio ma, anche e soprattutto, costituente il presupposto stesso delle sue domande di merito. Il B. - ha sottolineato conclusivamente la Corte d'appello - ha introdotto un procedimento per la modifica delle clausole della separazione personale omologata, non un giudizio inteso a far constare la nullità dell'atto separativo: giudizio che non avrebbe potuto essere avanzato nelle forme del rito camerale ai sensi dell'art. 710 cod. proc. civ., ma avrebbe, se del caso, richiesto l'instaurazione di un procedimento a cognizione piena e da trattarsi nelle forme ordinarie. 2.2. - La Corte ambrosiana ha giudicato inammissibile, ancor prima che infondata, la domanda volta al riconoscimento della reciproca autonomia economica dei coniugi al tempo della sottoscrizione degli accordi di separazione, e ciò in quanto i coniugi si erano "già riconosciuti reciprocamente dotati di autosufficienza economica per non essere stato in allora previsto alcun assegno periodico di mantenimento a favore nè dell'uno nè dell'altro, nel mentre già in quel contesto veniva concordemente attestato come la proprietà esclusiva della casa coniugale facesse capo al marito, della stessa unico intestatario". Secondo la Corte d'appello, anche in ordine alle vicende connesse all'iscrizione ipotecaria su detto immobile ed al preteso conseguente depauperamento del B. "non è ammissibile alcuna pronuncia nè accertativa nè dichiarativa, potendo - ed al più - la relativa circostanza integrare mero elemento di fatto suscettibile di considerazione al fine di valutare l'eventuale modificazione fatta valere ai sensi e per gli effetti dell'art. 710 cod. proc. civ.". Del pari inammissibile è stata ritenuta la domanda volta a far constare che la F. sarebbe venuta meno agli obblighi nei confronti dei figli, per essersi rifiutata di aiutare il figlio S. nella nuova iniziativa commerciale dallo stesso intrapresa: e ciò sia perchè non è dato comprendere quale pronuncia dovrebbe essere emessa al riguardo, sia perchè nessuna obbligazione della moglie verso la prole sarebbe stata contemplata nel contesto della separazione. La Corte di merito ha, inoltre, dichiarato inammissibile la chiesta revoca per indegnità della asserita donazione indiretta effettuata dal B. alla moglie in occasione della separazione, dal momento che l'effetto giuridico auspicato non potrebbe mai essere conseguito attraverso l'instaurazione del procedimento camerale di modifica delle condizioni della separazione, inerente a ben diverso necessario petitum. Infine, nessuna pronuncia è stata ritenuta ammissibile con riguardo alla pretesa assegnazione al marito della casa coniugale, affermandosi che mancano ragioni di valenza innovativa rispetto al passato e che non com-pete al giudice della separazione provvedere all'assegnazione della casa coniugale là dove non vi siano da tutelare diritti ed aspettative della prole. L'unica domanda ritenuta ammissibile in rito è quella inerente alla richiesta del reclamante di vedersi attribuito un assegno periodico di mantenimento, da porsi in via innovativa a carico della moglie, in precedenza a ciò non obbligata. Ma sul punto in questione - hanno precisato i giudici del reclamo - il B. non ha offerto prova alcuna del preteso sensibile deterioramento delle proprie condizioni reddituali e, complessivamente, economiche, dal momento che il medesimo esercita la stessa attività lavorativa del passato e non ha nè provato nè almeno allegato che la posizione patrimoniale della moglie abbia per contro registrato un qualche significativo miglioramento, tale da consentire di verificare l'insorgenza di una sperequazione prima insussistente. La Corte d'appello ha, infine, ritenuto inammissibili e, in parte, irrilevanti le deduzioni istruttorie 2

articolate al riguardo ed ha giudicato ininfluente la questione dell'iscrizione ipotecaria, essendo stato lo stesso B. a ricondurre, nel contesto dei propri scritti difensivi, la costituzione di simile garanzia alla propria libera determinazione. 3. - Per la cassazione del decreto della Corte territoriale il B. ha proposto ricorso, con atto notificato il 13 dicembre 2004, sulla base di quattro motivi. L.F. ha resistito con controricorso. In prossimità dell'udienza il ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Diritto 1.- Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 158, 1425-1427 e ss. cod. civ., illogicità ed intrinseca contraddittorietà della motivazione), il ricorrente si duole che il Tribunale e la Corte d'appello si siano sottratti al preliminare compito di verificare l'esistenza di eventuali vizi nella formazione del consenso, "durante, cioè, tutta la procedura per separazione consensuale", omologata in data 5 dicembre 1997. Dopo avere premesso che, in sede di separazione consensuale, il tribunale "recepisce il consenso espresso dai coniugi nelle forme in cui si manifesta e nella misura in cui può essere recepito attraverso il loro comportamento esteriore", sicchè "il ritenere che il suo intervento fornisca la certezza assoluta ed incontestabile circa la validità e genuinità della volontà manifestata significa attribuire a detto giudice un ruolo di garante non corrispondente alla natura e ai limiti dell'attività a lui demandata", il