COLLEGIO DI ROMA. Membro designato dalla Banca d'italia. (RM) OLIVIERI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

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1 COLLEGIO DI ROMA composto dai signori: (RM) MASSERA (RM) SIRENA (RM) MELI Presidente Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia (RM) OLIVIERI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari (RM) COLOMBO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti Relatore COLOMBO CLAUDIO Nella seduta del 29/04/2015 dopo aver esaminato: - il ricorso e la documentazione allegata - le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica FATTO Con istanza protocollata il 30 settembre 2014, la s.r.l. ricorrente lamenta l abusività della condotta della banca resistente, la quale senza giustificato motivo e senza adeguato preavviso, nell aprile 2014 ebbe a revocarle due linee di credito e le avrebbe altresì negato sempre immotivatamente la concessione di un ulteriore finanziamento richiesto in precedenza. Espone la ricorrente che, prima delle (a suo dire inopinate) decisioni della banca, i rapporti in essere, sotto forma di aperture di credito in conto corrente, avrebbero presentato un andamento del tutto regolare; documenta altresì la ricorrente che, poco tempo prima della revoca da parte della banca (in data 14 febbraio 2014), quest ultima aveva presentato in suo favore una lettera di referenze, attestante non solo detto regolare andamento, ma anche la solidità e l adeguatezza patrimoniale e finanziaria della ricorrente medesima. Pag. 2/9

2 Tanto premesso, la cliente ritiene che la fattispecie vada inquadrata nell ambito della c.d. rottura brutale del credito, con conseguente diritto a vedersi riconosciuto il risarcimento del danno, quantificato nell importo complessivo di , di cui a titolo di danno non patrimoniale. A sostegno della domanda risarcitoria, la ricorrente allega (e parzialmente documenta) di essersi vista costretta a rinviare dei pagamenti precedentemente programmati, di essere incorsa in insoluto sulla rata di due finanziamenti sotto forma di leasing e di avere sostenuto delle ingenti spese di istruttoria per accedere ad alternative linee di credito con un altra banca. Inoltre, essa evidenzia che i soci si videro costretti a smobilizzare parte del proprio patrimonio personale, al fine di fornire liquidità alla società, e che l amministratore ed il procuratore della stessa furono impossibilitati a percepire per quattro mesi il loro compenso. In aggiunta alla domanda risarcitoria, la società ricorrente lamenta anche l illegittima applicazione di interessi passivi e commissioni, per il periodo successivo alla revoca delle linee di credito, chiedendone la restituzione. In ordine a quest ultima domanda, la banca resistente nelle proprie controdeduzioni ne eccepisce l inammissibilità, poiché la questione non era stata evidenziata nel reclamo preventivo da parte della ricorrente. Sul punto, replicando alle controdeduzioni, la cliente deduce che il reclamo era stato inoltrato prima che, con la ricezione degli estratti conto al 30 giugno 2014, essa potesse avere contezza dell applicazione di detti interessi e commissioni. Sulla domanda risarcitoria, la resistente ne contesta la sussistenza dei presupposti per l accoglimento, sostenendo che tanto la decisione di revocare le linee di credito in essere, tanto quella di non concedere nuovo credito, sono del tutto discrezionali, attenendo unicamente alla valutazione del merito creditizio della ricorrente, e come tali non sarebbero censurabili. D altra parte, trattandosi di aperture di credito a tempo indeterminato, nessuna giusta causa, o giustificato motivo, dovevano essere esplicitati nei confronti della cliente, alla quale peraltro prosegue la resistente era stato financo concesso un termine molto ampio (ben 81 giorni) per effettuare il rientro dall esposizione maturata. Conclude, dunque, la banca per il rigetto del ricorso. DIRITTO Il ricorso è parzialmente fondato e, come tale, merita accoglimento. Come prima questione in ordine logico, va ovviamente esaminata l eccezione di parziale inammissibilità della domanda, sotto il profilo della mancata proposizione di reclamo preventivo. Tale eccezione concerne, come detto, solo un capo della domanda, ovverosia quello relativo alla restituzione di interessi e commissioni, successivi alla data della revoca delle aperture di credito. L eccezione sul punto sollevata dalla resistente è fondata. Ai sensi della Sezione VI, n. 1, primo alinea, delle Disposizioni ABF, il ricorso all ABF è preceduto da un reclamo preventivo all intermediario. Il successivo alinea terzo dispone che il ricorso deve avere ad oggetto la stessa questione esposta nel reclamo. Pag. 3/9

