Il silenzio della PA come novellato dal DL 35/05



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Il silenzio della PA come novellato dal DL 35/05 di Marco Giardetti* La tematica del silenzio della PA è di certo una delle più dibattute e problematiche del diritto amministrativo e questo non solo perché involge allo stesso tempo profili processuali e sostanziali, ma anche e soprattutto perché è un tipo di comportamento che rischia di essere gravemente lesivo della sfera giuridica del privato se non adeguatamente disciplinato e regolamentato. Il recentissimo decreto sulla competitività (DL 35/2005) ha determinato una rivoluzione copernicana in materia. Al riguardo appare opportuno tracciare le linee della situazione antecedente. Infatti, in base alla L. 241/90 come novellata dalla L. 15/05, la PA aveva l obbligo di concludere ogni procedimento, avviato obbligatoriamente su istanza di parte o d ufficio, con un provvedimento espresso, sancendo in tal modo un diritto del privato alla conclusione del procedimento. I casi in cui si poteva derogare all emissione di un atto formale conclusivo del procedimento e in cui le funzioni di quest ultimo venivano legittimamente

integrate da un comportamento inerte della PA erano tassativamente previste dalla legge e prendevano il nome di silenzio-assenso e silenziorigetto, species del genus silenzio significativo. In tali casi, perciò, il comportamento omissivo della PA aveva un valore legale tipico ed era in grado di ben surrogare un provvedimento formale conclusivo dell iter procedimentale sia in funzione di accoglimento dell istanza (silenzio assenso), sia in funzione di rigetto della stessa (silenzio rigetto). Al di fuori di questi casi specifici l inerzia della PA era del tutto illegittima giacchè priva di alcun fondamento normativo che gli desse un valore legale tipico. Tali situazioni prendono il nome di silenzio rifiuto o silenzio inadempimento. Perciò, una volta scaduti i termini di conclusione del procedimento, se la PA non aveva ancora provveduto il suo silenzio poteva considerarsi legittimo in casi espressamente previsti dalla legge o illegittimo nelle restanti ipotesi, aprendo in tale ultimo caso la via del ricorso al TAR secondo le forme dettate in proposito, in specie per ultimo, dalla L. 15/05. Con il decreto sulla competitività DL 35/05, invece, si ribaltano drasticamente i termini della questione, giacchè, con un meccanismo simile a quello usato dalla riforma del Titolo V Parte II della Costituizone

che ha ribaltato la potestà legislativa tra Stato e Regioni (infatti quella del primo è diventata residuale in quanto limitata ai 17 settori indicati dal 117 secondo comma Cost. mentre quella delle seconde è diventata di carattere generale riguardando tutte le materie non riservate allo Stato), il silenzio assenso diviene regola generale laddove il silenzio rifiuto viene previsto in ipotesi tassativamente previste quali l ambiente, la sicurezza, l immigrazione, il patrimonio culturale e paesaggistico, la salute, la pubblica incolumità, per le quali si richiede invece. l adozione di un formale provvedimento amministrativo pena l integrazione del silenzio inadempimento. Al riguardo, è ampliato il termine di conclusione del procedimento che è passato da trenta a novanta giorni; si dà alla PA, in caso si debbano sentire altri soggetti pubblici, la possibilità di convocare la conferenza di servizi con interruzione dei termini per maturare il silenzio assenso. Inoltre, si prevede la possibilità di sospendere il decorso del tempo procedimentale, per non più di novanta giorni, per acquisire valutazioni tecniche da altre PA. Dal carattere generale del silenzio assenso, perciò, emerge quello residuale del silenzio inadempimento, che si integrerà solo quando la PA, investita di un istanza concernente una delle materie escluse dalla

sfera del silenzio assenso, ometta di provvedere. In tal caso il suo comportamento sarà inadempiente e si aprirà la procedura giurisdizionale. In merito il DL 35/05 è intervenuto in modo altrettanto importante. Giova ricordare che già con la recentissima L. 15/05 si è passati da una procedura che non prevede più la formale diffida ad adempiere ma a diretta proponibilità del ricorso al TAR entro un anno dalla scadenza dei termini previsti per la conclusione del procedimento. Presentato il ricorso opererà, poi, il rito abbreviato ex art. 21bis L. 1034/71, come introdotto dall art.2 L, 205/2000. Ciò su cui il decreto competitività ha veramente innovato è stato un punto estremamente dibattuto in giurisprudenza: i poteri cognitori del giudice investito del ricorso avverso un silenzio-inadempimento della PA, o meglio la possibilità per lo stesso di sindacare il merito della domanda la sua fondatezza e non limitarsi solamente all accertamento dell illegittimità del comportamento del soggetto pubblico investito dell istanza da parte del privato. Una parte dei giudici amministrativi, infatti, riteneva che il GA avesse il solo potere di accertare l inerzia inadempiente della PA rimettendo a quest ultima la determinazione del contenuto del provvedimento da

