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N. 9 07.11.2015 La prova in caso di c/c cointestato a un familiare Per i professionisti non rilevano i prelevamenti Ristretta base sociale e c/c di soci e amministratori Mancata allegazione dell autorizzazione

Sommario 1. Introduzione...2 2. Professionisti: no presunzione su prelevamenti...4 Corte di Cassazione Sezione Tributaria - Sentenza n. 12021/2015... 4 Corte di Cassazione Sezione Tributaria - Sentenza n. 4585/2015... 5 3. Autorizzazione non allegata Motivazione anche sommaria...6 Corte di Cassazione Sezione Sesta (T) - Ordinanza 15807/2015... 6 Corte di Cassazione Sezione Sesta (T) - n. 16579/2013... 7 4. Presunzioni bancarie: irrilevanza dell attività svolta...8 Corte di Cassazione Sezione Tributaria sentenza n. 8047/2015... 8 5. Cointestazione del conto c/c bancario...8 Corte di Cassazione Sesta Sezione Civile (T) Sentenza n. 18125/2015... 8 Corte di Cassazione Sesta Sezione Civile (T) Sentenza n. 18125/2015... 9 6. Società a ristretta base: controllati i c/c di terzi - No contraddittorio preventivo se soci negano collegamento... 11 Corte di Cassazione Sezione Tributaria sentenza n. 4314/2015... 13 7. Contabilità smarrita... 15 Corte di Cassazione Sesta Sezione Civile (T) sentenza n. 19956/2014... 15 1

1. Introduzione L art. 32 del D.P.R. 600 del 1973 e l art. 51 del decreto IVA sono le norme che prevedono il potere dell Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza di procedere con indagini di tipo bancario nei confronti dei contribuenti (nella maggior parte dei casi imprenditori e lavoratori autonomi). I dati raccolti attraverso le verifiche in banca consentono all Amministrazione finanziaria di acquisire elementi idonei a supportare la rideterminazione, in via induttiva/sintetica, della base imponibile. Per l attivazione delle indagini è necessaria un autorizzazione amministrativa: per l Agenzia fiscale è necessaria la preventiva autorizzazione del Direttore centrale dell accertamento o del direttore regionale; per il corpo della Guardia di Finanza è necessaria la preventiva autorizzazione del Comandante regionale. Le norme che regolano le indagini finanziarie sono: l art. 32, co. 1, nn. 2) e 7), D.P.R. 600/1973 (in materia di imposte dirette); l art. 51, co. 2, nn. 2) e 7), D.P.R. 633/1972 (in materia di IVA). Le presunzioni derivanti dalle movimentazioni bancarie hanno carattere relativo, quindi il contribuente può fornire la prova contraria. La prova contraria consiste nell analitica dimostrazione dell irrilevanza di ciascuna singola operazione. Il contribuente deve dimostrare che le operazioni bancarie trovano giustificazione nella contabilità e/o che ineriscono a fatti fiscalmente irrilevanti. La Corte Costituzionale, con la sentenza 6 ottobre 2014, n. 228, ha ritenuto lesiva dei principi di ragionevolezza e capacità contributiva la presunzione che consente di desumere l esistenza di compensi non dichiarati dai prelevamenti effettuati dai lavoratori autonomi sui propri conti correnti. È stata pertanto dichiarata l illegittimità costituzionale in riferimento agli articoli 3 e 53 Cost. - dell articolo 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, del D.P.R. n. 600/1973, così come modificato dall articolo 1, comma 402, lettera a), n. 1), della legge n. 311/2004, limitatamente alle parole o compensi. Dalla giurisprudenza della Suprema Corte si ricava che: le presunzioni bancarie sono utili per la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente a prescindere, quindi, dall attività in concreto svolta (Cass. n. 18125/2015 e n. 8047/2013, in tema di IVA); la mancata allegazione del provvedimento di autorizzazione alle indagini bancarie non inficia l accertamento (Cass. n. 15807/2015); 2

nel caso di ristretta base sociale o familiare sono riferibili alla società, salvo prova contraria, le operazioni riscontate sui conti correnti bancari formalmente intestati a soci, amministratori o loro familiari (Cass. n. 10386/2014 e n. 12276/2015); in caso conto corrente cointestato occorre la prova analitica della riconducibilità all altro intestatario delle movimentazioni utilizzate per la rettifica dell imponibile (Cass. n. 18125/2015). 3

