CAPITOLO VI. La nascita della fotografia

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CAPITOLO VI La nascita della fotografia Nei primi decenni dell Ottocento si riesce finalmente a congelare il tempo e a fissare in maniera definitiva le immagini osservate in una camera oscura: è la nascita della fotografia. I principi tecnici di tale procedimento sono noti da tempo ma è in quegli anni che si crea un contesto sociale pronto ad accogliere la nuova invenzione che diventa il mezzo di rappresentazione della nascente borghesia. La fotografia è un processo fotochimico che consente di fissare in modo permanente su lastra, su carta o su pellicola una qualsiasi immagine ottenuta con una camera oscura. L immagine rimane impressa in maniera durevole in quanto la lastra, la carta o la pellicola vale a dire il supporto- sono cosparse di sostanze fotosensibili. Per quanto riguarda l aspetto chimico del problema fotografico, l azione delle luce su alcuni pigmenti era conosciuta da secoli (consigli di Plinio sulla conservazione dei dipinti lontano dall illuminazione diretta), mentre il suo effetto sul cloruro d argento fu riconosciuto e documentato scientificamente alla fine del 1700 (Scheele). Alcuni (Wedgwood) ottenero immagini per contatto ma non riuscirono a fissarle. Già a partire dal 1816 il francese Nicéphore Niépce (1765-1833) lavora ostinatamente alla ricerca di un sistema che gli consenta di fissare le immagini ottenute in una camera oscura: l eliografia ( scrivere con il sole ). Grazie alla scoperta del bitume di Giudea, una sostanza fotosensibile che indurisce al sole, con la quale riveste le lastre inserite nella camera oscura, ottiene le prime fotografie della storia: immagini positive non riproducibili. Egli lavorava con questa sostanza che diventa insolubile nelle zone esposte, nel tentativo di ottenere una matrice fotoincisa pronta direttamente per la stampa tipografica. L uomo ha una visione tridimensionale della realtà: i nostri occhi, che si trovano ad una certa distanza l uno dall altro, funzionano come due macchine fotografiche; ciascuno riprende la stessa immagine da un differente punto di vista (la distanza tra le due pupille); le due immagini bidimensionali sono trasmesse al cervello che le sovrappone creandone una terza, tridimensionale. Su questo principio si basa la stereoscopia. Charles Wheatstone inventa, nel 1832, lo stereoscopio: un visore dotato di due lenti che consente di percepire due immagini bidimensionali identiche ma raffigurate con una differente angolazione, come se fossero un unica immagine tridimensionale. Nel 1844 David Brewster (l inventore del caleidoscopio) applica il principio della stereoscopia alla fotografia. 31

«Théâtre de Nadar». Stereoscopie su carta, Parigi, 1870 ca. «Visore stereoscopico a castello» di D. Bassi, Italia, 1880 ca. Continuando gli esperimenti di Niépce, nel 1839 Jacques Mandé Daguerre (1787-1851) annuncia la dagherrotipia, una tecnica di riproduzione di immagini stampate su lastre metalliche di rame argentato. Come per l eliografia, l immagine ottenuta è una copia unica, non riproducibile. L immagine, accennata in modo lieve nella fotocamera, diventa evidente e positiva ai vapori di mercurio e viene fissata con un lavaggio in acqua salata calda. I tempi di posa normali sono compresi tra i cinque minuti e l ora, ma i miglioramenti che subito seguiranno l annuncio e la divulgazione ufficiali (1839), apportati specialmente da fotografi americani, abbasseranno la posa ad una manciata di secondi (1840). Dagherrotipi, prima metà del XIX secolo. Intanto in Inghilterra William Henry Fox Talbot (1800-1877) lavorava per conto suo con una carta di cloruro d argento ed otteneva le prime negative su carta (1834). La luce che entrava nella camera oscura era però troppo debole per produrre l annerimento diretto in condizioni normali di illuminazione. Talbot stabilizza l immagine con acqua salata ma, consigliato dallo scienziato Herschel, adotta l iposolfito di sodio che risolve definitivamente il problema del fissaggio. Tale sistema viene immediatamente adottato da tutti anche per la dagherrotipia. 32

