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Il valore dell innovazione: le relazioni Corporate art: vecchie e nuove declinazioni di Guido Guerzoni docente di storia economica, Bocconi Premessa Con un sopportabile grado di approssimazione si può far risalire a circa vent anni fa la coniazione dell espressione Corporate Art più precisamente a una sessione del convegno dell American Sociological Association del 1986, durante la quale Rosanne Martorella, oggi decana della sociologia dell arte statunitense, presentò la relazione che costituì l ossatura metodologica e concettuale della sua fortunata e omonima monografia, pubblicata nel 1990. Da allora l accoppiata è entrata a far parte, senza soverchi scandali, del lessico del sistema artistico internazionale, infilandosi altresì, quasi di prepotenza, nell agenda di imprenditori, associazioni di categoria e decisori pubblici, sedotti dal fascino della creatività, di cui la produzione artistica segnatamente quella contemporanea - costituisce una delle appendici più gradite dall odierna coolness society. L espressione, tuttavia, è polimorfa, dacché include diverse forme esplicative, che non sempre e non solo passano attraverso strategie di natura acquisitiva o mere sponsorizzazioni finalizzate all acquisizione di una sfuggente visibilità. Se è vero che negli anni Ottanta non sussistevano profonde differenze tra Corporate Art e Corporate Collecting/Corporate Sponsorship, oggi esiste una vasta gamma di forme di intervento, dagli acquisti di opere all allestimento di propri spazi e progetti espositivi, dall erogazione di grants di ricerca alle sponsorizzazioni tecniche, dalla fornitura di competenze professionali all organizzazione di eventi/campagne di fundraising, da operazioni di cause related marketing agli accordi di corporate membership, dai bandi di premi e fellowship alla progettazione di interventi di natura formativa rivolti ai dipendenti e agli stakeholder territoriali, e così via, mentre è cresciuta, con opportuni distinguo, l ammontare delle risorse investite nel settore dalle imprese, come si può evincere dalla lettura della tabella sottostante, che non tiene conto del valore delle opere acquistate, ma solo delle risorse erogate a soggetti terzi, pubblici e privati che siano.

Tabella 1: L ammontare delle risorse erogate in campo artistico e culturale: alcune nazioni a confronto % Individui Privati Conferimenti da Enti Pubblici Imprese Trust e fondazioni n. Trust e Fondazioni su totale Germania (2003) 8.270 350 50 125 2000 5,97% Francia (2000) 12.330 198 52 Nd 1000 1,99% UK (2003) 3.838 173 270 70 3000 11,79% Italia (2000) 6.464 300 nd 350 1500 9,14% Spagna (1999) 5.172 60 nd Nd nd 1,15% USA (2003) 2.500 1.700 5.000 3.300 75.000 80,00% Canada (2003) 296 67 35 20 nd 30,14% Giappone nd 120* nd nd nd Nota: tutti i dati sono espressi in milioni di Euro Fonti: Germania: per i finanziamenti pubblici Jahrbuch für Kulturpolitick 2003 ; per quelli privati AKS - Arbeitskreis Kultursponsoring. Francia: per entrambi Admical. UK: per i finanziamenti pubblici Compendium, Cultural Policies in Europe 2004 ; per quelli privati Arts and Business 2003. Italia: per i finanziamenti pubblici AEC e ISTAT; per quelli privati ho rielaborato dati Intermatrix, ACRI, ABI, IRES e IRER, UPA Spagna: per i finanziamenti pubblici Politica Cultural en España 2004 ; per quelli privati Cerec Usa: per entrambi National Endowment for the Arts 2004 Canada: per entrambi: The Council for Business and the Arts in Canada 2004. Giappone: *Kigyo Mecenat Kyogikai - survey sui 4.000 società, risposte di 600 Si tratta di cifre importanti e che pure scontano le distorsioni delle metodologie e dei sistemi di rilevazione delle informazioni pertinenti. Va infatti precisato che, come accade in molte ricerche comparative effettuate su settori privi di serie storiche omogenee e pienamente attendibili, i valori appena riportati in tabella sono nella maggioranza dei casi decisamente sottostimati. A titolo di esempio i dati raccolti da AKS - Arbeitskreis