La repressione dei crimini internazionali e la Convenzione europea dei diritti umani: questioni particolari
Indice I. La CtEDU e l applicazione del diritto internazionale penale II. La CEDU e il principio di giurisdizione penale universale III. La CEDU e il principio di non retroattività IV. La CEDU e l imprescrittibilità dei crimini internazionali V. La cooperazione degli Stati contraenti la CEDU con i tribunali penali internazionali: il punto di vista della CtEDU 2
I. La CtEDU e l applicazione del diritto internazionale penale La CtEDU interpreta i diritti tutelati dalla CEDU alla luce del diritto internazionale penale: CtEDU (Grande Camera), Varnava e al. c. Turchia, sentenza del 18 settembre 2009: Il fatto: La pronuncia è relativa ai fatti avvenuti durante l occupazione militare turca nel nord di Cipro nell'estate del 1974. Nel corso delle operazioni militari, l esercito turco ha eseguito arresti di massa ed eccidi contro la popolazione greco - cipriota. All origine della causa vi sono nove ricorsi presentati dai familiari di nove persone scomparse, otto delle quali membri delle truppe greco - cipriote che avevano risposto alla mobilitazione generale volta a contrastare l'avanzata dell'esercito turco. 3
Article 2 [diritto alla vita] must be interpreted in so far as possible in light of the general principles of international law, including the rules of international humanitarian law which play an indispensable and universally-accepted role in mitigating the savagery and inhumanity of armed conflict 4
La CtEDU interpreta direttamente le norme del diritto internazionale penale: CtEDU, Kononov c. Lettonia, sentenza del 24 luglio 2008: Il fatto: Il 27 maggio 1944 V.M. Kononov, a capo di un gruppo di partigiani appartenenti all esercito sovietico (i c.d. Red Partisans), aveva comandato un azione di rappresaglia durante la quale erano stati uccisi nove residenti, tra cui tre donne, del villaggio lettone di Mazie Batie (sottoposto dal 1941 ad occupazione militare tedesca, dopo che la Lettonia era stata occupata e ufficialmente annessa dall Unione Sovietica nel 1940) ritenuti responsabili di aver informato, nel febbraio del 1944, il comando militare tedesco della presenza di alcuni partigiani nel villaggio, i quali, proprio in seguito a tale delazione, erano stati scoperti e uccisi dai militari tedeschi. Alla base della condanna di Kononov da parte delle corti interne vi era infatti l idea, pienamente condivisa e difesa dal governo lettone, secondo cui l occupazione sovietica, ancor prima di quella tedesca, era internazionalmente illecita, con la conseguenza che Kononov non poteva essere considerato come un liberatore del territorio lettone dalle forze di occupazione naziste, bensì come un rappresentante delle forze di occupazione sovietiche (par. 94). 5
La prima questione di diritto riguardava lo status giuridico rivestito dalle vittime della rappresaglia: la CtEDU afferma che un individuo che non possiede i requisiti per essere definito combattente non è automaticamente inquadrabile nella categoria dei civili (par. 131 della sentenza). La Corte afferma che il Protocollo I del 1977 alle convenzioni di Ginevra non si potesse applicare retroattivamente, come sostenuto dai giudici lettoni, e osserva che in base allo jus in bello applicabile nel 1944 (data in cui i fatti si erano svolti) il principio dell art. 50 espresso dal suddetto Protocollo I (nel dubbio una persona deve essere sempre considerata civile ) non rispondesse al diritto internazionale consuetudinario dell epoca. 6
