RICERCA SULLE POLITICHE DI WELFARE NEI PAESI PAO. a cura di Stefania Servidio con la collaborazione di Carmen Bertolazzi



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RICERCA SULLE POLITICHE DI WELFARE NEI PAESI PAO a cura di Stefania Servidio con la collaborazione di Carmen Bertolazzi 1

PREFAZIONE RICERCA SULLE POLITICHE DI WELFARE NEI PAESI PAO REALIZZATA NELL AMBITO DEL PROGETTO N.E.W.- INTERREG IIIA L obiettivo del progetto N.E.W. è quello di sostegno e rafforzamento delle capacità degli operatori pubblici e privati nel settore dei servizi sociali tanto da un punto di vista della programmazione, della definizione degli standard, della capacità di identificazione e mappatura dei bisogni quanto sotto l aspetto delle capacità concrete di realizzazione e gestione dei servizi sociali. Partendo da tale presupposto e dalla necessità di acquisire dati e informazioni sulle dimensioni e sulle caratteristiche dei servizi sociali e sulle politiche esistenti in materia di welfare nei Paesi partners, è stata affidata la realizzazione della ricerca con lo scopo di: Acquisire informazioni utili sulle politiche e sulle normative esistenti in materia di welfare nei Paesi partner Contribuire a creare una rete di scambi sulla tematica del welfare Identificare i soggetti pubblici e privati che partecipano al processo formativo. Lo studio, che qui si presenta, realizzato dalla dott.ssa Stefania Servidio, è una raccolta: di interviste ad amministratori ed operatori pubblici e privati che operano nel sociale; di studi di caso particolarmente significativi per la realtà sociale indagata. Lo studio non pretende di essere esaustivo ma uno strumento di lavoro e di riflessione per tutti gli operatori che realizzano interventi sociali. Il materiale raccolto nell anno 2005 analizza le realtà sociali dei paesi PAO partner di progetto (Albania, Bosnia, Serbia). L obiettivo è quella di fornire alla Provincia di Forlì-Cesena così come al Comune di Forlì e alle Province di Rimini, Ravenna e Ferrara (partner italiani del progetto) elementi di valutazione dei bisogni degli operatori, utili per la programmazione puntuale delle attività previste nel progetto N.E.W. Alcuni elementi emersi dall indagine sono degni di particolare attenzione. Innanzitutto la considerazione che la ricostruzione istituzionale e la governance non possono prescindere dal contributo dei propri cittadini e dalla valorizzazione del proprio tessuto sociale, culturale ed economico. L esperienza di amministratori nel campo delle politiche sociali, permette di affermare che il coinvolgimento delle varie istanze (privato sociale, volontariato, cooperazione, ecc..) di una comunità locale, facilita e orienta le istituzioni nel raggiungimento dell obiettivo di creare una rete di protezione sociale e di tutela dei cittadini. Preme altresì sottolineare che la costruzione di tale rete non può prescindere dall esigenza di coordinare le risorse verso obiettivi comuni e di integrare le diverse politiche: del lavoro, dell istruzione, della sanità, ecc.. Infine la constatazione che è accresciuta l attenzione, la consapevolezza e la conoscenza del welfare, ma è ancora necessario rafforzare la capacità, soprattutto a livello istituzionale, centrale e locale, di elaborazione, di analisi e di soluzione dei problemi, dimostra quanto le attività messe in campo, non solo da questo progetto europeo ma anche da altre iniziative di cooperazione internazionale, abbiano raggiunto buoni risultati e pertanto l auspicio è di proseguire in tale direzione. 2

Si ringraziano sentitamente tutti gli amministratori, gli operatori ed i collaboratori (intervistatori, traduttori, ecc..) che hanno partecipato alla realizzazione della ricerca. Alberto Manni Assessore al Welfare, Sicurezza dei cittadini e del territorio Provincia di Forlì-Cesena Loretta Bertozzi Assessore al Welfare Comune di Forlì 3

1* capitolo Presentazione L idea di partenza è stata quella di intraprendere un viaggio in tre paesi dell area balcanica, l Albania, la Bosnia ed Herzegovina e la Serbia, per conoscere la realtà sociale esistente e per raccogliere idee e proposte sul welfare, nella prospettiva futura di ingresso nell Unione Europea. Il lavoro di questo studio è stato promosso nell ambito del progetto INTERREG, Net Europeo di Welfare N.E.W. - in corso di realizzazione da parte della Provincia di Forlì Cesena e del Comune di Forlì ed in collaborazione con le amministrazioni di Ferrara e Ravenna e della Regione Emilia Romagna. Il programma coinvolge cinque municipalità dei tre Paesi dell area balcanica: Scutari ed Elbasan in Albania, Novi Sad e Kraguievac in Serbia e Tuzla in Bosnia ed Herzegovina per la realizzazione di azioni formative sulle tematiche del welfare allo scopo di promuovere il rafforzamento istituzionale, la creazione di reti e l armonizzazione dei sistemi. L indagine è stata pensata come supporto alla scelta dei percorsi formativi da individuare e realizzare all interno del programma New. L indagine tiene anche conto che nei tre Paesi, seppur con notevoli differenze nel passato e nel presente sia dal punto di vista politico che economico, sono in corso processi di sviluppo che interessano direttamente le politiche del welfare e che i tre Paesi sono interessati all ingresso nell Unione Europea, rendendo obbligatorio affrontare il tema delle politiche e dei servizi sociali Il fatto infine, che questo cammino venga proposto e realizzato dalla Rregione Emilia Romagna e dai soggetti del suo territorio non è certo casuale essendo da tempo impegnata sui temi del welfare nell area balcanica. 4