Kultursponsoring per la Germania non considerano gli equivalenti monetari delle sponsorizzazioni tecniche e non calcolano il valore delle attività svolte internamente (dalle mostre allestite negli spazi espositivi degli istituti bancari alle iniziative formative dei musei d impresa), mentre le survey condotte da Admical sulle prassi transalpine non includono i partenariati di lungo periodo, né coprono l intero spettro degli interventi, essendo basate su campagne di rilevazione volontarie cui non tutte le imprese aderiscono. In modo consimile le cifre fornite per l Inghilterra da Arts & Business sino al 2001 si limitavano rigorosamente ai contributi corporate, escludendo così le erogazioni e le attività delle fondazioni di origine imprenditoriale, che rappresentano una porzione ragguardevole delle 3.000 foundation britanniche, mentre i dati nipponici si riferiscono solo a una porzione della intera popolazione imprenditoriale, senza dimenticare che spesso la raccolta e l elaborazione dei dati è stata effettuata da società di consulenza e comunicazione che difettano dei necessari requisiti di terzietà e omettono la specificazione dei criteri di selezione e dei metodi di calcolo adottati. In modo analogo non va trascurato l effetto provocato dalla compresenza di regimi impositivi assai differenti, benché nel corso degli ultimi cinque anni si siano moltiplicati, a livello comunitario, i provvedimenti di legge intesi ad accordare un più vantaggioso trattamento fiscale ai contributi di privati, imprese e fondazioni. In tale direzione si è mossa per prima la Gran Bretagna (aprile 2000), seguita in ordine dalla Germania (luglio 2000), dall Italia (febbraio e

novembre 2000), dall Irlanda (2001), dalla Spagna (dicembre 2002), dalla Francia (agosto 2003) e dal Portogallo (fine 2003). Pur sollevando irrisolte questioni di equità - fiscale per i contribuenti e redistributiva per le istituzioni - tali provvedimenti sono comunque riusciti a incrementare la raccolta di fondi privati, spesso direttamente elargiti agli enti e ai progetti beneficiari, anche se non mancano casi, come quello italiano, che dimostrano una certa titubanza nell impiego di dispositivi fiscali sicuramente più convenienti. La crisi della cultura e il successo dell arte contemporanea. Le ragioni del paradosso I dati appena presentati celano però delle insidie, che è doveroso commentare. Pur avendo registrato, in termini assoluti, un costante e cospicuo tasso di crescita, l impegno delle imprese in campo artistico e culturale ha subito negli ultimi due anni una battuta d arresto, che ha determinato non pochi cambiamenti La prima questione da affrontare è l appeal in leggero calo delle istituzioni e delle attività artistiche e culturali di segno di più tradizionale; infatti, per la staticità e la peculiare fisionomia dei target e dei palinsesti di riferimento, esse stanno scontando in negativo lo spostamento degli assi della comunicazione strategica di diverse imprese, nell ambito di una tendenza che a livello mondiale, secondo diverse stime, ha visto comunque crescere a tassi impressionanti il mercato planetario delle erogazioni aziendali in campo culturale: 2 bilioni di dollari nel 1984, 5.2 nel 1992, 15.1 nel 1995, 23.16 nel 1999, 24.79 nel 2000, 26.2 nel 2003, anno per il quale IEG proponeva un valore assai più alto, ossia 34.4 bilioni di dollari. Tuttavia, dopo anni di forte presenza in campo artistico e culturale, alcune aziende oggi preferiscono privilegiare altre forme di intervento nei campi del sociale, della formazione permanente, delle pari opportunità, della ricerca scientifica, della salute, dell integrazione razziale, etc. In aggiunta, va notato che gli interventi in campo artistico e culturale riguardano sempre meno progetti redatti da soggetti terzi e rivolti a indifferenziati pubblici esterni, privilegiando invece iniziative concepite per i dipendenti, le comunità di riferimento e gli stakeholder aziendali. I corsi di educazione all arte e all ascolto, i cicli di incontri con