2. Professionisti: no presunzione su prelevamenti Corte di Cassazione Sezione Tributaria - Sentenza n. 12021/2015 Per effetto della sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale, è illegittimo l accertamento di maggior reddito nei confronti del lavoratore autonomo basato sulla presunzione secondo cui i prelevamenti non giustificati dal conto corrente bancario corrispondono automaticamente a un costo a sua volta produttivo di un ricavo. Nella versione dell art. 32 del D.P.R. n. 600/73 oggi vigente non esiste più la presunzione per cui i prelievi ingiustificati dei lavoratori autonomi sono presunti generatori di reddito non dichiarato. Un amministratore d immobili per conto terzi, a seguito di indagini bancarie, è divenuto destinatario di un avviso di accertamento per il recupero a tassazione di redditi asseritamente non dichiarati, oltreché di un atto di contestazione che irrogava le sanzioni amministrative. Poiché il giudice di secondo grado ha sostanzialmente avallato l operato dell Ufficio finanziario, della controversia è stata interessata la Suprema Corte, la quale ha dato ragione a parte contribuente quanto all utilizzo delle presunzioni bancarie di cui all art. 32 del D.P.R. n. 600/73 rispetto a chi eserciti un attività di lavoro autonomo o professionale. Gli ermellini, preso atto dell attività di lavoro autonomo svolta dal contribuente, hanno ritenuto inesistente la presunzione legale sulla quale si è fondato l avviso di accertamento in questione perché la Consulta, con la sentenza n. 228/14, ha affermato l'illegittimità costituzionale dell art. 32, D.P.R. n. 600/1973, come modificato dalla L. n. 311/2004, nella parte in cui estende ai compensi dei lavoratori autonomi la presunzione in forza della quale, anche in relazione a tali soggetti, il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe a un costo a sua volta produttivo di un ricavo. Anche se le figure dell'imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest'ultima categoria che hanno indotto i giudici della Consulta a ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento prevista dalla disposizione censurata, alla cui stregua il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe a un costo a sua volta produttivo di un ricavo. E allora, per gli ermellini, non è conforme a diritto la decisione della CTR non potendosi ritenere operante la presunzione di cui all art. 32 D.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai prelevamenti effettuati dal contribuente: La rammentata declaratoria di illegittimità costituzionale, scrive la S.C., è intervenuta, con riferimento all art. 32, comma 1, n. 2, d.p.r. n. 600 cit. nella versione modificata oggi vigente, ma deve essere osservato che ciò che è stato cancellato è stato proprio la presunzione sulla quale era fondato l avviso di accertamento e cioè quella per cui i prelievi ingiustificati dei lavoratori autonomi erano presunti generatori di reddito non dichiarato. La causa è stata rimessa dinanzi alla CTR delle Marche, anche perché è stato accolto un motivo del ricorso incidentale presentato dal Fisco non avendo il giudice di merito adeguatamente motivato circa l accertamento di costi detraibili nella misura forfettaria del 75 per cento: in sentenza sono stati indicati costi detraibili senza motivare sulle prove documentali o presuntive in base alla quali è stata fondata la decisione sul punto. 4

Corte di Cassazione Sezione Tributaria - Sentenza n. 4585/2015 Con riguardo ai lavoratori autonomi non si può ritenere che il prelevamento non giustificato dal conto bancario corrisponda automaticamente a un costo a sua volta produttivo di un ricavo, come invece può accadere per l imprenditore. La controversia ha riguardato una fisioterapista interessata da un accertamento di maggior reddito sulla base delle movimentazioni bancarie. La CTR Lombardia ha ridotto il reddito imponibile come rideterminato dall Ufficio avendo ritenuto che, pur non essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati dell imprenditore siano destinati all'esercizio dell'attività d'impresa e debbano quindi essere considerati in termini di reddito, nel caso di conti correnti cointestati, come nelle fattispecie, i prelevamenti non possono considerarsi come costi non contabilizzati ove manchi la prova certa della riconducibilità al contribuente accertato. Ebbene, con la sentenza in rassegna, la Suprema Corte ha confermato il verdetto della CTR, con correzione della motivazione. Respingendo il ricorso principale del Fisco, gli ermellini ricordano la sentenza n. 228/2014 della Consulta, secondo cui è illegittimo l art. 32, D.P.R. n. 600/1973, come modificato dalla L. n. 311/2004: nella parte in cui estende ai compensi dei lavoratori autonomi la presunzione in forza della quale, anche in relazione a tali soggetti, il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe a un costo a sua volta produttivo di un ricavo. Secondo la Corte costituzionale, anche se le figure dell'imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest'ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l'omogeneità di trattamento prevista dalla disposizione censurata, alla cui stregua il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe ad un costo a sua volta produttivo di un ricavo. E allora, per la Cassazione, è conforme a diritto la decisione della CTR laddove ha negato l'operatività della presunzione di cui all art. 32 D.P.R. n. 600 del 1973, con riferimento ai prelevamenti effettuati dalla contribuente; tuttavia va corretta la motivazione della sentenza impugnata precisa dal Palazzaccio in quanto la mancata considerazione dei prelievi dal conto corrente va fondata non già sulla cointestazione del conto corrente, come affermato in sentenza, ma sulla necessità di trattare diversamente la situazione dell'imprenditore e quella del lavoratore autonomo, la cui attività si caratterizza per la preminenza dell'apporto del lavoro proprio e la marginalità dell'apparato organizzativo, fermo restando che gli eventuali prelevamenti vengono ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria, da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali. 5