Nei tre Paesi, caratterizzati da un lungo periodo di economia comunista, si assiste oggi al passaggio al libero mercato e ciò comporta, sul piano delle politiche sociali, processi di riforma dei servizi sociali e della loro gestione. Diversi, ovviamente, sono i contesti e diverse sono le forme, gli approcci e le riflessioni attraverso le quali sono state avviate le esperienze di welfare. L indagine si è proposta proprio questo scopo: focalizzare i variegati e differenziati processi di riassetto in corso, i percorsi storici, i progetti in via di realizzazione, le sperimentazioni, le proposte di singoli e di gruppi, con l obiettivo di fornire una fotografia dell esistente, per identificare i bisogni formativi dei soggetti pubblici, istituzionali e del privato sociale. Il viaggio nel welfare dei tre paesi è stato possibile grazie alla collaborazione di ricercatori locali, spesso direttamente impegnati in ong e nella pratica quotidiana del sostegno alle persone in difficoltà. Si è cercato di fornire informazioni generali sul paese e sulle città campione; alcuni dati e statiche contribuiscono a collocare i luoghi in un contesto internazionale, e a confrontare parametri locali con i nostri. La storia, le politiche, le legislazioni, e le aspettative, sono oggetto di interviste a testimoni in grado di fornire al lettore una visione oggettiva del tema, oltre a intuizioni e letture personali. Per alcuni dei testimoni scelti si è trattato anche di un viaggio a ritroso, verso il passato, per analizzare le radici di un tema, quello della fragilità nel vivere quotidiano, che è sempre esistito, anche nella negazione dettata dall ideologia. Il viaggio continua immergendosi nei progetti, nelle strutture pubbliche e delle ong che quotidianamente affrontano i bisogni delle persone in difficoltà. A loro abbiamo chiesto una fotografia del proprio lavoro, e di identificare i punti di debolezza e le necessità a cui tentare di rispondere a livello formativo.. E sembrato importante riportare anche i risultati di un workshop realizzato nella città di Forlì che ha visto la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni e della società civile organizzata dei tre Paesi. Il tema del workshop centrato sulla percezione del processo di riforma del welfare necessario nei tre Paesi, ha offerto spunti interessanti in una successione di analisi dei punti nodali del processo tanto sui livelli istituzionali, centrale e locale quanto sulla complessa dinamica della partecipazione dei privato sociale. Il viaggio si conclude e offre spunti di discussione e di riflessione. Tenendo in considerazione che si tratta di tre paesi e dunque di realtà sociali, culturali, politiche, geografiche e demografiche assai diverse tra loro, è stato tuttavia possibile fare una comparazione e rintracciare le caratteristiche comuni, fornendo elementi utili, sia per una discussione generale che per il percorso formativo nell ambito del Welfare avviato dai tre paesi dell area balcanica supportati dal partner italiano. 5

2* capitolo METODOLOGIA Paesi e Località Lo studio ha interessato tre Paesi dell area balcanica; l Albania, la Bosnia e la Serbia. Le località prese in esame sono quelle, dei tre Paesi, già partner del progetto N.E.W. In Albania la ricerca ha interessato le municipalità di Elbasan e di Scutari; in Serbia sono state esaminate le realtà di Novi Sad nella Vojvodina e di Kraguievac; in Bosnia, la città di Tuzla ed il Cantone di riferimento. I tempi L indagine è stata programmata nell autunno del 2004, nel corso delle riunioni che hanno dato avvio alle attività del progetto N.E.W. Nel mese di Ottobre è stato predisposta una traccia del disegno dello studio comprendente i contenuti, tempi e la metodologia di lavoro. Nel mese di Novembre sono stati elaborati i questionari per la realizzazione delle interviste da realizzare sul campo ed è stata realizzata una prima missione nei tre Paesi per identificare i gruppi di ricercatori locali che hanno svolto il lavoro di campo fino al mese di Aprile. Tra la fine del mese di Febbraio e l inizio del mese di Marzo 2005 è stata realizzata una seconda missione nei tre Paesi, finalizzata alla verifica del lavoro di campo. La verifica è stata svolta anche attraverso la realizzazione dei primi focus group. I mesi successivi, fino a maggiosono stati utilizzati per la raccolta delle informazioni prodotte dal lavoro di campo, per una prima stesura delle singole relazioni ed infine per una ulteriore verifica sui dati raccolti. Anche in questo caso la verifica è avvenuta attraverso l utilizzo della metodologia del focus group organizzato nell ambito della sessione formativa prevista dal progetto N.E.W, a Forli (maggio 2005), che ha visto la partecipazione dei tre Paesi balcanici. I mesi di giugno e di luglio 2005 sono stati utilizzati per la stesura definitiva dello studio. Metodologia L analisi delle politiche sociali esistenti nei tre Paesi dell area balcanica ammetteva approcci differenti che sono stati presi previamente in considerazione e valutati sulla base dei materiali di documentazione esistente. La prima scelta da operare riguardava la metodologia stessa. In via teorica lo studio avrebbe dovuto ruotare intorno alla documentazione esistente in merito alle politiche di welfare in tre Paesi balcanici, l Albania, la Serbia e la Bosnia. E stata però sufficiente una prima verifica per accertare che assumendo questo taglio, lo studio avrebbe sofferto di limiti tanto gravi ed evidenti da togliere in buona misura la sua significatività. In primo luogo, è apparso chiaro che il peso specifico del materiale esistente sarebbe stato insufficiente ad una analisi approfondita sui bisogni formativi. In secondo luogo, lo stesso materiale si sarebbe caratterizzato inevitabilmente per la sua ripetitività e avrebbe perciò offerto un quadro poco significativo per poter delineare le caratteristiche dei bisogni formativi. Infine, la specializzazione 6