creativi, intellettuali e artisti, i progetti di riqualificazione dei luoghi di lavoro e di residenza sono infatti scaturiti dall intenzione di ricorrere alle attività artistiche e culturali come efficaci leve di formazione, marketing e comunicazione interna, rinunziando in parte alla ricerca della visibilità esterna. Nei fatti, l accresciuta consapevolezza del loro ruolo sociale ha condotto diverse imprese in direzioni diverse da quelle percorse in passato, diminuendo l impegno in un settore, qual è quello dei beni e delle attività artistiche e culturali, spesso percepito come elitario e discriminatorio da diversi osservatori esterni e interni. Si tratta, per altro, della deriva di un fenomeno iniziato da tempo: secondo la ricerca effettuata nel 2001 dal Business Committee for the Arts, i contributi stanziati dalle imprese statunitensi a favore delle istituzioni e delle attività artistiche e culturali sono cresciuti in termini assoluti del 34% tra il 1997 e il 2000, attestandosi attorno a 1.25 miliardi di euro. Tuttavia, in termini relativi, le risorse conferite sono crollate dal 24% del totale registrato nel 1992 al 14% rilevato nel 2000, scontando la concorrenza di altre cause, più aggressive e/o meritorie. La tendenza negativa ha poi trovato conferme negli anni successivi, in cui si sono altresì sovrapposti gli effetti negativi della crisi economica internazionale. A titolo di esempio, dopo anni di crescita costante, le erogazioni in campo artistico e culturale delle fondazioni bancarie italiane sono scese sia in termini assoluti (dai 331,6 milioni di euro del 2001 ai 311,3 del 2002), sia in termini

relativi (la quota percentuale sul monte delle erogazioni è scesa dal 34,1% al 28,9% nel giro di dodici mesi). Altre fonti confermano tale tendenza; secondo IEG, se si escludono dal computo complessivo gli interventi effettuati a titolo personale da singoli imprenditori e le risorse devolute da fondazioni individuali, familiari ed aziendali, nel 2002 le risorse erogate negli Usa in ambito artistico e culturali hanno rappresentato solo il 6% del totale di quelle elargite da soggetti privati. Non si tratta di un fenomeno imputabile alla parallela e più che proporzionale crescita delle donazioni individuali e delle erogazioni di trust e fondazioni, ma di una tendenza di fondo. Secondo TCG, nel 2001, per la prima volta nella storia statunitense, le erogazioni in campo artistico e culturale hanno infatti subito, in termini assoluti, una forte contrazione, il cui trend è rimasto invariato. Ora, di là dalla naturale risposta a un forzato contingentamento delle disponibilità finanziarie imputabile alla duratura crisi macroeconomica da tempo in atto, sospetto che ci si trovi davanti a un cambiamento radicale. Sono infatti accaduti almeno di fatti che meritano di essere analizzati e commentati in dettaglio. Il primo è rappresentato dallo spostamento del soglia di interesse cronologico: oggi le aziende sono sempre più interessate al sostegno della produzione e della cultura artistica contemporanea, per una lunga serie di ragioni, esemplarmente sintetizzate nella relazione di Severino Salvemini. Vogliono essere protagoniste del loro tempo anche in questo campo, non ravvedendo alcun segno di discontinuità tra i valori che in romano la missione delle imprese operanti nell epoca dell economia della conoscenza e della creatività e quelli che informano il mondo della produzione artistica ed intellettuale. Questa tendenza ha determinato profonde modifiche nelle logiche di investimento, con un netto spostamento dei flussi di risorse dal sostegno al consumo dei generi più tradizionali e storicizzati a quello riguardante la produzione di nuovi contenuti e significati. Del pari è occorsa un altra profonda trasformazione, con una parziale introflessione dei target di riferimento, inclusi nel vasto perimetro della Corporate Social Responsabilità. In parole semplici, la contrazione/stagnazione delle politiche aziendali degli ultimi tre anni è in larga misura ascrivibile al diverso titolo