3 Ciò posto, è di tutta evidenza che l impossibilità di avanzare nel reclamo una specifica doglianza, per non essersi il fatto originativo della medesima ancora verificato, non può in alcun modo costituire una giustificazione rispetto alla mancata ottemperanza dell onere di reclamo preventivo. Sul punto, le Disposizioni ABF sono molto chiare nel prevedere la necessaria simmetria tra reclamo e successivo ricorso, operando un unica eccezione (come tale, non suscettibile di applicazione analogica) per le domande risarcitorie conseguenti alle circostanze e alle condotte denunziate con il reclamo. Nel caso di specie, tuttavia, la domanda della ricorrente non si configura come risarcitoria, ma come restitutoria di poste a debito, di cui si assume l illegittima applicazione. Ne consegue che la stessa non può essere vagliata dal Collegio, fatta salva beninteso la possibilità per la ricorrente di presentare un nuovo reclamo sul punto (e, se insoddisfatta, un nuovo ricorso), ovvero direttamente un nuovo ricorso, convertendosi in tal caso il ricorso inammissibile in reclamo, entro l anno dalla presentazione del primo ricorso: sul punto, tra le altre, ABF Collegio di Coordinamento 10 ottobre 2013, n. 5091, in obiter dictum. Per quanto concerne invece la domanda risarcitoria conseguente alla affermata rottura brutale del credito da parte della banca resistente, il Collegio la ritiene meritevole di accoglimento, nei termini che seguono. In punto di fatto non è in discussione che: - le due aperture di credito revocate fossero entrambe a tempo indeterminato; - la banca, poco tempo prima della revoca, avesse fornito alla ricorrente una lettera positiva di referenze; - la banca non abbia fornito motivazione alcuna della revoca, né abbia motivato la negazione dell ulteriore finanziamento richiesto; - la banca non abbia dato alcun preavviso, ai fini dell operatività della revoca, ma si sia limitata a concedere alla sovvenuta un ampio termine per il rientro dall esposizione; - la società ricorrente sia riuscita a rientrare dall esposizione prima del termine concesso ed abbia inoltre conseguito alternative linee di credito presso un diverso intermediario. In siffatto contesto riesce in effetti alquanto difficile comprendere le ragioni che hanno indotto la resistente a chiudere ogni rapporto con la cliente qui ricorrente. Anche in questa sede, infatti, la banca non ha ritenuto di dover esplicitare le ragioni della propria condotta, concentrando di fatto tutta la sua difesa sulla concessione di un ampio termine per il rientro. In ordine a tali profili, tuttavia, questo Collegio (decisione del 17 novembre 2011, n. 2489) ha avuto già occasione di precisare che «( ) nell ipotesi di apertura di credito a tempo indeterminato (c.d. a revoca ), il regime del recesso è ( ) regolato dall ultimo comma dell art c.c., il quale nel presupposto che l esercizio del diritto possa avvenire a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa disciplina esclusivamente le modalità attraverso le quali tale esercizio deve avvenire, stabilendo che ciascuna delle Pag. 4/9

