INTRODUZIONE GENERALE SUL GIOCO

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INTRODUZIONE GENERALE SUL GIOCO Il termine gioco ha una gran varietà di significati lessicali: dall atto del giocare 1 e di quanto è necessario per giocare o per raggiungere un determinato scopo 2 ad azione o circostanza che implica rischio o incertezza 3 o ancora a scherzo, finzione, artificio 4 fino a quello di piccolo spazio compreso tra i pezzi di un congegno 5. Questo sta ad indicare la complessità dei fenomeni che sottintende. Al termine gioco in senso stretto possono essere ricondotte una vasta gamma di manifestazioni dell attività umana. Sono definiti giochi quelli sportivi delle antiche civiltà mediterranee (Olimpici, Pitici, ecc.), americane (palla e corse rituali presso gli Atzechi e i Maya) e orientali (lo yudo in Giappone), quelli cavallereschi e cortesi (giostre e tornei), popolari e di società (palla, bocce, birilli, ecc.), quelli di destrezza e i giochi infantili. Praticamente infinite sono le forme in cui si è manifestato e si manifesta l atteggiamento ludico dell uomo che, come sottolinea Huizinga, è fondamentale o almeno presente in molte forme dell attività umana (rito, culto, teatro, letteratura, arti figurative). Dall osservazione di tali forme ludiche e da un attenta valutazione di tutti gli aspetti che caratterizzano la realtà psichica umana e il contesto in cui essa si realizza, gli studiosi del problema (filosofi, sociologi, etnologi, psicologi e pedagogisti) sono giunti a soluzioni che differiscono nell interpretazione della 1 Rizzoli, Larousse: Enciclopedia universale, Rizzoli editore, Milano, 1964, Volume VII, pag. 157. 2 Rizzoli, Larousse: Enciclopedia universale, Rizzoli editore, Milano, 1964, Volume VII, pag. 157. 3 Rizzoli, Larousse: Enciclopedia universale, Rizzoli editore, Milano, 1964, Volume VII, pag. 157. 4 Rizzoli, Larousse: Enciclopedia universale, Rizzoli editore, Milano, 1964, Volume VII, pag. 157. 5 Rizzoli, Larousse: Enciclopedia universale, Rizzoli editore, Milano, 1964, Volume VII, pag. 157. 3

natura e delle funzioni del gioco ma concordano sulla definizione delle sue caratteristiche formali. Il gioco può essere definito un attività improduttiva, disinteressata e autotelica (con fine a se stessa) le cui caratteristiche peculiari sono: la libertà, l estraneità agli schemi della vita sociale, la convenzionalità, la casualità. Mi piace riportare la definizione che del gioco dà Huizinga: Un azione libera: conscia di non essere presa sul serio e situata al di fuori della vita consueta che non di meno può impossessarsi totalmente del giocatore; azione a cui in sé non è congiunto alcun interesse materiale, da cui non proviene vantaggio, che si compie entro un tempo ed uno spazio definiti di proposito, che si svolge secondo date regole, e suscita rapporti sociali che facilmente si circondano di mistero o accentuano mediante travestimento la loro diversità dal mondo solito 6. Attività improduttiva, disinteressata, dunque, il gioco non può avere altri fini che se stesso o non è tale afferma la professoressa Graziella Zini Bonavita nella prefazione a L ABC del gioco di J. Recla e R. Hirsch. E un fatto che nel corso della storia, quando diminuisce la capacità di giocare per essere presenti a se stessi con le pure sensazioni, in una sfera di godibile disinteresse (G. Montana) 7, allora l interesse tende a prevalere e le attività ludiche, assumendo svariate forme di incentivo, non sono più gioco, ne hanno solo l apparenza. Allora si gioca solo per il conseguimento della vittoria o di una posta messa in palio, cosa questa che tanto spesso accade al giorno d oggi soprattutto nel campo degli sports più comuni. Certamente l agonismo non è estraneo al gioco nelle sue manifestazioni storiche anche se i Greci usavano due vocaboli diversi paidià e agon per indicare con il primo i giochi e con il secondo le gare (da cui il termine agonismo), ma quando si gioca solo per il piacere di gareggiare e non si mira a 6 J. Huizinga: Homo ludens, traduzione di Corinna Von Schendel, Einaudi, Torino, 1973, pag. 17. 7 Dizionario Enciclopedico U.T.E.T., Volume IX, pag. 78. 4