riconosciuto da molti piani strategici aziendali. Ciò, spiega perché, a titolo di esempio, sia fortemente cresciuto il numero delle imprese che privilegiano gli ambiti di intervento più socialmente sensibili (in Inghilterra, secondo le elaborazioni del porf. Meenaghan, le community sponsorship nel 2000 rappresentavano il 9,6% del totale rispetto allo scarso 1% del decennio precedente), mentre quelle che lavorano sui grandi volumi stano orientando i loro budget verso interventi che prediligono i settori dello sport, del tempo libero e dell entertainment puro. Luci e ombre Tali elementi confermano la schizofrenia di talune politiche aziendali, poiché, a fronte dell accresciuta consapevolezza per i risvolti etici di taluni interventi, nello stesso lasso di tempo è cresciuto l interesse per mezzi aggressivi e programmi di massa (nel Regno Unito le risorse erogate dalle imprese per la sponsorizzazione di programmi radio-televisivi sono passate dal 2% del totale del 1990 al 21% del 2000) e per la coltivazione di segmenti anagrafici in larga misura trascurati in passato (il target di molti interventi paraculturali è costituito da bambini e teenagers), come si può desumere dall analisi delle strategie dei giganti dello sport apparel, della comunicazione o del settore food and beverage, molto sensbili ai gusti e ai consumi degli under 16.

Si tratta della risposta data da molte imprese al radicale mutamento del concetto di cultura occorso negli ultimi dieci anni, con l abolizione delle gerarchie, la scomparsa dei confini disciplinari, la commistione, spesso malintesa, tra generi espressivi (si pensi ai connubi, non sempre felici con la moda, il design e i settori luxury and lifestyle), la crescente rilevanza della cultura digitale. Tali ragioni spiegano perché molte imprese privilegino interventi decisamente innovativi riguardo alle forme e ai contenuti: è sempre più importante comunicare la propria fiducia per i valori del presente e del futuro, attraverso interventi che mirano alla riduzione della distanza che separa la cultura alta dal consumo di massa ( tramite iniziative intese a creare un'autentica cultura della divulgazione e colmare il preoccupante divide che, ben prima di quello digitale, caratterizza in negativo i rapporti tra discipline umanistiche e scientifiche) e che si propongono di sostenere la produzione artistica e intellettuale contemporanea e conservare i beni culturali del XX secolo. Non è un caso che molti dei più importanti progetti varati negli ultimi dieci anni - che vedono quasi sempre coinvolti artisti, talenti e creativi abbiano riguardato children museum e science center, centri di documentazione, ricerca e musei del design, della moda, della comunicazione pubblicitaria, radiotelevisiva, discografica e cinematografica, senza dimenticare i programmi dedicati alla fotografia, alla net e alla digital art, etc. Questa tensione per la contemporaneità, quest ambizione di lasciare segni più tangibili e duraturi nella cultura dei nostri tempi, si è tradotta in un entustiastica (un entusiasmo che in un Italia sempre più gerontocratica si limita spesso a roboanti dichiarazioni di intenti che non costano nulla e a cui - altrettanto spesso - non fanno seguito i fatti) opera di sostegno a vantaggio delle produzioni e dei talenti giovani e supergiovani, attraverso i contributi assegnati alle istituzioni più attive, gli acquisti di opere, l offerta di spazi espositivi, l organizzazione di travelling exhibitions, la concessione di borse di studio e prestiti d onore, l erogazione di contributi ai progetti di ricerca individuali, l organizzazione nei programmi di ospitalità, il diretto coinvolgimento nelle attività aziendali, senza poi tralasciare i contributi forniti per la copertura dei costi di traduzione, adattamento e pubblicazione all'estero. Le conseguenze di questo fenomeno sono immediate: in Inghilterra, in Germania, negli Stati Uniti o in Giappone sono soprattutto le grandi imprese multinazionali a concepire e gestire i più ambiziosi piani di