Civitas. Registrazione Tribunale Civile di Roma n. 152 dell 8.04.2004

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Civitas Rivista quadrimestrale di ricerca storica e cultura politica Fondata e diretta da Filippo Meda (1919-1925) Diretta da Guido Gonella (1947) Diretta da Paolo Emilio Taviani (1950-1995) Quarta serie, anno III - n. 2-3/2006 Diretta da Gabriele De Rosa «Civitas» riprenderà il difficile impegno con la serietà ed il rigore che l hanno contraddistinta nei momenti più travagliati e complessi. I temi riguarderanno problemi, eventi, prospettive della politica internazionale con un particolare riguardo alla vita italiana ed all unità europea.... Il XX secolo ha lasciato tracce e impronte in Italia, in Europa e nel mondo, che sono in gran parte da scoprire e, per un certo verso, se non addirittura, da correggere, da meglio interpretare. Sarà anche questo un importante compito della nuova «Civitas». [Paolo Emilio Taviani, 18 febbraio 2000] Costo di un numero 10,00 Abbonamento a tre numeri 25,00 Abbonamento sostenitore 250,00 (Equivalente a 10 abbonamenti) C/c postale 15062888 intestato a Rubbettino Editore, Viale Rosario Rubbettino, 10-88049 Soveria Mannelli (Catanzaro) Bonifico bancario Banca Popolare di Crotone - Agenzia di Serrastretta C/C 120418 ABI 05256 CAB 42750 Carte di credito Visa - Mastercard - Cartasì Pubblicità Pagina b/n 1.500,00 - Per tre numeri 3.500,00 Registrazione Tribunale Civile di Roma n. 152 dell 8.04.2004 Direttore - Responsabile Gabriele De Rosa Condirettore Franco Nobili Vicedirettore Agostino Giovagnoli Direttore editoriale Amos Ciabattoni Redazione Comitato Andrea Bixio Nicola Graziani Flavia Nardelli Giuseppe Sangiorgi Sede Via delle Coppelle, 35 00186 Roma Tel. 06/68809223-6840421 Fax 06/45471753 E-mail assostoria@assostoriaitaliana.it segreteria@assostoriaitaliana.it Editore Rubbettino Viale R. Rubbettino, 10 88049 Soveria Mannelli Tel. 0968/6664201 Fax 0968/662055 E-mail redazione@rubbettino.it Il Progetto Civitas è sostenuto dal contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Roma 2 Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006

Questo numero di «Civitas» esce con numerazione doppia per esigenze editoriali-redazionali, ma nel rispetto dei numeri annuali potendosi considerare il primo del corrente anno lo Speciale dedicato all Africa di gennaio-aprile. La scelta dell argomento è stata quasi obbligata. Gli avvenimenti recenti e tuttora carichi di effetti che hanno contraddistinto in maniera forte il panorama politico-parlamentare del nostro Paese, proponendo analisi, conseguenze e dibattiti di grande spessore e significato, l hanno imposto alla nostra attenzione, certi di contribuire a confronti che mai come oggi richiedono ponderazione, idee e comune volontà di superare condizioni di vita politica complessi e difficili. Ogni numero di «Civitas» è un invito al confronto e al dibattito: questo numero in particolare anche perché comune dovrà essere lo sforzo per portare l Italia ai più alti confronti internazionali e offrire, quindi, al progresso e alla pace del mondo il contributo del nostro grande patrimonio di Civiltà e Cultura. Franco Nobili Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006 3