4 parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni. Mentre, dunque, il termine stabilito dal secondo comma della disposizione (applicabile alle aperture di credito a tempo determinato, n.d.r.) concerne l obbligo di restituzione delle somme già utilizzate, e non invece l efficacia (estintiva) del recesso, la quale si realizza immediatamente in conseguenza del relativo esercizio mediante comunicazione all affidato, il termine stabilito dal terzo comma attiene invece proprio al profilo dell efficacia della revoca, dovendosi la norma interpretare nel senso che, successivamente alla comunicazione del recesso, il rapporto rimarrà efficace (e l accreditato potrà quindi compiere ulteriori atti di utilizzo della provvista) fino alla scadenza del termine di preavviso stabilito contrattualmente o, in via gradata, dagli usi, o ancora, in assenza, in quello di quindici giorni stabilito dalla legge. Nulla viene disposto, invece, relativamente al termine per la restituzione delle somme già utilizzate e dei relativi accessori. Orbene, proprio in riferimento al terzo comma dell art c.c., ci si è chiesti se al di là della possibilità, pacifica, di fissare un termine di preavviso inferiore rispetto a quello di quindici giorni stabilito ex lege in via residuale possa considerarsi valida l abolizione pattizia tout court del termine de quo; ci si è chiesti, cioè, se le parti possano concordare la possibilità di estinguere con effetti immediati un apertura di credito a revoca, semplicemente comunicando la volontà di recedere. Sul punto va segnalato che in alcune pronunce la Corte di Cassazione ha fornito risposta affermativa al quesito, statuendo che In tema di recesso dal contratto di apertura di credito a tempo indeterminato, l art terzo comma, cod. civ. contiene un esplicito rinvio alla volontà delle parti in ordine alla durata del preavviso e in tale spazio, lasciato alla privata autonomia, non trova alcun ostacolo logico né giuridico la previsione dispositiva dell esonero del recedente dalla concessione di qualsiasi termine e dell operatività immediata del recesso comunicato alla controparte, trattandosi di termine inerente allo svolgimento di un rapporto di natura patrimoniale (così, Cass. 23 novembre 1993, n ; conformi: Cass. 7 ottobre 1993, n e Cass. 9 novembre 1994, n. 9307). Più recentemente, tuttavia, la stessa Corte di Cassazione ha evidenziato come nell apertura di credito l esercizio del diritto di recesso da parte della banca debba essere comunque valutato alla luce dei canoni della buona fede e della correttezza (artt e 1375 c.c.): in questo senso, ad esempio, cfr. Cass. 13 aprile 2006, n. 8711, Cass. 13 agosto 2004, n ; nonché anche alcuni precedenti dell ABF (Collegio di Roma, n. 284 del 23 aprile 2010; Collegio di Milano, n. 1274/11). La dottrina, dal canto suo, seguita da una parte della giurisprudenza di merito, ha sviluppato un indirizzo tendente a riconoscere come illegittima la revoca c.d. brutale del fido, per tale intendendosi il recesso che, in linea concreta, assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari, in quanto contrastante con la ragionevole aspettativa di chi abbia considerato di poter disporre della provvista per un determinato periodo di tempo. Sempre in dottrina, poi, diversi autori hanno messo in discussione la facoltà, da parte dell autonomia privata, di eliminare in toto il preavviso previsto dall art. 1845, terzo comma, c.c., salva la sussistenza di una giusta causa. Tanto premesso, il Collegio osserva anzitutto che la disciplina legale in materia di apertura di credito appare riflettere il principio generale, in tema di contratti di durata, secondo cui il recesso unilaterale è normalmente consentito: - solo per giusta causa e con effetti immediati, se il rapporto è a tempo determinato; - anche senza giusta causa, ma Pag. 5/9

