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IL COLLEGIO DI ROMA composto dai signori: Dott. Giuseppe Marziale... Presidente Avv. Bruno De Carolis.. Membro designato dalla Banca d'italia Prof. Avv. Giuliana Scognamiglio Membro designato dalla Banca d'italia Prof. Avv. Gustavo Olivieri. Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario per le controversie in cui sia parte un cliente professionista/imprenditore Prof. Avv. Claudio Colombo. Membro da Confindustria, di concerto con Confcommercio, Confagricoltura e Confartigianato [Estensore] nella seduta del 28/10/2011, dopo aver esaminato il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica, Fatto Con istanza pervenuta il 21 febbraio 2011, la società ricorrente ha adito l Arbitro Bancario Finanziario esponendo che la banca resistente, in data 21 maggio 2010, le aveva comunicato il recesso da un contratto di apertura di credito in conto corrente a tempo indeterminato. Evidenzia la ricorrente che la banca non aveva in alcun modo motivato la propria decisione, e che comunque anche alla luce della situazione economicofinanziaria della società, nonché della circostanza che il massimale del fido, pari a 200.000, non sarebbe mai stato oltrepassato non sarebbe sussistita nessuna giusta causa legittimante il recesso. Sostiene inoltre la ricorrente che la previsione di cui all art. 1845, terzo comma, c.c. non sarebbe stata rispettata, essendo stato comunicato il recesso con effetti immediati, e dunque senza la concessione di alcun preavviso, e che, in ogni caso, la banca non avrebbe agito secondo buona Pag. 2/9

fede e correttezza, sicché si sarebbe concretizzata un ipotesi di esercizio abusivo del diritto. Conclude pertanto la ricorrente chiedendo, anzitutto, che venga pronunciata declaratoria di illegittimità del recesso; chiede inoltre la ricorrente che la banca resistente venga condannata al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa. Nelle proprie controdeduzioni, la banca ha declinato ogni responsabilità, rilevando di aver assegnato alla ricorrente il termine di 15 giorni per la restituzione delle somme utilizzate (ammontanti ad 161.359,33), e ciò, nonostante che essa fosse legittimata, ai sensi del contratto inter partes, a concedere alla cliente un preavviso di un solo giorno per la restituzione di quanto dovuto al momento del recesso. Quanto, invece, alla mancanza di una giusta causa di recesso lamentata dalla ricorrente, la banca ha rilevato come sempre sulla base delle disposizioni pattizie essa fosse legittimata a recedere ad nutum dal rapporto a tempo indeterminato, e come comunque, nel caso di specie, vi fossero giustificati motivi per revocare l affidamento, in quanto all epoca del recesso la ricorrente avrebbe avuto una posizione a sofferenza con altra banca, e comunque avrebbe presentato una situazione, a livello di sistema bancario complessivo, di utilizzazione superiore all accordato. Da ultimo, la banca contesta la mancata prova del danno denunciato dalla ricorrente, nonché del nesso di causalità tra la propria condotta ed il danno medesimo. Diritto Il ricorso è parzialmente meritevole di accoglimento, nei termini che seguono. Come è noto, il recesso dal contratto di apertura di credito è disciplinato dall art. 1845 c.c., il quale prevede un differente regime a seconda che il rapporto sia instaurato a tempo determinato o a tempo indeterminato. Nel primo caso, il primo comma della disposizione prevede che, salvo patto contrario, la banca può recedere prima della scadenza del termine solamente in presenza di una giusta causa. Pag. 3/9

In tale ipotesi, il secondo comma dell art. 1845 c.c. dispone che l esercizio del recesso produce immediatamente l effetto di sospendere (rectius, estinguere) il rapporto, con conseguente impossibilità del cliente di seguitare ad utilizzare ulteriormente la provvista messa a disposizione dalla banca. Quanto, invece, alla restituzione delle somme già utilizzate e dei relativi accessori, è previsto che la banca debba concedere un termine di almeno quindici giorni. Nell ipotesi di apertura di credito a tempo indeterminato (c.d. a revoca ), il regime del recesso è invece regolato dall ultimo comma dell art. 1845 c.c., il quale nel presupposto che l esercizio del diritto possa avvenire a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa disciplina esclusivamente le modalità attraverso le quali tale esercizio deve avvenire, stabilendo che ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni. Mentre, dunque, il termine stabilito dal secondo comma della disposizione concerne l obbligo di restituzione delle somme già utilizzate, e non invece l efficacia (estintiva) del recesso, la quale si realizza immediatamente in conseguenza del relativo esercizio mediante comunicazione all affidato, il termine stabilito dal terzo comma attiene invece proprio al profilo dell efficacia della revoca, dovendosi la norma interpretare nel senso che, successivamente alla comunicazione del recesso, il rapporto rimarrà efficace (e l accreditato potrà quindi compiere ulteriori atti di utilizzo della provvista) fino alla scadenza del termine di preavviso stabilito contrattualmente o, in via gradata, dagli usi, o ancora, in assenza, in quello di quindici giorni stabilito dalla legge. Nulla viene disposto, invece, relativamente al termine per la restituzione delle somme già utilizzate e dei relativi accessori. Orbene, proprio in riferimento al terzo comma dell art. 1845 c.c., ci si è chiesti se al di là della possibilità, pacifica, di fissare un termine di preavviso inferiore rispetto a quello di quindici giorni stabilito ex lege in via residuale possa considerarsi valida l abolizione pattizia tout court del termine de quo; ci si è chiesti, cioè, se le parti possano concordare la possibilità di estinguere con effetti immediati un apertura di credito a revoca, semplicemente comunicando la volontà di recedere. Pag. 4/9