3. Autorizzazione non allegata Motivazione anche sommaria Corte di Cassazione Sezione Sesta (T) - Ordinanza 15807/2015 L espletamento delle indagini bancarie risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d'imposta e non richiede alcuna motivazione; pertanto, la mancata esibizione della stessa all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall'ufficio o dalla Guardia di Finanza, potendo l'illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell'autorizzazione e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente. La CTR di Roma annullava un avviso di accertamento ai fini IRPEF, stante la mancata allegazione dell'atto autorizzativo all'acquisizione dei dati bancari del contribuente. L'Agenzia si opponeva a tale decisione deducendo la violazione degli artt. 32 (comma 1, n. 2 e n. 7), 33 e 38 del D.P.R. n. 600/73, nonché la falsa applicazione degli artt. 7 e 12 della L. n. 212/00 e dell'art. 3 della L. n. 241/90, atteso che l atto di autorizzazione alle indagini bancarie era stato regolarmente indicato nell'avviso di accertamento e la sua mancata allegazione non rendeva necessaria la sua esibizione al contribuente. Inoltre non poteva convenirsi con la CTR in ordine alla necessità della motivazione del provvedimento autorizzatorio, lo stesso avendo natura preparatoria e non provvedimentale. Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto il ricorso dell Agenzia dell Entrate manifestamente fondato. È già stato chiarito che l'autorizzazione prescritta ai fini dell'espletamento delle indagini bancarie risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d'imposta e non richiede alcuna motivazione; pertanto, la mancata esibizione della stessa all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall'ufficio o dalla Guardia di Finanza, potendo l'illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell'autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente (Cass. n.16874/2009). Si è pure chiarito che l'autorizzazione necessaria agli Uffici per l'espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall'indicazione dei motivi, non solo perché in relazione a essa la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, a differenza di quanto invece stabilito per gli accessi e le perquisizioni domiciliari, ma anche perché la medesima, nonostante il nomen iuris adottato, esplicando una funzione organizzativa, incidente esclusivamente nei rapporti tra uffici e avendo natura di atto meramente preparatorio, inserito nella fase di iniziativa del procedimento amministrativo di accertamento, non è nemmeno qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per i quali la legge stabilisce l'obbligo di motivazione (Cass. n.14026 e n. 5849 del 2012). È stato infine chiarito (Cass. n. 25771/14 e Cass. n. 25770/14) che l'erario può utilizzare il risultato di accertamenti bancari purché debitamente autorizzati - effettuati nei confronti del contribuente anche se il provvedimento di autorizzazione non è stato esibito al contribuente (Cass n. 14023/07, Cass. n. 16874/09 e Cass. n.20420/14). 6

Nel caso di specie, pertanto, la CTR capitolina è incorsa in errore avendo ritenuto decisiva, ai fini della validità dell'atto di accertamento, l'allegazione del provvedimento di autorizzazione al compimento delle indagini bancarie, tralasciando per contro di considerare l'incontestata esistenza del provvedimento autorizzatorio risultante dall'avviso di accertamento ed i principi di questa Corte superiormente ricordati. In conclusione, gli ermellini hanno rimesso la causa al giudice di merito per nuovo giudizio. Corte di Cassazione Sezione Sesta (T) - n. 16579/2013 Il provvedimento che autorizza le indagini bancarie e la propedeutica istanza non necessitano di motivazione analitica. L atto impositivo basato sulle movimentazioni bancarie del contribuente è nullo solamente ove il provvedimento autorizzazione manchi del tutto, e sempre che tale mancanza abbia cagionato un concreto pregiudizio al soggetto accertato. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia annullava un avviso di accertamento per IVA e IRPEF nel quale l Ufficio finanziario contestava al contribuente l omessa dichiarazione di ricavi, sulla scorta delle acclarate movimentazioni bancarie. A giudizio del collegio meneghino, l articolo 3 della Legge n. 241 del 1990 stabilisce un obbligo generale di motivazione dei provvedimenti adottati dalle pubbliche amministrazioni. Proprio perché generale, il detto obbligo interessa anche il prodromico provvedimento di autorizzazione all espletamento delle indagini bancarie; provvedimento che nella fattispecie non è stato esplicitamente motivato, così come priva di motivazione si è rivelata la richiesta formulata ai fini di detta autorizzazione. Di qui l annullamento dell avviso di accertamento in questione, poiché unicamente fondato su indagini bancarie illegittime. Ebbene, nell accogliere il ricorso del Fisco che ha lamentato la violazione dell articolo 32, primo comma, n. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973 -, la Suprema Corte ha ribadito l indirizzo secondo cui: in tema di accertamento dell IVA, l autorizzazione prescritta dall articolo 51, secondo comma, n. 7, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ai fini dell espletamento delle indagini bancarie, risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d imposta e non richiede alcuna motivazione. Pertanto, la mancata esibizione della stessa all interessato non comporta l illegittimità dell avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall Ufficio Finanziario o dalla Guardia di Finanza, potendo l illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente (cfr. Cass. sentenze n. 14023/2007 e n. 5849/2012). 7

