REGISTRO REGIONALE DELLE RISORSE GENETICHE AUTOCTONE SEZIONE VEGETALI. Melo Ruzza SCHEDA IDENTIFICATIVA

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REGISTRO REGIONALE DELLE RISORSE GENETICHE AUTOCTONE SEZIONE VEGETALI Melo Ruzza SCHEDA IDENTIFICATIVA Numero Iscrizione: 19 Famiglia: Rosaceae Genere: Malus Miller Specie: domestica Borkh. Nome comune della varietà: Melo Ruzza Significato del nome comune della varietà Legato alla caratteristica dei frutti di avere la buccia interamente (o quasi) ricoperta da rugginosità. Sinonimi accertati (indicare per ciascun sinonimo l area in cui e utilizzato): Roggia, Ruggine Denominazione(i) dialettale(i) locale(i) Dialetto(i) del(i) nome locale(i) Significato(i) del(i) nome(i) dialettale(i) locale Rischio di erosione (come da regolamento attuativo) Elevato Area tradizionale di diffusione Questa varietà è diffusa in diverse parti dell Umbria. A Città di Castello come anche nei Comuni di Foligno e Cascia, quasi sempre con esemplari isolati e sparsi. Luogo di conservazione ex situ Campo collezione presso 3A-PTA a Todi (PG) Campo collezione Fondazione per l Istruzione Agraria, Deruta (PG) Fondazione Archeologia Arborea, Città di Castello (PG) Data iscrizione al Registro Ultimo aggiornamento scheda 15/12/2014 16/02/2016 Ambito locale Regione Umbria Modica quantità 10 gemme

Conservazione ex situ - Banca del germoplasma in vitro 3A-PTA, Pantalla di Todi - Campo collezione 3A-PTA, Pantalla di Todi - Campo collezione Fondazione per l Istruzione Agraria, Casalina di Deruta - Fondazione Archeologia Arborea, Città di Castello Cenni storici, origine, diffusione Si tratta di una varietà diffusa nel Centro Italia, in particolare in Toscana, ma anche nelle Marche e in Abruzzo. Il termine ruzza non compare infatti nei dizionari se non associato a specifiche valenze semantiche. Nel suo significato primo e nella sua forma sostantivata la voce ruzza è da intendersi quale sinonimo di ruggine. In gergo agronomico è poi utilizzata per indicare tutta una serie di fitopatologie, provocate da funghi parassiti, che si manifestano con la comparsa sulla pianta di macchie rossastre [Rizzoli- Larousse, Enciclopedia Universale, vol. XIII; Bosco U., Lessico Universale Italiano di Lingua, Lettere, Arti, Scienza e Tecnica, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma, 1968: 460]. Entrambe le voci derivano dal latino aerugo-aeruginis (verderame) e da aes-aeris (rame) per passare al volgare (ae)rugia(m) ruggia-ruzza, aerugine(m), giungendo poi alla prevalente funzione aggettivale cui si ricorre per indicare una specifica colorazione: ruggine, appunto, associata a svariati manufatti oppure alla buccia di alcune specie fruttifere (mele, pere con la buccia color ruggine). Tale consuetudine linguistica è più limitata rispetto all uso della voce sinonima Roggio/a: «che ha colorazione rossa o rossastra, rosso scura, mattone o ruggine [ ] In particolare che ha la buccia color ruggine (una varietà di mele e di pere)» [Battaglia S., Grande Dizionario della Lingua Italiana, Unione tipografico-editrice Torinese, Torino, 2000]. Questo sinonimo pare sia da ritenersi più adeguato e compare con maggiore frequenza nei testi linguistici, laddove se ne specifica l identificazione con i suddetti frutti. In base alle diverse fonti analizzate è possibile ipotizzare una prevalenza della versione ruzza per ruggine circoscritta alle regioni Centro-meridionali, in particolare Marche, Umbria e Lazio; mentre al Settentrione ed in Toscana sembrerebbe prevalere la più consona forma roggia, quasi esclusivamente utilizzata nelle classificazioni e descrizioni dei botanici, dove scarsi sono i riferimenti associati all attributo ruzza. Nello specifico del contesto umbro, il termine ruzza è tra le voci tradotte nel dizionario del dialetto folignate di Bruschi, dove si precisa: «ruzza [area] sf 1) irrequietezza, 2) ruggine, 2) varietà di mela» [Bruschi R., Vocabolario del dialetto del territorio di Foligno, Università degli Studi di Perugia (Istituto di Filologia Romanza), Perugia, 1980: 327]. Ad ogni modo, in Umbria è altrettanto diffuso il termine roggia, come dimostrano gli studi effettuati negli archivi della famiglia Bufalini di San Giustino, dove nel 1750 si registra: «le mele nell anno passato furono quatro e più some e io hebbi solamente una

