ROBERTO DAGANI INTRODUZIONE

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ROBERTO DAGANI INTRODUZIONE Nel mese di settembre del 1970 un giovane psicologo americano, Ken Dychtwald, entrando nello studio californiano del dottor John Pierrakos, famoso psicoterapeuta bioenergetico, si apprestava a vivere una delle esperienze più affascinanti e sorprendenti della sua vita. Il giovane psicologo viene invitato a starsene in piedi diritto e nudo davanti ad una eterogenea presenza di uomini e donne mentre il dottor Pierrakos esamina attentamente la qualità della sua muscolatura e la consistenza dei suoi tessuti cutanei, lo invita a camminare per la sala per qualche istante in modo da osservare il suo corpo in moto, è evidente il suo imbarazzo e la sua goffaggine, suda abbondantemente per l intensità della situazione. Dopo qualche istante di silenzio John Pierrakos comincia a parlare di Ken Dychtwald, di sua madre e di suo padre e dei rapporti con entrambi, descrive la sua mentalità generale verso la vita, l amore, le relazioni, descrive i principali punti di forza e di debolezza della sua personalità con straordinaria esattezza, tutte le osservazioni che il dottor Pierrakos formulò sullo psicologo Dychtwald, una persona mai conosciuta in precedenza, erano assolutamente esatte. A quei tempi il dottor Pierrakos, allievo di Wilhelm Reich, padre della bioenergetica, era il più apprezzato studioso e terapista delle dinamiche psico-corporee. L integrazione bio-energetica è una forma di psicoterapia che si occupa della salute e dell infermità emotiva dal punto di vista dell unità psicosomatica che ha dato un forte contributo alla comprensione clinica delle relazioni tra il carattere e la struttura fisica. La luminosità del viso, lo sguardo, il tono della voce esprimono i sentimenti di una persona e la caratterizzano così come la posizione delle spalle e della testa o una certa lentezza o fluidità di movimenti permettono il riconoscimento di una persona anche a distanza. I traumi fisici così come quelli di natura emotiva tendono ad irrigidire i tessuti muscolari del corpo e quando ciò avviene il corpo tende ad abbandonare lo stato di allineamento e di vitalità per 9

TRATTAMENTO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO passare ad una condizione di inflessibilità complessiva e di squilibrio strutturale. La ridotta motilità del corpo si manifesta con la spasticità o il blocco di porzioni muscolari facilmente apprezzabili alla palpazione. Se un individuo persiste nel mantenimento di uno schema d abitudine di origine posturale, traumatico o emotivo la disposizione muscolare si fissa determinando l accorciamento e l ispessimento di alcuni muscoli con il relativo consolidamento del tessuto connettivo fasciale di sostegno, il campo vitale a questo punto si è necessariamente ristretto, in quanto un individuo che non si muove liberamente, non respira liberamente e non sente liberamente non esprime liberamente se stesso, in sostanza riduce la vitalità del proprio corpo. Quando ciò avviene l atteggiamento fisico diventa invariabile e involontario e non può venire cambiato senza un presa di coscienza del proprio schema corporeo che deve essere accompagnata a dei trattamenti terapeutici che permettano al corpo di assumere una posizione più sana e integrata rispetto a se stesso e alla continua forza di gravità. I processi dinamici attraverso i quali la mente e il corpo interagiscono influenzandosi vicendevolmente sono tuttora ampiamente discussi e affrontati all interno di diverse filosofie e discipline terapeutiche, il terapeuta bioenergetico fa una diagnosi scrupolosa sulla condizione fisica e psicologica del suo paziente cercando di raggiungere una comprensione completa del modo in cui l individuo plasma la propria vita e se stesso, a diagnosi completata comincia a lavorare con il paziente con una serie di attività ed esercizi verbali, psicoemotivi e fisici con l intento di sbloccare le aree di tensione, rafforzare i punti di vitalità, ed incoraggiare le fonti dell evoluzione personale, eliminando il comportamento malsano. Ida Rolf, biochimica e fisiologa americana ha ideato un sistema di manipolazioni muscolari e di massaggi profondi al fine di liberare le tensioni muscoli e l addensamento del tessuto fasciale per permettere al corpo di assumere una postura meglio integrata. Sciogliendo i traumi cronici di tutta una vita e ristabilendo i flussi e gli equilibri naturali dell organismo il Rolfing o integrazione strutturale cerca di accrescere la salute e la vitalità, 10