Indice BIPOLARISMO IMPERFETTO 9 Editoriale Sistemi elettorali e vita politica 17 Sistemi elettorali comparati e stabilità politica - di Emmanuele F. M. Emanuele 25 La legge elettorale e gli esiti del voto - di Antonio Agosta 35 Spoils system : i modelli europei e il caso italiano - di Gianfranco D Alessio 51 La formazione della classe dirigente nella società civile - di Giuseppe De Rita 59 Linguaggi e mass media in campagna elettorale - di Giuseppe Sangiorgi 67 La Questione settentrionale - di Andrea Bixio 75 Il Caso Napoli - intervista a Mario Rusciano di Fedele Cuculo 91 Un governo dell economia tra solidarietà e sviluppo - di Enrico Letta I cattolici tra valori e politica 99 Il Voto Cattolico. Colloquio con Paolo Segatti - di Giuseppe Sangiorgi 107 I popolari e il partito democratico - di Pietro Scoppola 115 Chiesa e politica al tempo di Benedetto XVI - di Andrea Riccardi 129 La prospettiva di un partito dei moderati - di Bruno Tabacci 137 Le prospettive della politica italiana di Marco Follini (intervista) RUBRICHE POLITICA INTERNA a cura di Nicola Graziani 143 POLITICA INTERNAZIONALE a cura di Mario Giro 148 RICERCHE a cura di Andrea Bixio 154 RELIGIONI E CIVILTÀ a cura di Agostino Giovagnoli 160 IL CORSIVO a cura di Giorgio Tupini 165 NOVITÀ IN LIBRERIA a cura di Valerio De Cesaris 169 NOMI CITATI 176 NUMERI PRECEDENTI 177 Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006 5

Bipolarismo imperfetto

Editoriale Nel 1994, con l adozione di una nuova legge elettorale, si è avviato in Italia un sistema politico bipolare. Con il crollo del comunismo in Europa, il tramonto di una forte contrapposizione ideologica ha costituito la premessa di una piena legittimazione a governare di tutte le forze politiche italiane. Dopo cinquant anni di democrazia bloccata, il bipolarismo è stato introdotto nella convinzione che fosse diventato normale l avvicendamento al governo di schieramenti politici alternativi, uno di destra ed uno di sinistra, caratterizzati dalla condivisione bipartisan di molti orientamenti di fondo, riguardo alle regole del gioco, alla politica estera ed altro ancora. Sempre nel 1994 ha avuto notevole successo la pubblicazione di un piccolo libro, Destra e sinistra, in cui Norberto Bobbio, cercava di chiarire il senso di fondo di questi due concetti politici, collegandoli, rispettivamente, ai temi della differenza e dell uguaglianza. Non si tratta di un caso: il bipolarismo italiano si è avviato mentre appariva sempre meno chiara la differenza di fondo fra destra e sinistra. Ma la coincidenza fra attenuazione di tale differenza e introduzione del bipolarismo evidenzia un paradosso: proprio ciò che rendeva finalmente possibile l alternanza di governo in Italia, e cioè la fine di una forte contrapposizione ideologica, faceva anche emergere una profonda incertezza sull identità dei soggetti politici che avrebbero dovuto animare il nascente bipolarismo. Negli anni successivi, molte vicende diverse hanno incrinato le convinzioni che accompagnarono la svolta bipolare. La dissoluzione della contrapposizione ideologica non ha fatto emergere una comune piattaforma politico-istituzionale unanimemente condivisa. L asprezza e la frequenza degli scontri tra i due schieramenti anche politici o solo elettorali? hanno suscitato dubbi sull esistenza di orientamenti di fondo realmente bipartisan, considerata un presupposto necessario del bipolarismo. Per porre riparo al problema, si è sviluppata un ampia retorica dell unità nazionale, i cui effetti pratici però sono stati piuttosto scarsi. Probabilmente, l Italia non si è spaccata tanto quanto ha enfaticamente sostenuto una certa polemica post-elettorale (indubbiamente la realtà italiana è complessa e variegata, come ricorda in questa pagine An- Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006 9