soma di mele e anche un canestro di mele roggie» [Dalla Ragione I., Tenendo innanzi frutta, Petruzzi Editore, Città di Castello, 2009: 130; Mercati E., Giangamboni L. (cur.), L'archivio e la biblioteca della famiglia Bufalini di San Giustino. Inventario e catalogo con ristampa aggiornata e integrata dell'inventario di Giustiniano Degli Azzi Vitelleschi, Soprintendenza archivistica per l'umbria, Perugia, 2001]. Nelle sue pomologie, Domenico Tamaro osserva come le mele ruggine siano un gruppo molto eterogeneo di varietà, accomunate soprattutto dalla caratteristica rugginosità della buccia. Queste formano la famiglia delle Renette ruggini o grigie, contraddistinta da forma piatta, arrotondata, grandezza media, buccia rugginosa, polpa croccante e compatta [Tamaro D., Trattato di frutticoltura. Hoepli, Milano, 1915; Tamaro D., Frutta di grande reddito: pero, melo, pesco, ciliegio, susino e albicocco, Hoepli, Milano,1935]. Anche il Gallesio aveva sottolineato l esistenza nel nostro Paese di un «infinità di mele ruggini», ricordando in separata sede che «i pomologi danno il nome di Renetta a molte razze che la somigliano per la natura della polpa e per il gusto, ma che ne diversificano molto nelle forme e nel colore. Così si conta in questa classe la Renetta grigia, la Renetta d Inghilterra, la Renetta del Canadà, e diverse altre» [Gallesio G., Pomona Italiana ossia Trattato degli alberi fruttiferi, Pisa 1817-1839: 21-31]. Da un punto di vista storico, una delle primissime immagini relative alla mela ruggine è rintracciabile nell Iconografia Plantarum di Ulisse Aldrovandi (1522-1605), dove sono raffigurate due tipologie ascrivibili a questa varietà: «Malum ferrugineum, Mele ruginente vulgo n. 7» e «Malum aeruginosum n. 3» [Adrovandi U., Iconographia Plantarum, Biblioteca Universitaria Bologna, Bologna: C. IV, 209; C. VI, 3]. Questo permette di documentare la presenza nelle campagne italiane di varietà appartenenti al vasto gruppo delle mele rugginose, almeno dal XVI secolo. Una descrizione che permette di ricavare qualche ragguaglio descrittivo, utile all individuazione delle diverse cultivar, è fornita dell agronomo bresciano Agostino Gallo (1499-1570) che nel 1540 scriveva: «vi sono similmente due sorti di pomi rugginenti, ma sono in maggiore reputazione i garbi, che i dolci, percioché sì come i dolci sono buoni da mangiare poco più del Natale, per essere da poi passi e divenuti piccioli, così i garbi comincian d allhora esser perfetti & durano più mesi. Et oltra che sono più grossi, più sodi & più saporiti dei dolci, sono ancora molto buoni per fare composta di ogni tempo» [Gallo A., Le vinti giornate dell agricultura e de piaceri della villa, appresso eredi Bevilacqua, Torino, 1540: giornata V, 108]. Peraltro, la succinta caratterizzazione offertaci dalle dissertazioni del Gallo rappresenta una delle rarissime descrizioni riguardanti la varietà presenti nella trattatistica botanica dei secoli XVI-XVII che, in genere, si limita ad elencare le diverse cultivar, aggiungendo solo sporadicamente qualche stringata notazione. Un altro esempio, tratto dalle opere del noto scrittore italiano Giovanni Papini (1881-1956), attesta indirettamente la quotidianità delle mele roggie alla mensa delle famiglie toscane a tutto il XIX secolo ed oltre: «sulla tavola c era un paniere colmo di mele roggie scure e un fiasco di vino bianco» [Papini G., Io, Papini. Antologia a cura di Carlo Bo, Valecchi Editore, Firenze, 1967]. E evidente la difficoltà storicamente incontrata dagli stessi pomologi nel districarsi tra le innumerevoli cultivar di mele rugginose, abbondantemente presenti sia al Centro come al Nord d Italia: «paesi che ricchissimi sono però di mele Rugini di molte varietà, altre dolci altre gorbe e quasi tutte di polpa fina e gustosa» [Gallesio, I giornali dei viaggi, Accademia dei Georgofili, Firenze, 1995: 256]. Sempre il Gallesio riporta per la Toscana la presenza di «una delle migliori e la più bella fra le infinite varietà di Mele Ruggini, che coltiva l Italia». Si tratta della Mela Borda o Ruggine Toscana: «La Mela Borda pare esclusiva alla Toscana. Essa cuopre le botteghe dei fruttivendoli per tutto l inverno, non solo in Firenze ed in Pisa, ma in quasi tutto il paese che resta fra la Magra e il Tevere. Ne ho vedute ancora in Roma, ma non ne ho più trovate in Napoli, né mi è riescito di averne contezza dai dilettanti di frutti di quella Capitale. La Lombardia, che è il paese delle Mele, non conta la Borda fra le sue varietà, siccome non si trova nello Stato Veneto, nel Milanese, e nel Piemonte. Questi paesi hanno un infinità di Mele Ruggini, che somigliano all esteriore alla Borda, e che le avvicinano nella natura della polpa; ma nessuna ha le macchie di rosso di melagrano, che distingue la sua buccia, e poche hanno il suo sapore» [Gallesio G., Pomona Italiana ossia Trattato degli alberi fruttiferi, Pisa 1817-

