La legge delega (L. 10 Dicembre 2014, n. 183) Il Governo è delegato ad adottare una disciplina che contenga la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato
La legge delega (L. 10 Dicembre 2014, n. 183) I punti chiave della delega: destinazione delle tutele crescenti ai soli neoassunti; istituzione di una indennità solamente economica per i licenziamenti ingiustificati; Esclusione della tutela reale per i licenziamenti economici, sia individuali che collettivi.
La legge delega (L. 10 Dicembre 2014, n. 183) I punti chiave della delega: indennità risarcitoria da licenziamento ingiustificato fondata su un parametro aritmetico, e cioè sull anzianità di servizio del lavoratore, eliminando la possibilità di una valutazione discrezionale da parte del Giudice; la tutela reale ridotta ad eccezione, applicabile ai soli licenziamenti nulli e discriminatori ed a specifica fattispecie (una sola) di licenziamento disciplinare non giustificato.
Tutele crescenti: per chi? Soltanto per i neo-assunti (art.1, D.Lgs n. 23/2015) I neo-assunti sono: I lavoratori dipendenti (operai, impiegati e quadri - non i dirigenti-) assunti a tempo indeterminato a decorrere dal 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del Decreto); I lavoratori dipendenti (tutti, ancheseassunti prima di tale data) nelle aziende dove venga superata la soglia dei 15 dipendenti a seguito di assunzioni a tempo indeterminato intervenute successivamente alla data del 7 marzo 2015.
Tutele crescenti: per chi? Soltanto per i neo-assunti (art.1, DLgs n. 23/2015) Per neo-assunti il decreto intende anche i lavoratori con contratto a termine e gli apprendisti che ottengano, successivamente al 7 Marzo 2015, la conversione in contratto a tempo indeterminato per i casi previsti dalla legge.
Tutela reale nel Jobs Acts: reintegrazione per i licenziamenti nulli Reintegrazione solo nelle ipotesi di: licenziamento discriminatorio; licenziamento nel periodo contiguo al matrimonio; licenziamento per motivo illecito determinante (ad es. per ritorsione); altre ipotesi di licenziamento nullo previste dalla legge (licenziamento intimato durante il periodo di gravidanza e di puerperio, e per la fruizione dei congedi parentali); licenziamento per disabilità fisica o psichica in realtà insussistente; licenziamento in forma orale.
Licenziamento discriminatorio Il licenziamento discriminatorio è solo quello intimato per uno dei fattori indicati tassativamente dalla Legge (ragioni politiche, sindacali, religiose, etniche, nazionali, di lingua, di età, di sesso, di orientamento sessuale, di handicap e di infezione da HIV art. 15 Statuto dei Lavoratori).
Licenziamento discriminatorio e per motivo illecito -l onere della prova L onere della prova della discriminazione o del motivo illecito: grava sul lavoratore, che deve allegare gli atti di prova in sede di impugnazione del licenziamento.
Licenziamento discriminatorio L onere della prova della discriminazione incombe sul lavoratore ma occorre attenzione nel redigere la lettera di licenziamento Trib. di Padova, 15 Gennaio 2014 Una lavoratrice viene licenziata durante la fruizione di congedo parentale frazionato; l azienda la licenzia a causa della persistente volontà di non rientrare al lavoro a normale regime di orario dopo il godimento dei periodi di maternità tutelati dalla legge. Il giudice ha rilevato che la lettera di licenziamento costituisca di per sé la prova della natura discriminatoria del licenziamento, con conseguente ordine di reintegrazione in servizio della lavoratrice.
Licenziamento discriminatorio L onere della prova della discriminazione incombe sul lavoratore ma occorre attenzione nel redigere la lettera di licenziamento Trib. di Milano, 11 Febbraio 2013 Una dirigente di alto livello (Regional Business Manager) informa l azienda, in via riservata, di aver contratto una patologia non curabile; L azienda la licenzia adducendo, tra le altre, la seguente motivazione: i problemi di salute che Lei ha, stanno ostacolando il pieno esercizio delle Sue funzioni da diversi mesi. In tale caso il giudice ha ritenuto documentato il carattere discriminatorio del licenziamento, con conseguente ordine di reintegrazione della dirigente.
Licenziamento discriminatorio L onere della prova della discriminazione incombe sul lavoratore ma occorre attenzione nel redigere la lettera di licenziamento Trib. di Venezia, 16 Luglio 2013 Una dipendente di uno Studio professionale viene licenziata due giorni dopo la scadenza del termine annuale a tutela della lavoratrice madre, motivando la lettera di licenziamento per ragioni di riorganizzazione dello Studio Il Giudice per la tempistica dei fatti e la mancata prova della riorganizzazione ritiene insussistenti le ragioni oggettive e, per converso, ne presume la discriminatorietà
Il licenziamento discriminatorio -la reintegrazione del lavoratore l invito alla ripresa del servizio Il giudice, con la pronuncia di nullità del licenziamento perché discriminatorio o nullo per legge, ordina al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. Qualora, entro 30 gg dall invito del datore, il lavoratore non abbia ripreso servizio, il rapporto di lavoro si intende estinto.