ROBERTO DAGANI di alleviare lo stress e la tensione, e di incoraggiare l evoluzione e l apertura a tutti i livelli delle funzioni dell organismo. Poiché il lavoro di massaggio è profondo, spesso il paziente prova durante il processo un notevole senso di liberazione emotiva come se ogni parte del corpo immagazzinasse uno stato d animo ben preciso. L osteopatia è quella disciplina terapeutica che tenta di svelare le correlazioni tra i diversi sistemi, neurologico, biomeccanico, vascolare, immunitario, emozionale e psichico all interno di un unico sistema che è la persona che riconosciamo come individuo. Uno dei capisaldi su cui si poggia il metodo osteopatico è la scoperta da parte del dottor Sutherland, agli inizi del secolo scorso, dei ritmi cranio-sacrali influenzati dal movimento di respirazione primaria indotto dal liquido cefalo-rachidiano e come questi ritmi possono risultare alterati da un insulto fasciale, legamentoso o muscolare. Il metodo osteopatico si avvale di tecniche di approccio manuale per il ripristino omeostatico tra i diversi sistemi. L accreditamento nel mondo medico scientifico di queste tre discipline dalla visione unitaria del disturbo, visto come disallineamento dell omeostasi nella rete di relazioni che i diversi sistemi organici e apparati svolgono costantemente tra loro, ha posto in risalto la funzione di interconnessione del sistema fasciale e di potenziale facilitazione degli adattamenti meccanici, nervosi e psicofisiologici della terapia miofasciale. La pervasività del tessuto fasciale e la sua globalità funzionale, in un sistema socio-sanitario orientato verso la specializzazione settoriale nei diversi sistemi organici, sono sempre state trascurate relegando il tessuto connettivale fibroso a mera struttura di contenimento viscerale e muscolo-scheletrico. La terapia miofasciale racchiude in sé una grande varietà di tecniche correntemente utilizzate che spaziano dalla manipolazione dei tessuti molli all allungamento muscolare prolungato, la caratteristica di ogni trattamento miofasciale è il tentativo di rendere partecipe il soggetto, tramite la verbalizzazione, alle sensazioni palpatorie percepite dall operatore, per determinare la direzione, la forza e la durata dell allungamento e per facilitare il massimo rilassamento dei tessuti tesi o retratti. 11

TRATTAMENTO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO La maggiore presa di coscienza da parte delle persone circa una visione globale del concetto di benessere percepito come cura del corpo e di sè in un ottica di ottimizzazione delle funzioni nel quotidiano, implica una presa di responsabilità e un coinvolgimento in prima persona nel riconoscere e nell apprezzare le interazioni multifattoriali che in ultima analisi si esplicano nella disfunzione o nel sintomo doloroso. La persona che riconosce e che si fa carico dei processi e delle potenzialità che l organismo possiede, partecipa responsabilmente al mantenimento della propria salute e utilizza l operatore sanitario di medicina manuale quale partner in un processo di guarigione da una disfunzione. La ricerca dei motivi dell insorgere della patologia miotensiva, siano essi di natura psicologica o strettamente medica, non è di competenza dell autore e non se ne farà menzione nel testo, all interno del quale si focalizzerà l attenzione sulle tecniche di allungamento miofasciale a carattere globale quando si tratteranno gruppi di muscoli o catene muscolari che partecipano ad una comune azione, tecniche specifiche, sia globali che segmentarie su singoli muscoli e tecniche focalizzate al rilasciamento di singole unità miofasciali tramite la stimolazione dei punti trigger. L autore 12

