CHIRURGIA DEI FIBROMI UTERINI NELLA VISIONE MEDICO-LEGALE

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CHIRURGIA DEI FIBROMI UTERINI NELLA VISIONE MEDICO-LEGALE Riccardo Morgera Servizi Ambulatoriali e Day Service Ostetrico-Ginecologico, Casa di Cura Ospedale Internazionale, Napoli La chirurgia ginecologica, come del resto la chirurgia generale, ha subito negli anni profonde modificazioni, sia su piano tecnico, che sul piano socio-culturale. La migliore conoscenza della biologia e della fisiopatologia delle malattie, il progresso tecnologico nella diagnosi strumentale e nelle tecniche operatorie, la messa a punto di protocolli farmacologici e lo sviluppo della radioterapia permettono oggi un approccio meno invasivo, o conservativo, per ottenere gli stessi risultati, per i quali in passato si realizzavano interventi altamente demolitivi. Sul piano sociale è radicalmente cambiato il rapporto medico-paziente; si è passati da una condizione in cui il medico era visto come il tutore del paziente, con autonomia decisionale, al principio del rispetto dell'autonomia individuale, che prevede come l'intervento medico non possa essere legittimato se non dalla volontà pienamente libera e informata del soggetto direttamente coinvolto. Tale situazione si è concretizzata nel principio del consenso informato, che ha grandemente modificato l'esercizio della professione. Questi cambiamenti sono palesi soprattutto nell'ambito chirurgico, nel quale è prevista necessariamente la violazione dell'integrità fisica della paziente, la quale potrebbe sollevare obiezioni all'esecuzione di un determinato intervento. La decisione sulla necessità di una terapia chirurgica e la valutazione dei vari interventi che è possibile eseguire, nascono da due parametri fondamentali: le indicazioni e le condizioni permittenti. Le indicazioni provengono da un accurato percorso diagnostico, mediante il quale si definisce la patologia e si valuta se la situazione è risolvibile o migliorabile, mediante una terapia chirurgica, valutando anche eventuali controindicazioni per determinati tipi di interventi. Le condizioni permittenti dipendono

dalla costituzione del soggetto e dal suo intero quadro clinico, che possono rendere più o meno rischioso l'approccio chirurgico. Ad esempio la grossa obesità può rappresentare un fattore limitante che può fare decidere per diverse opzioni terapeutiche, se queste sono possibili, così come la presenza di malattie sistemiche, quali il diabete o i disturbi emocoagulativi, possono essere un fattore di rischio. A tale riguardo è fondamentale la valutazione preoperatoria dell'équipe anestesiologica, che deciderà se la paziente è operabile e con quale rischio; per questo tipo di valutazione sono stati messi a punto degli indici di rischio, tra cui il più utilizzato è la classificazione ASA (American Society of Anesthesiologists), che individua 5 classi di rischio. Oggi la donna ha sicuramente diritto a conoscere tutte le opzioni disponibili per eseguire l'intervento e il medico, qualora non abbia determinate competenze in una determinata tecnica, è tenuto a informare la paziente se ci sono altri centri di riferimento. Interventi per patologie benigne dell'utero I punti di maggiore dibattito clinico e medico-legale sono legati all'opportunità di eseguire, in caso di patologia benigna, un intervento conservatore (eventuale miomectomia, ablazione endometriale isteroscopica) e/o demolitivo (isterectomia totale-subtotale), con quale approccio (laparotomico, laparoscopico, vaginale) e un'eventuale contestuale annessiectomia. La preservazione dell'utero assume particolare rilievo per diversi motivi; il principale si configura nel caso in cui la donna si trova ancora nel periodo fertile della vita ed è rappresentato dalla perdita della capacità generandi ma è importante anche considerare come la perdita dell'organo potrebbe avere implicazioni psicologiche, con eventuale diminuzione del desiderio sessuale. La fibromatosi uterina è una patologia molto frequente e i miomi possono essere singoli e/o multipli, di varie dimensioni e in diversa sede rispetto alla parete uterina; da un punto di vista fisiopatologico, il mioma viene a formarsi per un'alterata risposta alla stimolazione estrogenica e per tale motivo, dopo la menopausa, tende a regredire..lindicazione all'intervento si ha quando il mioma è sintomatico (metrorragia, algie pelviche, compressione degli organi adiacenti, infertilità e abortività ricorrente). Una considerazione da fare riguarda la possibilità di degenerazione maligna che si verifica in meno dell'l o/o dei casi e tra l'altro non è ancora definito se si tratti di reale degenerazione di un mioma o di un sarcoma sin dall'inizio. Da un punto di vista terapeutico, le possibilità che si prospettano sono quelle di un controllo con la terapia medica e/o l'intervento chirurgico; quest'ultimo