intervento in ambito artistico e culturale, non dovendosi preoccupare di mantenere buoni rapporti con tutti i pubblici e tutte le comunità locali, ma permettendosi il lusso di coltivare relazioni privilegiate solo con taluni e talune, un esigenza ancor meno avvertita dalle società attive nel campo dei servizi, prive dell imbarazzante presenza di antichi stabilimenti e polverosi blue collar. Nella medesima direzione si indirizza anche la marea di fusioni e acquisizioni che sta trasformando le strategie di molte imprese in campo culturale, svincolandole dagli storici luoghi, mercati e settori di insediamento produttivo e radicamento commerciale. Lo si può desumere, in diciottesimo, dalla disamina delle nuove modalità di intervento dei gruppi bancari italiani o dallo studio degli effetti provocati dagli spostamenti degli headquarter nazionali. Il problema è però rappresentato dalle diverse e nuove esigenze dei grandi gruppi, sempre più orientati a privilegiare grandi progetti, di caratura possibilmente internazionale, all interno dei quali desiderano ricoprire ruoli decisionali diversi da quelli detenuti in passato. Queste necessità hanno determinato una radicalizzazione d elle scelte e una maggiore selezione dei progetti: secondo Admical, l associazione transalpina che raggruppa le imprese più attive nel campo del mecenatismo culturale, in Francia nel 1996 furono finanziati 2.650 interventi, con una spesa media di circa 63.316 euro, a fronte dei 2.800 progetti approvati nel 2000 con un contributo medio di 70.714 euro. In Italia, analizzando i dati elaborati dall Associazione

Bancaria Italia, tra il 1990 e il 1993 233 banche e 35 fondazioni bancarie sostennero 15.575 progetti, per una spesa complessiva di 117 milioni di euro, con uno stanziamento medio di circa 7.500 euro a intervento. A distanza di dieci anni, nel 2002, le sole fondazioni bancarie elargirono 311,3 milioni di euro in 7.519 iniziative, con uno stanziamento medio di 41.400 euro a progetto, una cifra ancora lontana dalla magnitudo di degli standart internazionali, nonostante continui a crescere senza sosta il numero degli artisti, delle istituzioni e delle produzioni culturali: secondo American for the Arts si è passati dai 7.732 nonprofit arts groups censiti nel 1965 agli oltre 40.000 esistenti nel 2003 e l aumento osservato negli Stati Uniti è stato egualmente notato in altri stati. Le nuove corporate art policies Tuttavia, agli occhi di molte imprese, le vecchie forme di intervento appaiono quasi del tutto inutili: le imprese rivendicano un diverso ruolo nei processi di ideazione e gestione dei progetti, nella scelta degli ambiti e delle modalità d azione, nella determinazione dei pubblici di riferimento. A fronte di maggiori e più rischiosi investimenti, esse esigono pur non ottenendoli sempre - spazi e funzioni un tempo impensabili, rifiutando l assunzione di proposte frettolosamente avanzate da terzi a favore di coproduzioni e partenariati e non accettando il ruolo, predominante in passato, di passivi erogatori d'ultima istanza. Oggi, invece, i contributori privati preferiscono concepire e gestire internamente molti progetti, con staff proprie, programmandoli su orizzonti poliennali, al fine di individuare per tempo gli interlocutori ideali. Inoltre, quale naturale conseguenza del fenomeno, è derivata una maggior attenzione ai risultati, una più insistente richiesta di benefici, un atteggiamento negoziale più accentuato, come si può inferire dalla preferenza accordata agli schemi di matching - che comportano una co-valutazione e convalidazione delle richieste di finanziamento da parte di più erogatori, pubblici o privati che siano - senza dimenticare l inasprimento dei controlli dei processi e l affinamento delle valutazioni ex post. Quella che si sta attuando, non senza strascichi nel dibattito internazionale, è una progressiva attuazione di politiche culturali aziendali, che paiono offrire maggiori garanzie in termini di controllo dei processi ed efficacia dei risultati, una tendenza