4. Presunzioni bancarie: irrilevanza dell attività svolta Corte di Cassazione Sezione Tributaria sentenza n. 8047/2015 In materia di IVA, sono imputabili al reddito imponibile i versamenti non giustificati, a prescindere dalla natura dell attività svolta dal contribuente. Nell ambito di un giudizio scaturito da un avviso di rettifica IVA a carico di una società a responsabilità limitata, i supremi giudici hanno sostenuto che, in tema di IVA, l art. 51, secondo comma, n. 2) e n. 7), del D.P.R. n. 633 del 1972 accorda all Ufficio il potere di richiedere agli istituti di credito le notizie dei movimenti sui conti bancari intrattenuti dal contribuente e di presumere la loro inerenza a operazioni imponibili, ove non si deduca e dimostri che i movimenti medesimi siano stati conteggiati nella dichiarazione annuale o siano ricollegabili ad atti non soggetti a tassazione. Tale presunzione ha portata generale e riguarda le dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, a prescindere dall attività svolta. 5. Cointestazione del conto c/c bancario Corte di Cassazione Sesta Sezione Civile (T) Sentenza n. 18125/2015 Il contribuente che ha il conto cointestato con un familiare benestante deve dimostrare la riconducibilità a quest ultimo di tutte le movimentazioni bancarie poi riprese a tassazione dall Ufficio finanziario. Altrimenti è lecito ritenere che tutte le operazioni ineriscano all imponibile, con conseguente rideterminazione del reddito dichiarato. Il caso trattato dalla sentenza in rassegna riguarda un accertamento ai fini IRPEF basato sulle indagini finanziarie effettuate sui conti correnti bancari di una contribuente ligure. Il giudice dell appello, in riforma della sentenza di prime cure, ha ritenuto la ripresa fiscale fondata, in quanto la contribuente non era stata in grado di giustificare le movimentazioni bancarie riprese poi a tassazione, non essendo sufficiente allegare la cointestazione del c/c alla madre per quanto questa fosse persona dotata di notevoli disponibilità finanziarie. Ebbene, la Suprema Corte ha sposato le conclusioni delle CTR della Liguria, con conseguente rigetto del ricorso prodotto dalla contribuente alla quale sono state addebitate le spese del giudizio, oltre l ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma dell art. 13 comma 1 bis del TUSG. I giudici di Piazza Cavour, nelle motivazioni della sentenza depositata ieri, hanno riaffermato il principio di diritto per cui i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, se il titolare di detti conti non fornisca adeguata giustificazione, ai sensi dell'art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, poiché questa previsione e quella di cui all'art. 38 del medesimo D.P.R. hanno portata generale, riguardando la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell'attività svolta e dalla quale quei redditi provengano. Né può 8