dell argomento avrebbe impedito alla ricerca di seguire e commentare la ricchezza dei riferimenti contestuali. Per tutti questi motivi si è proceduti alla scelta di realizzare un indagine sul campo attraverso l analisi di studi di caso realizzati sulla base di interviste aperte. Per facilitare le interviste è stato elaborato un questionario, un elenco di domande come supporto all intervistatore per la raccolta dei dati e delle informazioni necessarie per verificare i livelli gestionali, organizzativi ed operativi delle strutture, pubbliche e private, dei tre Paesi che si occupano di servizi sociali. A conclusione delle interviste, si è proceduti alla organizzazione di focus group per completare ed integrare le informazioni raccolte attraverso il confronto diretto tra più opinioni; una sorta di intervista di gruppo, e un osservazione fatta su un gruppo di soggetti. Per completezza dell informazione si è proceduti infine ad interviste a testimoni privilegiati e all analisi della documentazione esistente. Selezione delle strutture esaminate Ovviamente il criterio principale è stato quello del carattere specialistico della struttura sia essa istituzionale sia privata, nel campo delle politiche e dei servizi sociali. Oltre ai dipartimenti preposti alle politiche sociali delle istituzioni locali decentrate, si è trattato dunque di scegliere tra le associazioni che operano nel settore, nelle città target della ricerca. Nella selezione sono stati privilegiati quei soggetti pubblici e privati che si occupano in maniera specifica di donne e di minori; che fossero rappresentativi, per dimensione e prestigio, delle realtà territoriali.si è inteso, infine, adottare un criterio selettivo che salvaguardasse la diversità dei soggetti, lo stile di lavoro, l ispirazione religiosa o meno. Periodo preso in esame La necessità di verificare i bisogni formativi in tema di welfare ha reso la scelta obbligata. Per quanto riguarda gli studi di caso si è fatto riferimento esclusivamente alle esperienze in corso. Interesse e completezza della ricerca hanno suggerito comunque l analisi storica e diacronica per permettere di conoscere l evoluzione delle politiche sociali nei tre Paesi. Un fattore importante per comprendere le difficoltà, i ritardi e gli approcci esistenti sulla materia e per comprendere e contestualizzare le informazioni delle interviste. L analisi storica ha preso in esame l evoluzione delle politiche sociali nei tre Paesi, a partire dall organizzazione esistente durante il periodo comunista. Per i tre Paesi dunque, l analisi dei cambiamenti sui percorsi di welfare ha riguardato gli ultimi 50 anni. Tecniche di analisi e struttura della ricerca. Gli studi di caso Per la preparazione delle interviste si è proceduti alla individuazione delle principali aree problematiche che debbono presiedere, in via presuntiva, alla introduzione, descrizione e commento delle informazioni sulle politiche di welfare e ad un suo 7

corretto inserimento nel più vasto contesto descrittivo, lasciando comunque libero l intervistatore di soffermarsi maggiormente su una parte piuttosto che su sezioni non particolarmente recepite. La traccia di domande è stata molto ampia e riguardava : o informazioni sulla struttura, pubblica o privata - informazioni inerenti al personale che opera nella struttura o condizioni strutturali, fisiche e antropiche, del contesto territoriale nel quale la struttura opera. o utenza, cioè coloro ai quali la struttura si rivolge nella erogazione dei servizi o informazioni su due categorie particolari di utenza, i giovani e le donne, selezionati come campione privilegiato o metodologie di lavoro della struttura, per descrivere le modalità, l organizzazione, il metodo con cui vengono identificati i bisogni, effettuata la programmazione, erogati i servizi o collaborazione e coordinamento, per indagare i rapporti tra pubblico e privato, l esistenza o meno di forme di welfare mix. I focus Group I focus group, sono stati realizzati in una fase successiva, coinvolgendo gli stessi soggetti intervistati nella fase degli studi di caso, per valutare le reazioni alle domande ed i processi cognitivi che possono influenzare i partecipanti. I focus group hanno inoltre teso a dare ai soggetti studiati la possibilità d intervenire attivamente nella ricerca; a sviluppare nuove ipotesi; scoprire a quali altri soggetti sarebbe utile rivolgere l intervista; valutare i problemi di non risposta. I focus group consentono inoltre il confronto tra più opinioni e di conseguenza la possibilità di verificare il significato dato dagli intervistati a domande che si sono rivelate ambigue; di verificare le risposte e di interpretarle nel modo più esatto possibile ed infine, di approfondire le informazioni ottenute. Le Interviste ai testimoni privilegiati E stata utilizzata, ai fini dell indagine, oltre agli strumenti tipici della ricerca, la tecnica dell intervista focalizzata, intesa sia come strumento di rilevazione di dati strutturati e percezioni soggettive, sia come ulteriore strumento di riflessione sul welfare. Anche in questo caso è stata utilizzata una scaletta di domande come traccia. L analisi dei documenti Una fonte molto importante di dati è l'analisi dei documenti che contengono informazioni sulle normative, e sulle evoluzioni delle politiche di welfare. I documenti presi in esame sono di tipi molto diversi; normative, testi di legge, rapporti, pubblicazioni, articoli, relazioni. 8

Stesura L ultima scelta da compiere riguardava lo stile della scrittura dell indagine. Si trattava di scegliere tra la compilazione di un testo disciplinato nel riportare i risultati dello studio con riferimenti a tabelle e grafici oppure, di realizzare un testo di tipo discorsivo ma anche narrativo che consentisse una lettura destinata anche ai non addetti ai lavori e dunque più efficace. Si è optato per questa seconda scelta, cioè lo stile narrativo che ha significato mettere in ordine i concetti in forma scorrevole e rendendo possibile l esprimersi ed il comunicare in maniera semplice ma nello stesso tempo ricca ed efficace. Per gli studi di caso, in particolare, lo stile narrativo ha consentito la descrizione di esperienze fondate su argomenti e legami di vita trasformando i fatti in notizie senza ovviamente operare alcuna deformazione nei contenuti. 9