Sul punto va segnalato che in alcune pronunce la Corte di Cassazione ha fornito risposta affermativa al quesito, statuendo che In tema di recesso dal contratto di apertura di credito a tempo indeterminato, l art. 1845 terzo comma, cod. civ. contiene un esplicito rinvio alla volontà delle parti in ordine alla durata del preavviso e in tale spazio, lasciato alla privata autonomia, non trova alcun ostacolo logico né giuridico la previsione dispositiva dell esonero del recedente dalla concessione di qualsiasi termine e dell operatività immediata del recesso comunicato alla controparte, trattandosi di termine inerente allo svolgimento di un rapporto di natura patrimoniale (così, Cass. 23 novembre 1993, n. 11566; conformi: Cass. 7 ottobre 1993, n. 9943 e Cass. 9 novembre 1994, n. 9307). Più recentemente, tuttavia, la stessa Corte di Cassazione ha evidenziato come nell apertura di credito l esercizio del diritto di recesso da parte della banca debba essere comunque valutato alla luce dei canoni della buona fede e della correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.): in questo senso, ad esempio, cfr. Cass. 13 aprile 2006, n. 8711, Cass. 13 agosto 2004, n. 15769; nonché anche alcuni precedenti dell ABF (Collegio di Roma, n. 284 del 23 aprile 2010; Collegio di Milano, n. 1274/11). La dottrina, dal canto suo, seguìta da una parte della giurisprudenza di merito, ha sviluppato un indirizzo tendente a riconoscere come illegittima la revoca c.d. brutale del fido, per tale intendendosi il recesso che, in linea concreta, assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari, in quanto contrastante con la ragionevole aspettativa di chi abbia considerato di poter disporre della provvista per un determinato periodo di tempo. Sempre in dottrina, poi, diversi autori hanno messo in discussione la facoltà, da parte dell autonomia privata, di eliminare in toto il preavviso previsto dall art. 1845, terzo comma, c.c., salva la sussistenza di una giusta causa. Tanto premesso, il Collegio osserva anzitutto che la disciplina legale in materia di apertura di credito appare riflettere il principio generale, in tema di contratti di durata, secondo cui il recesso unilaterale è normalmente consentito: - solo per giusta causa e con effetti immediati, se il rapporto è a tempo determinato; Pag. 5/9

- anche senza giusta causa, ma con preavviso, se il rapporto è a tempo indeterminato; tuttavia, se vi è una giusta causa, l obbligo di preavviso non opera, e dunque il recesso è immediatamente efficace. Vero è che nell apertura di credito a tempo determinato le parti possono concordare che il recesso venga svincolato dalla necessaria sussistenza della giusta causa, e vero è altresì che in tal caso il regime dell efficacia del recesso non muta. Tuttavia come si è visto l esercizio del diritto di recesso da parte della banca, in assenza di giusta causa, potrebbe presentare gli estremi della c.d. rottura brutale del credito, così esponendo la banca stessa all obbligo di risarcire i danni provocati in conseguenza di tale condotta abusiva. Nel contratto a tempo indeterminato, invece, il terzo comma dell art. 1845 c.c. menziona il contratto unicamente per affermare che con esso si può variare (aumentandolo o diminuendolo) il termine del preavviso, sicchè, a ben vedere, il totale azzeramento del preavviso non risulta un opzione ivi espressamente contemplata. Appare allora evidente che, contrariamente a quanto si è visto in ordine all apertura di credito a tempo determinato, nell apertura di credito a tempo indeterminato la norma non prefigura alcuna deroga rispetto ai principi generali in tema di recesso nei contratti di durata, sicché deve ritenersi in principio operante la regola generale secondo la quale nei contratti come quello per cui è controversia non è consentito il recesso ad nutum con effetto immediato in assenza di una giusta causa. Né in contrario può secondo il Collegio utilizzarsi l argomento logico, talora enunciato sulla scorta del secondo comma dell art. 1845 c.c., per cui l immediatezza dell efficacia del recesso (espressamente prevista in caso di contratto a tempo determinato) configurerebbe una soluzione del tutto coerente con le specificità del rapporto di apertura di credito, in quanto in diversa ipotesi l accreditato potrebbe essere indotto a comportamenti pregiudizievoli nei confronti della banca, ad esempio utilizzando l intera provvista, pur sapendo di non poterla poi restituire. Tale argomento, infatti, non è condivisibile, per le seguenti ragioni: Pag. 6/9