La seconda questione di diritto riguardava l attribuzione dello status di collaborazionisti ai fini della valutazione della legittimità di una rappresaglia: l esame compiuto dalla Corte riguardava la compatibilità della rappresaglia con le disposizioni del Regolamento dell Aja del 1907, soprattutto in relazione alla questione concernente lo status (civile o militare) rivestito dagli abitanti del villaggio vittime della rappresaglia. La questione si poneva perché la rappresaglia avrebbe potuto considerarsi illecita se compiuta contro civili e lecita se compiuta invece contro militari. Sul punto le posizioni delle parti divergevano. La CtEDU giunge alla conclusione che le vittime fossero dei collaboratori dell esercito tedesco e non potessero pertanto essere qualificati come civili in quanto avevano abusato di tale status, ai sensi dell art. 5 della IV Convenzione di Ginevra del 1949, o, più precisamente, della norma internazionale consuetudinaria corrispondente ritenuta applicabile all epoca dei fatti. 7
CtEDU, Vasiliauskas c. Lituania, sentenza del s20 ottobre 2015 Il fatto: Il ricorrente è un cittadino lituano ex agente del Ministero della sicurezza statale della Repubblica socialista sovietica di Lituania il quale, nella prima metà degli anni 50, si era distinto per il suo zelo nella repressione della resistenza contro l occupazione sovietica. Vasiliauskas è stato condannato per genocidio dalle corti della Lituania indipendente con sentenze del 2004 e 2005 in ragione della sua partecipazione, il 2 gennaio 1953, all uccisione di due fratelli, entrambi partigiani, in attuazione della politica di eliminazione degli elementi nazionalisti decisa dai vertici dell apparato repressivo sovietico. L incriminazione e la condanna del ricorrente per genocidio si basavano sulle pertinenti disposizioni del c.p. lituano il quale qualifica come costitutive del crimine di genocidio l uccisione, tortura e deportazione di abitanti della Lituania commesse durante l occupazione e annessione della Lituania da parte della Germania nazista e dell URSS. 8
Davanti alla CtEDU, il Governo lituano sosteneva inoltre che sin dal 1946 la definizione del genocidio ai sensi del diritto internazionale consuetudinario includesse i gruppi politici; sottolineava che le categorie di gruppi protetti nella definizione di genocidio possono sovrapporsi e intersecarsi, come nel caso della repressione sovietica negli Stati baltici, rivolta contro i gruppi politici e sociali più attivi costituenti l ossatura dei gruppi nazionali, con la conseguenza che le uccisioni politicamente motivate erano in realtà il mero schermo di aspirazioni genocide su basi nazionali ed etniche (par. 138-139). 9
Nella sentenza la CtEDU ha anzitutto stabilito che nel 1953 il crimine di genocidio era già sancito da norme internazionali sufficientemente accessibili al ricorrente (par. 67-168). Ha quindi rilevato che: 1) l uccisione di membri di un gruppo politico, quale era il movimento partigiano per la liberazione della Lituania, era esclusa dalla definizione di genocidio ai sensi della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948, e che non fosse possibile stabilire con sufficiente chiarezza che il diritto consuetudinario forniva all epoca una definizione di genocidio più ampia, inclusiva dei gruppi politici (par. 175 e 178); 2) che i partigiani lituani non potessero prevedibilmente qualificarsi come una parte del gruppo nazionale/nazione lituana in ragione del loro carattere prominente e rappresentativo rispetto a tale gruppo (par. 177 e 179-181); e 3) che la riconduzione dei partigiani al gruppo nazionale o etnico dei lituani, operata dalle corti interne, fosse pertanto frutto di un interpretazione per analogia dei termini nazionale ed etnico sfavorevole al ricorrente, tale da rendere la sua condanna imprevedibile (par. 183-184). 10