Editoriale drea Bixio: ma si tratta di problemi diversi e, per certi aspetti, più profondi). Nel 1976 gli italiani si spaccarono molto di più, votando tre su quattro per la Dc o per il Pci, due partiti radicalmente contrapposti non solo politicamente ma anche ideologicamente e, persino, antropologicamente. Eppure, anche in presenza di due vincitori, come disse Aldo Moro, la politica trovò allora il modo per affrontare gravi emergenze. Oggi, invece, malgrado la fine di molte differenze e l accorciamento di molte distanze, la spaccatura sembra più grande e alla politica sembrano mancare le risorse necessarie per affrontare problemi meno gravi. Ma non è solo interessante chiedersi quali sono (o quali dovrebbero essere) gli orientamenti condivisi da tutti: è altrettanto importante capire che cosa caratterizza (o dovrebbe caratterizzare) le grandi proposte politiche che si confrontano. Diversi problemi, infatti, emergono anche affrontando di nuovo l interrogativo toccato a suo tempo da Bobbio: che vuol dire destra e che vuol dire sinistra, in senso politico, nell Italia del 2006? Dal 1994, la differenza tra destra e sinistra è diventata ancora più problematica ed incerta. Se già allora i collegamenti destra-differenza e sinistra-uguaglianza suscitavano qualche dubbio, nel 2006 i dubbi sono diventati tantissimi. Differenza ed uguaglianza, infatti, si riferivano al background che ha dominato per cinquant anni il dibattito politico, intorno alle tematiche del Welfare State, della redistribuzione delle ricchezze, del confronto tra le classi sociali. Ma, come ha osservato Ernesto Galli della Loggia, questo comune riferimento si è largamente affievolito e insieme si è dissolta non solo in Italia ciò che ha rappresentato per molti anni la principale sostanza della politica. Nella primavera del 2006, l Italia è passata attraverso una intensa stagione elettorale le cui modalità, fortemente televisive, sono qui analizzate da Giuseppe Sangiorgi che ha visto affermarsi seppure con qualche difficoltà uno dei due schieramenti. Dopo le elezioni politiche, in cui il centro-sinistra è prevalso di misura, nelle amministrative successive l Unione si è invece affermata con nettezza. Forte rilievo politico ha poi avuto la chiara bocciatura del referendum confermativo sull ampia riforma elettorale voluta dalla Lega e sostenuta dal centro-destra (seppure con significative eccezioni). Alla conclusione di questa stagione, dunque, è emerso in modo relativamente chiaro che spettava al centro-sinistra governare l Italia e, malgrado un esigua maggioranza al Senato, il governo Prodi è parso pienamente legittimato a svolgere il suo lavoro. Tale lavoro è effettivamente iniziato, con un ritmo piuttosto rapido. Sono state 10 Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006

Editoriale prese decisioni importanti come il ritiro dall Iraq, il rifinanziamento delle altre missioni all estero e la conferenza di Roma sul Libano, in politica estera; i decreti Bersani sulle liberalizzazioni, il provvedimento di indulto, le decisioni sull immigrazione in politica interna. Ma se una parte dei provvedimenti adottati può essere fondatamente riportato ad una cultura politica di centro-sinistra, in altri casi le cose non sono così chiare. Indubbiamente, l insieme delle iniziative promosse dal governo in tema di immigrazione in particolare la proposta di concedere la cittadinanza agli stranieri dopo cinque anni di presenza in Italia è chiaramente definibile di centrosinistra, con particolare riferimento alla tradizione del socialismo umanitario e del cattolicesimo sociale. Il lavoratore immigrato è in una posizione svantaggiata e marginale nella società italiana, accoglierlo e integrarlo rappresenta un obbligo per una politica di sinistra. L immigrato, però, è anche qualcos altro: le sue evidenti differenze dal contadino o dall operaio italiani solo di cinquant anni fa ci ricordano ogni giorno che il mondo è profondamente cambiato, i confini nazionali non separano più i popoli come una volta, le culture non sono più così distanti. Interdipendenze planetarie sempre più intrecciate determinano i nostri destini. Davanti a questo scenario, che cosa significa oggi essere di destra o di sinistra? Evidenti problemi presentano poi i provvedimenti a favore delle liberalizzazioni. Una certa propaganda vorrebbe che le posizioni a favore del mercato fossero di destra e quelle stataliste di sinistra, ma questa volta è stato un governo di centro-sinistra ad impegnarsi per sviluppare la concorrenza mentre una parte dell opposizione scendeva in piazza in difesa delle corporazioni (e un altra parte ne criticava la timidezza ). Secondo gli abbinamenti tradizionali evocati da Bobbio, destra-differenza e sinistra-uguaglianza, sarebbe stata scelta una via di destra per raggiungere un risultato di sinistra : favorire le differenze per creare più uguaglianza. A quale filosofia, a quale visione politica, a quale prospettiva d insieme corrispondono tali scelte? Ovviamente, domande analoghe possono essere rivolte anche all opposizione da cui certo non viene maggiore chiarezza. È un altra conferma che l orizzonte del Welfare State, della distribuzione della ricchezza, di una politica connessa alle vecchie classi sociali è sempre più lontana. Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006 11