5 con preavviso, se il rapporto è a tempo indeterminato; tuttavia, se vi è una giusta causa, l obbligo di preavviso non opera, e dunque il recesso è immediatamente efficace. Vero è che nell apertura di credito a tempo determinato le parti possono concordare che il recesso venga svincolato dalla necessaria sussistenza della giusta causa, e vero è altresì che in tal caso il regime dell efficacia del recesso non muta. Tuttavia come si è visto l esercizio del diritto di recesso da parte della banca, in assenza di giusta causa, potrebbe presentare gli estremi della c.d. rottura brutale del credito, così esponendo la banca stessa all obbligo di risarcire i danni provocati in conseguenza di tale condotta abusiva. Nel contratto a tempo indeterminato, invece, il terzo comma dell art c.c. menziona il contratto unicamente per affermare che con esso si può variare (aumentandolo o diminuendolo) il termine del preavviso, sicché, a ben vedere, il totale azzeramento del preavviso non risulta un opzione ivi espressamente contemplata. Appare allora evidente che, contrariamente a quanto si è visto in ordine all apertura di credito a tempo determinato, nell apertura di credito a tempo indeterminato la norma non prefigura alcuna deroga rispetto ai principi generali in tema di recesso nei contratti di durata, sicché deve ritenersi in principio operante la regola generale secondo la quale nei contratti come quello per cui è controversia non è consentito il recesso ad nutum con effetto immediato in assenza di una giusta causa. Né in contrario può secondo il Collegio utilizzarsi l argomento logico, talora enunciato sulla scorta del secondo comma dell art c.c., per cui l immediatezza dell efficacia del recesso (espressamente prevista in caso di contratto a tempo determinato) configurerebbe una soluzione del tutto coerente con le specificità del rapporto di apertura di credito, in quanto in diversa ipotesi l accreditato potrebbe essere indotto a comportamenti pregiudizievoli nei confronti della banca, ad esempio utilizzando l intera provvista, pur sapendo di non poterla poi restituire. Tale argomento, infatti, non è condivisibile, per le seguenti ragioni: a) perché presuppone una condotta scorretta a parte dell affidato, il che non può in nessun modo essere posto a base della ricostruzione della ratio di una norma di legge; comunque, qualora ciò in concreto avvenisse, il comportamento dell affidato potrebbe essere suscettibile di censura sul piano penale (art. 641 c.p.); b) perché, come si è visto, il terzo comma dell art c.c. prevede espressamente la concessione del preavviso, sicché non vi è alcun motivo per ritenere l irragionevolezza di un recesso non immediatamente efficace. D altra parte va rilevato che non vi è inoltre alcuna ragione per reputare necessaria un identità di disciplina del recesso tra apertura di credito a tempo determinato e apertura di credito a tempo indeterminato. Relativamente, infatti, all obbligazione di restituzione delle somme utilizzate, le due tipologie contrattuali soggiacciono invero ad una disciplina legale diversa: - nell apertura di credito a tempo determinato, infatti, tale obbligo è soggetto al termine legale di 15 giorni, proprio perché l efficacia del recesso è immediata, e dunque se non vi fosse tale previsione l affidato sarebbe automaticamente (ed ingiustamente) in ritardo nell adempimento, subito dopo aver ricevuto la comunicazione di recesso; - nell apertura di credito a tempo indeterminato la disciplina codicistica prevede il preavviso, eventualmente anche più breve di quello legale di 15 giorni, sicché non vi è motivo per escludere che l obbligo restitutorio sorga contestualmente al momento, comunque successivo a quello del ricevimento della comunicazione di recesso, in cui quest ultimo diviene efficace. Pag. 6/9

6 Questa conclusione, del resto, risulta coerente con gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, là dove viene evidenziato il ruolo anche integrativo del principio di buona fede contrattuale, inteso come espressione dell esigenza di un equa ripartizione dei rischi tra le parti di un contratto, esigenza particolarmente rilevante in un settore quale quello dei rapporti tra banche e clienti improntato ai canoni della massima trasparenza e correttezza. Il recesso ad nutum della banca con effetto immediato si risolve infatti in una grave ed irragionevole penalizzazione per il cliente, che si trova ad essere esposto, senza alcun preavviso, alla privazione istantanea del credito anche quando non ricorra una giusta causa di revoca del fido. La Corte di Cassazione ha più volte statuito che i principi di correttezza e buona fede si pongono quali regole di comportamento che, essendo sovraordinate ai poteri dispositivi delle parti, consentono al giudice di intervenire anche in senso modificativo e integrativo sullo statuto negoziale, ampliando o restringendo il contenuto delle specifiche previsioni contrattuali, qualora ciò sia necessario per garantire l equo contemperamento degli interessi delle parti (Cass. 18 luglio 1989, n.3362; 20 aprile 1994, n. 3775; 22 maggio 1997, n. 4598; 10 ottobre 2003, n ; 24 novembre 2007, 28056; 18 settembre 2009, n ). Il doveroso rispetto di tali principi porta ad escludere, come si è già osservato, che possa essere riconosciuta operatività immediata al recesso ad nutum dall apertura di credito a tempo indeterminato, in assenza di giusta causa. E a ritenere dunque che debba in tal caso trovare applicazione, in mancanza della pattuizione di un preavviso inferiore a quello di legge, il termine di 15 giorni, stabilito dall art. 1845, terzo comma, c.c. La banca, qualora avesse inteso ottenere l effetto di determinare l immediata sospensione dell erogazione del credito, avrebbe dovuto pertanto ( ) esplicitare la giusta causa, sulla cui sussistenza o meno, in caso di controversia, si sarebbero poi potuti pronunciare il Collegio o l Autorità Giudiziaria. Al contrario, la banca si è limitata sic et simpliciter a revocare l affidamento con effetto immediato, senza evidenziare la sussistenza di alcuna giusta causa. Il suo comportamento, per tale aspetto, è stato quindi illegittimo» (cfr. anche, più di recente, per un richiamo, Collegio di Roma 20 novembre 2014, n. 7704). Nel richiamare il suddetto proprio precedente al quale ritiene di dover aderire il Collegio sottolinea ulteriormente che, come è reso evidente dalle difese della banca, non sempre gli operatori (anche qualificati) del settore colgono appieno la differenza tra termine di preavviso e termine di rientro, ritenendo molti che il primo possa essere senz altro omesso, essendo il secondo l unico ad avere giuridica rilevanza: si è visto, tuttavia, che così non è, sulla scorta della corretta interpretazione dell art c.c., nell articolazione dei suoi tre commi. Va detto, peraltro, che tale distinzione nel caso di specie è stata viceversa percepita dalla società ricorrente, la quale del tutto opportunamente replicando alle controdeduzioni della resistente ha evidenziato come i danni lamentati non siano tanto riconducibili alla necessità di ripianare l esposizione, quanto al non avere potuto usufruire Pag. 7/9