ricorrente afferma che l'atto di omologazione, non essendo legato da un rapporto diretto ed immediato con il negozio di separazione, sarebbe del tutto insuscettibile di giudicato e privo di carattere decisorio. Il secondo mezzo denuncia violazione dell'art. 156 cod. civ. e artt. 710-711 cod. proc. civ., nonchè omissione, illogicità e travisamento dei fatti nell'identificazione dell'oggetto della domanda. Ad avviso del ricorrente, la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere l'inidoneità del giudizio camerale, attivato ai sensi degli artt. 710 e 711 cod. proc. civ., allo scioglimento di questioni attinenti ai vizi del consenso nella formazione del negozio, e nel giudicare non dimostrato il fatto nuovo del mutamento della situazione economica delle parti. Il B. avrebbe prospettato "tutto quanto accaduto precedentemente (mancata volontà di corrispondere alcunchè alla moglie e ai figli, mancata sottoscrizione del ricorso avanti al difensore della moglie, bensì firma di foglio in bianco, riempito cantra pacta fraintendimento tra il marito ed il legale della moglie) proprio per dimostrare che, nemmeno all'epoca della separazione, sussistevano i presupposti per il mantenimento della moglie e dei figli, posto che tutti erano indipendenti economicamente e che, a maggior ragione, i comportamenti tenuti, in primo luogo dai figli e, poi, dalla stessa F., impegnata in una relazione extraconiugale con un noto imprenditore della zona, non erano di certo così lodevoli da incentivare la corresponsione di un mantenimento, ma, semmai, presupposto per una azione di addebito". Da ciò deriverebbe che, se nemmeno all'epoca della separazione vi erano i presupposti per il mantenimento, a maggior ragione questi non vi sarebbero oggi, visto che sono mutate, e cioè ulteriormente peggiorate, le condizioni economiche del B. Il ricorrente afferma di avere richiesto la modifica delle condizioni di separazione proprio sulla base delle mutate condizioni economiche: dal momento della separazione, a seguito della stipulazione del mutuo in favore del figlio S. e della trascrizione del sequestro conservativo in favore della F., il patrimonio del B. si sarebbe depauperato, ed egli verserebbe in stato di bisogno, non essendo più in grado di provvedere alla 3

manutenzione ordinaria dell'immobile e non potendo nemmeno permettersi di pagare il riscaldamento per far fronte alla stagione invernale, come si ricaverebbe dalle deposizioni dei testi B.S., M.G. e R.R. Inoltre, quantunque il ricorrente sia proprietario della quota del trenta per cento, unitamente al figlio, della BGS s.a.s., quest'ultimo non solo avrebbe aperto un'attività in concorrenza per sviare la clientela, ma si sarebbe rifiutato di corrispondere gli utili per far precipitare la situazione economica del padre. Con il terzo motivo si deduce "violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 228 e ss. c.p.c., e art. 244 e ss. cod. proc. civ. per mancata ammissione, senza motivazione, dei capitoli di prova per interrogatorio formale della resistente e per testi". La loro deduzione - sostiene il ricorrente - tendeva a dimostrare: (a) la sussistenza del vizio del consenso (l'errore in cui la F. indusse il B. per addivenire alla separazione e lo stato di incapacità naturale in cui lo stesso versava, anche al momento della comparizione dei coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale); (b) l'indipendenza e l'autosufficienza economica della moglie e dei figli S. e K. al momento della separazione consensuale; (c) "l'assenza totale di giustificazione causale per un volontario depauperamento del patrimonio del B."; (d) "il mutamento in peius delle condizioni economico-patrimoniali del B. e la corresponsabilità della moglie per l'indebitamento ed impoverimento del marito, per essersi la stessa sottratta ai doveri di cui all'art. 143 cod. civ. nei confronti dei figlio, assunti in toto dal marito". Il quarto mezzo denuncia "violazione e falsa applicazione degli artt. 221-222 e 355 cod. proc. civ. per carenza di motivazione in ordine al difetto dei presupposti per l'introduzione delò giudizio di falso. Erroneamente la Corte d'appello avrebbe ritenuto che la querela di falso proposta dal reclamante difettasse del requisito essenziale della rilevanza del documento impugnato di falsità. Il ricorrente sostiene che, ai sensi dell'art. 221 cod. proc. civ., legittimato a proporre querela di falso è chiunque abbia interesse a contrastare l'efficacia probatoria di un documento munito di fede privilegiata (nella specie, la separazione consensuale omologata), in relazione ad una pretesa che su di esso si fondi (la corresponsione del 35% del ricavato della vendita della casa coniugale), non esclusa la parte stessa che l'abbia prodotto in giudizio. In particolare, con la proposizione della querela di falso si intendeva dimostrare che l'accordo dei coniugi era di diverso contenuto rispetto al foglio sottoscritto in bianco e successivamente abusivamente riempito a favore della consorte. La Corte d'appello, accertata la configurabilità dei presupposti di legge per la proposizione in via incidentale della querela di falso, avrebbe dovuto sospendere il giudizio per consentire la riassunzione del giudizio di falso innanzi al Tribunale. 