Su tali basi, la CtEDU ha concluso che la condanna del ricorrente per genocidio non fosse coerente con la sostanza di tale crimine come definito nel diritto internazionale vigente all epoca dei fatti e quindi non ragionevolmente prevedibile per l individuo nel 1953 (par. 185-186). In particolare, nell ambito del secondo punto la Corte da un lato ha escluso che In particolare, nell ambito del secondo punto la Corte da un lato ha escluso che all epoca dei fatti l interpretazione della nozione di parte del gruppo nel senso di parte sostanziale in termini qualitativi, o prominente o significativa, fosse prevedibilmente applicabile alla parte del gruppo nazionale costituita dai partigiani, in quanto sviluppata dai tribunali penali ad hoc per l ex Jugoslavia e il Ruanda e dalla Corte internazionale di giustizia cinquant anni dopo gli eventi per i quali il ricorrente era stato condannato (par. 177); dall altro ha argomentato che, anche se l interpretazione giudiziale dell espressione in parte successivamente fornita dalla giurisprudenza internazionale fosse stata accessibile nel1953, le corti interne non avevano spiegato in modo sufficiente cosa intendessero per rappresentanti della nazione lituana, e in che senso i partigiani lo fossero (par. 179-181). 11
II. La CEDU e il principio di giurisdizione penale universale CtEDU, Jorgic c. Germania, sentenza del 12 luglio 2007 Il fatto: Jorgic sosteneva che i tribunali tedeschi avessero esercitato arbitrariamente la giurisdizione penale universale e di conseguenza la sua detenzione fosse avvenuta in violazione degli articoli 5, par. 1 (a) (diritto alla libertà e alla sicurezza), e 6, par. 1 (diritto a un equo processo), CEDU. Jorgic, cittadino della Bosnia-Erzegovina, residente in Germania, era stato accusato di aver commesso un genocidio all epoca della guerra civile nel suo paese. Nel caso in esame, la CtEDU si è trovata a valutare la compatibilità alla CEDU del principio di giurisdizione universale condizionata (criterio di giurisdizione accolto dalla legislazione tedesca). 12
La CtEDU ha proceduto ad esaminare l interpretazione che i tribunali tedeschi hanno dato dell art. VI della Convenzione sul genocidio. Art. VI della Convenzione sul genocidio: «Le persone accusate di genocidio o di uno degli altri atti elencati nell articolo 3 saranno processate dai tribunali competenti dello Stato nel cui territorio l atto sia stato commesso, o dal tribunale penale internazionale competente rispetto a quelle Parti contraenti che ne abbiano riconosciuto la giurisdizione» 13
La CtEDU ha notato che gli Stati contraenti la Convenzione non hanno codificato in questo articolo il principio della giurisdizione universale, contrariamente a quanto previsto nei primi progetti di Convenzione. Tuttavia, la CtEDU ha sottolineato che l art. I della Convenzione impone agli Stati contraenti un obbligo erga omnes di prevenire e punire il genocidio, il cui divieto è parte dello jus cogens. In questa ottica, dunque, risulterebbe ragionevole e convincente l interpretazione dell art. VI elaborata dai tribunali tedeschi, nel senso che tale norma non escluderebbe che uno Stato contraente possa esercitare la giurisdizione extraterritoriale sul crimine. Questa interpretazione risponderebbe, infatti, allo scopo della Convenzione. La CtEDU ha, inoltre, osservato che l interpretazione dell art. VI in connessione con l art. I della Convenzione è ampiamente confermato dalla prassi di altri Stati contraenti. La CtEDU, infine, ha sottolineato che lo Statuto del TPIY, all art. 9, stabilisce la giurisdizione concorrente tra il tribunale internazionale e le corti nazionali e che il principio della giurisdizione universale è ammesso dalla giurisprudenza dello stesso Tribunale in relazione ai casi di genocidio. 14
III. La CEDU e il principio di non retroattività Art. 7 CEDU 1. Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. 2. Il presente articolo non ostacola il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, era un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili. 15