7 della quota della linea di credito ancora disponibile alla data della revoca (ben su totali). Alla luce delle considerazioni che precedono, è allora indiscutibile che debba affermarsi la brutalità del recesso operato dalla banca resistente, con conseguente possibilità, per la ricorrente, di vedersi ristorati i danni derivatine. Sul punto ritiene tuttavia il Collegio di dovere largamente ridimensionare la quantificazione dei pregiudizi sofferti, rispetto al petitum della ricorrente. Invero, in ordine ad alcune poste di danno invocate, la cliente risulta carente di legittimazione attiva: ciò vale per lo smobilizzo degli investimenti personali dei soci, o per i mancati compensi di amministratore e procuratore, trattandosi all evidenza di danni eventualmente invocabili, rispettivamente, dai soci e dai rappresentanti della s.r.l., e non già da quest ultima. Nessuna rilevanza può, inoltre, avere la circostanza che la ricorrente abbia dovuto sostenere delle spese di istruttoria, al fine di vedersi accordati nuovi affidamenti da altra banca: come è stato esattamente evidenziato nella già richiamata decisione del Collegio di Roma del 17 novembre 2011, n. 2489, i danni risarcibili sono, nel caso di specie, solo quelli derivanti dalla impossibilità di utilizzare il fido nel limitato lasso temporale in cui lo stesso avrebbe dovuto essere operativo, ed invece non lo è stato. Posta, infatti, la legittimità del recesso senza giusta causa (con l unico contemperamento che in tal caso va dato il preavviso), non può considerarsi danno risarcibile quello correlato alla necessità del cliente di vedersi accordate altre linee di credito: tale necessità, infatti, si sarebbe prospettata anche in caso di condotta legittima della banca qui resistente, in caso cioè di revoca non già ad effetti immediati, ma con concessione del preavviso. Non resta, dunque, che valorizzare a fini risarcitori le allegazioni e la documentazione prodotta dalla ricorrente, a proposito della necessità di rinviare pagamenti programmati e del mancato adempimento di alcune rate di leasing, in quanto domiciliate sul conto affidato oggetto di revoca. Siffatte circostanze, peraltro, rilevano essenzialmente sotto il profilo del pregiudizio all immagine e all affidabilità commerciale della società ricorrente, sicché la loro valutazione non può che essere rimessa ad un giudizio di tipo equitativo (sul punto, cfr. Cass. 9 luglio 2014, n ). Ciò posto, ritiene il Collegio equo quantificare il risarcimento nell importo di 2.000,00 (duemila/00), atteso che la documentazione prodotta dalla ricorrente consente di affermare che il potenziale discredito si sia diffuso entro un numero non particolarmente Pag. 8/9

8 elevato di controparti contrattuali (fornitori o finanziatori), e per un lasso temporale complessivamente abbastanza contenuto. Non vi è infatti la prova (ma solo l affermazione) della registrazione negativa presso gli archivi informatici di alcuni SIC, circostanza che se dimostrata avrebbe senz altro consentito una quantificazione maggiore del risarcimento. P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e per l effetto dispone che l intermediario corrisponda alla ricorrente la somma di euro 2.000,00 a titolo risarcitorio. Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 9/9

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