La reintegrazione del lavoratore il risarcimento del danno Il datore di lavoro è condannato al risarcimento del danno subito dal lavoratore illegittimamente licenziato, danno determinato dalla legge in un indennità commisurata all ultima retribuzione, calcolata per il periodo decorrente dalla data del licenziamento alla data di ripresa del servizio, dedotto quanto percepito dal lavoratore per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura non potrà essere inferiore a 5 mensilità. Il datore di lavoro è altresì condannato al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo.
La reintegrazione del lavoratore l indennità sostitutiva Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come sopra visto, il lavoratore ha facoltà di chiedere al datore, in sostituzione della reintegrazione, un indennità pari a 15 mensilità dell ultima retribuzione, indennità che non è assoggettata a contribuzione previdenziale, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro.
Il licenziamento economico dei neoassunti Al licenziamento per giustificato motivo oggettivo (ragioni inerenti all attività produttiva, all organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa) dei lavoratori neo-assunti non si applica l art. 7 Legge n. 604/66, che obbliga il datore di lavoro alla preventiva comunicazione alla D.T.L. dell intenzione di procedere al licenziamento e al successivo tentativo di conciliazione.
Licenziamento economico o disciplinare ingiustificato Anche per i neo-assunti delle imprese con più di 15 dipendenti (come in precedenza era per le aziende di minori dimensioni) ora la tutela è solo economica. Qualora in giudizio venga accertato che non ricorrono gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo, il recesso rimane efficace e pertanto il Giudice dichiara estinto il rapporto alla data del licenziamento e condanna il datore al pagamento di una indennità, non soggetta a contributi previdenziali, pari a 2 mensilità dell ultima retribuzione per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 e un massimo di 24.
Licenziamento ingiustificato -l onere della prova Nel licenziamento ingiustificato l onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo spetta al datore di lavoro (nulla è cambiato, vale sempre l art. 5 L. n. 604/66).
Licenziamenti collettivi Anche per i licenziamenti collettivi che coinvolgano neo-assunti, tantoper violazioni della procedura quanto per violazione dei criteri di scelta dei lavoratori la sanzione è identica, indennità risarcitoria da 4 a 24 mensilità (a differenza dei vecchi assunti, per i quali la violazione dei criteri di scelta determina ancora il diritto alla reintegrazione). Il licenziamento collettivo privo di forma scritta è parificato al licenziamento nullo.
Licenziamento disciplinare e insussistenza del fatto materiale l unico caso di reintegrazione I licenziamenti disciplinari (per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa) godono in generale - della sola tutela risarcitoria, ad eccezione di una sola ipotesi (solo per le aziende con più di 15 dip.): quella in cui sia dimostrata in giudizio l insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore. Il fatto è solo quello materiale, restando estranea per il Giudice ogni valutazione in ordine alla sproporzione del licenziamento.
Licenziamento disciplinare e fatto materiale Per intimare il licenziamento disciplinare nel rispetto della procedura ex art. 7 Stat. Lav. occorre la dimostrazione incontestabile del fatto materiale, ad esempio una e-mail aziendale di contenuto offensivo inviata dal lavoratore, senza che abbia alcuna rilevanza l elemento psicologico: così, anche se il lavoratore si sia successivamente scusato, il licenziamento comunque rimane efficace. A fronte dell esistenza del fatto materiale, l eventuale sproporzione tra fatto materiale e successivo licenziamento - secondo il Jobs Act - non conta.
Licenziamento disciplinare e fatto materiale L indirizzo della Cassazione Il Jobs Act accoglie l indirizzo della Corte di Cassazione (Cass. 6/11/2014, n. 23669) che ha stabilito che il fatto di cui si discute è solo quello materiale, «la cui verifica risolve e si esaurisce nell accertamento, positivo o negativo, dello stesso fatto, che dovrà essere condotto senza margini per valutazioni discrezionali».
Il fatto materiale Il nuovo indirizzo della Cassazione Occorre però segnalare che recentemente, con due sentenze (n. 20540/2015 e 20545/2015), la Corte di Cassazione ritorna a considerare, oltre al fatto materiale, anche il fatto giuridico come elemento presupposto che giustifica il licenziamento disciplinare. Con la sentenza n. 20545/2015 la Corte afferma che il fatto materiale che abbia arrecato «un grave nocumento morale o materiale», qualora il grave nocumento non sia dimostrato in giudizio, il fatto, da solo, non può giustificare il licenziamento.
Il fatto materiale Il nuovo indirizzo della Cassazione Con la sentenza n. 20545/2015 invece, nel caso di fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità, ossia non suscettibile di alcuna sanzione (nel caso di specie il lavoratore era stato scortese con l amministratore delegato della società), «la completa irrilevanza giuridica del fatto equivale alla sua insussistenza materiale e da perciò luogo alla reintegrazione». Per la Cassazione i fatti erano espressivi di atteggiamenti semmai contrari alle regole della compostezza e degli usi mondani, ma privi di rilevanza giuridica.