vincere ad ogni costo, allora al piacere del gioco si aggiunge il piacere di gareggiare. Il gioco è un attività scelta liberamente. Questa caratteristica è magistralmente illustrata da Huizinga: Ogni gioco è soprattutto un atto libero. Il gioco comandato non è un gioco. Tutt al più può essere la riproduzione obbligata di un gioco 8. E vero che i bambini e gli animali giovani giocano perché il loro istinto lo comanda (il gioco serve allo sviluppo delle loro facoltà fisiche e selettive) ma in tal caso il gioco è libero perché essi ne provano diletto. Altra caratteristica del gioco è l estraneità agli schemi della vita sociale; è l allontanarsi è sempre Huizinga che parla dalla vita ordinaria o vera per entrare in una sfera temporanea di attività con finalità tutta propria e continua già il bambino sa perfettamente di fare solo per finta, di fare solo per scherzo 9. E ancora: Tale coscienza di giocare soltanto non esclude affatto che questo giocare soltanto non possa avvenire con la massima serietà, anzi con un abbandono che si fa estasi ed elimina nel modo più completo, per la durata dell azione, la qualifica soltanto 10. Questo si verifica soprattutto, come ha ben visto Huizinga, nel gioco infantile. Il bambino conferisce alla situazione ludica un grande valore emotivo per cui sperimenta la situazione ludica e la realtà come due situazioni parallele. Ancora Huizinga: Il bambino può essere dominato da una emozione tale da raggiungere lo stato di credere di essere senza perdere completamente la coscienza della realtà consueta 11. Ancora: il gioco è un attività regolata da norme convenzionali. 8 J. Huizinga: Homo ludens, traduzione di Corinna Von Schendel, Einaudi, Torino, 1973, pag. 10. 9 J. Huizinga: Homo ludens, traduzione di Corinna Von Schendel, Einaudi, Torino, 1973, pag. 11. 10 J. Huizinga: Homo ludens, traduzione di Corinna Von Schendel, Einaudi, Torino, 1973, pag. 12. 11 J. Huizinga: Homo ludens, traduzione di Corinna Von Schendel, Einaudi, Torino, 1973, pag. 18. 5

Tutti i giochi, anche quelli dei bambini che da soli giocano con semplici oggetti come una bambola o addirittura sassi o pezzi di legno, sono regolati da norme prestabilite sia pure in modo rudimentale. Nei giochi degli adulti viene rafforzata la struttura del gioco con lo stabilire norme più complesse e ciò per supplire, forse, alla parziale mancanza della capacità emotiva che caratterizza più marcatamente il gioco infantile. Tali norme sono obbligatorie e inconfutabili è sempre Huizinga che parla non appena si trasgrediscono le regole il mondo del gioco crolla. Non esiste più gioco. Il giocatore che si oppone alle regole o vi si sottrae è un guastafeste. Egli toglie al gioco l illusione, l inlusio (che corrisponde in realtà a l essere nel gioco) 12. Per completare il quadro delle caratteristiche del gioco vorrei fare un rapido riferimento alla casualità, meno evidente e non necessariamente presente nel gioco. Esiste una interrelazione tra casualità e norme del gioco poiché queste prevedono una svariata serie di eventi e situazioni rese possibili dal caso. E sorprendente costatare come le forme del gioco poco si differenziano nel corso dei secoli e presso le varie culture. L uomo, specialmente nel periodo dell infanzia e della giovinezza ma, in modi diversi, anche nell età adulta, sin dagli albori dell umanità avverte e obbedisce all insopprimibile bisogno di giocare. E universalmente accertato che il gioco è una delle più serie ed organiche esigenze della psiche umana 13 e che tutte le grandi attività originali della società umana sono già intessute di gioco 14. Possiamo ben dire che il gioco è connaturale all uomo. 12 J. Huizinga: Homo ludens, traduzione di Corinna Von Schendel, Einaudi, Torino, 1973, pag. 15. 13 J.M. Lotman: La struttura del testo poetico, a cura di Eridano Bazzarelli, U. Mursia editore S.p.A., Milano, 1972, pag. 79. 14 J. Huizinga: Homo ludens, traduzione di Corinna Von Schendel, Einaudi, Torino, 1973, pag. 7. 6