Editoriale Perplessità emergono anche sul versante di quelle che dovrebbero essere le scelte condivise, come l indulto, necessariamente bipartisan richiedendo una maggioranza di due terzi dei voti. La retorica dell unità prescrive che in questi casi emergano i grandi valori comuni che sostengono la convivenza nazionale. Invece, come ha notato acutamente Adriano Sofri, la larga maggioranza trasversale che ha approvato la legge non ha saputo o voluto trovare parole adeguate per esprimere la straordinarietà di una decisione presa per la prima volta dopo ben sedici anni di continui rinvii che ha ridato a migliaia di persone il bene prezioso della libertà. Sofri ha evocato pagine altissime sulla liberazione dei prigionieri contenute nel libro di Isaia e nel Vangelo di Luca, il confronto con le quali sottolinea crudamente il bassissimo profilo scelto dai sostenitori dell iniziativa per spiegarne le ragioni. L attenzione, infatti, si è concentrata sui riflessi impliciti della decisione riguardo alla guerra tra politici e magistrati che, tra alterne vicende, prosegue dal 1992. Molte incertezze su che cosa dovrebbe costituire patrimonio condiviso e che cosa invece dovrebbe caratterizzare a livello di cultura politica i soggetti che si alternano al governo del paese rimandano alle origini del bipolarismo italiano. Nodi non sciolti quindici anni fa, infatti, pesano ancora sulla politica italiana. È diffusa, ad esempio, la convinzione che l Italia non abbia ancora trovato una legge elettore adeguata al suo nuovo sistema politico, (se ne occupa in questo numero Agosta proiettandosi al di là delle contingenze politiche immediate). Ma è singolare che ancora non si sia raggiunta una relativa stabilità su questo terreno, malgrado sia ormai passato tanto tempo, e ciò contribuisce alla sensazione che il sistema politico avviato all inizio degli anni novanta sia ancora in una fase di transizione. Forse tutto ciò rivela che il bipolarismo italiano è nato vecchio, perché più rivolto all indietro che in avanti, più come frutto tardivo di una spinta al cambiamento già forte negli anni settanta che come risposta alle grandi sfide del mondo emerse negli anni novanta. È possibile fare oggi ciò che non fu fatto allora? Può la politica italiana recuperare il tempo perduto, liberarsi dalle sue pastoie e proiettarsi verso il futuro (aiutando la società italiana a liberarsi dell immobilismo di cui parla Giuseppe De Rita in questo numero di «Civitas»)? È di grande interesse, in questo senso, il dibattito sulla costruzione di nuove identità politiche sia nel centro-destra sia nel 12 Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006