inferirsi l'applicabilità dell'art. 32 citato ai soli soggetti che esercitino attività di impresa o di lavoro autonomo per via del riferimento testuale della disposizione ai "ricavi" e alle "scritture contabili", in quanto il dato letterale risulta limitativo unicamente della possibilità per l'ufficio di desumere reddito dai "prelevamenti". Quanto al caso specifico, gli ermellini hanno osservato che la CTR, con motivazione adeguata, ha ritenuto sfornita di gravità, precisione e concordanza la prova indiziaria introdotta dalla contribuente, rilevando che le allegazioni volte a vincere la presunzione di maggior reddito non erano esaustive non essendo correlate a precisi e puntuali riferimenti alle singole operazioni riferibili all altro conitestatari ed alla causale delle operazioni stesse, essendosi la parte limitata ad affermazioni generiche sull autonomia gestionale della madre e sul fatto che era titolare di svariati immobili, di investimenti in fondi comuni, di titoli abbligazionari e di pronta liquidità su conto corrente. In tema di accertamento ex art. 32 D.P.R. 600/73 è già stato chiarito che grava sul contribuente l onere di dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili a operazioni imponibili. A tal fine, occorre fornire una prova non generica ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili. Corte di Cassazione Sesta Sezione Civile (T) Sentenza n. 18125/2015 Spetta al professionista che ha il conto cointestato con un familiare dimostrare quali operazioni si riferiscono a quest ultimo. In caso contrario, l Ufficio finanziario può ritenere che tutte le operazioni ineriscono all imponibile, con conseguente rideterminazione induttiva dei ricavi. In tema di IVA e d imposte dirette, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni oppure dell estraneità delle stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale. L Agenzia delle Entrate, sulla scorta di indagini bancarie, accertava nei confronti di una contribuente, esercente l attività di servizi contabili e fiscali, un reddito più alto rispetto a quello dichiarato. In esito al giudizio di secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio annullava la pretesa ritenendo: che l Ufficio non avesse tenuto conto del fatto che la contribuente aveva il conto corrente cointestato con la sorella alla quale, dunque, dovevano essere imputate alcune operazioni. inoltre l Ufficio non aveva agito in ossequio al principio della capacità contributiva, avendo trascurato l aspetto riguardante l incidenza dei costi sui maggiori ricavi accertati. in ogni caso la fondatezza dell accertamento era esclusa dal fatto che la contribuente aveva cessato l attività; circostanza che avrebbe dovuto far ritenere la scarsa redditività dell attività professionale in questione. Ebbene, la Suprema Corte non ha condiviso nessuna di queste asserzioni della CTR capitolina. L articolo 51, comma 2, n. 7, del D.P.R. n. 633/72, hanno osservato i supremi giudici, non prevede alcuna 9

limitazione all attività d indagine volta al contrasto dell evasione fiscale e non circoscrive l analisi ai soli conti correnti bancari e postali o ai libretti di deposito intestati esclusivamente al soggetto sottoposto a verifica, in quanto l accesso ai conti intestati formalmente a terzi, le verifiche finalizzate a provare per presunzioni la condotta evasiva e la riferibilità allo stesso soggetto delle somme movimentate sui conti cointestati con il coniuge del contribuente o i suoi familiari, ben possono essere giustificati da alcuni elementi sintomatici come: il rapporto di stretta contiguità familiare; l ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta; l infedeltà della dichiarazione; l attività di impresa o professionale compatibile con la produzione di utili. Incombe in ogni caso sul contribuente la prova che le somme rinvenute sui conti cointestati con i suoi familiari siano in tutto o in parte ad essi riferibili (cfr. Cass. n. 26173/2011 e n. 21420/2012). Inoltre, in merito all onere probatorio che incombe sul contribuente in tema di IVA (su tutte, Cass. n. 21303/2013) e d imposte dirette (Cass. n. 18081/2010), è già stato chiarito che non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica: della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, oppure dell estraneità delle stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale. Conseguentemente è stato accolto il ricorso dell Agenzia delle Entrate secondo cui la CTR del Lazio ha errato: nel ritenere che fosse sufficiente a vincere la presunzione legale di cui all art. 32 la circostanza della cointestazione del conto a un familiare, laddove era a carico del contribuente l onere probatorio della riferibilità delle operazioni ai suoi familiari; nel ritenere invalido l atto impositivo per mancata considerazione dei costi, laddove era invece onere del contribuente fornire prova specifica della loro incidenza sull imponibile accertato induttivamente. 10