riscontrabile anche nel successo delle iniziative di carattere associativo, che stimolano la cooperazione tra imprese, provocando la nascita di club costituiti anche su base territoriale (in Francia, secondo Admical, già nel 2000 esistevano più di 90 club di imprese operanti a livello locale), che sottendono una tacita richiesta di rinegoziazione del ruolo delle imprese in diverse fasi dei processi di ideazione e gestione dei progetti culturali. Da tale punto di vista molto è cambiato rispetto agli anni Ottanta, in cui le imprese si limitavano a collezionare opere per offrire un ambiente lavorativo più stimolante o semplicemente impressionante. Rispetto a quella stagione pionieristica, oggi la stessa dinamica di selezione e scelta delle opere tiene conto della necessità di coinvolgere attivamente tutti i dipendenti processo di selezione delle opere, migliorare la comunicazione interna e sostenere talenti locali, creando legami con le comunità di riferimento. In particolare risalta il ruolo assegnato all arte contemporanea quale strumento strategico di formazione, crescita e comunicazione interna. Ad esempio, secondo la più recente letteratura riguardante i programmi formazione art based, tali iniziative possono limitare i rischi di perdere personale, creare un miglior ambiente lavorativo, rafforzare un immagine dell azienda che la distingua positivamente da quella dei suoi competitors, migliorare la comunicazione

interna (tra membri dello staff, e a livello di condivisione della cultura aziendale). Per questa ragione Steuer e Peeler parlano del bisogno sentito dagli odierni lavoratori per forme di training that goes beyond the how of a job. Education that teaches the why. Ciò accadrebbe poiché verrebbe a sussistere un unicità di vedute tra lavoratori, managers e strutture proprietarie, armoniosamente riunite nel segno della creatività, che, stando alle parole di Sidenberg (Chairman e CEO di Verizon), is the only irreplaceable human skill in an increasingly automated world the only sustainable source of competitie advantage. Si può dunque comprendere perchè, citando Beckwith Successful employee development is about changing attitudes and motivation before changing behaviour. The performing arts at their best can move an audience towards a particular state of mind; by adapting drama and music techniques for corporate training, they can be used to influence attitude and motivation, as well as develop core skills. In practice, various arts-based training methods have been used to develop key communication skills, to examine sensitive issues which might otherwise be difficult to bring into the open, and to dramatically represent complex business issues. For those companies prepared to invest in it, arts-based training can also be a catalyst for creativity in business. In an environment where creative advantage can increasingly be equated with competitive advantage, this is significant Questa attenzione per le potenzialità insite nei programmi di educazione e formazione artistica, risalta anche negli obiettivi dei programmi di Corporate Hospitality, attraverso I quail le aziende realizzano le condizioni per suscitare il duraturo coinvolgimento dei propri stakeholders, differenziano la proprie aziende dalle altre, aumentano la fedeltà dei clienti rispetto ad altri programmi che le imprese potrebbero supportare in futuro e rafforzano le competenze delle proprie risorse umane, ampliandone le conoscenze. Proprio per questa ragione quasi tutti i programmi più recenti puntano con decisione a coinvolgere prima di tutto i propri dipendenti nelle iniziative di carattere artistico e culturale, per aumentare il livello di soddisfazione sul lavoro, facilitare l interazione tra lo staff coinvolto, creare una cultura del rispetto e della comprensione della diversità etnica, culturale, religiosa e di genere, sviluppare in chi viene coinvolto un nuovo set di esperienze, assistere processi di fusione e creare culture aziendali globali, ridurre il tasso di turnover. 8 novembre 2005