3* capitolo ALBANIA Uno sguardo sulla questione sociale L Albania ha una popolazione di circa tre milioni di abitanti su una superficie di 28.748 kmq. E un paese molto giovane con un età media di 31,7 anni, con il 29,3% della popolazione al di sotto dei 14 anni e circa la metà sotto i 25 anni. Negli anni si è assistito a migrazioni di massa verso l estero e a consistenti movimenti interni di popolazione che ne hanno modificato la distribuzione nelle regioni. I distretti del nord hanno perso popolazione e, mentre i dati relativi al 1989 contavano una percentuale di popolazione urbana del 35,8%, nel 2004 si registrano valori del 45%. Processi di incontrollata urbanizzazione hanno portato i nuovi cittadini ad installarsi nelle aree cosiddette informali prive di infrastrutture, scuole e servizi di base sanitari e sociali Il 1991 è stato un anno determinante per la storia dell Albania: iniziarono una serie di radicali cambiamenti che fecero uscire il paese da un periodo di totalitarismo e isolamento durato oltre 50 anni. Attualmente sta attraversando una lunga e faticosa transizione e questi anni sono stati caratterizzati da profonde riforme economiche, politiche e sociali allo scopo di cambiare radicalmente la vita del paese, considerato dalle statistiche europee il più povero d Europa. L Albania, come stabilito dalla riforma amministrativa del territorio avviata nel 1992 e completata nel 2000, è suddivisa in 12 regioni (Qarku) composte da 36 distretti (Rrethi). La riforma di decentramento territoriale tiene conto dell adesione del paese alla Carta Europea per l Autonomia Locale. Gli enti di governo locale di base sono le municipalità nelle aree urbane e i comuni nelle aree rurali, guidati da sindaci eletti con voto diretto ogni 3 anni. Ad essi, secondo la legge del 2000, spettano le competenze nel campo delle infrastrutture, dei trasporti, dei servizi pubblici, dell urbanistica, dei servizi sociali, della cultura e sport, dello sviluppo economico locale, dell educazione, dell ambiente, della sanità e dell autonomia tributaria e fiscale. Se progressi evidenti dal punto di vista del decentramento si sono registrati nei settori dei servizi pubblici, dei trasporti, delle infrastrutture, della cultura e dello sport, per il resto si può parlare di un parziale processo. In particolare la difficile gestione dell autonomia tributaria e tariffaria ha limitato la possibilità degli enti locali di raccogliere risorse a livello locale. Il distretto è una semplice unità territoriale che ospita organi amministrativi sia governativi che regionali preposti alla raccolta di dati statistici e alla gestione di servizi statali decentrati in diversi settori: educazione, sanità, ordine pubblico, servizi per l impiego, giustizia, etc. Le regioni, costituite generalmente da due a quattro distretti ciascuna con una popolazione media di 266.000 abitanti, hanno il compito di creare politiche regionali armonizzate con quelle nazionali; possono inoltre assolvere a funzioni concordate con gli enti locali di primo livello o delegate dal governo con legge. Nonostante gli sforzi normativi, la regione non ha ancora trovato il proprio ruolo e non è stata capace di esercitare la 10

propria autorità perché manca di un chiaro mandato elettorale e di competenze specifiche, risorse e proprietà. Raggiungere gli standard europei è uno degli obiettivi del sistema giuridico albanese, in previsione di un futuro ingresso nell Unione Europea. A partire dagli anni novanta il paese ha aderito alle più importanti convenzioni internazionali e ha avviato una serie di misure legislative e normative nei diversi settori. In particolare nel settore delle politiche sociali e della lotta alla povertà sono stati avviati programmi in collaborazione con organismi internazionali (Unione Europea, Consiglio d Europa, Banca Mondiale, Nazioni Unite, etc) e partenariati bilaterali. Fino ai primi anni 90 in Albania non esisteva l espressione politiche sociali, perché tutto ciò che interessava la persona e i suoi bisogni sociali era gestito dallo Stato. Era strutturato in maniera estremamente burocratica ed ideologica, ed era preposto a provvedere a tutti i bisogni dei cittadini. Questo non vuol dire che non esistessero delle politiche sociali, ma erano intese in un senso puramente strumentale al fine di rafforzare l ideologia marxista-leninista del regime. Durante il periodo di Hoxha, i servizi erano offerti gratuitamente e indistintamente a tutti i cittadini. Uomini e donne avevano un lavoro assicurato, non esisteva la disoccupazione e quindi i problemi sociali di diretta derivazione. Si tratta di un aspetto da sottolineare se si vuole capire come oggi l assenza di lavoro e la scelta verso l emigrazione abbiano completamente stravolto la società albanese modificando sostanzialmente i bisogni e i disagi delle persone. Le politiche familiari al tempo del regime, incentivavano le coppie ad avere molti figli, simbolo del futuro dell Albania. Erano previsti aiuti statali per le famiglie numerose, soprattutto se residenti nelle zone rurali e isolate, sotto forma di alcuni benefici quali il frigorifero, la lavatrice, la mucca, oppure la garanzia della pensione anticipata per le madri. La politica degli alloggi era gestita dai consigli e dai comitati di quartiere, obbligati ad assicurare un tetto a tutti i loro cittadini. Gli alloggi erano costruiti volontariamente dal popolo, in quanto gli stessi costruttori cercavano di assicurarsi la possibilità di abitarvi. Questo meccanismo ha reso possibile la realizzazione di molti palazzi in Albania, ma non ha mai risolto il problema dell alloggio per la totalità della popolazione. Le case costruite rimanevano comunque di proprietà dello Stato e i cittadini, dopo averle realizzate, erano tenuti a pagare un affitto. La politica del lavoro durante il regime prevedeva l assegnazione di un occupazione a tutta la popolazione in età lavorativa. Veniva così annullato il concetto di mercato del lavoro e di conseguenza la disoccupazione. I servizi considerati di utilità sociale, rivolti alla popolazione, si limitavano alla gestione degli orfanotrofi e degli ospizi per anziani, mentre gli ospedali psichiatrici erano considerati servizi sanitari. Non esisteva il Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali in quanto non vi era alcun servizio da erogare. In verità la vita degli albanesi era molto povera, non solo da un punto di vista economico, ma anche sociale. Il regime costringeva a vivere in totale isolamento, niente si sapeva e si conosceva del mondo fuori dei confini dell Albania. La vita sociale era scandita esclusivamente dalle attività culturali, educative e ricreative, sempre organizzate dalle istituzioni preposte dal regime. La scuola era una delle istituzioni alla quale era attribuita un importanza particolare. Le prime classi di scuola erano meticolosamente seguite e curate nell organizzazione dei programmi, sempre tesi ad esaltare il modello di vita locale e a denigrare quello al di fuori dei confini nazionali. Gli insegnanti delle scuole si chiamavano commissari del 11

