Titolo: Bisogni di conciliazione e strategie familiari di cura condivisa



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Sessione 13: Trasformazioni lavorative e familiari e strategie di conciliazione: il ruolo delle politiche sociali. Coordinatori: Manuela Naldini, Cristina Solera Titolo: Bisogni di conciliazione e strategie familiari di cura condivisa Alla fine penso che il nostro compito, il compito di noi donne, è quello di dare alla luce dei figli e di chiudere gli occhi di chi muore. Esattamente i due passi chiave dell esistenza. Come se la storia in realtà dipendesse dalle nostre mani. (Serrano M. 1991, pag. 255) Premessa A partire dalle letteratura sull argomento e dai dati delle indagini multiscopo Istat, questo contributo documenta come sta mutando nelle famiglie italiane la pratica quotidiana della cura domestica agli anziani non autosufficienti. Artefici di questo cambiamento sono soprattutto le donne tra i 50 e i 65 anni, donne che stanno passando dalla cura agita personalmente, in solitaria e a tempo pieno ad una strategia di cura condivisa tra più attori (servizi pubblici ma soprattutto badanti). Dalla presa in carico dunque alla regia della cura. Come ricorda Naldini (2011) la prospettiva di genere fornisce all analisi sociologica una chiave teorica utile per comprendere, tra l altro, la diseguale redistribuzione tra i sessi delle responsabilità di assistenza. E alla luce di questa prospettiva è possibile dunque comprendere ciò che la ricerca ha tra l altro ampiamente documentato e cioè che la malattia e la non autosufficienza di un genitore anziano sono ancora, nel nostro paese, prevalentemente una questione di donne. Tuttavia in questo decennio qualcosa inizia a cambiare nella pratica della cura domestica e, conseguentemente, nella solidarietà intergenerazionale tra figlie adulte e genitori molto anziani. Per un verso la non autosufficienza costituisce un evento critico che può destrutturare relazioni intergenerazionali caratterizzate dal prendersi cura (Scabini 1995). Per l altro le donne (50-65 anni) si riconoscono sempre meno nel ruolo di assistenti e infermiere. Sentono un po stretto l abito che la stessa tradizione cattolica ha cucito loro addosso (cfr. Murgia 2011), rifiutano l idea che sia solo loro il compito di chiudere gli occhi a chi muore e modificano in parte il loro ruolo dentro la rete familiare. Non gestiscono da sole la non autosufficienza ma attivano strategie di cura condivisa, interfacciandosi con una molteplicità di altri attori che intervengono nel percorso di cura. Così facendo diventano delle vere e proprie imprenditrici della cura. 1

1. Il bisogno di cura dei grandi anziani e il fenomeno badanti L invecchiamento della popolazione e il crescente bisogno di assistenza dei grandi anziani pongono la questione della cura e di politiche ad essa dedicate. Tuttavia l offerta di assistenza continuativa (Long-Term-Care) a titolarità pubblica, ovvero l offerta di interventi (servizi e trasferimenti) il cui finanziamento è garantito dall ente pubblico rimane carente, diseguale territorialmente e affetta da una cronica mancanza di risorse (Network non Autosufficienza 2010). La spesa per l assistenza continuativa rappresenta l 1,13% del Pil. Di questa voce di spesa solo il 4% è destinato al Long- Term care - il 2% se si considerano esclusivamente i servizi (Gori, Lamura 2009). Tab. 1 Assistenza continuativa a titolarità pubblica per gli anziani non autosufficienti Area di intervento Servizi e/o prestazioni Utenza Servizi domiciliari Assistenza domiciliare 3,3% integrata (Adi) Assistenza domiciliare sociale 1,8% (Sad) Servizi residenziali Presidi sociosanitari 3 per mille Presidi socio-assistenziali Servizi semi-residenziali Centri Diurni 1,29 per mille Trasferimenti monetari Indennità di 11,9% accompagnamento Assegni di cura 1% Sostegni al lavoro privato di Agevolazioni fiscali, assegni cura finalizzati, corsi di formazione, albi, sportelli di incontro domanda/offerta Fonte: Network non Autosufficienza 2010 Nel vuoto lasciato dalle politiche pubbliche la famiglia è stata, ed è, la vera protagonista del lavoro di cura. Sulla famiglia ricade, prevalentemente, il bisogno di continuità assistenziale dei soggetti più deboli in un clima di progressiva deresponsabilizzazione da parte del sistema di welfare che, complessivamente fragile, incrementa la monetarizzazione delle prestazioni a discapito dello sviluppo dei servizi, e in generale promuove la privatizzazione della gestione del rischio non autosufficienza, attraverso i fondi integrativi privati (www.lavoro.gov.it). In questo contesto è esploso, nell ultimo decennio, il fenomeno badante. I lavoratori domestici stranieri regolari erano nel 2008 più di mezzo milione, secondo i dati ufficiali dell Inps, che non distinguono tra colf e assistenti familiari e includono queste ultime, regolarmente assunte, nella categoria più ampia dei lavoratori domestici. Distribuiti diversamente sul territorio nazionale, al Sud meno che al Nord (Graf. 1). 2