ROBERTO DAGANI PARTE PRIMA CENNI DI ANATOMIA, FISIOLOGIA E PATOLOGIA MIOFASCIALE 13

TRATTAMENTO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO Capitolo I ANATOMIA STRUTTURALE E SINTOMATOLOGIA MIOFASCIALE 1.1 ANATOMIA DELLA FASCIA Il tessuto connettivo costituisce il 16% del corpo umano e immagazzina il 23% del contenuto totale di acqua, in campo riabilitativo è di fondamentale interesse occuparsi del tessuto connettivo ordinario che costituisce la fascia superficiale e quella profonda, queste si sviluppano su tre dimensioni in un area che va dalla testa ai piedi, la sua continuità è tale da formare un organo a sé stante con funzioni fisiologiche specifiche. Anatomicamente si struttura come una membrana di tessuto fibroso con funzioni di protezione di un organo o di un complesso organico. La fascia superficiale si dipana come una maglia sotto il tessuto cutaneo ricoprendo tutta la superficie esterna del corpo come un involucro, imbibita di linfa interstiziale svolge una funzione di nutrizione dell epitelio cutaneo, le espansioni profonde della fascia, o aponeurosi superficiale, variando di spessore e di densità, compartimentalizzano e separano gli organi viscerali così come divide in setti tutto il sistema contrattile muscolare. Questo insieme tessutale può essere considerato come meccanicamente collegato tale da influenzare tutte le funzioni fisiologiche dei diversi settori anatomici. La costituzione di base del tessuto connettivo fasciale, le cellule connettivali o blasti, sono identiche a quelle dei tendini, dei legamenti, delle cartilagini, dei muscoli e delle ossa, esse sono connesse tra loro grazie a prolungamenti protoplasmatici. Nella fattispecie le cellule del tessuto connettivo fibroso (fibroblasti) hanno la funzione di secernere due proteine costitutive: il collageno e l elastina (Disegno 1.1). 14

ROBERTO DAGANI Disegno 1.1 La costituzione di base del tessuto connettivo fasciale. L elastina è una proteina di lunga durata le cui fibre si dispongono a formare una rete a maglie più o meno larghe attraverso il tessuto, grazie alla sua struttura e alla sua conformazione, deformabile sotto l effetto della tensione, è sicuramente l elemento elastico del tessuto connettivo, il meccanismo di secrezione dell elastina è però tuttora sconosciuto. Il collageno per contro è una proteina di breve durata che si modifica per tutta la vita, le sue fibre si raggruppano in fasci, i fasci connettivali, i quali sono tenuti insieme da una sostanza mucoide di legame, è l elemento solido del tessuto, solo il decorso sinuoso delle fibre permette una certa elasticità strutturale. 15

TRATTAMENTO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO Il meccanismo di secrezione del collageno è fortemente influenzato dalla tensione alla quale è sottoposto il tessuto: se la tensione a cui è sottoposto è continua e prolungata le molecole di collageno si dispongono in serie, di conseguenza le fibre collagene e i fasci connettivi si allungano, se il tessuto è sottoposto a tensioni brevi ma ripetute le fibre si dispongono in parallelo, (Disegno 1.2) il tessuto si addensa, si compatta, diventa così più resistente alla trazione ma perde conseguentemente in elasticità non adempiendo più alla sua funzione meccanica; l addensamento progressivo può arrivare in ultima analisi all ossificazione del tessuto connettivo stesso, sicuramente l addensamento delle fibre collagene riduce il volume degli spazi lacunari e la circolazione dei liquidi interstiziali. Disegno 1.2 Disposizione schematica delle fibre collagene. A- Fibre collagene allungate ed elastiche B- Fibre collagene addensate e resistenti alla trazione Il liquido lacunare o linfa interstiziale occupa lo spazio tra le cellule connettivali, i fasci collageni e la rete di elastina, presiede a tutti i fenomeni di osmosi dei tessuti epiteliali adiacenti al tessuto connettivo: più i fasci collageni aumentano la densità più le costrizioni meccaniche aumentano perturbando di conseguenza i fenomeni vitali di nutrizione cellulare e di eliminazione dei cataboliti. 16