Talbot scopre la possibilità di sviluppare i fogli impressionati anche se l argento metallico (nero) non si è ancora visibilmente formato (1840). La carta, resa trasparente con la ceratura, viene utilizzata come negativo per la stampa di un numero illimitato di copie. Una volta trovata una sostanza sufficientemente adesiva e in grado di tenere dispersi bromuro e cloruro d argento (collodio, 1851), l alogenuro di argento viene steso su vetro. Un debole negativo di questo tipo, opportunamente trattato, può essere trasformato in un positivo diretto (ambrotipia), altrimenti è un negativo per la stampa sulla carta salata presto sostituita dalla carta all albumina (dal 1850). La scoperta del negativo a sviluppo latente, accorcia i tempi di posa. Il procedimento, dapprima chiamato calotipia (bella stampa), fu in seguito ribattezzato talbotipia, dal nome del suo inventore. Qualche anno più tardi, la sperimentazione della gelatina-bromuro apre la strada alla fotografia istantanea, ottenuta con piccole macchine portatili, la più nota delle quali è l apparecchio Kodak n.1, creato nel 1888 dallo statunitense George Eastman, fondatore della Kodak. L apparecchio Kodak n. 1 conteneva un rotolo di carta sufficiente per 100 fotografie; terminato il rullo era possibile acquistarne uno di ricambio o inviare la macchina alla fabbrica che provvedeva allo sviluppo e alla ricarica. «Folding Pocket Kodak». Macchina fotografica per pellicole in rullio, U.S.A., 1908. Una macchina fotografica è composta da: Una camera oscura; Un diaframma, un foro regolabile attraverso il quale entrano i raggi di luce; Un otturatore, una sorta di tendina che apre e chiude il foro del diaframma (quando l otturatore è chiuso la luce non entra, in caso contrario la luce entra, andando a colpire il supporto); Un obiettivo, composto da una o più lenti, sul quale convergono i raggi luminosi; Un telaio, collocato sul fondo della camera oscura, in cui viene inserito il supporto da impressionare (lastra, carta o pellicola). La fotografia svela dettagli non visibili a occhio nudo come il tempo. Sul finire dell Ottocento vengono messi a punto apparecchi destinati a riprodurre il movimento. Nel 1878 il governatore della California, Leland Stanford, sostenne che un cavallo in corsa sollevava per un istante tutti e quattro gli zoccoli dal terreno e incaricò il fotografo Edward Muybridge di verificare tutto ciò. Posizionando, infatti, ventiquattro macchine fotografiche sulla pista da corsa e facendo passare il cavallo al galoppo, un meccanismo faceva scattare in successione le macchine, formando così una sequenza di immagini che poi venivano proiettate da uno strumento 33

chiamato zoopraxiscopio. Osservando i singoli fotogrammi si notò che effettivamente il cavallo solleva tutti e quattro gli zoccoli da terra durante la corsa. Lo strumento usato venne sviluppato da Meissonier, un pittore francese appassionato di cavalli. Era composto da un normale proiettore: un disco rotante sostituiva il consueto telaietto porta-lastre. Questo consentì di proiettare su uno schermo e in sequenza le foto di Muybridge, divenendo di fatto il predecessore dei moderni cineproiettori. Muybridge continuò a compiere i suoi studi su animali e persone in movimento sempre con le sue fotocamere. E il cronofotografo brevettato da Etienne-Jules Marey a consentire la riproduzione di un immagine unica e sintetica registrando su una sola lastra le fasi del movimento di un soggetto. Successivamente Marey mette a punto altri apparecchi di ripresa, in alcuni dei quali la lastra è sostituita da una pellicola. La cronofotografia consente di registrare su una lastra o su una pellicola fotografica le singole fasi di un soggetto in movimento (per esempio il salto con l asta di un atleta, un cavallo al trotto o una capra che cammina). Per riuscire a fissare l attimo è necessario ridurre al massimo i tempi di esposizione, utilizzando sostanze molto sensibili alla luce. E il suo assistente, Georges Demeny, ad ideare, nel 1891, il fonoscopio, un dispositivo per la proiezione di immagini in movimento. 34