partito ed erano considerati con estremo rispetto nella società dell epoca. L Organizzazione dei Pionieri e l Organizzazione della Gioventù erano organizzazioni politicizzate all interno del sistema scolastico, completamente al servizio del partito. La prima organizzava attività culturali e artistiche, con solo gli alunni di talento, mentre l organizzazione della Gioventù si occupava delle feste tradizionali volute dal regime rivolte all infanzia e all adolescenza. Con la fine del regime e nel periodo di transizione ad un governo democratico pluripartitico e l applicazione dell economia di mercato avviati nel 1991, l Albania ha dovuto affrontare nuovi problemi, come la povertà e la disoccupazione. Secondo un analisi del 2002, un quarto della popolazione vive sotto la soglia di povertà, un altro 30% vive molto vicino alla soglia in situazione di estrema vulnerabilità. La povertà si concentra nelle zone rurali ed è la prima causa della migrazione interna che porta allo spopolamento delle campagne. A questo si aggiungono infrastrutture povere, difficoltà nell accesso all educazione primaria, all acqua corrente, ai servizi sanitari e sociali, all elettricità e al riscaldamento Per quanto riguarda la disoccupazione, nel periodo dal 1990 al 1993, si arrivò fino a 470.000 unità, in seguito alla chiusura dei grossi poli industriali e alla fine delle cooperative agricole. La crisi durò a lungo, con gli operai in attesa di un improbabile privatizzazione delle fabbriche e con i contadini a cui era stata ventilata una riforma per la restituzione della terra ai privati cittadini. Anche negli anni dello scandalo delle cosiddette piramidi finanziarie, 1997-1998, il tasso dei disoccupati rimase elevato, con 235.000 unità. Altissima la percentuale dei giovani, che peraltro rappresentarono la maggioranza di quanti tentarono di lasciare il paese per cercare lavoro all estero, privando così l Albania di una determinante risorsa per il futuro. La transizione albanese ha accresciuto l ineguaglianza sul mercato del lavoro e le difficoltà all interno della famiglia. I bisogni emersi portarono a costruire ed implementare velocemente numerose riforme economiche e un nuovo stile di vita, non valorizzando altri aspetti quali l influenza positiva che la donna albanese rivestiva nel passato nella famiglia e quindi nella società. Oggi si riscontrano conseguenze negative dovute proprio alle scelte politiche, economiche e sociali di allora. Le donne attualmente si confrontano con la discriminazione anche quando cercano delle alternative, ad esempio impegnandosi in un impresa privata. Inoltre nei casi in cui hanno la stessa qualifica degli uomini, non raggiungono posizioni direttive e questo accade sia nel settore pubblico che privato. Nel 1997 circa il 70 % delle donne erano occupate in agricoltura e in aziende agricole familiari, circa il 20 % lavoravano nel settore pubblico e circa il 10% nel settore privato. Lo stipendio medio delle donne in questi settori e a tutti i livelli è pari al 70% del rispettivo stipendio che riceve un uomo. La partecipazione delle donne nelle attività economiche durante gli anni della transizione risultò essere sempre più bassa in quanto molte ragazze abbandonarono la scuola, specialmente nelle zone più lontane e isolate. Ciò ha comportato una diminuzione degli anni d istruzione e la mancanza d'attenzione verso questo fenomeno comporterà per il futuro sempre minori possibilità di occupazione qualificata del mondo femminile. Attualmente a livello nazionale le donne costituiscono circa il 37 % della forza lavoro. Considerando i ruoli direttivi nelle istituzioni, nelle imprese statali e nelle attività private solo il 20,9% sono occupati da donne e nella vita politica la partecipazione femminile è bassa. Nel passato Parlamento solo 9 deputati erano donne, e nessuna è stata scelta come capogruppo parlamentare, e dei 19 ministri 2 erano donne, 12

anche se negli ultimi anni si sono registrati tentativi positivi per stimolare la partecipazione della donna nei forum dei partiti politici. Per quanto riguarda le politiche di welfare, il sistema della protezione sociale albanese fa capo al Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali (MLAS) che opera attraverso la sua istituzione centrale, il Servizio Sociale Statale (SSS). La protezione sociale comprende principalmente tre tipologie di programmi pubblici: le contribuzioni monetarie, le politiche per l occupazione e le istituzioni della protezione sociale oltre ad altri servizi sociali. Il controllo a livello locale dei servizi sociali è di competenza degli uffici regionali del SSS che si occupano della raccolta dei dati sulla povertà, sui problemi sociali e dei gruppi sociali a rischio e sono responsabili per la gestione della rete delle istituzioni residenziali. Il sistema dell Aiuto economico, finanziato da una voce di spesa specifica del budget del governo, è destinato a famiglie senza entrate o con entrate insufficienti specificate dalla legge e la distribuzione avviene mensilmente sulla base delle richieste pervenute agli uffici preposti presso le amministrazioni locali. L aiuto economico sostiene nel 2004 ogni mese una media di 124.000 famiglie, con un contributo di circa 27 per famiglia Le politiche per l occupazione prevedono le pensioni di disoccupazione, programmi di promozione dell impiego, programmi a finalità sociale e percorsi di formazione professionale. Una norma importante, che copre l assistenza alle famiglie in bisogno cercando di avviare percorsi di occupazione, vincola l assegnazione del sostegno economico a specifiche categorie di beneficiari all inserimento lavorativo e a servizi di pubblica utilità. Il Servizio Sociale Statale (SSS) è responsabile della gestione del sistema di istituzioni residenziali pubbliche, in cui lo stato si prende carico di orfani, disabili e anziani. Sono 26 su tutto il territorio nazionale e ospitano oltre mille persone. Fino all approvazione della nuova legge sui servizi sociali nel marzo 2005, il sistema degli aiuti e assistenza sociale era regolato dalla Legge 7710 del 1993 ( L assistenza sociale e welfare) che riconosceva e regolava anche i cosiddetti servizi sociali non governativi. La legge del 1993 infatti differenzia i servizi statali dai servizi sociali gestiti dalle organizzazioni non governative albanesi e internazionali e stabilisce che questi ultimi possono operare se autorizzati dal Ministero del Lavoro e Affari Sociali, a condizione che abbiano personale professionale ed offrano servizi di qualità non inferiore a quella degli istituti pubblici. I servizi organizzati dalle ong sul territorio albanese sono considerati complementari al servizio pubblico. Il SSS registra oggi 41 ong autorizzate dal Ministero ad offrire servizi sociali, ma si stima a 146 il numero delle ong presenti sul territorio prive di dirette relazioni contrattuali con il ministero. Il SSS, in base ai bisogni rilevati, ha il ruolo di indirizzare l operato delle ong nei settori più scoperti, ma in realtà più del 50% di esse operano su territorio di Tirana. E in questo contesto che è stata approvata la Legge Nr. 9355 del 10.03.05 ( Su gli aiuti e i servizi sociali ). Attesa da lungo tempo, ha il merito di sancire il decentramento delle politiche sociali e attribuisce competenze e risorse ai governi locali, mantenendo al governo centrale il ruolo di programmazione finanziaria, di governo, monitoraggio e di creazione degli standard dei servizi. Altri obiettivi importanti della legge sono la deistituzionalizzazione dei servizi residenziali e la loro trasformazione in servizi comunitari, la creazione di nuove tipologie di servizi, la possibilità dell esternalizzazione del servizio pubblico a struttura convenzionata e la possibilità di appaltare a privati la creazione di servizi 13