2. - I quattro motivi - i quali, stante la loro logica connessione, possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati, per la parte in cui non sono inammissibili. 2.1. - Innanzitutto, priva di fondamento è la cen-sura - articolata con il primo mezzo e, in parte, con il secondo - con cui si lamenta che il procedimento camerale di revisione delle condizioni della separazione personale omologata non sia stato ritenuto dalla Corte ambrosiana la sede processuale idonea per far valere l'abusivo riempimento del testo (o, più in generale, i vizi) dell'accordo posto a base della separazione omologata. Difatti, oggetto della procedura camerale è l'accertamento della esistenza dei "giustificati motivi" che autorizzano la modificazione delle condizioni della separazione, intesi quali fatti nuovi 4

sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale gli accordi furono stipulati. Del tutto estranei a tale oggetto sono i vizi dell'accordo posto a base della separazione consensuale e l'abusivo riempimento del relativo testo. Ne deriva che i "giustificati motivi" non possono attenere a vizi dell'accordo di separazione o al riempimento del relativo testo absque pactis, costituendo presupposto giuridico del ricorso alla procedura camerale di cui agli artt. 710 e 711 cod. proc. civ. per la modifica delle clausole della separazione proprio l'allegazione di una valida separazione consensuale omologata, restando quindi rimessa al giudizio ordinario, secondo le regole generali, la deduzione degli eventuali vizi dell'accordo di separazione o del riempimento abusivo del testo in cui detto accordo venne trasfuso (cfr. Cass., Sez. 1^, 5 marzo 2001, n. 3149). 2.2. - Le censure svolte nella restante parte del secondo motivo e nel terzo mezzo sono inammissibili. La doglianza relativa alla mancata ammissione, senza motivazione, dei capitoli di prova per interrogatorio formale della resistente e per testi è priva di autosufficienza, perchè non è accompagnata dalla indicazione, nel ricorso stesso, dei capitoli di prova non ammessi ed asseritamente concludenti e decisivi al fine di pervenire a soluzioni diverse da quelle raggiunte nell'impugnato decreto (Cass., Sez. 3^, 19 marzo 2007, n. 6440; Cass., Sez. 3^, 12 giugno 2006, n. 13556). La denuncia del vizio di motivazione per la mancata valutazione di deposizioni testimoniali dalle quali, ad avviso del ricorrente, emergerebbe il peggioramento delle condizioni di vita del B., oltre a tendere ad una lettura delle risultanze probatorie diversa da quella compiuta dal giudice del merito, è a sua volta inammissibile perchè, per costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Sez. 1^, 7 dicembre 2007, n. 25619), nel regime (applicabile ratione temporis) anteriore alla modifica dell'art. 360 cod. proc. civ. recata dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, il decreto emesso in camera di consiglio dalla corte d'appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale sull'istanza di revisione delle clausole della separazione consensuale omologata può essere impugnato avanti alla Corte di cassazione con il ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111 Cost. per violazione di legge, in essa ricomprendendosi la radicale inesistenza o mera apparenza di motivazione, e non già per chiedere, come nella specie, un sindacato sulla motivazione ai sensi dell'art. 360 cod. proc. civ., n. 5 a nulla valendo la formale deduzione della violazione dell'art. 156 cod. civ. o degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.. 2.3. - La censura articolata con il quarto mezzo è infondata per le stesse ragioni esposte retro, sub. 2.1. Difatti, la Corte d'appello, facendo applicazione dell'art. 355 cod. proc. civ., ha ritenuto il documento impugnato (il ricorso per separazione consensuale omologato con decreto depositato il 16 dicembre 1997) irrilevante per la decisione della causa, considerando che il B. ha introdotto un procedimento per la modifica delle clausole della separazione personale omologata, non già un giudizio inteso a far constare la nullità dell'atto separativo (giudizio che non avrebbe potuto essere avanzato nelle forme del rito camerale ai sensi dell'art. 710 cod. proc. civ., ma avrebbe, se del caso, richiesto l'instaurazione di un procedimento a cognizione piena e da trattarsi nelle forme ordinarie). E questo Collegio, nell'esaminare, retro, i primi due motivi del ricorso, ha ritenuto corretto in punto di diritto il principio di non deducibilità, con il giudizio camerale attivato ai sensi degli artt. 710 e 711 cod. proc. civ., dell'abusivo riempimento delle clausole della separazione omologata, principio costituente, a sua volta, la base logica della valutazione di irrilevanza del documento impugnato, compiuta dalla Corte d'appello per negare la sospensione con ordinanza del giudizio e, con essa, la concessione di un termine per la riassunzione della causa di falso dinanzi al tribunale. 5

3. il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.600, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, della prima sezione civile, il 19 marzo 2008. Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2008 6