CONCLUSIONE Dopo aver finito il lavoro, siamo state soddisfatte della scelta fatta; l argomento è risultato essere molto interessante e piacevole da affrontare. Attraverso questa ricerca abbiamo imparato cose di cui non sospettavamo l esistenza sia perché il cinema non è un argomento trattato nelle scuole, sia perché quando si entra in una sala cinematografica si pensa a ciò che viene proiettato sullo schermo e non a ciò che sta dietro e a come ci si è arrivati. Il cinema non è figlio di se stesso ma frutto di studi e ricerche che coniugano scienza ed arte, storia e tecnologia. Ci eravamo prefissate gli obiettivi di portare a termine il componimento e di ampliare le nostre conoscenze in materia e così è stato. Dobbiamo, inoltre, ringraziare Maria Luisa Faccin dell IRRE del Veneto ed Alessandra Guarino della Scuola Nazionale di Cinema di Roma per il materiale fornitoci. 35

BIBLIOGRAFIA R. BASANO - P. TRAVERSI, a cura di, L archeologia del cinema, STIGE Industrie Grafiche, Torino, 2002. D. CANCIANI G. CAVINATO S. MASATO M. R. MORBIATO, a cura di, Teatro d ombre, 1991 A. MINA, Il Belvedere. L affascinante storia delle spettacolari macchine della visione, Il Castello. A. MINA, Il teatro dell ombra, Cappelli Editore, Bologna, 1987. L. MINICI ZOTTI (a cura di A. DE NITTO), La Lanterna Magica ovvero la proiezione prima del cinema, Collezione Laura e Alberto Minici Zotti, Padova, 1990. P. PALLOTTINO, Il libro delle ombre, Longanesi, 1983 S. SINFISI, Le figure dell ombra, Officina, 1982. G. STACCIOLI, Le immagini in movimento, Loescher Editore, Torino. 36

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A Albumina Proteina diffusa nel latte, nel sangue, nell albume dell uovo, nei semi dei legumi e dei cereali. Solubile in acqua, coagula per azione del calore. Anamorfosi (dal greco anamórphōsis, trasformazione, rigenerazione) Rappresentazione di una scena in deformazione prospettica, tale che la visione corretta può avvenire solo da un determinato punto di vista (non è mai quello frontale). B Bidimensionale Dotato di due dimensioni (altezza e larghezza). Un immagine bidimensionale appare piatta. Boccascena Insieme di tutti gli elementi che fanno da cornice alla scena. C Camera oscura Apparecchio che, utilizzando la luce riflessa dagli oggetti, proietta l immagine naturale su di uno schermo. Camera ottica Scatola con uno specchio che rinvia l immagine su un vetro, dove è possibile ricalcarla su un foglio. Collodio Sostanza densa e vischiosa ottenuta mescolando cellulosa e acido nitrico. Cromofotografia Metodo di analisi del movimento della fotografia, considerato come precursore del cinematografo. D Daedalum (vedi Zootropio) Dagherrotipia Procedimento fotografico realizzato nel 1839 da Daguerre. Consiste nella sensibilizzazione di una lastra di rame, argentata e lucidata a GLOSSARIO Marziali Gaia, Isabella De Rossi specchio, mediante vapori di iodio. Dopo una posa, l immagine latente è sviluppata per azione di vapori di mercurio, quindi fissata con un iposolfito di sodio. L immagine ottenuta (dagherrotipo) non era riproducibile. Dagherrotipo (dal nome di J. Daguerre e dal gr. typos, impronta) Apparecchio usato per la dagherrotipia (v.). Diorama (dal greco dià, attraverso, e da hórama, visione) Scenario fotografico costituito da vedute panoramiche rappresentanti luoghi, città, monumenti,interni,ecc. Dissolvenza Lento definirsi o svanire dell immagine. Si distingue nel primo caso la d. in apertura e nel secondo caso la d. in chiusura o fondu, allorché il quadro si oscura gradualmente chiudendo l otturatore. La d. incrociata si ha quando queste due d. si sovrappongono, in modo che l immagine diviene visibile man mano che la precedente sparisce. E Effetto di persistenza Capacità di render continua la visione di una serie di immagini fisse che appaiono in rapida successione. Eliografia Procedimento di riproduzione fotografica ottenuto grazie ad una sostanza fotosensibile che indurisce a sole. F Fantasmagoria (formato arbitrariamente col gr. phántasma, apparizione e forse con agorá, riunione o con la terminazione di allegoria). Arte di far apparire immagini e illusioni ottiche, specialmente mediante l uso della lanterna magica (v.). Serie, insieme di immagini, vivaci, cangianti e tali da impressionare o da turbare. Fantascopio Variante assai sofisticata della lanterna magica che consente di ricreare i più spettacolari effetti della fantasmagoria (v.).