Il fenomeno badanti pone fragorosamente la necessità di una risposta istituzionale al tema della cura. L unica risposta è il silenzio. Silenzio della politica e delle istituzioni competenti. Silenzio delle famiglie stesse che investono, in solitudine, nella pratica del care domestico. La cura rimane una questione familiare, privata e per lo più declinata (ancora una volta) al femminile. Questa soluzione made in Italy (Tesauro, Tagliabue 2010) non sarà tuttavia prevedibilmente sostenibile nel medio lungo periodo, se non altro per ragioni demografiche. Le previsioni demografiche infatti dimostrano che la popolazione straniera, contestualmente la popolazione anziana straniera, è destinata ad aumentare (Graf. 2). È quantomeno ipotizzabile dunque che i crescenti bisogni degli anziani immigrati condizioneranno anche la disponibilità di risorse umane per la cura dei nostri anziani. 3

Tuttavia la questione della cura non fa ancora sufficiente problema e rimane, come sottolinea Saraceno (2009) confinata tra le mura domestiche, anche perché è una questione che riguarda ancora prevalentemente le donne. Andrebbe invece tematizzata a livello politico se solo si considerassero le trasformazioni demografiche in atto. Le previsioni demografiche mostrano come sia destinata a diminuire la platea dei potenziali caregivers (donne e anche uomini che, sempre più spesso nel prossimo futuro, saranno chiamati a farsi carico dei genitori anziani) e destinata invece ad aumentare la popolazione ultraottantenne (Graf. 3). Ne discende un andamento prevedibilmente decrescente del rapporto tra la popolazione 50-65 e popolazione dagli ottanta in su (Graf. 4). Andrebbe altresì tematizzata la questione della cura perché la rete informale di aiuto tiene, ma sempre con maggiori difficoltà. 4

2. La rete informale: una risorsa non più scontata La tenuta della rete informale di cura non può più essere data per scontata perché non può più essere data per scontata la disponibilità delle donne ad assumersi tutto il carico di cura. I dati attestano che la rete informale di aiuto mostra segni di cedimento. Cresce il numero di anziani potenzialmente bisognosi di aiuto e quindi aumenta il numero di anni che le donne possono aspettarsi di dover dedicare ad un genitore molto anziano (per le donne nate nel 1960 l Istat stima in circa 18 gli anni che possono aspettarsi di condividere con almeno un genitore molto anziano). Nonostante i bisogni crescano gli aiuti alle famiglie con anziani diminuiscono. Aumentano infatti gli aiuti alle famiglie con almeno un bambino al di sotto dei 14 anni e madre occupata (dal 30,5% del 1983 al 37,5% del 5