ROBERTO DAGANI LA STRUTTURA MIOFASCIALE L aponeurosi superficiale in virtù delle sue espansioni e dei suoi sdoppiamenti è il punto di partenza di tutte le aponeurosi muscolari. Il muscolo striato è circondato da un aponeurosi di avvolgimento a fibre trasversali (epimisio) al fine di contenere le tensioni di rigonfiamento e da un piano sottostante di fibre a decorso longitudinale che fungono da elemento elastico del muscolo, queste, sdoppiandosi formano delle paratie fibrose che frastagliano il muscolo in setti intramuscolari dividendo funzionalmente i fasci muscolari in: unità motorie fasiche, unità motorie toniche, unità motorie direzionali. Andando in profondità i fasci muscolari si distinguono in fasci primari (circondati da una pellicola fibrosa, il perimisio) i quali raggruppano dalle 20 alle 50 fibre, quattro o cinque fasci primari sono riuniti in una massa più importante, i fasci secondari. Questi diversi fasci, nel caso di un ventre muscolare voluminoso, non vanno da un estremità all altra del muscolo, ma sono disposti in fasci allungati, legati gli uni agli altri e separati da paratie congiuntive fibrose le quali a loro volta si raccordano ai tendini (Disegno 1.3). Disegno 1.3 La struttura miofasciale. 17

TRATTAMENTO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO All interno dei fasci primari le fibre muscolari striate sono unite da un sistema di guaine pellucide, l endomisio o sarcolemma, che separa ogni singola fibra la quale a sua volta raccoglie numerose fibrille parallele sede ultima dell unità funzionale del muscolo, i filamenti di actina e di miosina. Il tessuto connettivo fibroso che forma l aponeurosi superficiale e le aponeurosi muscolari è approssimativamente disposto su di un piano a formare una membrana, la disposizione delle fibre non ha un decorso lineare predominante, come nei tendini, che devono resistere a forze di trazione unidirezionali. Le fibre miofasciali hanno un decorso che le rende estensibili sui diversi piani per accomodarsi alle deformazioni in allungamento e in accorciamento delle masse muscolari. La contrazione del muscolo causa un allargamento del ventre muscolare determinando un temporaneo incremento delle tensioni fasciali a direzione trasversale, se un muscolo è ipertrofico da stress funzionale o ipertonico da stress nervoso la fascia si disporrà in addensamento fibroso per contrastare le continue sollecitazioni miotensive. L addensamento del tessuto collagene è una difesa del tessuto stesso che diventa così più resistente ma meno elastico: più si potenzia più si tende, più si tende più si addensa, è una spirale che in ultima analisi può portare alla calcificazione dei tessuti molli. LA SINTOMATOLOGIA MIOFASCIALE In letteratura le sindromi dolorose di origine muscolare sono state definite con una diversità terminologica che ha generato confusione e difficoltà nella sistematizzazione della materia. Tradizionalmente diagnosticate, nella fase acuta, come strappo, stiramento, elongazione, nell infiammazione cronica si sono utilizzati termini quali: miosite, fibromialgia, miofascite, miofibrosite interstiziale, attualmente la definizione della dottoressa Travell dolore miofasciale è quella più accreditata e universalmente riconosciuta. Il ricco corredo da parte delle aponeurosi muscolari di recettori nervosi sensitivi del Golgi sono in grado di segnalare e di trasmettere al sistema nervoso centrale le condizioni sfavorevoli di un muscolo o di una fascia ipertonica o stressata. Il sintomo doloroso che ne consegue viene spesso descritto come sordo 18

