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Deliberazione n. 2/2004/P REPUBBLICA ITALIANA la CORTE DEI CONTI In Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato *** Nell adunanza congiunta del 26 febbraio 2004 Visto il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 2487 del 27 ottobre 2003, liquidativo di trattamento di quiescenza a favore del dott. Tonino LONGHI già dirigente di prima fascia della stessa Amministrazione, sostitutivo del precedente in data 13 maggio 2003 n 2344; Visto il rilievo n.533 del 25 luglio 2003 dell Ufficio di controllo sugli atti dei Ministeri Economico-Finanziari - Pensioni Civili-; Vista la risposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 27 ottobre 2003; Viste le relazioni del magistrato istruttore e del consigliere delegato al controllo sugli atti dei Ministeri Economico-Finanziari in data, rispettivamente, 28 novembre 2003 e 28 gennaio 2004; Vista l ordinanza del Presidente della Sezione centrale di controllo di legittimità su atti in data 9 febbraio 2004 con la quale il menzionato provvedimento è stato deferito alla Sezione centrale del controllo, collegio 1 e II, convocata per l adunanza congiunta del 26 febbraio 1

2004 per l esame e la pronuncia sul visto e la registrazione; Vista la nota n.18/04/p in data 9 febbraio 2004 con la quale la Segreteria della Sezione di controllo ha comunicato l ordinanza stessa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Segretariato Generale e Dipartimento delle risorse umane e dell organizzazione nonché al Ministero dell Economia e delle Finanze Ufficio di Gabinetto e Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato; Visto l art.24 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, come sostituito dell art.1 della legge 21 marzo 1953 n. 161 e l art. 3, comma 8 ultima alinea, della legge 14 gennaio 1994 n.20; Visto il regolamento per l organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei Conti del 16 giugno 2000; Udito il relatore Consigliere Adriano Bartolini; Sentiti i rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Ragioneria Generale dello Stato; FATTO Con il decreto all attenzione della Sezione la Presidenza del Consiglio dei Ministri liquida il trattamento pensionistico nei confronti del dott. Tonino LONGHI dirigente di prima fascia dell Amministrazione stessa includendo tra gli emolumenti speculabili in quota A di pensione anche l importo afferente alla retribuzione di posizione di parte variabile, che il pertinente CCNL di categoria 5 aprile 2001 inserisce al pari della retribuzione di risultato nel trattamento economico accessorio. L ufficio di riscontro con osservazione n.533 del 25 luglio 2003 ha manifestato le proprie perplessità riguardo alla disposta inclusione in quota A dell emolumento di cui si discute, peraltro suffragata dalle 2

istruzioni impartite dall INPDAP con nota informativa n.64 del 29.11.2001, atteso che tale emolumento, dinamicamente collegato alle funzioni di volta in volta assegnate ai dirigenti nonché alle connesse responsabilità lungi dall essere assistito da adeguate garanzie in ordine alla sua intangibilità si pone piuttosto quale emolumento variabile ed accessorio - art.24 comma 2 d.lvo 3 febbraio 1993 n.29 -, si ritiene debba trovare al pari di tutti gli altri emolumenti accessori idonea collocazione secondo i principi recati dalla legge 8 agosto 1995 n.335 nella c.d. quota B di pensione la cui determinazione è disciplinata dall art.13, comma 1, lett. b) d.l.vo 30 dicembre 1992 n. 503. Il dissenso sul punto non è stato superato, in quanto l Amministrazione nella propria risposta del 27 ottobre 2003 ha ritenuto di dover insistere nella propria linea interpretativa, sostenendo in buona sostanza che l inclusione in quota A dell emolumento discende, alternativamente, dalla natura stipendiale della retribuzione di posizione, nella parte fissa e variabile, evidenziando inoltre, come la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 luglio 1999, istitutiva della retribuzione di posizione per i dirigenti di prima fascia, all art.5 ne preveda la pensionabilità ai sensi dell art.13, comma 1, lett. a) del d.l.vo n.503/92, tenuto altresì conto della analoga previsione di cui all art.1, comma 1 della legge 334/97 vale a dire della indennità di posizione prima citata di cui la retribuzione di posizione costituisce diretta emanazione. Sulla questione l INPDAP, appositamente interpellato dall Amministrazione ha espresso nuovamente il proprio avviso con nota 20 ottobre 2003 definendo la retribuzione di posizione fissa e variabile un indennità di funzione per l incarico istituzionale svolto dai dirigenti 3