2009) e diminuiscono invece gli aiuti alle famiglie con almeno un componente ultraottantenne (dal 35,5% del 1983 al 26,3% del 2009) cfr. indagini Istat Famiglie, soggetti sociali e condizione dell infanzia, Famiglia e soggetti sociali anni vari. Mutano anche le modalità dell aiuto. In particolare nell ultimo decennio diminuisce il peso delle ore dedicate all assistenza di adulti e per le prestazioni sanitarie (dal 7,3% al 4,6%). E cresce contestualmente la percentuale di famiglie con almeno un componente ultraottantenne aiutate dai servizi e/o da aiuti privati. Nel loro complesso allora questi dati stanno raccontando la morfogenesi della rete informale che non regge la cura più gravosa ed impegnativa. Ed è per questo che attiva una molteplicità di attori altri con cui condividerne il carico. 3. Una generazione di svolta Protagoniste di questo cambiamento sono le donne tra i 50 e i 65 anni che, secondo Piazza (1999) costituiscono un aggregato generazionale con caratteristiche riconoscibili: una generazione di svolta. È la generazione nata tra la fine della guerra e il boom degli anni cinquanta, che ha vissuto il 68 e gli anni 70, sperimentato la scolarizzazione di massa, la modernizzazione degli stili di vita e della sessualità, che ha votato la legge per il divorzio e l aborto, che ha adottato la contraccezione e che ha ridiscusso collettivamente la relazione tra i sessi. Questa generazione sta modificando i modelli di comportamento agiti nei confronti degli anziani genitori con effetti sulle routine quotidiane di cura. L incremento delle badanti (regolari e non), la riduzione delle famiglie con almeno un membro ultraottantenne raggiunte dalla rete informale, la diminuzione del tempo dedicato alle prestazioni sanitarie sono fattori indicativi delle trasformazioni della rete informale di cura. E sono fattori altresì indicativi del cambiamento agito dalle donne, che appunto della rete sono il pilastro. Spostando il focus sulle relazioni di cura che si danno dentro la rete familiare si può concludere che il patto tacito (Cigoli 1992) in virtù del quale era scontato che le figlie si facessero carico delle madri anziane si sta modificando. La relazione madre ultraottantenne e figlia adulta non è più una relazione diadica (Scabini 1995) ma di frequente si apre a una figura terza che in genere è la badante. Gran parte della pratica della cura è infatti delegata alla badante e poi a una molteplicità di altri attori che via via intervengono nel percorso di cura. Le modifiche intervenute nella cura domestica di fatto si ripercuotono anche sulla pratica della solidarietà intergenerazionale. Come si desume infatti dai racconti delle stesse badanti (Lazzarini, Santagati 2008) i figli limitano sempre più la frequentazione e gli scambi con i genitori, per lo più condividono i momenti critici e i giorni di festa quando appunto manca la badante. Questo capita di frequente oramai anche quando c è vicinanza abitativa. È sempre meno scontato dunque che la 6

vicinanza abitativa comporti frequentazioni quotidiane e scambi di vario genere, come risulta anche da una ricerca da noi svolta in un piccolo comune meridionale (Milione, Nicolaus 2008). Rimane tuttavia che le donne spendono molto del loro tempo nell organizzazione dei compiti di cura che altri poi svolgono. Nell interfacciamento con i diversi attori che intervengono nel lavoro di cura. Il punto è allora che la responsabilità della cura rimane a carico delle figlie che tuttavia condividono il carico. Come nota Piazza (1999) la propensione alla cura non è rinnegata, ma rivista e rivisitata, non sempre più accettata come un comandamento divino o per adeguarsi al ruolo che la società ha costruito per le donne. Le donne iniziano a sperimentare che non sono insostituibili per alcuni compiti. E questo permette loro di stare ancora nella relazione di cura senza esserne totalmente schiacciate, salvaguardando anche se stesse. In altre parole queste donne, per dirla con Micheli (2002) mostrano la capacità di ridisegnare la propria autonomia al succedersi degli eventi della vita. Sono donne, direbbe Beck (1994), che hanno messo a fuoco una nuova gerarchia di priorità (rispetto al passato) in cui gioca un ruolo anche il valore della qualità della vita, del tempo per se stesse, della realizzazione di un progetto personale. E così facendo provano a limitare l impatto che la cura in solitaria e a tempo pieno determina, quel tipo di cura che come ha dimostrato anche Costa (2008) spesso finisce per limitare i funzionamenti e le capacità dei soggetti. Questa generazione dunque, come ci racconta anche Hennezel (2008) riparte da sé, a qualsiasi età. Guarda ancora al futuro come ad un orizzonte aperto verso nuove opportunità di vita. Anche durante la vecchiaia E questa generazione, tra l altro, si sta inventando un nuovo modo di invecchiare, senza modelli di riferimento consolidati e anzi con un retroterra quello dei genitori diversissimo per esperienza concreta e riferimenti di valori. Esprimendo tra l altro la dicotomia dell invecchiamento odierno caratterizzato dalla compresenza di due elementi distinti, complementari od opposti: bisogni di cura e voglia di invecchiamento attivo (Tesauro T. Pianelli L. 2010). Prospettive di ricerca Orientare il focus della ricerca sulle pratiche di cura domestiche e sulla morfogenesi delle relazioni intergenerazionali tra figlie adulte e madri molto anziane consente di aprire uno spaccato attraverso cui leggere come sta cambiando la vita delle donne e come si sta modificando il loro ruolo dentro le reti familiari. Il mutamento intervenuto nella solidarietà intergenerazionale agita dalle donne apre scenari nuovi su come le generazioni future agiranno la solidarietà generazionale. Pertanto è rilevante analizzare i processi che presiedono alla trasmissione intergenerazionale di norme, valori, modelli di 7