Dai lavori preparatori della norma emerge che il par. 2, eccezione al principio di non retroattività, abbia una origine congiunturale ben precisa e la sua portata applicativa si limiterebbe ai soli fatti criminali accaduti durante la seconda guerra mondiale. In particolare, la norma CEDU chiarirebbe che il principio di non retroattività non avrebbe inciso sulle legislazioni che, in circostanze del tutto eccezionali che si sono verificate dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono state adottate per punire i crimini di guerra e gli atti di tradimento e collaborazione con il nemico e i crimini contro umanità perpetrati durante lo stesso periodo (v. CtEDU, Kononov c. Lettonia, sentenza del 24 luglio 2008, par. 115). Il riferimento a tali principi di diritto rispecchia, secondo una definizione data in dottrina, la morale internazionale ; solo in base a ciò si è potuto giustificare l insufficiente positività giuridica delle norme internazionali penali e la loro applicazione retroattiva a Norimberga o nelle legislazioni nazionali. 16
IV. La CEDU e l imprescrittibilità dei crimini internazionali CtEDU, Kolk e Kislyiy c. Estonia, decisione sull ammissibilità del 17 gennaio 2006 Il fatto: i due ricorrenti, cittadini estoni, nel 1949, in qualità di membri del Ministero dell interno dell URSS avevano partecipato alla deportazione di cittadini estoni in regioni remote dell URSS. Per tali atti, in base al codice penale estone, erano stati condannati per crimini contro l umanità. Il ricorrente sosteneva che la condanna fosse illegale in quanto all epoca dei fatti il codice penale in vigore era quello sovietico che no prevedeva la repressione dei crimini di guerra. The Court reiterates that Article 7 2 of the Convention expressly provides that this Article shall not prejudice the trial and punishment of a person for any act or omission which, at the time it was committed, was criminal according to the general principles of law recognised by civilised nations. This is true of crimes against humanity, in respect of which the rule that they cannot be timebarred was laid down by the Charter of the Nuremberg International Tribunal ( ). 17
V. La cooperazione degli Stati contraenti la CEDU con i tribunali penali internazionali: il punto di vista della CtEDU In principio, uno Stato parte della CEDU potrebbe rispondere delle violazioni dei diritti umani garantiti dalla Convenzione da parte di corti o tribunali penali internazionali quando: a) ospita la sede di un tribunale penale internazionale; b) coopera con detto tribunale; oppure c) abbia ratificato il trattato istitutivo di un tribunale penale internazionale. 18
Soluzione della CtEDU in merito ai tribunali penali internazionali ad hoc istituiti dal Consiglio di sicurezza: CtEDU, Naletilic c. Croazia, sentenza del 4 maggio 2000: nel pronunciarsi sul rispetto del diritto dell equo processo (art. 6, par. 1, CEDU) da parte dell ICTY, la Corte afferma che l interessato è stato consegnato ad un tribunale internazionale che presenta tutte le garanzie necessarie, ivi comprese quelle di imparzialità e di indipendenza, come mostra il tenore del suo Statuto e il suo regolamento di procedura 19
Possibile soluzione della CtEDU in merito alla Corte penale internazionale: applicazione del principio di protezione equivalente? In base a tale principio, la responsabilità dello Stato per violazione della CEDU non sussiste a condizione che all interno dell organizzazione internazionale di cui è membro, cioè la CPI, i diritti fondamentali ricevano una protezione equivalente a quella garantita dalla CEDU. In effetti, nello Statuto della CPI sono garantiti un ampia gamma di diritti: diritti delle persone durante l indagine (art. 55); diritti delle persone durante il processo (art. 64, par. 7, e art. 65); norme a protezione delle vittime e dei testimoni e loro partecipazione al processo (art. 68); applicazione del principio ne bis in idem (art. 20). Inoltre, l art. 21, par. 3, dello Statuto afferma: l'applicazione e l'interpretazione del diritto applicabile dalla Corte devono essere compatibili con i diritti dell'uomo internazionalmente riconosciuti e devono essere effettuate senza alcuna discriminazione fondata su ragioni quali il genere sessuale, l'età, la razza, il colore, la lingua, la religione o il credo, le opinioni politiche o le altre opinioni, la nazionalità, l'origine etnica o sociale, le condizioni economiche, la nascita o le altre condizioni personali. 20