L uomo gioca solo quando è uomo nel pieno significato della parola ed è interamente uomo solo quando gioca ben dice il grande pedagogista Friedrich Schiller nelle Lettere sull educazione estetica (1795). In questa forma di attività umana, che per il fanciullo è la prima e l essenziale e si manifesta in ogni sua azione ed in ogni suo pensiero, si esercitano liberamente le sue energie sia fisiche che psichiche e si manifesta la sua creatività. E intanto egli si libera dalla sfera dell istintività e costruisce a tentoni, si può dire, la sua personalità. Ed è da questo suo inconsapevole lavorio di estrinsecazione della creatività e della personalità che deriva la soddisfazione piena e la gioia che egli prova giocando. E quindi perfettamente spiegabile che da quando è comparso sulla terra l uomo ha giocato. Appena si è fatto sentire il bisogno di porsi domande sull origine e sul significato della vita, col primo sviluppo della filosofia, il gioco è divenuto oggetto di interesse da parte dei filosofi. Già Platone lo identifica con il sacro ed esorta i suoi contemporanei a vivere giocando 15 per rendere propizi gli dei 16 e Aristotele lo paragona alla felicità ed alla virtù perché, come queste non ha altro scopo che se stesso. Tutta la pedagogia antica inoltre lo considera una scuola di equilibrio delle energie dell uomo e la pedagogia moderna lo riconosce indispensabile alla vita infantile perché lo sviluppo della personalità avvenga in maniera equilibrata. Ma è stato soprattutto nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo che tutte le scienze moderne, dall antropologia alla sociologia, alla storiografia si sono interessate particolarmente al problema per analizzare la natura e le funzioni del gioco. 15 J. Huizinga: Homo ludens, traduzione di Corinna Von Schendel, Einaudi, Torino, 1973, pag. 24. 16 J. Huizinga: Homo ludens, traduzione di Corinna Von Schendel, Einaudi, Torino, 1973, pag. 24. 7

Si sono così sviluppate diverse teorie (a volte contrastanti tra loro). Secondo alcuni il gioco avrebbe la funzione di scarica del superfluo di energie, mentre per altri è da considerare valida la teoria dell Atavismo. Quest ultima ritiene i giochi dei bambini un residuo di attività ataviche. Altre teorie vengono definite del pre esercizio e del post esercizio. La prima attribuisce al gioco la funzione di esercizio preparatorio alle future attività. Secondo il Groos 17 i bambini, come i cuccioli degli animali superiori, perfezionerebbero nel gioco dei comportamenti che esistono già in loro su base istintiva ma che non sono sufficientemente sviluppati per poter affrontare i compiti della vita adulta. La teoria del post esercizio, invece, attribuisce al gioco la funzione di perfezionare e strutturare schemi di comportamento cui già il bimbo è pervenuto. La verità è, secondo le più moderne concezioni, che il gioco assolve a tutte queste funzioni insieme, e ad altre ancora. Nel gioco il bambino si libera delle energie superflue e restaura il suo equilibrio fisiologico, assimila dati dal mondo esterno, esercita le sue capacità preparandosi così alle future attività, perfeziona schemi di comportamento già acquisiti, inoltre attraverso il comportamento a due piani 18, che sperimenta nel gioco, anticipa e controlla le situazioni potenzialmente pericolose a cui è esposto nella vita reale. 17 K. Groos, professore di filosofia all Università di Basilea, è rimasto affascinato dagli schemi di comportamento istintivi necessari alla lotta per l esistenza da parte dell animale e alla conservazione delle specie. Egli ha studiato la comparsa del gioco negli animali superiori ed ha avanzato l ipotesi che gli animali dotati di forme complesse di adattamento hanno bisogno di un periodo di gioco nell età giovanile per poter mettere in atto una varietà di comportamenti per i quali gli istinti ereditari possono essere non del tutto adeguati. L autorevole insegnante di filosofia espresse il suo pensiero in: K. Groos, The Play of Animals, traduzione in inglese di Elisabeth L. Baldwin, Heinemann, 1898, New York (prima edizione, 1896, Basilea). Il professor Groos estende, poi, all uomo la sua tesi secondo la quale il gioco non è altro che un periodo di pratica per successivi più seri comportamenti. Egli dimostra che i dispetti ed i giochi d amore sono forme ludiche di comportamenti istintivi adulti, ed indaga l origine e il fondamento del piacere che troviamo nel gioco: K. Groos, The Play of Man, traduzione in inglese di Elisabeth L. Baldwin, Heinemann, 1901, New York. 18 J.M. Lotman: La struttura del testo poetico, a cura di Eridano Bazzarelli, U. Mursia editore S.p.A., Milano, 1972, pag. 81-82. 8