a) perché presuppone una condotta scorretta a parte dell affidato, il che non può in nessun modo essere posto a base della ricostruzione della ratio di una norma di legge; comunque, qualora ciò in concreto avvenisse, il comportamento dell affidato potrebbe essere suscettibile di censura sul piano penale (art. 641 c.p.); b) perché, come si è visto, il terzo comma dell art. 1845 c.c. prevede espressamente la concessione del preavviso, sicché non vi è alcun motivo per ritenere l irragionevolezza di un recesso non immediatamente efficace. D altra parte va rilevato che non vi è inoltre alcuna ragione per reputare necessaria un identità di disciplina del recesso tra apertura di credito a tempo determinato e apertura di credito a tempo indeterminato. Relativamente, infatti, all obbligazione di restituzione delle somme utilizzate, le due tipologie contrattuali soggiacciono invero ad una disciplina legale diversa: - nell apertura di credito a tempo determinato, infatti, tale obbligo è soggetto al termine legale di 15 giorni, proprio perché l efficacia del recesso è immediata, e dunque se non vi fosse tale previsione l affidato sarebbe automaticamente (ed ingiustamente) in ritardo nell adempimento, subito dopo aver ricevuto la comunicazione di recesso; - nell apertura di credito a tempo indeterminato la disciplina codicistica prevede il preavviso, eventualmente anche più breve di quello legale di 15 giorni, sicché non vi è motivo per escludere che l obbligo restitutorio sorga contestualmente al momento, comunque successivo a quello del ricevimento della comunicazione di recesso, in cui quest ultimo diviene efficace. Questa conclusione, del resto, risulta coerente con gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, là dove viene evidenziato il ruolo anche integrativo del principio di buona fede contrattuale, inteso come espressione dell esigenza di un equa ripartizione dei rischi tra le parti di un contratto, esigenza particolarmente rilevante in un settore quale quello dei rapporti tra banche e clienti improntato ai canoni della massima trasparenza e correttezza. Il recesso ad nutum della banca con effetto immediato si risolve infatti in una grave ed irragionevole penalizzazione per il cliente, che si trova ad essere esposto, senza alcun Pag. 7/9

preavviso, alla privazione istantanea del credito anche quando non ricorra una giusta causa di revoca del fido. La Corte di Cassazione ha più volte statuito che i principi di correttezza e buona fede si pongono quali regole di comportamento che, essendo sovraordinate ai poteri dispositivi delle parti, consentono al giudice di intervenire anche in senso modificativo e integrativo sullo statuto negoziale, ampliando o restringendo il contenuto delle specifiche previsioni contrattuali, qualora ciò sia necessario per garantire l equo contemperamento degli interessi delle parti (Cass. 18 luglio 1989, n.3362; 20 aprile 1994, n. 3775; 22 maggio 1997, n. 4598; 10 ottobre 2003, n. 15150; 24 novembre 2007, 28056; 18 settembre 2009, n. 20106). Il doveroso rispetto di tali principi porta ad escludere, come si è già osservato, che possa essere riconosciuta operatività immediata al recesso ad nutum dall apertura di credito a tempo indeterminato, in assenza di giusta causa. E a ritenere dunque che debba in tal caso trovare applicazione, in mancanza della pattuizione di un preavviso inferiore a quello di legge, il termine di 15 giorni, stabilito dall art. 1845, terzo comma, c.c. La banca, qualora avesse inteso ottenere l effetto di determinare l immediata sospensione dell erogazione del credito, avrebbe dovuto pertanto nella lettera del 21 maggio 2010 esplicitare la giusta causa, sulla cui sussistenza o meno, in caso di controversia, si sarebbero poi potuti pronunciare il Collegio o l Autorità Giudiziaria. Al contrario, la banca si è limitata sic et simpliciter a revocare l affidamento con effetto immediato, senza evidenziare la sussistenza di alcuna giusta causa. Il suo comportamento, per tale aspetto, è stato quindi illegittimo. Resta a dire della pretesa risarcitoria. Posto che la banca legittimamente poteva recedere dal contratto anche senza giusta causa, i danni invocabili risultano unicamente quelli eventualmente prodottisi nei 15 giorni successivi a quello del ricevimento della comunicazione di recesso, per non avere potuto seguitare ad utilizzare la provvista, fino a concorrenza dell importo accordato di 200.000. La domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente, tuttavia, non può venire accolta, nemmeno in via equitativa, perché nessun elemento è stato da essa Pag. 8/9

offerto a conferma del fatto che la società abbia in concreto subito un qualsivoglia danno, eziologicamente riconducibile all impossibilità di utilizzare la provvista nel lasso temporale individuato (cfr., di recente, sia pure in riferimento a fattispecie diverse, Cass. 26 marzo 2009, n. 7306 e Cass. 18 settembre 2009, n. 20143, secondo le quali liquidazione equitativa è «inidonea a surrogare l assolvimento dell onere della prova in ordine all esistenza del concreto pregiudizio»). Il ricorso, pertanto, è solo parzialmente fondato. P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Dispone inoltre che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 9/9