ROBERTO DAGANI persistente e profondo, l assenza di lesioni tessutali evidenti rende spesso difficile la localizzazione del danno miofasciale anche se la limitazione funzionale e la contrattura muscolare ne delimitano l area interessata. Le anomalie del passo, le deviazioni posturali, l asimmetria del corpo, i movimenti e gli atteggiamenti protettivi ed antalgici devono essere presi in considerazione nell esame obiettivo. La palpazione evoca spesso dolorabilità a distanza nella cosiddetta area bersaglio o zona di riferimento con una irradiazione del dolore che spesso non segue la regola dermatomerica o il decorso di un nervo. Se l origine del dolore miofasciale non viene trattato efficacemente nel breve termine altre unità miofasciali contigue potrebbero venire negativamente influenzate perdendo così la naturale distensibilità e riducendo di conseguenza la mobilità delle articolazioni associate. L INTEGRITÀ TENSIONALE Il tessuto connettivo ricopre il 70% dei tessuti del corpo, la visione di una enorme rete di avvolgimento che, pur restando solidale, si sdoppia più volte per andare ad avvolgere, grazie alle sue espansioni, sistemi organici differenti spiega bene il concetto di globalità funzionale: non esistono retrazioni isolate, limitazioni articolari localizzate o disfunzioni circoscritte, ogni trattamento di terapia manuale volto alla correzione della funzione lesa deve svolgersi su di un piano di globalità tenendo ben presente la nozione di continuità della fascia. Ogni correzione locale può verificarsi soltanto se tutti i compensi del corpo saranno stati resi impossibili; non esiste altra struttura anatomica capace di trasmettere una lesione anche a distanza provocando limitazioni funzionali che diventano interdipendenti e indissociabili tra loro. Concettualmente è possibile immaginare la fascia come un pallone elastico che contiene i vari organi e muscoli, quando il corpo è in una situazione di equilibrio il pallone elastico subisce una tensione uniformemente distribuita lungo le sue pareti, se però un area del pallone subisce una maggiore sollecitazione pressoria che tende ad espanderlo in quel punto necessariamente tutta la struttura elastica subisce una deformazione in direzione della maggiore sollecitazione, a questo punto gli organi e le strutture che possono comprimersi sosterranno le sollecita- 19

TRATTAMENTO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO zioni maggiori per compensare quelle strutture invece incomprimibili. Il risultato finale sarà comunque di equilibrio contro gravità ma l atteggiamento posturale sarà asimmetrico. Le cause che portano al deterioramento della relazione inversamente proporzionale lunghezza-tensione della fascia possono essere di origine meccanica, nervosa o psicologica, il compito della terapia chinesiologica è di esaltare le proprietà di aggiustamento che il tessuto connettivo fasciale possiede per favorire una equa distribuzione delle forze gravitazionali attraverso il corpo. L equilibrio verticale sia statico che dinamico dell organismo umano è dimostrabile solo se si considera la struttura scheletrica come un complesso di solide travi virtualmente inestensibili tenute insieme da uno scheletro fibroso elastico capace di contrastare le forze di compressione grazie a continui aggiustamenti tensionali posti in essere dal sistema nervoso centrale. CENNI STORICI DEL TRATTAMENTO MIOFASCIALE Il termine generico allungamento miofasciale è costantemente utilizzato da diverse figure professionali che si occupano di terapie manuali ognuna delle quali dà un interpretazione individuale al trattamento, questo può procurare una certa confusione. Un interpretazione puramente meccanicistica riconosce all allungamento miofasciale la facoltà di rompere le barriere tessutali di origine fibrotica e le retrazioni muscolari. La fascia, vista come insieme tessutale in cui tutto è connesso, tutto è in continuità come una unica entità funzionale è stata mirabilmente descritta dagli osteopati. Alla fine dell 800 Andrew Taylor Still, un medico americano, precursore della medicina osteopatica, si avvaleva di tecniche di terapia manuale sui tessuti molli concettualmente finalizzate all allungamento miofasciale con l obiettivo di restituire all organismo la simmetria funzionale; a suo tempo si utilizzava una terminologia del tipo impastamento dei tessuti molli, è solo agli inizi degli anni 40 che Janet Travell, dottoressa americana specializzata nella cura delle sindromi dolorose neuromuscolari, coniò per la prima volta il termine rilassamento miofasciale nella sua discussione sul trattamento delle sindromi dolorose somatiche 20