Fenachistoscopio (dal gr. phenakistikòs, che inganna e skopêin, esaminare) Un disco di cartone ruotabile su cui sono disegnate in successione le varie fasi del movimento di un soggetto; sulla circonferenza del disco sono praticate una serie di sottili fessure equidistanti. Facendo ruotare il disco su di un perno e osservando attraverso le fessure le immagini riflesse su uno specchio si ha l impressione del soggetto in movimento. Fotochimico Relativo ai cambiamenti chimici dovuti alla luce. Fotosensibile Sensibile alla luce. Le sostanze fotosensibili cambiano le proprie caratteristiche quando vengono colpite dalla luce. G Gelatina fotografica Emulsione di cristalli d argento, sensibile alla luce e aderente alla carta o alla pellicola. L Lanterna magica Scatola che proietta, ingrandite, su uno schermo o una parete bianca, immagini dipinte su vetro con colori trasparenti. M Marionetta Fantoccio di legno o cartapesta che si fa muovere mediante fili. Mondo Niovo Particolare modello di scatola ottica (v.) che consente di osservare una sequenza di immagini animate da giochi di luce che ricreano il passaggio dal giorno alla notte. O Ombre cinesi Gioco che si fa proiettando su una parete l ombra delle mani o di oggetti, disposti e mossi in modo da sembrare animali, personaggi, ecc. P Panorama (dal greco pâs, tutto e hórama, visione) Immensa tela pittorica estesa a 360 con raffigurati paesaggi naturali, urbani o scene storiche. Pantomima (dal gr. pâs, tutto e mimêsthai, imitare) Rappresentazione scenica muta, derivata dal mimo, in cui l azione è affidata esclusivamente al gesto, all espressione del volto, ai movimenti del corpo, alla danza, talora anche con accompagnamento musicale. Prassinoscopio Un perfezionamento dello zootropio: le fessure sul cilindro sono sostituite da un prisma di specchi collocato al centro del tamburo. Ruotando l apparecchio si possono osservare, riflesse sul prisma, le immagini in movimento. La presenza dello specchio rende più fluido il movimento e più luminose le immagini. S Sagoma (gr. dorico sàkōma, contrappeso) Il profilo, il contorno di un oggetto, di una persona e, per estens., la forma stessa. Scatola ottica Scatola dotata di una o più lenti che consentono la visione ingrandita di immagini a stampa. Schermo Superficie bianca costituita di tessuto, gomma o materia plastica, sulla quel viene proiettata un immagine. Silhouette Disegno, rappresentazione dei soli tratti di contorno di un viso, di una figura, di un oggetto. Stereoscopia Visione dotata di effetto stereoscopico. Parte dell ottica che studia le ragioni fisiche e i meccanismi fisiologici dell effetto stereoscopico. Stereoscopio 39

Strumento ottico che permette una visione in rilievo mediante l osservazione di una coppia stereoscopica (v. stereoscopia). T Taumatropio Cartoncino spesso di forma circolare che reca sulle due facce due immagini diverse e complementari (ad esempio gabbia e canarino). Movendo le cordicelle fissate ai lati del disco, lo si fa ruotare velocemente: le due immagini viste in rapida successione appaiono sovrapposte (l uccellino in gabbia). Tempo di esposizione Tempo in cui il diaframma della macchina fotografica rimane aperto per far entrare la luce (tempo di posa). Tridimensionale Dotato di tre dimensioni (altezza, larghezza e profondità). Un immagine tridimensionale è dotata di rilievo e profondità. U Umbromane Colui che realizza gli spettacoli con le ombre. Z Zootropio (o daedalum) Un cilindro aperto dotato di una serie di fessure lungo il bordo della circonferenza, al cui interno viene posta una striscia di carta con un soggetto disegnato nelle varie fasi del movimento. Facendo ruotare il cilindro, più spettatori contemporaneamente possono osservare, attraverso le fessure, il soggetto in movimento. 40