Altra importantissima funzione del gioco sia infantile che degli adulti è quella sociale. Non indifferente è la parte che esso ha nella creazione di una coesione sociale basata su rapporti che non siano dipendenti da vincoli derivanti dalla funzione pratica dell individuo e perciò obbligati, ma siano spontanei, liberi, e volti alla formazione di nuovi legami e alla solidarietà del nuovo gruppo. Un ultima funzione ha il gioco soprattutto degli adulti (giacché per i bambini, come dicevamo, il gioco è presente in ogni loro atto): quella ricreativa, che spesso contiene anche un elemento costruttivo e creativo 19. Con il gioco l uomo reintegra le sue capacità lavorative (quindi si ricrea), si estranea dal mondo del lavoro e dimentica le sue ansie entrando in una sfera diversa in cui, a volte, si esercitano attitudini pratiche tanto che il gioco stesso può divenire lavoro. Il dilettante spesso produce il lavoro migliore, e spende le migliori energie nel suo hobby 20. Se riconosciamo al gioco queste funzioni positive non possiamo trascurare di prendere in esame gli aspetti negativi che può presentare quando manchi di un controllo oggettivo proprio perché le prime possano esplicarsi in tutta la loro pienezza e ottenere i maggiori risultati possibili. Così la accentuazione dell esercizio fisico, che in genere il gioco richiede, educa e dà equilibrio alle forze, ma può facilmente oltrepassare i limiti ed esasperarsi in forme di ebbrezza fisica; il controllo delle situazioni pericolose può portare facilmente all accentuazione esagerata di istinti pericolosi quali la sopraffazione e la violenza per cui spesso il gioco sfocia in liti violente. 19 Tylor, Boas, Lowie, Kroeber, Malinowski, Murdock, Linton, Bidney, Kluckhohn, Herskovits: Il concetto di cultura. I fondamenti teorici della scienza antropologica, a cura di Pietro Rossi, traduzione di Daniele Pianciola, Einaudi, Torino, 1970, pag. 186. 20 Tylor, Boas, Lowie, Kroeber, Malinowski, Murdock, Linton, Bidney, Kluckhohn, Herskovits: Il concetto di cultura. I fondamenti teorici della scienza antropologica, a cura di Pietro Rossi, traduzione di Daniele Pianciola, Einaudi, Torino, 1970, pag. 186. 9

E ancora l evasione dal mondo della vita quotidiana può far smarrire l attitudine necessaria al lavoro, distogliere la volontà da scopi concreti e portare all indifferenza verso il lavoro. Per evitare che il gioco dei ragazzi possa assumere tali caratteristiche negative è indispensabile perciò che sia ben guidato da un educatore che sappia indirizzare verso forme tipiche di gioco in cui sia importante il riconoscimento di valori ideali: l accettazione delle regole, la collaborazione reciproca, la sincerità, la gentilezza. Da quanto è stato esposto sulla natura, il significato e le funzioni del gioco, appare chiaro che esso non può essere considerato un attività a se stante, ma rientra nel complesso dei bisogni e delle attività della vita dell uomo nel suo evolversi dalle forme più proprie dell infanzia a quelle dell adulto. Un istruttore di gioco deve conoscere la tecnica e la didattica, che riguardano lo stesso gioco per armonizzarlo con tutte le altre attività educative e formative, che concorrono allo sviluppo della persona sia sul piano fisico sia su quello psichico. In questo modo potrà rendere la sua azione particolarmente efficace per la crescita del bambino e ottenere i migliori risultati possibili non solo in campo tecnico ma anche in quello umano e formativo in generale. Abbiamo fin qui parlato delle caratteristiche, della natura e delle funzioni altamente positive che il gioco, considerato genericamente, svolge nel processo di sviluppo dell uomo. In pratica, però, esso si presenta in forme concrete, che possono considerarsi il risultato naturale dello spontaneo esercizio delle energie fisiche e psichiche ognuna delle quali perfeziona qualche particolare funzione fisiologica o psicologica. A seguito di ciò sono state fatte diverse classificazioni dei giochi. Ci sono giochi sensoriali, che offrono il mezzo di esercitare la percezione e di imparare a conoscere il mondo esteriore; quelli motori o di movimento, che 10