6. Società a ristretta base: controllati i c/c di terzi - No contraddittorio preventivo se soci negano collegamento Corte di Cassazione - Sesta Sezione Civile (T) sentenza n. 10386/2014 Salvo prova contraria, sono riferibili alla società di persone le operazioni riscontate sui conti correnti bancari formalmente intestati ai soci amministratori. L Agenzia delle Entrate si è opposta all annullamento di un avviso di accertamento per IRPEF e IRAP 2003, fondato sulle indagini bancarie espletate dalla Guardia di Finanza a carico dei due soci amministratori di una SNC, e per mezzo del quale erano stati recuperati a tassazione gli importi movimentati sui conti correnti intestati a detti soci. La CTR di Trieste ha annullato l accertamento ritenendo che l Ufficio non avesse dimostrato che si era verificata, mediante l utilizzo dei conti bancari fittiziamente intestati ai soci come persone fisiche, la sottrazione di materia imponibile in capo alla società, alla luce del fatto che erano risultati solamente accrediti relativi ai compensi percepiti ed al disinvestimento di un prodotto finanziario, nonché prelevamenti attribuiti dai soci ad esigenze personali e familiari. Per l Amministrazione ricorrente, invece, gli importi movimentati dai soci erano rimasti in parte privi di qualsiasi giustificazione, e in parte giustificati genericamente con l imputazione spese personali e/o familiari. Nell accogliere il ricorso proposto dalla difesa erariale - che ha lamentato la violazione degli articoli 32 comma 1 del D.P.R. n. 600/1973 e 51 comma 2 del D.P.R. n. 633/1972 - la Suprema Corte ricorda che in tema di accertamento IVA e delle imposte sui redditi, inerente alle società di persone a ristretta base familiare l'ufficio finanziario può legittimamente utilizzare le risultanze di conti correnti bancari intestati ai soci, riferendo alla medesima società le operazioni ivi riscontrate, tenuto conto della relazione di parentela tra quelli esistente idonea a far presumere, salvo facoltà di provare la diversa origine delle entrate, la sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari, nonché ad identificare in concreto gli interessi economici perseguiti dalla società con quelli stessi dei soci (cfr. Cass. n. 6595/2013 e n. 4987/2003). Ne deriva che per l Amministrazione finanziaria non vi è onere di previa dimostrazione dell esistenza di sottrazione di materiale imponibile in capo alla società ai fini della valorizzazione delle movimentazioni bancarie indentificate sui conti correnti nominalmente intestati ai soci, atteso che gli indizi di cointeressenza e perciò di riferibilità all attività d impresa svolta dalla società possono essere fondati anche sulla circostanza stessa dell omessa precisa identificazione della origine e provenienza o della destinazione delle somme che risultano transitate sui predetti conti correnti, alla luce del fatto che specie nelle società di persone il rapporto intercorrente tra amministratori e società amministrata è talmente stretto da realizzare una sostanziale identità di interessi, tale da giustificare automaticamente e salvo prova 11

contraria, l utilizzazione dei dati raccolti. Ebbene, a giudizio degli ermellini la CTR di Trieste ha fatto malgoverno dei principi sopra richiamati, il che ha comportato l accoglimento del ricorso dell Ufficio finanziario con rinvio per nuovo esame. Corte di Cassazione - Sesta Sezione Civile (T) sentenza n. 16723/2013 In caso di infedele dichiarazione IVA, l Amministrazione finanziaria è ammessa alla ricostruzione del reddito imponibile della società sulla base dei movimenti rilevati sui conti correnti intestati ai familiari di soci e amministratori. Gli ermellini hanno accolto un ricorso dell Agenzia delle Entrate. L Amministrazione ha impugnato la sentenza con cui la CTR di Genova ha annullato un avviso di accertamento ai fini IVA, IRPEF e IRAP emesso nei confronti di una S.r.l., a seguito di un PVC che contestava: l indebita detrazione per fatture soggettivamente e oggettivamente inesistenti; l omessa dichiarazione di ricavi, come desunti dalle movimentazioni sui conti bancari intestati ai componenti il nucleo familiare degli amministratori della società; movimentazioni che non avevano trovato corrispondenza nella contabilità. Ebbene, in adesione alle tesi del Fisco, la Suprema Corte ha confermato la presunzione relativa di cui agli artt. 32 D.P.R. n. 600/73 e 51 D.P.R. n. 633/72 circa la riferibilità alla società delle operazioni sui conti correnti intestati a prossimi congiunti dei soci. In ipotesi di infedeltà della dichiarazione IVA, derivante dall omessa annotazione di operazioni imponibili e omessa fatturazione, l art. 54, comma 2, del D.P.R. n. 633/72 consente di procedere all accertamento anche mediante il controllo di dati e notizie raccolti nei modi indicati dell art. 51, incluse, quindi, le indagini bancarie, previste dal n. 7 di tale norma, le quali possono riguardare anche conti e depositi intestati a terzi, inclusi i familiari del socio (nella specie la moglie), quando l'ufficio abbia motivo di ritenere, in base agli elementi indiziari raccolti, che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali, ovvero per imbastire una vera e propria gestione extra-contabile, a scopo di evasione fiscale. In questi casi, la presunzione di operazioni commerciali non registrate, discendente dalla riscontrata movimentazione di somme su conti formalmente intestati a terzi, non è qualificabile come (inammissibile) presunzione di doppio grado, poiché è l'art. 51, secondo comma, n. 2), del d.p.r. n. 633 cit., a prevedere che i singoli dati ed elementi risultanti dall'indagine bancaria debbono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili (cfr. Cass. n. 374 del 2009). La Suprema Corte ha poi chiarito che la prova della detraibilità dell IVA è posta a carico del soggetto passivo; sicché, qualora l Amministrazione contesti al contribuente l indebita detrazione di fatture, in quanto relative a operazioni inesistenti, e fornisca attendibili riscontri indiziari sulla inesistenza delle operazioni fatturate, è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la dimostrazione della regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (cfr. Cass. 12

