COLLEGIO DI MILANO composto dai signori: (MI) GAMBARO (MI) LUCCHINI GUASTALLA (MI) SANGIOVANNI Presidente Membro designato dalla Banca d'italia Membro designato dalla Banca d'italia (MI) SPENNACCHIO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari (MI) VELLUZZI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti Relatore (MI) SANGIOVANNI Nella seduta del 03/12/2013 dopo aver esaminato: - il ricorso e la documentazione allegata - le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica FATTO Il ricorrente riferisce che: - il 15 dicembre 2012 ha subito il furto della carta di credito, il cui codice Pin non era in nessun modo contenuto nel portafoglio sottrattogli; - si è reso conto del furto grazie agli SMS pervenuti a raffica e ha dunque immediatamente bloccato la carta, circa 45 minuti dopo il furto; - il servizio sms alert sulle operazioni con carta di credito era stato da lui precedentemente attivato; - sono state tentate 8 operazioni fraudolente, di cui 2 andate a buon fine: un prelievo di 500 presso uno sportello automatico e un pagamento di 64 presso un esercizio commerciale; - ha fatto denuncia alla Polizia e si è quindi recato presso l intermediario convenuto, consegnando i moduli di contestazione degli addebiti relativi alle due operazioni fraudolente, unitamente alla denuncia; nell occasione, ha dichiarato formalmente che il codice della carta di credito non era custodito con la stessa; Pag. 2/6
- l intermediario, dopo aver inizialmente preannunciato che avrebbe restituito le somme illecitamente sottratte, ha successivamente comunicato via e-mail che non avrebbe rimborsato perché le operazioni fraudolente risultano avvenute con la digitazione del pin senza errori ; sarebbe stata quindi ipotizzata negligenza nell uso del pin da parte sua; - che non ha mai utilizzato la carta di credito per prelievo di contanti o comunque con l uso del codice; - che la carta aveva unicamente la funzione di carta di credito e non di bancomat e che gli risulta inspiegabile come nel pagamento dei 64 euro presso un esercizio commerciale possa essere stato richiesto il pin e non la ordinaria firma sullo scontrino. Dalla denuncia si rileva che il ricorrente si è avveduto del furto intorno alle ore 17,40, in relazione alla ricezione di un sms che informava di un tentativo di prelievo con la carta di credito, non andato a buon fine. Accertava pertanto che il suo portafoglio, contenente, oltre alla cennata carta di credito, anche una tessera bancomat emessa dallo stesso intermediario resistente, era stato asportato dal marsupio, probabilmente durante un tragitto a bordo di un tram. Riusciva a bloccare le carte bancarie verso le ore 18,05. Successivamente riceveva sul telefonino altri sms di operazioni con la suddetta carta di credito, due andate a buon fine (alle ore 17,29 e alle ore 18,00), mentre altre non autorizzate. L intermediario fornisce la propria ricostruzione della vicenda, emersa dalle verifiche effettuate: - con nota del 17 dicembre 2012 il ricorrente contestava asseriti addebiti fraudolenti a valere sulla propria carta di credito per un valore complessivo di 564,00, in seguito al furto della stessa occorso in data 15/12/2012; - la banca conduceva un indagine finalizzata alla ricostruzione dei movimenti effettuati con la predetta carta di credito, dalle quali è emerso che: 1. la prima transazione contestata, di importo pari a 500,00 euro, è relativa ad un prelevamento presso uno sportello, per il quale non si rilevano tentativi non andati a buon fine (cioè effettuati con codici pin non esatti) ; quindi sarebbe inequivocabile come la prima transazione presso lo sportello ATM sia avvenuta senza errori nella digitazione del pin. Da tale premessa l intermediario fa discendere la conseguenza che è ragionevolmente asseribile una cattiva custodia del Pin in quanto è stato facilmente acquisito dall autore dell illecita operazione denunciata. Il ricorrente si sarebbe pertanto reso inadempiente agli obblighi fissati dagli artt. 2 e 13 delle condizioni generali della carta in questione; 2. sono presenti 4 tentativi di prelievo successivi al primo di importo pari a 500, 200, 100 e 150 sempre presso sportelli ATM, i quali sono stati negati per insufficienza fondi e non per errore di digitazione del pin ; 3. la seconda transazione contestata (di importo pari a 64 euro, effettuata presso un esercizio commerciale), diversamente da quanto in precedenza comunicato, è avvenuta mediante lettura del chip ma senza digitazione del pin. Il ricorrente chiede la corresponsione della somma di 564,00, sottratti in operazioni fraudolente a seguito di furto della carta di credito. La convenuta chiede di rigettare il ricorso in oggetto. Pag. 3/6
DIRITTO Il d.lgs. n. 11/2010 disciplina i diritti e gli obblighi che fanno capo alle parti nella concessione e nell utilizzo degli strumenti di pagamento e, in particolare, regola la tematica dell autorizzazione delle operazioni di pagamento (artt. 5-14 d.lgs. n. 11/2010). L impianto normativo si fonda sul consenso del pagatore, che è un elemento necessario per la corretta esecuzione di un operazione di pagamento. In assenza del consenso, un operazione di pagamento non può considerarsi autorizzata (art. 5 comma 1 d.lgs. n. 11/2010). Nel caso di specie il ricorrente nega che vi sia stato tale consenso, essendo le operazioni state poste in essere da ignoti che hanno utilizzato la tessera illecitamente sottratta. Il testo normativo identifica peraltro alcuni obblighi che fanno capo all utilizzatore dello strumento di pagamento (art. 7 d.lgs. n. 11/2010). In primo luogo la legge stabilisce che l utilizzatore deve utilizzare lo strumento di pagamento in conformità con i termini, esplicitati nel contratto quadro, che ne regolano l uso (art. 7 comma 1 lett. a d.lgs. n. 11/2010). Con riferimento a questo requisito legislativo, nella documentazione in atti sono rinvenibili parti di un testo contrattuale (condizioni generali) siglato solo da una parte. Non è dato ricostruire con certezza se si tratti della sottoscrizione del ricorrente oppure del funzionario di banca. In assenza di condizioni contrattuali debitamente sottoscritte da ambedue le parti (per tacere del fatto che il contratto dovrebbe contenere un richiamo alle condizioni generali, contratto di cui non si rinviene copia), questo Collegio non è in condizioni di procedere a valutare se il ricorrente abbia utilizzato lo strumento di pagamento in difformità dai termini esplicitati nel contratto quadro. In secondo luogo la legge stabilisce che l utilizzatore deve comunicare senza indugio, secondo le modalità previste nel contratto quadro, al prestatore di servizi di pagamento lo smarrimento, il furto, l appropriazione indebita o l uso non autorizzato dello strumento non appena ne viene a conoscenza (art. 7 comma 1 lett. b d.lgs. n. 11/2010). Con riferimento a questa prescrizione legislativa, si evidenzia la seguente tempistica: il furto della tessera è avvenuto in data 15 dicembre 2012 a un ora che non può essere determinata con certezza, ma che sulla base delle indicazioni in atti può verosimilmente essere ricondotta alle 17.20 circa; le due operazioni contestate sono state compiute, rispettivamente, alle 17.29 e alle 18.00; il titolare della carta si è accorto del furto intorno alle 17.40 (grazie a un sms di allerta); nei minuti successivi contattava la banca al fine di operare il blocco della carta, blocco avvenuto alle ore 18.05. A queste condizioni la comunicazione può reputarsi tempestiva: la prima operazione è stata compiuta prima che il ricorrente si avvedesse del furto; la seconda operazione è avvenuta quando il ricorrente si era già avveduto della sottrazione della tessera (e prima del blocco), ma va tenuto in conto che occorre un certo tempo tecnico per comunicare alla banca l avvenuta sottrazione. Questo Collegio ritiene che non possa addebitarsi una colpa al ricorrente consistente in un ritardo nella comunicazione, considerando anche che la banca in forza del sistema di allerta mediante SMS doveva essere consapevole del numero inusuale di operazioni richieste con la tessera in un breve lasso di tempo, e se del caso avrebbe potuto bloccare automaticamente la tessera avvalendosi dei suoi sistemi informatici. Pag. 4/6
In terzo luogo la legge prevede che l utilizzatore, non appena riceve uno strumento di pagamento, adotta le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che ne consentono l utilizzo (art. 7 comma 2 d.lgs. n. 11/2010). Secondo la resistente, il cliente non avrebbe custodito adeguatamente il PIN, altrimenti i malfattori non avrebbero potuto prima sottrarre e poi usare la tessera. Sulla base della documentazione in atti non può tuttavia affermarsi che la ricorrente abbia omesso con colpa grave misure idonee a garantire la sicurezza. Per quanto riguarda la tessera, gli autori del furto paiono avere sottratto la tessera con destrezza durante un viaggio in tram. Per quanto riguarda l obbligo di custodia del PIN, l Arbitro Bancario Finanziario ha più volte affermato come dal mero uso del codice PIN a opera di terzi non si possa ricavare automaticamente la conclusione che il cliente abbia omesso di custodirlo con colpa grave. Avuto poi riguardo alla seconda operazione, consistente in un acquisto in un esercizio commerciale, il PIN non era necessario e semmai può in ipotesi essere mosso un addebito di colpa all esercente, per non avere controllato adeguatamente l identità dell acquirente. Di tale eventuale colpa non può tuttavia essere chiamato a rispondere l odierno ricorrente, anche in considerazione della circostanza che non è stata prodotta copia dello scontrino recante la firma del soggetto che ha effettuato l acquisto. Con riferimento all onere della prova, la disciplina legislativa prevede che, quando l utilizzatore di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un operazione di pagamento eseguita, l utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l operazione sia stata autorizzata dall utilizzatore medesimo, né che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più degli obblighi di cui all articolo 7 (art. 10 comma 2 d.lgs. n. 11/2010). Nel caso di specie l utilizzatore nega di avere autorizzato le operazioni contestate: in questo modo l onere della prova si trasferisce sul prestatore di servizi di pagamento. Sulla base della documentazione a disposizione di questo Collegio non emergono circostanze che possano far ritenere sufficientemente provato dall intermediario che il ricorrente non abbia adempiuto con dolo o colpa grave agli obblighi di cui all art. 7 d.lgs. n. 11/2010. Le conseguenze giuridiche dell utilizzo indebito di uno strumento di pagamento sono delineate nell art. 12 d.lgs. n. 11/2010, il quale distingue fra il caso dell utilizzo dello strumento prima della comunicazione del cliente e quello dell utilizzo dello strumento dopo la comunicazione del cliente. Prima della comunicazione l utilizzatore può sopportare per un importo comunque non superiore a 150 euro la perdita derivante dall utilizzo indebito dello strumento di pagamento (art. 12 comma 3 d.lgs. n. 11/2010). Nel caso di specie il Collegio ritiene, come da sua consolidata giurisprudenza, di detrarre per intero la franchigia di legge. Pag. 5/6
PER QUESTI MOTIVI Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l intermediario corrisponda al ricorrente la somma di 414,00. Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e al ricorrente la somma di 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 6/6