che trarrebbe la propria pensionabilità in quota A in quanto assimilabile a quella che nel precedente ordinamento, ex art.47 DPR 30 giugno 1972, n 748, era attribuita in misura fissa in relazione alla qualifica del dirigente ed era stata resa pensionabile per l appunto in quella che oggi è la quota A di pensione. Il magistrato istruttore, pertanto, ha rimesso gli atti per la valutazione di pertinenza al consigliere delegato che, con relazione n 15/bis in data 29 gennaio 2004, oltre a esprimere perplessità nel merito, ha osservato in via pregiudiziale che l atto all esame si pone quale applicazione della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 luglio 1999 che considera la indennità di posizione di che trattasi unitariamente intesa, in quota A e non in quota B. L avvenuta registrazione della stessa da parte del competente ufficio di controllo precluderebbe, a dire del consigliere delegato, l esame di merito del provvedimento. In tale situazione il decreto citato in epigrafe è giunto all esame, in punto di diritto, della Sezione convocata dal Presidente per l adunanza odierna in seduta congiunta. Sono intervenuti i rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell Economia e delle Finanze, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, i quali hanno confermato le argomentazioni già rassegnate nella risposta all osservazione mossa dall ufficio di controllo, riportate sostanzialmente in due diverse memorie - fatte pervenire via fax alla Sezione il 24 e 25 febbraio 2004 - che hanno diffusamente e ulteriormente illustrato. Conclusivamente i rappresentanti dell Amministrazione hanno richiesto l ammissione al visto del decreto in esame ritenendo superabile anche 4

l ulteriore motivo d illegittimità sollevato dal consigliere istruttore nella relazione di deferimento - riferibilità dell aumento del 18% art. 15 L. 29 aprile 1976 n 177 all importo afferente all indennità integrativa speciale nella considerazione che il CCNL di categoria, nel disporre il conglobamento di tale emolumento, non ha posto alcuna limitazione relativamente alla sua computabilità o meno ai fini del predetto aumento percentuale. Considerato in DIRITTO Il collegio deve previamente farsi carico di esaminare la questione pregiudiziale posta nei termini riportati in narrativa. Al riguardo il collegio, osservato che nel preambolo della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 luglio 1999 viene precisato che le linee guida dettate per la definizione dei contratti individuali della dirigenza avranno valenza in attesa che il nuovo CCNL di categoria fornisca le ulteriori indicazioni dell impianto contrattuale, circoscrivendone, pertanto, l ambito temporale di operatività nelle more dell emanazione del contratto collettivo esclude l allegato rapporto di pregiudizialità rigettando di conseguenza la sollevata eccezione. Nel merito la sezione deve ora valutare se, come sostenuto dall Amm.ne, sia data la possibilità di ricomprendere tra gli emolumenti speculabili in quota A di pensione - la cui determinazione è disciplinata dall art.13, comma 1, lett. a) del decreto L.vo 30 dicembre 1992, n.503 - la retribuzione di posizione variabile, ricompresa dal pertinente CCNL di categoria, 5 aprile 2001, nella retribuzione accessoria, ovvero se la 5

stessa come ritenuto dal consigliere istruttore debba trovare più idonea collocazione al pari di tutti gli altri emolumenti accessori nella quota B di pensione da determinare secondo la diversa disciplina recata dalla lett. b) dell indicato art.13, non solo perché così dispone - a regime - l art.2, commi 9, 10 e 11 della legge 8 agosto 1995, n.335, ma anche perché appare dubbia la riferibilità di assegni o di indennità alla predetta quota A in assenza di una espressa e puntuale previsione legislativa che in tal senso disponga. Osserva al riguardo la sezione che il citato d.l.vo n 503/92, che pone norme per il riordino del sistema previdenziale dei lavoratori pubblici e privati, ha introdotto all art.13 il nuovo sistema di calcolo della pensione il cui importo a far tempo dal 1 gennaio 1993 deve essere determinato dalla somma: - della quota di pensione corrispondente all importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1 gennaio 1993 c.d. quota A da calcolare secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta (art.13, comma 1 lett. a); - della quota di pensione - c.d. quota B - corrispondente all importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1 gennaio 1993 (art.13, comma 1, lett. b) da calcolare secondo le disposizioni introdotte dal decreto legislativo stesso. In linea, pertanto, con le indicate disposizioni la c.d. quota A di pensione rimane disciplinata dall art. 43 del t.u. 29 dicembre 1973, n.1092, nel testo sostituito dall art.15 della legge 29 aprile 1976, n 177 che, dopo aver tassativamente indicato quali emolumenti vadano speculati per il 6