pubblici non esistenti, con conseguente sostegno finanziario all operato delle organizzazioni non governative, come parte della rete dei servizi sociali statali. La nuova legge è logica conseguenza della Strategia nazionale a medio termine dei servizi sociali 2005-2010 creata con lo scopo di promuovere riforme istituzionali all interno delle politiche sociali, sulla base dei bisogni emergenti nel paese. Con questa normativa quadro lo stato, nel processo attuale, ha creato le premesse per poter governare le differenti realtà già presenti sul suo territorio, verificandone lo standard dei servizi e per poter successivamente farsi carico di servizi differenziati e diffusi sul territorio. Occorrerà ora attendere la definizione del passaggio dei fondi a livello locale e il completamento del decentramento fiscale a favore degli enti locali. 14

Albania TESTIMONIANZA A colloquio con Gezim Tushi, Vice Direttore generale dei Servizi Sociali Statali Se ripenso agli ultimi dieci anni, posso affermare che relativamente al sistema dei servizi sociali molto è cambiato radicalmente: la struttura, la tipologia, le modalità di prestazione dei servizi e i target group. Il regime comunista era basato su principi ideologici diversi, che nascondevano i problemi sociali. Esistevano pochissimi servizi sociali di base, che non coprivano la diversità e la complessità dei problemi sociali. Oltretutto, molti problemi sociali c erano, ma venivano completamente tenuti nascosti. Per esempio, nel periodo del comunismo non si poteva parlare di prostituzione o di droga o di abbandono scolastico o di anziani abbandonati. Non si poteva parlare di bambini di strada, di traffici, di bambini o ragazzi non accompagnati. In parte perchè non esistevano, e in parte perché erano nascosti dal regime. Così i servizi sociali di quel periodo erano basati su un sistema semplice: i contributi economici, alcuni orfanotrofi ed alcune case per anziani. Questo era lo schema del passato. Il passaggio alla nuova società ha portato differenze radicali: nella gestione, nella concettualizzazione, nelle strutture, nelle capacità, nelle professionalità. Prima di tutto la società ha accettato apertamente senza paura l esistenza dei problemi sociali ora aperti e visibili. Quello che era nascosto, nella libertà è esploso. Il passaggio alla democrazia e lo sviluppo della civiltà, sono stati accompagnati anche dai mali di questa libertà, ossia oggi, in Albania, si sono evidenziati tutti i fenomeni di cui soffre la società occidentale. Oggi non nascondiamo niente e inoltre lo Stato cerca di prendere provvedimenti nella sfera della prevenzione, dell assistenza e della riabilitazione. Dal 1990 possiamo contare su un quadro legislativo completo. La Legge del 1993, una legge quadro generale per l organizzazione dei servizi sociali, stabilisce i ruoli e le responsabilità delle diverse strutture dello Stato e in particolare del Ministero degli Affari Sociali, titolare delle politiche, delle strategie e gestore attraverso le strutture esecutive - come noi, il SHSSH - dello schema dei servizi sociali. E stato costituito un nuovo concetto di target dei beneficiari e dei nuovi bisogni sociali, sono state costruite strutture per i servizi polivalenti dal punto di vista finanziario, gestionale e anche direttivo. Dobbiamo sottolineare come in questi 10 anni il ruolo principale nella struttura dei servizi sia stata ricoperto unicamente dallo Stato. Un modello paternalista, nel quale lo Stato ha un ruolo centrale, è il finanziatore e detiene il monopolio sulle strutture del servizio sociale e sui centri residenziali. Finanzia gli schemi dei servizi sociali e della disoccupazione. Praticamente tutto il servizio statale in Albania non è contributivo, ossia i beneficiari non pagano nulla e l unico finanziatore è lo Stato. Sempre analizzando questi ultimi 10 anni, non possiamo negare il contributo che hanno dato le ong straniere e anche quelle locali come membri della società civile, 15

nuova e fragile. Il loro contributo finanziario sul totale dei servizi sociali è di 1/5 o 1/6. Le ong internazionali presenti in Albania sono italiane, americane, francesi, tedesche, svizzere, ecc. Noi abbiamo seguito una politica aperta e liberale, favorendo l intervento delle ong nelle strutture del servizio sociale. Praticamente oggi la struttura del servizio sociale è basata su servizi pubblici e su quelli delle ong, mentre stiamo prendendo in considerazione anche strutture a gestione privata. Lo permetteva già la legge del 1993, e la nuova lascia una porta aperta. Ma non sappiamo come inserire nella gestione dei servizi gli enti privati che richiederebbero un pagamento. Essendo cambiato il paese, a un certo punto si è sentito il bisogno di cambiare legge, strategia e politiche. Cosi oggi l Albania è in una fase di trasformazione radicale e di rivoluzione della struttura sociale. Questo cambiamento ha a che fare prima di tutto con la nuova legge che stabilisce i ruoli e le responsabilità degli attori principali dei servizi sociali, riducendo il ruolo dello Stato e aumentando le responsabilità del governo locale nell ambito dei servizi comunitari. Questa legge stabilisce il principio del decentramento dei servizi sociali, ossia l abolizione di quello schema piramidale gestito dallo Stato. Questo significa il passaggio dei servizi sotto la dipendenza del governo locale, realizzando in qualche modo una pianificazione territoriale. Inoltre questa legge istituisce la de-istituzionalizzazione, ossia una politica non residenziale come principio. Non servizio nelle grandi strutture nazionali, che rischiano di diventare delle carceri sociali, ma delle strutture più flessibili, più semplici, vicine alla comunità. Inoltre, sempre la nuova legge, conta di implementare il principio secondo il quale non deve essere la persona ad andare al servizio, ma il servizio a recarsi dalla persona bisognosa. A questo scopo è stato molto utile un grande progetto della Banca Mondiale, iniziato nel 1999 dal titolo Distribuzione dei servizi sociali nella comunità, che ha lo scopo di migliorare le responsabilità del governo locale, accompagnando le strutture del governo comunitario. Il progetto è iniziato in quattro città pilota: Tirana, Valona, Scutari, e Durazzo. Con il sostegno del British Council, abbiamo affrontato questioni cruciali: le legislazioni, gli standard e gli accreditamenti e il monitoraggio dei servizi. Questa ultima questione riguarda direttamente il nostro Dipartimento e gli Uffici regionali destinati a diventare la sede di coordinamento e monitoraggio. La nostra trasformazione sta andando nella direzione di un dibattito nell ambito delle politiche sociali. Niente progredisce senza un dibattito e in questo caso sono coinvolti sia il Ministero che le Istituzioni del potere locale, ossia i due rivali per il monopolio delle politiche sociali. Entrambi stanno cercando di fare in modo che nessuno abbia la sorte del re Illiro, che ha distribuito le ricchezze alle figlie ed è rimasto senza niente. Ecco il nocciolo del problema: chi farà le politiche sociali a livello nazionale, chi stipulerà le strategie, chi definirà le politiche, chi finanzierà le istituzioni sociali, chi darà le licenze, chi sarà il responsabile del monitoraggio e chi penalizzerà nei casi di pessima prestazione del servizio? E stato stabilito un modus vivendi. La politiche saranno di competenza del Ministero degli Affari Sociali come componente del governo, stabilirà il master plan principale, e sarà il finanziatore principale, soddisfacendo i bisogni. Ma sarà presente anche il governo locale, con la sua struttura, a cui spetterà lo studio sui bisogni. Avrà il suo fondo sociale, costituito da risorse provenienti dal budget del governo centrale ma anche da risorse locali. Il livello locale costruirà la struttura dei servizi, insieme alle ong, dalle quali comprerà dei servizi a seconda dei bisogni emersi. Nel frattempo il 16