contribuiscono a migliorare la conoscenza del proprio corpo e dell ambiente fisico e a perfezionarne il dominio; i giochi di immaginazione, che attraverso la finzione e l imitazione della vita reale esercitano le tendenze affettive; quelli intellettuali che, stimolando la curiosità, la comparazione, l associazione, la riflessione, il ragionamento, permettono una migliore risposta alle situazioni della vita reale; e ancora i giochi affettivi, quelli volitivi e di semplice imitazione. I giochi che interessano la nostra proposta sono i giochi tradizionali di movimento. Nel corso dei secoli alcune di queste forme concrete di gioco, soprattutto i giochi di movimento, sono andate via via cristallizzandosi con l introduzione in essi di una finalità particolare per mezzo del rischio, della gara e del premio. Tale processo di cristallizzazione è giunto al punto di far assumere loro un organismo autonomo, con leggi proprie rigide e standardizzate, che si tramanda per tradizione e, a volte, costituisce una vera e propria istituzione sociale. Così si è sviluppato lo sport. Esso (anche se il termine sport, di origine inglese, si è diffuso solo nell epoca moderna) è stato presente in tutte le manifestazioni delle civiltà, anche primitive, ma è stato soprattutto nell antica Grecia che ha raggiunto il suo pieno sviluppo e il più alto grado di perfezione. I giochi pubblici greci erano in stretto rapporto con la religione e con il culto e considerati come di istituzione divina. Quelli a carattere panellenico (gli Olimpici, i Pitici, gli Istmici, i Nemei) a cui partecipavano atleti provenienti da tutte le città della Grecia, servivano a testimoniare l origine comune di tutti gli stati greci; ed, infatti, proprio per questo, durante il loro svolgimento venivano sospese tutte le ostilità tra i vari stati. E questo profondo legame tra lo sport e la religione giustifica la parte importantissima che esso ebbe nella vita sociale dei Greci: il gioco costituì un 11

momento essenziale nell educazione alla bellezza, alla forza, al coraggio; fu considerato esercizio necessario alla preparazione militare. La coscienza sportiva propria della Grecia si andò affievolendo (anche per influsso del Cristianesimo, che rompeva l unità che era sentita prima tra corpo e spirito) nei secoli successivi. Alla fine del Medio Evo e all inizio del Rinascimento comincia a rinascere una certa concezione sportiva. Ma è solo nel secolo XIX che, in Inghilterra, si sviluppa, si caratterizza, si organizza e, di qui, si diffonde in tutto il mondo lo sport moderno. Questo (a differenza di quello greco, non è legato alla religione) è caratterizzato da tre elementi essenziali: 1) lo spirito ludico, per cui deve trattarsi di un attività scelta volontariamente per scopo di divertimento (lo sviluppo in senso professionistico, che sembrerebbe annullare questo spirito, non ne elimina la volontarietà, giacché nessuna struttura sociale costringe all attività sportiva); 2) l agonismo. Un gioco è uno sport nella sola misura in cui è animato dallo spirito agonistico afferma il Prof. Corrarello nei Momenti di storia dello Sport e dell Educazione Fisica ; 3) l attività formatrice, a cui, in moti casi, si può aggiungere un quarto elemento: l intenso sforzo fisico. 12