adottare. Perciò il giudicato si doveva formare solo sull obbligo di provvedere, cui avrebbe dovuto attendere la PA o, se ancora inerte, il commissario ad acta nominato dal GA. Altra parte della giurisprudenza amministrativa, sosteneva che fosse un potere del GA accertare la fondatezza o meno della pretesa sostanziale addotta dal privato innanzi alla PA. Un sindacato, perciò, sul merito che indicasse, in caso positivo, le modalità in base alle quali la PA dovesse successivamente agire, in modo da emanare un provvedimento favorevole al privato. L Adunanza Plenaria, però, investita della questione, ha accolto, con la decisione 1/2002, la prima soluzione fornendo un interpretazione per lo più letterale della disciplina ossia basandosi su ciò che espressamente diceva la norma. Sosteneva, infatti, che l art. 21 bis L. 1034/71 indica quale oggetto del ricorso il solo silenzio e quindi il solo comportamento inerte della PA e non la pretesa sostanziale addotta dal privato a fondamento della sua istanza. Un tale tipo di giudicato, secondo l Ad. Plen. è finalizzato solamente a sancire l obbligo della PA a concludere il procedimento con un provvedimento espresso e non a sindacare il merito, indi per cui la PA conserverà pur dopo la sentenza il potere di provvedere in senso pieno. E tale sistema va esteso anche all attività vincolata della PA, giacchè l Ad. Plen. dice che la disciplina è unica e

indifferenziata e inerente a qualsiasi ipotesi in cui la pubblica amministrazione si sottragga al dovere di adottare un provvedimento esplicito i cui presupposti di fatto sono, perciò, irrilevanti. E fondamentale, invece, un omogeneità di posizioni soggettive in capo alla PA ed al privato, ossia è necessario che il silenzio riguardi l esercizio di una potestà amministrativa e che la posizione del privato si configuri come un interesse legittimo, in modo da far derivare un identità di tutela giurisdizionale. Il decreto sulla competitività DL 35/05 ha messo il punto sull annoso dibattito, sancendo la possibilità del giudice amministrativo di conoscere della fondatezza dell istanza, di usare perciò un sindacato che investa anche il merito. Si è, in tal modo, venuto incontro ai numerosi dubbi che aveva suscitato la decisione dell Adunanza Plenaria di cui sopra, dubbi che investivano, anzittutto, l oggetto del giudizio. In molti ritenevano che si fosse affrontata come una questione di diritto processuale una questione che era invece di diritto sostanziale. Il nodo era stabilire quale fosse la natura delle posizioni soggettive a fronte dell attività vincolata della pubblica amministrazione. Si riteneva infatti che se a fronte di una potestà amministrativa si poneva una posizione soggettiva del privato sub specie

di interesse legittimo non potevano seguire differenti forme di tutela o comunque una diversa estensione dei poteri cognitori del giudice. Come comportarsi, invece, nei casi in cui si riscontrasse un diritto soggettivo a fronte dell attività vincolata della PA? Il problema diveniva allora di giurisdizione, giacchè i diritti soggettivi richiedono forme di tutela e di cognizione diverse rispetto agli interessi legittimi. Il dl 35/05 ha messo fine ad ogni dubbio. Infatti, oggi, il GA, investito di un ricorso avverso il silenzio inadempimento della PA, non si limiterà più ad accertare la sussistenza dell inadempimento, ossia il superamento del termine fissato per la conclusione del procedimento senza l emanazione di alcun provvedimento, ma punterà gli occhi anche sulla bontà dell istanza del privato per verificare se essa meriti o meno accoglimento. Se l esito sarà positivo il giudice imporrà alla PA di adottare un provvedimento di accoglimento. Se la PA risulti inadempiente alla pronuncia il giudice nominerà, su istanza di parte un commissario ad acta perché provveda in luogo dell amministrazione; tale commissario, verificato l inadempimento adotterà il provvedimento in luogo della PA.

Appare in definitiva chiaro come il DL 35/05 abbia inciso in maniera notevole sulla figura generale del silenzio. Da un lato l ampliamento della sfera di operatività del silenzio assenso cambierà di certo il modo di agire e di raffrontarsi della PA nei confronti delle istanze dei cittadini e dall altro i nuovi poteri cognitori del GA in caso di silenzio inadempimento segnano il trapasso da una fase in cui la PA rimaneva sempre e comunque custode della facoltà di provvedere a un altra in cui il GA assume su di sé tale potere a garanzia del privato nei confronti del rischio di ulteriori inadempienze della PA. *Specializzando in Professioni legali Università di Roma La Sapienza