calcolo della pensione, recita all ultimo comma: agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne preveda espressamente la valutazione nella base pensionabile. In prosieguo di tempo la citata legge n 335, di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, allo scopo di armonizzare i diversi ordinamenti pensionistici, ha introdotto una differente accezione del concetto di pensionabilità di diretta derivazione dal sistema vigente nell assicurazione generale obbligatoria gestito dall INPS. Secondo tale disposizione a far tempo dal 1 gennaio 1996 tutti gli emolumenti corrisposti al lavoratore, ad eccezione di quelli tassativamente indicati nell art.12 della legge 30 aprile 1969, n 153, sia che attengano al c.d. trattamento fondamentale che a quello accessorio, concorrono a formare la base contributiva e quindi, correlativamente, per effetto della riforma introdotta, quella pensionabile. Pensionabilità, peraltro, non retta dal criterio tassativo, che connota la precedente quota A, ma da quello recato dall art.2, commi 9, 10 e 11, della legge 335/95 avanti citato. Delineato nei termini che precedono il quadro normativo sotteso alla liquidazione dei trattamenti pensionistici la Sezione ritiene di dover inoltre puntualizzare che nelle more della definizione contrattuale degli istituti normativi e della retribuzione del personale dirigente che qui più propriamente interessa è stata emanata la legge 2 ottobre 1997, n 334, che all art. 1 ha riconosciuto nei confronti dei dirigenti generali, a titolo di anticipazione sul futuro assetto retributivo da definire, per l appunto, in sede contrattuale, una indennità di posizione correlata alle funzioni 7

dirigenziali attribuite e pensionabile ai sensi dell art.13, comma 1, lett. a) d.lvo n.503/92. In questo quadro va a collocarsi il CCNL di categoria 5 aprile 2001 quadriennio 98-01 (pubblicato il 28.4.2001) che con riferimento alla retribuzione di posizione, fino allora considerata quale emolumento unitario CCNL 94-97, direttiva Presidente del Consiglio dei Ministri 1 luglio 1999 ha innovativamente individuato due distinte componenti: una parte fissa ascritta al trattamento fondamentale al pari dello stipendio e della RIA, una parte variabile ricompresa, così come la retribuzione di risultato, nel trattamento economico accessorio. Si sarebbe, pertanto, attuata ad avviso del consigliere istruttore la condizione per valutare in sede di trattamento di quiescenza la retribuzione di posizione variabile secondo disposto dall art.2, commi 9, 10 e 11, L.335/95. Esaminando, ora, più specificamente l insorto contrasto interpretativo che, giova ricordare, attiene alla individuazione della quota di pensione dove collocare la retribuzione di posizione di parte variabile, va rilevato che mentre l Amministrazione la individua nella quota A, in quanto riconosce - prescindendo dalla qualificazione formale ricevuta dall emolumento trattamento accessorio e variabile - alla retribuzione di posizione fissa e variabile la natura stipendiale e ritenendola altresì diretta emanazione della indennità di posizione di cui alla legge 334/97 pensionabile ai sensi dell art.13 comma 1, lett. a) d.l.vo n 503/92, il consigliere istruttore, di contro, ritiene che trattandosi di emolumento accessorio, il segmento variabile dello stesso non possa che essere valutato secondo la regola introdotta dall art.2, commi 9, 10 e 11 legge 8

335/95, diversamente, a quanto ritenuto per la parte fissa che ricompresa nel trattamento economico fondamentale, come è dato desumere dall art. 38, punti 3 e 4, del pertinente contratto, ha assorbito la indennità di posizione di cui alla legge n 334/97 citata assumendone correlativamente i relativi caratteri non escluso quello della pensionabilità in quota A. Al riguardo il collegio, esclusa la natura stipendiale della retribuzione di posizione ed esclusa altresì la pretesa derivazione dalla datata indennità di funzione prevista per gli allora primi dirigenti e dirigenti superiori dall art.47 del D.P.R. 30 giugno 1972, n 748, - come inoltre sostenuto dall Amministrazione facendo proprio l avviso dell INPDAP - osserva come l avvenuto frazionamento dell emolumento, originariamente ricompreso in quota A nella sua interezza, ancorché si ribadisce avente natura variabile ed accessoria, non possa determinare una differenziata collocazione ai fini di pensione in quota A e in quota B atteso che a ben considerare l innovazione introdotta dal pertinente contratto di categoria, nel disporre in ordine all emolumento, consiste nel rendere fissa una parte della retribuzione di posizione di importo uguale per tutti, impermeabile ai cambiamenti di incarico e costante anche in caso di assenza temporanea di funzioni, attraendola altresì nel trattamento economico fondamentale - art. 38, comma 3, CCNL - (cfr. memoria Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 23 febbraio 2004). La Sezione, inoltre, ritiene di non poter condividere l interpretazione cui è pervenuto il consigliere istruttore secondo cui l indennità di cui alla legge 334/97 sia stata assorbita esclusivamente dalla parte fissa della retribuzione di posizione mutuandone, essa sola, il requisito di 9