Editoriale centro-sinistra. Indubbiamente, su questo terreno, si ha spesso la sensazione che l interesse per il contenitore sostituisca quello per i contenuti. Ma parlare di contenuti vuol dire parlare di rapporto con la società civile, di raccordo alle classi sociali, di collegamenti con le elites innovatrici, vuol dire governo dell ordinario e capacità di affrontare lo straordinario (investendo anche il rapporto tra politica ed amministrazione cui in queste pagine Gianfranco D Alessio dedica una lucida analisi). Per questo, abbiamo cercato di spingerci oltre un dibattito sui contenitori avulsi dai contenuti, chiedendo invece a un protagonista della politica italiana, Marco Follini, di indicarci problemi e terreni con cui tale politica dovrà confrontarsi. In linea con la sua tradizione, anche questo numero di «Civitas» si chiede e lo chiede anche a Tabacci come i cattolici si trovino davanti all attuale situazione e quale ruolo possono svolgere all interno della vita politica italiana. Il quadro che emerge non è molto incoraggiante: anche su questo terreno i soggetti del bipolarismo sembrano spesso muoversi in modo vecchio, guardando più al passato che al futuro. Tali soggetti, anche i più attenti, sembrano infatti nutrire verso il mondo cattolico un interesse prevalentemente elettorale. Si chiedono cioè come il proprio contenitore possa attirare voti cattolici più degli altri. Ma quest ottica ha tra le altre conseguenze il disinteresse per ciò che è più vivo e più dinamico nel mondo cattolico. Si tratta di un errore: la politica non dovrebbe cercare la sintesi tra le spinte più valide che emergono dalla società civile? Oltretutto, si tratta di un errore anche sotto il profilo della ricerca dei consensi: le analisi pubblichiamo in questo numero un intervista a Paolo Segatti su questo argomento indicano una crescente mobilità del voto cattolico, sempre meno fedele e sempre più mobile, attratto di volta in volta dalla proposta politica che appare più valida al filtro della sua sensibilità. Oggi i cattolici si trovano in prima linea nell approfondimento di problematiche nuove, come quelle riguardanti le questioni bioetiche, una sfida sempre più ineludibile per la politica di domani. Finora, tali problematiche sono emerse in modo trasversale rispetto ai due schieramenti politici e, in un certo senso, è giusto che sia così: non è infatti possibile pensare che il valore della vita possa essere definito di destra oppure di sinistra, perché si tratta fortunatamente di un valore condiviso da una grandissima maggioranza di italiani. Ma tale valore può essere declinato in modi molto diversi sul piano con- Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006 13

Editoriale creto e il riconoscimento della libertà di coscienza davanti a questi problemi rappresenta in qualche modo una rinuncia della politica, che non sembra in grado di contribuire alla soluzione di grandi problemi di interesse collettivo. Cattolico, inoltre, non vuol dire solo interessato al valore della vita: come indica l etimologia, cattolico vuol dire anzitutto universale. Quando è nato il bipolarismo italiano era ancora dominante l immagine di un mondo diviso in due dalla guerra fredda. In realtà, molte cose erano già cambiate, a partire dalla fine degli anni settanta, con una perdita della centralità europea, lo sviluppo delle economie asiatiche, l emergere del fondamentalismo islamico e molto altro. Tutto ciò ha creato un nuovo disordine mondiale, di cui un fondamentale tornante simbolico è costituito dall evento dell 11 settembre 2001. Ancora radicata nella logica della guerra fredda, la politica italiana è rimasta molto lontana dai drammatici sviluppi di questo nuovo disordine mondiale e ancora fa fatica a coglierne le problematiche. Non sono molte, nella società civile italiana, le energie umane e culturali in grado di favorire una maggior sintonia del sistema-paese con la realtà di un mondo in rapida trasformazione. I cattolici, legati ad una delle poche internazionale ancora in pieno esercizio, sono tra queste forze e anche per questo i soggetti, vecchi e nuovi della politica italiana dovrebbero sceglierli come partner con cui interloquire piuttosto che come amorfe masse elettorali. In realtà, il cattolicesimo rappresenta tuttora una delle principali risorse del paese e porre la questione in termini meramente elettorali significa capire poco della realtà italiana. Ma sarebbe miope anche una politica giocata in termini di rispetto per i valori dei cattolici, come se questi ultimi rappresentassero una singolare minoranza identificata da usi e costumi particolari, più o meno folkloristici. I cattolici, d altra parte, non sono neanche una maggioranza che intende imporre a tutti e in modo intollerante la propria volontà. In Italia, applicare ai cattolici i termini di maggioranza o di minoranza è fuorviante. È più giusto, invece fare riferimento al cattolicesimo come ad una risorsa del paese, come ad una componente essenziale delle sue fibre più profonde, un energia che può aiutare lo sviluppo del paese ma anche una forza che può contrastarlo se non viene recuperata alla sintesi dinamica che dovrebbe costituire l obiettivo della politica. I modi e le forme in cui ciò può avvenire, naturalmente, sono da discutere e da trovare: in questo numero «Civitas» riporta due interventi tra i più significativi su questo tema, di Pietro Scoppola e Andrea Riccardi. 14 Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006