n. 12802/2011). La causa è stata rinviata alla CTR per nuovo esame. Corte di Cassazione - Sesta Sezione Civile (T) sentenza n. 12276/2015 Se il soggetto sottoposto a verifica è una società di capitali a ristretta base, è molto probabile che debbano ascriversi alla stessa società le movimentazioni sui conti bancari dei soci e perfino dei loro familiari. Dovrà rivedere il proprio verdetto la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata che ha accolto, seppure parzialmente, l impugnazione avente a oggetto un avviso di accertamento a fini IVA spiccato nei confronti di una Srl, a seguito dell esame della contabilità aziendale e di indagini finanziarie sui conti degli amministratori e dei loro familiari. Per quanto qui interessa, la Suprema Corte ha evidenziato che la presunzione stabilita dall'art. 51. n. 2. del D.P.R. n. 633 del 1972 - secondo la quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dai successivi artt. 54 e 55 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono a operazioni imponibili - ha un contenuto complesso, consentendo di riferire i movimenti bancari all'attività svolta in regime IVA e di qualificare gli accrediti come ricavi e gli addebiti come corrispettivi degli acquisti. Pertanto, detta presunzione può essere vinta dal contribuente solo qualora il medesimo offra la prova liberatoria che dei movimenti egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, oppure che questi non si riferiscono a operazioni imponibili. E tuttavia a tal fine non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche causali dell affluire di somme sui conti correnti, essendo, per contro, necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, oppure della loro estraneità alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale delle stesse (ex multis, Cass. n. 21303/13). Se il soggetto sottoposto a verifica è una società di capitali caratterizzata da una ristretta compagine sociale, come nel caso di specie, è particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci e perfino dei loro familiari debbano ascriversi, in difetto di specifiche e analitiche dimostrazioni di segno contrario, allo stesso ente sottoposto a verifica (Cass. n. 26829/14, tra le altre). Alla luce di questi principi la Suprema Corte ha ritenuto legittima l imputazione alla società contribuente delle movimentazioni bancarie, per cifre ingenti, riscontrate sui conti dell amministratore e dei suoi familiari, non risultando forniti da questi ultimi elementi di prova di segno contrario, idonei a superare la presunzione legale suindicata. Corte di Cassazione Sezione Tributaria sentenza n. 4314/2015 L Amministrazione finanziaria non ha l obbligo di attivare il contraddittorio preventivo con i soci della SAS se questi negano l esistenza di un collegamento tra le somme transitate sui loro conti e la società. 13

La controversia è scaturita dall impugnazione di alcuni avvisi di accertamento e rettifica emessi ai fini Irpef, Ilor e Iva in relazione a tre annualità, con i quali sono stati rideterminati i redditi d impresa di una Sas e, per trasparenza, i redditi di partecipazione dei singoli soci. Nel respingere il ricorso proposto dai contribuenti, contro la sentenza della CTR di Torino che ha avallato la ripresa fiscale, i giudici del Palazzaccio hanno affermato che, indipendentemente dall individuazione di un principio desumibile dall ordinamento tributario inteso a introdurre il contraddittorio preventivo come elemento procedimentale necessario volto all emanazione dell atto impositivo, nel caso si specie la censura mossa dai ricorrenti si è rivelata inammissibile rispetto alla statuizione impugnata, perché la questione concreta sottoposta all esame della CTR ha riguardato indagini bancarie che sono state svolte esclusivamente sui conti e depositi intestati ai soci accomandanti e su un unico deposito bancario intestato al socio accomandatario. Da un lato, ha motivato la S.C., i ricorrenti non hanno fornito alcuna indicazione in ordine alla concreta applicazione della presunzione legale nei confronti della società di persone sia in materia di IVA che d imposte dirette in relazione a eventuali operazioni rilevate sul deposito intestato all accomandatario, dall altro lato, non sembra dubitabile che il presupposto per l instaurazione del contraddittorio preventivo, che gli art. 31 D.P.R. n. 600/73 e 51, D.P.R. n. 633/72 prevedono espressamente come eventuale, sia la incontestata titolarità, riferibilità o disponibilità, da parte del contribuente, dei conti e depositi verificati, il quale proprio in considerazione di tale circostanza (ossia del riconosciuto o non contestato collegamento con il conto bancario) appare l'unico soggetto in grado di poter fornire giustificazioni sulla provenienza e destinazione degli accrediti e dei prelievi rilevati sul conto, in ordine ai quali non risulta esservi corrispondenza con le scritture contabili d'impresa o con i dati indicati nella dichiarazione fiscale. Laddove, invece, come nel caso, la tesi difensiva svolta fin dal primo grado dai contribuenti si esaurisca esclusivamente nella negazione di qualsiasi collegamento o, comunque, riferibilità alla società di persone, delle somme transitate sui conti del terzo, cade l esigenza stessa di una contraddizione con il contribuente. Tale assunto difensivo, infatti, implica logicamente l attestazione di un assoluta mancanza di conoscenza da parte del contribuente della provenienza e destinazione delle somme movimentate sul conto formalmente intestato al terzo, venendo meno proprio lo scopo cui tende l instaurazione del contraddittorio preventivo, in quanto volto a consentire al contribuente, titolare o comunque che ha la disponibilità del conto, di far pervenire all Ufficio finanziario ulteriori elementi conoscitivi idonei a modificare o evitare l emissione del provvedimento impositivo. La Corte ha pertanto rigettato il ricorso, confermando il verdetto del giudice dell appello favorevole all erario. Le spese di lite hanno seguito la soccombenza e sono state liquidate dagli ermellini in 10mila euro. 14