pensionabilità in quota A. Infatti da una attenta lettura del comma 4 dell art.38 avanti citato è dato ricavare che è il trattamento economico fondamentale in tutte le sue componenti che assorbe l indennità in discorso e non soltanto, quindi la suddetta parte fissa. Il collegio ritiene pertanto di non poter ragionevolmente escludere che il rapporto di derivazione con l indennità di cui alla legge n 334/97 si ponga con l intera retribuzione di posizione, nelle due componenti fissa e variabile, e che, conseguentemente, entrambe mutuino il requisito della pensionabilità in quota A. In proposito non va sottaciuto, peraltro, che anche la direttiva 1 luglio 1999, nel trattare della disciplina previdenziale - art.5 - per quel che concerne la retribuzione di posizione tiene conto della analoga previsione di cui all art.1, comma 1, della legge 2 ottobre 1997, n 334. Sul punto la Sezione ritiene conclusivamente che esattamente l Amm.ne abbia inserito nella quota A di pensione l importo della retribuzione di posizione, nelle due componenti fissa e variabile, alla quale però, per effetto della riconosciuta derivazione dall indennità di posizione di cui alla legge n 334/97 più volte citata, non potrà essere riferito l aumento del 18% ex art. 15 L.177/76 per le motivazioni rinvenibili nella delibera di questa Sezione n 101/99. Va infine posto in risalto che la soluzione cui è pervenuta la Sezione è perfettamente in linea con le argomentazioni cfr. documentazione richiamata in fatto svolte dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dalla Ragioneria Generale dello Stato nonché dall INPDAP nella sua qualità di ente gestore che a breve assumerà in proprio il compito 10

dell adozione dei provvedimenti liquidativi del trattamento pensionistico nei confronti dei dipendenti statali. Venendo ora al secondo motivo d illegittimità evidenziato dal Consigliere istruttore nella propria relazione di deferimento, consistente nel disposto assoggettamento dell importo della indennità integrativa speciale all aumento del 18% che l Amm.ne ritiene consentito atteso che il comma 4 dell art.38 del CCNL 5 aprile 2001 nel precisare che il trattamento economico fissato dal precedente comma assorbe l indicato emolumento non ha posto alcuna limitazione circa la computabilità o meno dell indennità stessa ai fini del predetto aumento percentuale, va previamente osservato che l ARAN stessa, con nota n 4482 del 10 giugno 2003, esclude che l avvenuto conglobamento dell indennità integrativa speciale nello stipendio tabellare comporti automaticamente l assoggettamento del relativo importo all aumento del 18% previsto dall art.15 L.177/76. Al riguardo osserva la Sezione che dalla lettura combinata dei commi 3 e 4 dell art.38 CCNL 5 aprile 2001 non è dato ricavare che l indennità integrativa speciale sia stata conglobata nello stipendio - la qualcosa avrebbe senz altro reso riferibile all emolumento l aumento del 18% - bensì nel trattamento economico fondamentale, indistintamente considerato. Tale circostanza ritenuta come sopra evidenziato sufficiente per escludere che l indennità di posizione sia confluita interamente nella parte fissa della retribuzione di posizione induce parimenti la Sezione ad escludere, conformemente a quanto sostenuto dal consigliere istruttore e dall ARAN, che l importo afferente all indennità integrativa speciale sia 11

assoggettabile all aumento del 18% ex lege 177/76. Tale avviso risulta, peraltro, conforme alla previsione contenuta nell art. 15 L. 23 dicembre 1994, n. 724, che nel disporre l assoggettamento alla ritenuta in conto entrate tesoro della quota di maggiorazione della base pensionabile (18%) esclude dagli emolumenti destinatari all assoggettamento stesso la indennità integrativa speciale, comma 1, pur in-serendola tra gli elementi retributivi da considerare per il calcolo della pensione, comma 3. Sotto tale ultimo aspetto pertanto il provvedimento all esame avendo fatto applicazione della maggiorazione del 18% ex art.15 legge n 177/76 sull importo afferente alla indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n 324, non appare conforme a legge P Q M rifiuta il visto e la conseguente registrazione al decreto in epigrafe IL RELATORE Adriano Bartolini IL PRESIDENTE Danilo Delfini Depositata in Segreteria il 24 marzo 2004. 12