Sistemi elettorali e vita politica

Sistemi elettorali comparati e stabilità politica La campagna elettorale testé conclusasi, con un risultato rilevantissimo sotto il profilo della partecipazione dell elettorato e sicuramente denso di incognite per la maggioranza che dovrà governare il Paese, ha messo in mostra, ove ce ne fosse stata la necessità, la sostanziale crisi del modello elettorale varato negli ultimi mesi dal governo Berlusconi. Il ritorno al sistema proporzionale, con la sicuramente discutibile formula dell assenza del voto di preferenza, ha creato, e creerà in futuro, seri problemi alla governabilità ed alla rappresentatività delle forze politiche. EMMANUELE F.M. EMANUELE Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Roma Un percorso travagliato Ripercorrendo le diverse tappe delle modifiche istituzionali che hanno caratterizzato gli ultimi 10 anni del nostro Paese, non si può sinceramente esprimere un giudizio positivo su questo doloroso travaglio che, partito dal presupposto della criticabilità del sistema proporzionale e del voto di preferenza plurimo, è arrivato ad un sistema a mio modo di vedere ancor più criticabile ed espropriativo della volontà dei cittadini, proprio nel momento topico in cui essa è chiamata a manifestarsi, attraverso cioè l espressione di un voto per il partito in cui ci si identifica e per le persone ritenute più idonee a governare il Paese. Il lungo percorso che attraverso referendum (i primi tre del 1990 diretti a modificare in senso uninominale maggioritario la legge elettorale, di cui ne fu ammesso solo uno, quello che portò alla preferenza unica per i membri della Camera; gli altri del 1993 sulla legge elettorale del Senato, da cui scaturì il c.d. Mattarellum ; infine quello del 1999 sull abolizione della quota proporzionale, che però non rag- corollario di (una) riforma dovrebbe essere la possibilità che i parlamentari siano espressione della società civile e i membri del governo incompatibili con l incarico parlamentare Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006 17