ROBERTO DAGANI grazie alla stimolazione dei punti Trigger. Negli anni 50 diverse riviste americane, specializzate nel comparto medico, pubblicarono articoli che descrivevano la presenza dei Trigger Points e il trattamento dei Myofascial Trigger Points avvalendosi dei concetti miofasciali descritti a suo tempo dalla letteratura osteopatica, così come si cominciò a dare una valenza medico-scientifica a diverse altre tecniche manipolative attualmente in uso come il Rolfing, il massaggio connettivale e le manipolazioni dei tessuti molli, tecniche, che ricalcano gli stessi modelli miofasciali a suo tempo studiati dalla dottoressa Travell. Dagli anni 60 e 70 la comunità medico-scientifica internazionale riconosce la terminologia Myofascial Trigger Points e il ruolo svolto dalla stimolazione dei punti Trigger nella risoluzione di diverse patologie dolorose in sede muscolo-scheletrica. Nel 1983 Travell e Simons pubblicano la prima edizione del famoso trattato Myofascial Pain and Dysfunction: the Trigger Point Manual. Attualmente i trattamenti miofasciali, così come tutte le diverse tecniche di mobilizzazione dei tessuti molli, sono in continua evoluzione ed affinamento grazie alle continue scoperte nel campo della neurologia applicata alla chinesiologia e alla fisiologia muscolare. INTRODUZIONE AL TRATTAMENTO MIOFASCIALE Il trattamento miofasciale è una tecnica di allungamento muscolare che prevede la partecipazione attiva da parte del paziente nel determinare la direzione, la durata e l intensità dell applicazione manuale del terapista, il quale riconosce che un muscolo non può essere isolatamente liberato da restrizioni fasciali se contemporaneamente non si liberano le strutture fasciali ad esso collegate. L approccio miofasciale non si effettua sul paziente, ma insieme al paziente il quale verrà istruito nella comprensione delle dinamiche che portano alla disfunzione che sta all origine del dolore o della limitazione funzionale, stimolando in ultima analisi l apprendimento di tecniche di autocorrezione. Il terapista deve essere abile a riconoscere e a valutare, attraverso il tocco, la mobilità dei tessuti molli per ricercare eventuali 21

TRATTAMENTO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO restrizioni che saranno opportunamente trattate al fine di migliorare l economia e l efficienza del gesto. Le sedute di trattamento non devono seguire un rigido protocollo terapeutico pianificato unilateralmente dal terapista ma si devono aggiustare in funzione alle risposte trasmesse dal corpo del paziente e dalle sensazioni verbalizzate dal paziente stesso, partecipando così attivamente alla conduzione del trattamento. Il compito al quale si deve istruire il paziente non è quello di stare passivamente disteso sul lettino, ma è quello di sentire e focalizzare razionalmente le sensazioni del suo corpo per dirigere la mano del terapista e assecondarne i movimenti. Quando paziente e terapista raggiungono un buon livello di conoscenza, fiducia e affiatamento è difficile, all interno di una sessione di trattamento, capire chi dirige e chi segue le manovre correttive. La terapia miofasciale non è finalizzata a ridisegnare l allineamento del corpo seguendo un modello predeterminato di equilibrio, ma accetta senza critiche l allineamento del corpo del paziente con tutti i suoi aggiustamenti; la priorità del trattamento miofasciale è di comprendere se le posture e gli aggiustamenti assunti dal corpo sono i più economici e appropriati per una buona mobilità articolare, o non siano il frutto di dolori o restrizioni che ne limitano i movimenti. Una tensione fasciale di base è fondamentale per il mantenimento in sede dell apparato muscolo-scheletrico e viscerale, l allungamento miofasciale si applica a quei tessuti la cui tensione è eccessiva e protratta nel tempo, requisiti questi sufficienti nell instaurare addensamento fibroso, retrazioni e conseguente perdita di fluidità nei movimenti. Un addensamento fibroso localizzato e circoscritto in una limitata porzione muscolare, che ne condiziona la fluidità, verrà trattato usando una specifica tecnica focalizzata nel cosiddetto punto trigger; l identificazione accurata di un punto trigger o punto grilletto è possibile quasi esclusivamente grazie alla sensibilità e all abilità del tocco del terapista dato che la diagnostica strumentale non è in grado di evidenziare nessuna particolarità istologica. Le tecniche di allungamento sportivo comunemente usate, tipo lo stretching attivo, sono efficaci nell incrementare l allungamento globale degli elementi contrattili del muscolo, ma il rivestimento fasciale può non essere coinvolto dalle sollecitazioni applica- 22