1839: 29-31]. Tornando al contesto regionale umbro, sebbene non siano stati trovati riferimenti nella letteratura agronomica, la presenza di questa varietà sul territorio umbro è documentata da almeno cento anni sia grazie a riferimenti etnografici sia per la presenza di esemplari antichi. Zona tipica di produzione e ambito locale in cui è consentito lo scambio di materiale di propagazione Questa varietà è diffusa in diverse parti dell Umbria senza poter individuare, ad oggi, un areale circoscritto. Esemplari sono diffusi a Città di Castello come anche nei Comuni di Foligno e Cascia. Descrizione morfologica (Eseguita sugli esemplari conservati nei campi collezione) ALBERO: Albero di media vigoria con portamento assurgente e debole ramificazione. RAMI: I rami hanno internodi spessi di media lunghezza. La porzione distale presenta una tomentosità diffusa ed hanno colore marrone rossastro di tonalità scura nel lato esposto al sole. FIORI: Sono riuniti in corimbi di 6 fiori ciascuno. La corolla ha un diametro medio (42 mm) ed i petali hanno forma ellittica arrotondata. Allo stadio di bottone fiorale il colore predominante è il rosa medio. A fiore in piena antesi i petali risultano tra loro solo in parte sovrapposti. Lo stigma si trova al di sopra delle antere. FOGLIE: Di colore verde scuro. Il lembo è lungo in media 77 mm e largo mm 51, di piccole dimensioni (40 cm2) e forma ellittico allargata. Il margine è bicrenato, mentre la pagina inferiore presenta una media tomentosità. Il picciolo è lungo in media 26 mm, presenta le stipole ed una colorazione antocianica alla base di estensione medio piccola. Le foglie delle lamburde sono di dimensioni pressoché simili (lunghezza 75 mm, larghezza 41 mm, superficie 31 cm2) ma rispetto alle altre hanno forma ellittico allungata; il picciolo è lungo 25 mm, con estensione medio piccola della colorazione antocianica ed è privo di stipole. FRUTTI: I frutti, di piccola pezzatura (76 g), sono di forma obloide con leggera asimmetria in sezione longitudinale (altezza 42 mm, diametro massimo 57 mm). Non presentano costolatura, ma un forte coronamento alla sommità del calice. La cavità peduncolare è stretta (19 mm) e poco profonda (6 mm), mentre quella calicina è di media ampiezza (19 mm) e profonda (6 mm). Il peduncolo risulta essere corto e spesso (8 e 3 mm rispettivamente). La buccia è ruvida, priva di pruina e di cera. Il colore di fondo è giallo, con area relativa del sovracolore molto piccola, di colore rosso rosato distribuito in modo uniforme. La polpa è di colore bianco, dura e di media succulenza. Caratteristica propria di questa varietà, da cui deriva il nome, è la presenza di una ruggine che ricopre generalmente la quasi totalità del frutto, mascherandone la colorazione sottostante. Le logge carpellari sono chiuse e portano semi di forma ovata. Caratteristiche agronomiche La fioritura avviene nel mese di aprile con il picco intorno alla terza decade del mese. La maturazione di raccolta avviene intorno alla seconda-terza decade del mese di ottobre. Il frutto si conserva in buone condizioni fino alla primavera successiva. Le piante in osservazione non hanno manifestato particolari sensibilità a fitopatie di rilievo. Caratteristiche tecnologiche e organolettiche CARATTERI DELLA POLPA (Analisi eseguite nel 2011) ZUCCHERI TOTALI (%) 4,66 COMPOSIZIONE IN ACIDI (mg/100gr) Ac. Malico:109 Ac. Ascorbico:1,8 POLIFENOLI TOTALI (mg/kg) 2475 COMPOSIZIONE FENOLICA (mg/kg) Ac.Clorgenico:452 Catechina:194 Epicatechina:1059 Quercetin-3-O-

rutinoside (e suoi derivati):119 (163) Floretina (e suoi derivati): 287 (200) Utilizzazione gastronomica Varietà da consumo fresco, caratterizzata da discreta conservabilità post raccolta sia in fruttaio sia in frigorifero. Bibliografia di riferimento AA.VV. La biodiversità di interesse agrario della Regione Umbria. Specie Arboree da frutto. Volume 1. Edizioni 3A-PTA, 2012. AA. VV. La biodiversità agraria nelle Marche. Il Repertorio Regionale L.R. 12/2003. 2013. Dalla Ragione I., Dalla Ragione L. Archeologia Arborea. Diario di due cercatori di piante. Ali&No Editrice. Perugia, 2006. Dalla Ragione I. Tenendo innanzi frutta. Petruzzi Editore, 2009. Gallesio G., I giornali dei viaggi, Accademia dei Georgofili, Firenze, 1995: 256. Gallesio G., Pomona Italiana ossia Trattato degli alberi fruttiferi, Pisa 1817-1839: 29-31.