7. Contabilità smarrita Corte di Cassazione Sesta Sezione Civile (T) sentenza n. 19956/2014 L imprenditore deve giustificare i movimenti bancari sospetti anche qualora la documentazione contabile sia andata smarrita dopo essere stata sequestrata dalla Guardia di Finanza. In questo caso trova applicazione la regola generale prevista dall'art. 2724, cod. civ., secondo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione dall'onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell'ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti. La CTR di Palermo, contrariamente a quanto fatto dalla CTP di Catania, ha accolto il ricorso di un imprenditore raggiunto da un avviso di accertamento emesso a seguito di indagini bancarie. Secondo il giudice dell appello, il mancato rinvenimento della contabilità non aveva dato la possibilità al contribuente di giustificare i movimenti bancari, anche alla luce del fatto che la dispersione di detta contabilità era stata acclarata nel processo penale. Infatti, i libri contabili e i documenti in possesso dell accertato erano stati posti sotto sequestro dalla GdF e poi erano andati smarriti, con conseguente compressione del diritto di difesa. Ebbene, l Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione della CTR siciliana facendo leva sul consolidato principio giurisprudenziale secondo cui compete al contribuente dimostrare che gli elementi desunti dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili a operazioni imponibili, anche quando si è verificata la perdita incolpevole dei documenti occorrenti alla parte per potere attestare una circostanza a lei favorevole, atteso che ciò autorizza soltanto il ricorso alla prova testimoniale, in deroga ai limiti per essa stabiliti. La doglianza del Fisco ha colto nel segno. Gli Ermellini bacchettano il giudice di merito perché ha ritenuto che lo smarrimento incolpevole della documentazione contabile potesse esonerare il contribuente dalla prova che gli incombe ai sensi dell articolo 32 del D.P.R. n. 600/73. E ciò senza in alcun modo giustificare le ragioni per le quali ha ritenuto che questo smarrimento potesse effettivamente ritenersi incolpevole (né dagli atti di causa è possibile intendere se come e quando la documentazione di cui trattasi sia stata smarrita, mentre si trovava nella materiale detenzione del contribuente o della GdF che l'aveva sottoposta a sequestro) e senza in alcun modo giustificare le ragioni per le quali il difetto oggettivo della documentazione in questione avrebbe dovuto considerarsi motivo di impedimento per la dimostrazione della natura delle movimentazioni bancarie considerate, anche in considerazioni dei riscontri che di dette movimentazioni non possono non essere stati indicati nel PVC della Guardia di Finanza acquisito al processo. Dal Palazzaccio ritengono dunque palese la violazione dei principi che regolano la materia (v. Cass. n. 21233/2006) e per i quali: In tema di IVA, la deducibilità dell'imposta pagata dal contribuente per l'acquisizione di beni o servizi inerenti all'esercizio dell'impresa è subordinata, in caso di contestazione da parte dell'ufficio, 15

alla relativa prova, che dev'essere fornita dallo stesso contribuente mediante la produzione delle fatture e del registro in cui vanno annotate; nel caso in cui il contribuente dimostri di trovarsi nell'incolpevole impossibilità di produrre tali documenti (nella specie, a causa di furto) e di non essere neppure in grado di acquisire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi, trova applicazione la regola generale prevista dall'art. 2724, cod. civ., secondo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione dall'onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell'ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti. La parola è tornata al giudice di merito. Le prossime uscite Massimario Sentenze Titolo DATA IRAP e professionisti 07.03.2015 Misure cautelari pro-fisco 04.04.2015 Agevolazioni prima casa 09.05.2015 Reati tributari. Sequestro preventivo finalizzato alla confisca 06.06.2015 Accertamento (obbligo contraddittorio preventivo permanenza verificatori etc.) 04.07.2015 Omesse ritenute (certificate previdenziali e assistenziali) 01.08.2015 Redditometro 05.09.2015 Studi di settore 03.10.2015 Indagini finanziarie 07.11.2015 Black list Esterovestizione Reverse charge 16