Il fatto materiale -considerazioni Il Jobs Act sulle tutele crescenti vieta la discrezionalità del giudice, e sembra che, per licenziare, possa bastare un fatto anche simbolico o ridicolo, purché vero, senza considerare l elemento psicologico. Sui giornali è girata la notizia che i licenziamenti sarebbero diventati facili, e al massimo, con un licenziamento illegittimo, ma valido, si rischierebbe solo il pagamento di una modesta somma, senza la reintegrazione. La Corte di Cassazione però si è pronunciata in forma netta. Secondo il nuovo orientamento della Corte di Cassazione dunque, è fatto materiale sussistente, ai fini del licenziamento, soltanto quello che abbia anche una rilevanza giuridica e un carattere illecito.
Il fatto materiale -considerazioni L irrilevanza giuridica del fatto, per non-illiceità o per scarsa o scarsissima importanza (l esempio comune è quello del licenziamento per ritardo di pochi minuti, che è inadempimento normalmente di scarsa importanza e, anche se vero come fatto materiale, comunque non giustifica un licenziamento) equivale alla sua insussistenza materiale, con diritto alla reintegrazione ex art. 18 Stat. Lav., in base sia alla legge Fornero sia al decreto Tutele Crescenti. Il messaggio della Corte di Cassazione è chiaro.
Licenziamento disciplinare e insussistenza del fatto materiale la reintegrazione Il licenziamento viene annullato dal Giudice, che condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore e al pagamento di un indennità risarcitoria commisurata all ultima retribuzione, dal giorno del licenziamento a quello della ripresa in servizio, dedotto l aliunde perceptum, non superiore a 12 mensilità. Obbligo inoltre del pagamento dei contributi previdenziali per l intero periodo non lavorato a causa del licenziamento, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva.
Licenziamento e violazioni formali/procedurali Nell ipotesi sia accertata la violazione della procedura disciplinare di cui all art. 7 Statuto Lavoratori oppure violazione dell obbligo di motivazione contestuale al licenziamento intimato per iscritto il licenziamento è efficace, e il Giudice condanna il datore di lavoro al pagamento al lavoratore di una indennità risarcitoria, non assoggettata a contributi, di importo pari ad una mensilità per ogni anno di servizio, con il minimo di 2 e il massimo di 12.
Licenziamento nelle piccole imprese (sino a 15 dipendenti) Il licenziamento ingiustificato Licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo: il licenziamento è efficace e il Giudice condanna il datore di lavoro al pagamento di una indennità, non assoggettata a contributi, pari a una mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di 2 e un massimo di 6 (rispetto alla vecchia tutela obbligatoria il minimo si riduce da 2,5 a 2 mensilità e, per la misura dell indennità, conta ora solo l anzianità aziendale, senza più alcuna considerazione legata al numero dei dipendenti, alle dimensioni dell impresa o al comportamento e alle condizioni delle parti ex art. 8 L. 604/66).
Licenziamento nelle piccole imprese (sino a 15 dipendenti) Il licenziamento con violazione formale/procedurale In caso di omissione della motivazione contestuale al licenziamento scritto o di violazione del procedimento disciplinare di cui all art. 7 Statuto Lav., il licenziamento è efficace e la tutela risarcitoria per il lavoratore è pari a mezza mensilità per ogni anno di servizio, con il minimo di 1 e il massimo di 6.
L indennità risarcitoria: come viene calcolata? Il parametro non è più all ultima retribuzione globale di fatto (il che poteva dare adito a differenti valutazioni tra le parti sugli elementi che la compongono) ma adesso è l ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. Questa definizione apre lo spazio alla contrattazione collettiva, anche aziendale, che può determinare quali elementi retributivi escludere dal TFR, anche in particolare ai fini dell indennità risarcitoria.
L offerta di conciliazione In caso di licenziamento il datore può, entro 60 giorni dalla comunicazione del recesso, in una delle sedi protette (sindacale, D.T.L., sedi di certificazione, collegio di conciliazione e arbitrato), offrire al lavoratore un importo che non è soggetto a contributi né a trattenute fiscali pari ad una mensilità per anno di servizio, con un minimo di 2 e un massimo di 18, mediante consegna di un assegno circolare. L accettazione dell assegno comporta l estinzione del rapporto dalla data del licenziamento e la rinuncia all impugnazione dello stesso, anche se già proposta.
L offerta di conciliazione incentivo alla deflazione del contenzioso processuale L offerta conciliativa è piuttosto favorevole per il datore, infatti non comporta l obbligo del preventivo tentativo di conciliazione in D.T.L. (che rimane per i vecchi assunti) e, inoltre, alle cause di lavoro intentate dai neo-assunti non si applica il rito Fornero con corsia processuale accelerata. In tal modo il neo-assunto è incentivato a preferire la conciliazione rispetto all attesa dei tempi lunghi di un processo ordinario di lavoro.