Emmanuele F.M. Emanuele giunse il previsto quorum di votanti) e leggi ordinarie (Legge n. 277/1993 che introdusse il sistema maggioritario misto, il citato Mattarellum ; la vigente Legge n. 270/2005 che ha nuovamente introdotto il sistema proporzionale) ha caratterizzato il periodo in oggetto che ha visto dapprima sparire il voto di preferenza, limitandolo soltanto ad una, poi annullare il sistema proporzionale a favore di un maggioritario molto discutibile, e da ultimo reintrodurre il proporzionale in un contesto rimasto però sostanzialmente maggioritario, stavolta con la completa eliminazione del voto di preferenza. Se si analizza questo percorso con il necessario distacco non si può certo gioire di quanto accaduto, poiché se le elezioni sono il momento sacrale di una democrazia, allora bisogna concludere che questo momento è stato ampiamente vanificato a tutto vantaggio degli apparati dei partiti che sono risultati indifferenti rispetto alla volontà del cittadino di indicare nominativamente la persona fisica da annoverare tra la classe dirigente deputata a governare il Paese. Il paradosso è che nonostante ciò l affluenza alle urne in questa tornata elettorale, forse la peggiore per quanto riguarda il sistema prescelto, è risultata sensibilmente elevata, dimostrando quanto fosse sentita per le conseguenze future questa consultazione. La contraddizione scaturisce dalla virulenza che ha caratterizzato la campagna elettorale, ma soprattutto dalla constatazione che nel nostro Paese, con la fine del proporzionale, l elettorato si è diviso in due grandi raggruppamenti, influenzato da questioni territoriali e da concezioni di natura ideologica. Ma l elettorato, e questo è ciò che mi preme sottolineare, ha acquisito, almeno al momento, una sensibilità notevole per i problemi del governo del Paese, nonostante gli sforzi degli apparati partitici per estraniarlo. Il paradosso nel paradosso è infatti che i partiti politici nel momento più basso della loro credibilità hanno espresso, attraverso il sistema elettorale indicato, la più arrogante determinazione nel voler negare spazi di rappresentatività alla società civile a vantaggio degli esponenti degli apparati interni. Un Parlamento di sconosciuti Il quadro così illustrato fa sì che oggi in Parlamento, salvo poche lodevoli eccezioni, la maggior parte dei rappresentanti eletti siano degli illustri sconosciuti non soltanto alla società civile, poco avvezza alle frequentazioni politiche, ma anche agli stessi componenti delle organizzazioni partitiche. L esito assolutamente imprevisto che ha determinato un sostanziale equilibrio tra i raggruppamenti di forze politiche in campo, con il conseguente risultato, grazie ai premi, concessi dalla vigente legge elettorale, di maggioranze frutto di escamotage politici e non di corretta rispondenza ai suffragi espressi sul territorio, ci si rende conto che, ben al di là dei problemi che il governo attuale dovrà affrontare, 18 Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006

Emmanuele F.M. Emanuele esiste una emergenza strutturale, quella della rappresentatività, che dovrà necessariamente costituire oggetto di riflessione nel prossimo futuro. In questo contesto appare evidente che occorre individuare una formula che consenta oltre che la governabilità, anche e soprattutto la corretta rappresentatività delle forze politiche, ed ancora prima, delle volontà dell elettorato. Se poi a questa riflessione si aggiunge che il sistema elettorale italiano prevede formule diverse a seconda delle consultazioni, non coincidenti neppure per la Camera dei Deputati e per il Senato, per cui il sistema proporzionale puro è ancora usato per le elezioni circoscrizionali e per il Parlamento europeo, mentre è previsto un sistema di tipo maggioritario a turno unico per i sindaci e per il consiglio comunale dei comuni con meno di 15.000 abitanti, a doppio turno per i comuni oltre i 15.000 abitanti, per la provincia e per le regioni, è evidente che per un Paese maturo di democrazia avanzata che aspira ad essere oltre che economicamente, anche socialmente competitivo, questo guazzabuglio non è più accettabile. Non si possono avere quattro sistemi elettorali per altrettante consultazioni e parimenti non si può oscillare tra soluzioni di comodo, tra sistemi maggioritari e proporzionali, o peggio ancora tentare di farli coesistere entrambi in modo rabberciato. È ora di intraprendere in maniera definitiva e con coraggio un passaggio che metta la parola fine a questo lungo percorso iniziato sedici anni fa e ancora non completato. Tre modelli sui quali riflettere Tra i sistemi elettorali su cui da tempo si appunta l attenzione degli studiosi di politica vi sono il modello francese a doppio turno, quello tedesco proporzionale con sbarramento e quello anglosassone nella versione statunitense. I tre modelli in sintesi sono così caratterizzati. La formula elettorale del sistema francese per l Assemblea nazionale è quella dello scrutinio maggioritario a due turni nell ambito di 577 collegi uninominali (555 per il territorio metropolitano, 17 per i dipartimenti d oltremare e le collettività territoriali e 5 per i territori d oltremare). Il presente sistema è stato adottato con la legge 11 luglio 1986, che ha sostituito la legge del 10 luglio 1985 che prevedeva lo scrutinio proporzionale ad un turno. I candidati che abbiano ottenuto al primo turno la maggioranza assoluta dei voti validi (50% + 1) sono subito proclamati eletti, a condizione che i voti conseguiti siano pari ad almeno un quarto (25%) del numero degli elettori iscritti nelle liste del collegio (art. L 126 del codice elettorale). Ove tale quorum non sia raggiunto, si fa luogo, la domenica successiva, ad un secondo turno, al Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006 19