ROBERTO DAGANI te, specialmente se le posture vengono mantenute poco, se si effettuano piccoli rimbalzi o se la respirazione non è specifica; come un elastico vecchio la fascia si distenderà solo nei punti dove già possiede una buona capacità deformabile, ma le singole unità miofasciali retratte e congestionate rimarranno tali. La finalità del testo è di esporre le tecniche miofasciali più frequentemente utilizzate senza approfondire minuziosamente le inserzioni e le azioni motorie di ogni unità miofasciale, solo occasionalmente una breve descrizione anatomica dell area trattata verrà illustrata per dimostrare i rapporti di relazione tra la fascia e i tessuti molli ad essa collegati. PROCESSO DI CAMBIAMENTO CONSAPEVOLE Il processo attraverso il quale il corpo assume un allineamento posturale meglio integrato in rapporto alla gravità richiede una presa di coscienza da parte del paziente del proprio schema corporeo che passa attraverso il riconoscimento delle tensioni muscolari che condizionano gli equilibri articolari; la verbalizzazione e il feedback tra paziente e terapista sono ingredienti indispensabili per raggiungere una buona rappresentazione mentale che faccia dell immagine del corpo e delle sensazioni ad esso collegate un modello cosciente. Questo lavoro di discriminazione percettiva permetterà al corpo di non assumere uno schema irrigidito all interno di un certo numero di atteggiamenti e di strutture efficaci solo perché abituali, ma apre un ventaglio di possibilità per nuove strutturazioni posturali suscettibili di accomodamenti multipli. E innegabile che il trattamento miofasciale nelle sedute iniziali mette in disordine l omeostasi del paziente in quanto trasmette al sistema nervoso centrale, attraverso i corpuscoli del Golgi situati nei tendini e nelle aponeurosi e i fusi neuromuscolari posti nelle fibre dei ventri muscolari, delle informazioni chinestesiche che possono risultare poco familiari. Il lavoro svolto sulle fascie è anche un lavoro di rieducazione neuromuscolare che ha come obiettivo l'accettazione e il mantenimento di una postura più efficiente. La legge di Facilitazione Neuromuscolare afferma che quando 23

TRATTAMENTO MIOFASCIALE PER LO SPORTIVO una informazione nervosa passa attraverso un set di neuroni escludendone altri in seguito tenderà a percorrere la stessa via; la ripetitività, nelle sedute successive, degli stimoli indotti dal terapista hanno la funzione, in accordo con tale enunciato, di rinforzare la percezione e la risposta del paziente che gradualmente diventerà abile nel riconoscere e nel focalizzare l attenzione sulle proprie rigidità. Le teorie sull apprendimento motorio svelano che il modo più veloce ed efficace per affinare un gesto è di prenderne coscienza con uno sforzo introspettivo, lo scambio continuo di informazioni tra paziente e terapista sulle sensazioni percepite durante il trattamento ha questa finalità. Mentre la forza di trazione esercitata dal terapista sui tessuti del paziente si esprimerà gradualmente, per evitare l instaurarsi del processo di stretch-reflex, le pressioni sui punti trigger si eserciteranno con una certa intensità per inibire i micro-spasmi muscolari responsabili della tensione eccessiva del muscolo. In particolari circostanze è necessario portare il muscolo ad un basso stato miotensivo prima di utilizzare le tecniche dolci di allungamento. 24