Ministero riserverà per sé il diritto esclusivo alla valutazione delle capacità delle istituzioni del privato e del privato sociale autorizzate. La gestione, il finanziamento, il monitoraggio dei servizi sociali verrà effettuato dalle strutture del governo locale, mentre la licenza e l accreditamento, il monitoraggio e il rispetto degli standard verranno garantiti dalle strutture del centro, all interno del Servizio Sociale Statale (Sh.S.Sh.) con l istituzione di un Dipartimento dell Ispettorato sociale e anche i nostri uffici regionali avranno i loro uffici dell ispettorato locale. Per quanto riguarda le competenze necessarie per questo percorso di trasformazione, invieremo in Inghilterra 10 persone: 3 dagli uffici centrali ed altri 7 dagli uffici regionali. Parteciperanno ad un processo intenso di formazione per prepararsi come ispettori. Hanno una buona preparazione di base, sono laureati in Scienze sociali, hanno un background nel settore e sono motivati per svolgere questo ruolo. Nelle quattro realtà pilota abbiamo creato i Comitati di pianificazione comunitaria dei casi sociali, una sorta di imitazione del modello italiano della pianificazione territoriale, mentre l applicazione è diversa perchè noi siamo ancora ai primi passi. Per esempio, Scutari. Per la pianificazione è stato istituito un Comitato, del quale fanno parte rappresentanti del governo locale, delle strutture accademiche, della polizia, dell istruzione, della sanità, i quali evidenziano i bisogni della comunità (bambini di strada, anziani, orfani, consumatori di droga, prostitute, eccetera). Basandosi su questi bisogni e sulla valutazione delle capacità esistenti, vengono stabiliti quali nuovi servizi necessita la comunità. In verità non è che siamo molto soddisfatti di questi comitati, è una nuova esperienza e si tratta di strutture non retribuite, e si sa, a noi non piace molto il volontariato. Ma alla fine troveremo una soluzione. Deve esistere un fondo sociale del qarku così composto: una parte proveniente dal budget dello stato - che verrà suddiviso a seconda dei bisogni dei 12 qarku - una parte dal governo locale, proveniente dalle tasse. Il governo locale avrà più competenze non solo per aprire i canali e riparare le strade, ma avrà responsabilità più ampie per le persone che vivono nella comunità, ed avrà il dovere di operare per il miglioramento delle condizioni di vita e per il benessere collettivo. Questi fondi verranno amministrati dal governo locale. Noi ovviamente vigileremo sull applicazione, perchè parte dei finanziamenti provengono dal centro, controlleremo anche la loro destinazione pratica. Al momento sono tre i principali tipi di aiuto economico, e tutti sono non contributivi. Sono soldi che escono dal budget dello Stato, provenienti dai contribuenti albanesi, dei quali beneficiano target group particolari. Si tratta delle famiglie povere (che sono 122-123mila), delle persone nate con disabilità o divenuti tali prima dei 21 anni, che insieme ai familiari, rappresentano 53mila persone. Poi ci sono 26 istituzioni di cura sociale (per bambini, adolescenti, orfani, anziani, bambini disabili, donne, bambini, ragazze vittime della tratta ecc). Sono escluse le strutture per dipendenti da droga e alcool, non finanziati da parte nostra. Nel novembre del 2004 ha preso avvio un processo pilota, basato su una decisione del governo albanese, con cui si stabilisce la possibilità di accedere ad aiuti economici, condizionandoli al lavoro e ai servizi nella comunità. Così l aiuto economico cessa di essere un aiuto passivo, un grant senza nessuna condizione. Questi fondi sono molto alti per il budget dello Stato, ma sono pochi per una famiglia. L aiuto deve diventare attivo e dinamico e inoltre serve un meccanismo per eliminare dall aiuto coloro che hanno lavori informali e godono senza diritto del sostegno economico. 17

Partendo da questi presupposti, abbiamo preparato dei progetti pilota che servono alla comunità per migliorare le infrastrutture e affrontare i bisogni sociali. Abbiamo costretto le persone che prendono gli aiuti economici a realizzare lavori pubblici comunitari, in cambio di uno stipendio minimo mensile, che in Albania è di 10.800 lek. Così si costringono le persone ad andare a lavorare e si permette loro di percepire un contributo più alto, quattro volte più dell aiuto economico, assegnato in cambio di servizi alla comunità. Abbiamo applicato questo progetto pilota in nove Municipi e finora ha dato dei risultati positivi. 18