Emmanuele F.M. Emanuele quale possono concorrere i soli candidati che abbiano conseguito al primo turno almeno il 12,5 per cento del totale degli iscritti del collegio. Va sottolineato come il 12,5% degli iscritti corrisponde sostanzialmente ad una percentuale ben più alta dei voti validi: in concreto può essere necessario aver conseguito più del 20% dei voti. Se un solo candidato ha superato tale soglia, passa al ballottaggio anche il candidato classificato secondo, senza riguardo alla percentuale di voti ottenuti. Se nessun candidato ha superato tale soglia, passano al ballottaggio i due candidati più votati, senza riguardo alla percentuale di voti ottenuti. Chi consegue al secondo turno la maggioranza dei voti viene eletto e, in caso di parità, viene eletto il più anziano di età. Il sistema elettorale in Germania è in sostanza proporzionale. Se, in pratica, il 30% di elettori esprime il proprio voto per un partito, questo avrà (circa) il 30% dei seggi nel Parlamento. Tuttavia, per evitare un frazionamento del paesaggio politico, è stata introdotta la clausola del cinque per cento. Infatti, per entrare in Parlamento, un partito deve ottenere almeno il 5% dei voti. Nel sistema elettorale tedesco, però, sussistono anche degli elementi tipici di un sistema maggioritario: l elettore ha infatti due voti a disposizione. Così come il voto per il partito determina (in modo proporzionale) il numero dei seggi ad esso assegnati in Parlamento, l altro voto è invece per un candidato del suo collegio elettorale; viene eletto (a maggioranza semplice) chi ha ottenuto il maggior numero di voti. Un elettore, quindi, ha la possibilità di votare, con il primo voto, per un partito e con il secondo voto per un candidato di un altro partito. È importante sottolineare l esistenza di una regola che aggira lo sbarramento del 5%: se un partito ha 3 candidati eletti direttamente non è più sottoposto alla clausola del 5%. Si potrebbe quindi dire che il sistema elettorale è proporzionale con dei correttivi maggioritari. Negli Stati Uniti, il Presidente viene eletto in base a un sistema che deve le sue origini agli albori stessi della federazione americana. La Costituzione prevede che i cittadini non votino direttamente il Presidente e il Vicepresidente bensì votino per i Grandi Elettori che a loro volta scelgono il Presidente e il suo Vice. La Costituzione prevede altresì che ogni Stato abbia tanti Grandi Elettori quanti sono i suoi deputati e senatori. Al momento, dopo la riforma del 1804 con la ratifica del 12esimo emendamento, i Grandi Elettori sono 538 distribuiti sui 50 stati e sul distretto di Columbia (Washington DC), cui venne riconosciuta la possibilità di voto dopo l approvazione (29 marzo 1961) del 23esimo emendamento. I Grandi Elettori di ogni Stato vengono attribuiti in toto al candidato che vince le elezioni. Una volta che i Grandi Elettori siano stati scelti in ogni Stato, la legge federale im- 20 Civitas / Anno III - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2006