comportamento, e indagare la percezione che le giovani donne hanno relativamente alla divisione di genere nel lavoro domestico, alla realizzazione di sé nel mondo del lavoro, ai rapporti tra genitori e figli, al lavoro di cura per gli anziani. Le donne si riprogettano, si reinventano, si sperimentano in nuovi percorsi di definizione del sé. Come ricorda Naldini (2011) hanno cambiato e innovato molto più degli uomini. Le loro scelte e i loro comportamenti non solo evidenziano un cambiamento culturale, ma determinano anche una nuova domanda di politiche sociali. E poiché nel nostro paese si rafforza sempre di più la domiciliarità della cura, è rilevante interrogarsi sull insieme di strategie necessarie per rendere la domiciliarità sostenibile. Problematizzando altresì il concetto stesso di conciliazione: la cura di una persona con gravi limitazioni personali è davvero conciliabile con altre dimensione del vivere quotidiano? E se sì con quali strategie? Queste giovani anziane o adulte mature, come dir si voglia, stanno ridefinendo anche la vecchiaia e la sua rappresentazione sociale. Proponendo di fatto una nuova configurazione sociale della vecchiaia che si caratterizza sempre più non solo come memoria del passato, ma anche e soprattutto come voglia di futuro. Non si percepiscono vecchie, non si arrendono agli stereotipi: non vogliono essere incasellate nella categoria pensionate, nonne, né tantomeno brave volontarie. Si riprogettano. Indagare questo cambiamento significa allora analizzare anche nuovi percorsi di invecchiamento. Bibliografia Costa G., 2008 Quando qualcuno dipende da te, Per una sociologia della cura, Carocci, Roma. Cigoli V. 1992 Il corpo familiare, Franco Angeli, Milano. Hennezel M., 2008 Il calore del cuore impedisce al corpo di invecchiare, Rizzoli, Milano. Lazzarini G., Santagati M., 2008 Anziani, famiglie e asistenti. Sviluppi del welfare locale tra invecchiamento e immigrazione, Franco Angeli, Milano. Micheli G.A., 2002 La nave di Teseo. La condizione anziana tra l identità e il cambiamento, Franco Angeli, Milano. Milione A., Nicolaus O., 2008 Per un welfare dalla parte dei cittadini, Carocci, Roma. 8

Murgia M., 2011 Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna, Einaudi. Naldini M., 2011 Feminist Views on Social Policy and Gender Equality, in Sociologica, Italian Journal of Sociology on line, Fascicolo 1/2011. Network Non Autosufficienza (a cura di ) 2010 L assistenza agli anziani non autosufficienti In Italia 2 Rapporto, Maggioli Editore. Pasquinelli S., Rusmini G. 2008 Badanti: la nuova generazione, caratteristiche e tendenze del lavoro privato di cura, in Qualificare, IRS, 2008. Piazza M., 1999 Le ragazze di cinquant anni. Amori, lavori, famiglie e nuove libertà, Mondadori, Milano. Istat Indagini multiscopo Famiglie, soggetti sociali e condizione dell infanzia, anni vari. Istat Indagini multiscopo Famiglia e soggetti sociali, anni vari. Istat 2010 Rapporto annuale Istat Saraceno C., 2009 L assistenza senza il welfare, in Il Mulino, 4/09, Bologna, Anno LVIII numero 444, pp. 553-560. Scabini E., 1995 Psicologia sociale della famiglia. Sviluppo dei legami e trasformazioni sociali, Bollati Boringhieri, Torino. Serrano M., 1991 Nosotras que nos queremos tanto, Marcela Serrano Pérez, trad. Noi che ci vogliamo così bene, 1996, Feltrinelli, Milano. Tesauro T. Pianelli L. 2010 The Elderly between the Needs for Care and Active Ageing, on European Papers on the New Welfare the counter-ageing society, n. 15, October, pagg. 7-28. Tesauro T. Tagliabue M. 2010 Soluzioni made in Italy alla non autosufficienza: dall utopia della de- istituzionalizzazione alla domiciliarità della cura, www.espanet.it, www.newwelfare.org 9