Albania INTERVISTA Arda Nazareni, esperta del settore giuridico del Dipartimento Servizi Sociali, Ministero del Lavoro Quali sono le competenze del Dipartimento Servizi Sociali del Ministero del Lavoro? Al Ministero spetta il compito di emanare leggi e regolamenti, mentre noi ci occupiamo delle politiche. I Servizi sociali statali (Sh.S.Sh.), a loro volta, svolgono la funzione di un agenzia di implementazione della politica del Ministero. Un draft sulla nuova Legge dei servizi sociali è stato preparato dal Ministero in collaborazione con i Servizi sociali statali e gli esperti dell agenzia britannica British Council. Pareri sono stati richiesti anche ad altri attori coinvolti, quali ong, rappresentanti delle Municipalitá o degli enti locali in generale. Quali sono le novità della nuova legge? Si sono allargate le categorie dei beneficiari. Un esempio: si prevede una tutela non solo per i disabili, ma anche per le loro famiglie attraverso un assegno economico al di là delle condizioni economiche. Altre novità? Cambiano i servizi sociali. La legge sancisce il loro decentramento e il passaggio sotto la responsabilità degli enti locali. Inoltre, vengono stabilite per grandi linee le modalità di trasferimento dei fondi prevedendo un doppio binario: uno per il trasferimento dei fondi dell aiuto economico, l altro per i servizi sociali. La legge stabilisce un sistema generale di regolamentazione di questo processo e l attuazione concreta avverrà attraverso decisioni del Consiglio dei Ministri per definire criteri e modalità. Quale sarà il nuovo ruolo del Ministero del Lavoro? La responsabilità del governo centrale consisterà nella preparazione delle proposte di legge e delle decisioni applicative, nella definizione delle strategie nazionali e nella definizione degli standard per i servizi sociali. Standard generali per l attivazione e l erogazione dei servizi ma anche standard specifici per ogni tipo di servizio. Nel 19

quadro del monitoraggio che il Ministero dovrá fare del processo, verranno creati all interno del Servizio Sociale Statale due ispettorati: 1) il primo con competenza in materia di servizi sociali, che controllerá l applicazione della legislazione, degli standard e delle opportunità; 2) il secondo responsabile dell'aiuto economico, competente per l assegnazione dell aiuto economico e del sussidio per i disabili. A questa struttura andrà la responsabilità dei fondi necessari e il controllo della loro destinazione a livello locale. Quanto durerà la fase transitoria? La legge prevede che dal livello centrale continuino ad essere programmati ed erogati i servizi dell aiuto economico fino al 2010, quando saranno gli enti locali a prendere in carico il servizio. Nella legge si parla di nuovi servizi. Quali? Intendiamo servizi per la comunità, più vicini agli individui, a contatto diretto con le persone che hanno dei bisogni. Per esempio, durante questi anni sono stati attivati dei nuovi centri diurni, o dei centri polivalenti. Esistono anche altri modelli di servizi, come quelli previsti dal progetto della Banca Mondiale, finalizzato alla distribuzione dei servizi sociali nelle comunità. Sono stati attivati servizi per gli anziani, per le persone trafficate, ecco questi sono i nuovi tipi di servizi. Saranno le varie unitá del governo locale, in collaborazione l una con l altra, a individuare le categorie bisognose sotto la proprio giurisdizione e a inventare nuovi servizi per i bisogni della popolazione. Se non sará possibile per l ente locale offrire quel servizio in particolare, la persona bisognosa sará inviata ad un altra istituzione in grado di offrire il servizio richiesto. Fino a quando non verrá completato questo nuovo sistema dei servizi sociali, il Servizio sociale statale avrà il ruolo di coordinamento. Si prevede fino al 2010. E prevista nel 2010 la scomparsa dei Servizi sociali statali? La struttura continuerà ad esistere, ma avrà solo un ruolo di monitoraggio e di controllo e non più il ruolo di coordinatore fra le unitá del governo locale. Saranno invece le unitá locali che dovranno trovare le soluzioni per i problemi delle persone sotto la loro giurisdizione. Cosa prevede la legge in merito ai finanziamenti? Verrá costituito un Fondo shoqorore, da non confondere con il Fondo sociale creato presso il Ministero delle Finanze. Questo nuovo fondo avrá l obiettivo di implementare le nuove politiche per i servizi sociali e di sostenere le unità del governo locale non così esperte e grandi per offrire i servizi sociali. I servizi sociali saranno completamente sotto la responsabilitá degli enti locali. L unico budget che verrá versato dal governo centrale, sará quello per le istituzioni residenziali, che passerano sotto la dipendenza del governo locale. I fondi per attivare gli altri servizi verranno regolati dal governo locale, in collaborazione con gli erogatori dei servizi complementari presenti sul territorio. Il nuovo Fondo shoqorore, invece, sarà destinato a nuovi tipi di servizi, nel quadro delle innovazioni delle politiche. 20

Già nel 2003 era stata preparata una strategia. Perché l esigenza di redigerne una nuova? Quella strategia non è mai stata approvata, non era arrivata nemmeno al Consiglio dei Ministri. Era stata preparata dai Servizi sociali statali e rappresentò il primo passo nella definizione di una strategia. Con i nuovi cambiamenti, con il passare del tempo, con le nuove esperienze in campo formativo, si è sentita la necessità di migliorare la proposta. Quali sono i nuovi profili professionali, nel pubblico e nel privato-sociale, di cui si ha bisogna per una completa ed efficiente attivazione del sistema di servizio sociale? Su questo versante si deve lavorare a livello locale, con le municipalità e i comuni, perché saranno loro i responsabili dei servizi sociali. Occorre dunque rafforzare le capacità degli addetti ai lavori e aumentare il loro organico. Il discorso cambia per le ong: hanno già una grande esperienza nell offrire questi servizi sociali e personale formato. Come funzionerà l inserimento delle nuove figure professionali all interno dei servizi sociali decentrati? Il Consiglio dei ministri stabilirà le competenze degli enti locali e successivamente definirà la creazione di nuove strutture di servizi sociali non necessariamente presenti ovunque. Si tratterá dei Dipartimenti dei servizi sociali, si prevede che saranno due o tre e che si troveranno nelle municipalità più grandi, quali Tirana, Durazzo e Valona. All interno del Servizio Sociale statale verrà costituito un settore che si occuperá della formazione a livello locale e centrale. Tutto questo verrá fatto nel quadro del decentramento e della nuova riforma dei servizi sociali. 21