può essere conservatore, miomectomia, o demolitore, isterectomia. La valutazione deve tenere conto soprattutto dell'età della donna, in quanto nell'età fertile è d'obbligo cercare l'approccio conservativo, soprattutto se l'indicazione è rappresentata da infertilità secondaria e/o abortività. In tali pazienti i fibromi possono essere rimossi chirurgicamente per via laparotomica, laparoscopica o isteroscopica, a seconda della zona di localizzazione, del volume e del tipo di fibroma. La miomectomia non è comunque scevra da rischi e/o serie complicazioni, perciò è necessario determinare se da tale procedura possa risultare un miglioramento reale della fertilità e determinare bene quale approccio chirurgico sia il più indicato; recenti evidenze suggeriscono che non vi è reale differenza, a riguardo della fertilità, tra l'approccio laparoscopico e/o laparotomico [l]. Nel caso di miomi sottomucosi l'intervento di elezione è rappresentato dalla miomectomia resettoscopica che, in assenza di controindicazioni, è da ritenersi la tecnica standard. Si realizza la distensione della cavità uterina mediante soluzione salina e sotto un'esatta pressione e controllo del flusso si ha una continua resezione e suzione del materiale asportato [:n In presenza di singolo mioma intramurale/sottosieroso l'approccio laparoscopico potrebbe rappresentare, invece, la giusta opzione chirurgica, tenendo conto, però, delle possibili eventuali complicanze legate, soprattutto, all'impossibilità di avere sempre un'emostasi soddisfacente. Un'accurata valutazione preoperatoria è fondamentale per determinare la strategia operatoria, in accordo al volume, numero e sede dei miomi e dare indicazioni sulla possibile miomectomia laparoscopica o se, viceversa, sarebbe preferibile eseguire la via laparotomica; ogni approccio trova sue precise indicazioni [2!]. Dopo la menopausa ha maggiori indicazioni l'intervento demolitore (laparotomico, laparoscopico, vaginale), in quanto, in genere, ci si trova di fronte a miomi diffusi e/o di grosse dimensioni. L'isterectomia, con o senza annessiectomia, è attualmente la più diffusa operazione chirurgica eseguita su donne non gravide. Le linee guida dell'acog (American College of Obstetricians and Gynaecologists) concludono che per scegliere la via più indicata per eseguire l'intervento bisogna valutare l'anatomia della paziente e l'esperienza del chirurgo. Comunemente la tecnica per via vaginale è considerata, se non ci sono specifiche controindicazioni, la tecnica di prima scelta per un'isterectomia. Con l'introduzione dell'isterectomia vaginale laparoscopicamente assistita (LAVH) prima e dell'isterectomia totalmente laparoscopica (TLH) successivamente, si è assistito a un significativo incremento dei tassi di isterectomia laparoscopica. Una newsletter della Società Italiana di Chirurgia Ginecologica (SICHIG)

del 2014 ha messo in evidenza come, escludendo l' isterectomia per pro lasso, l'indicazione più frequente per l'isterectomia è rappresentata dalle menometrorragie da patologia fibromatosica, con un aumento del numero delle isterectomie laparoscopiche, una modesta riduzione di quelle laparotomiche e una paradossale riduzione del numero delle isterectomie vaginali. Difatti, sebbene la via vaginale sia da anni riconosciuta come quella associata a un minore tempo operatorio, minore degenza ospedaliera e anche minori costi, la maggior parte delle isterectomie viene ancora eseguita per via addominale. La prevalenza dei chirurghi considera, infatti, come controindicazioni alla colpoisterectomia i seguenti fattori: ~ utero di dimensioni superiori a 280 g; <~~t precedente chirurgia pelvica; storia di pregressa PID (malattia infiammatoria pelvica); severa endometriosi; concomitanti masse annessiali o necessità di eseguire un' annessiectomia profilattica, nulliparità con limitato accesso vaginale. Nonostante il fatto che chirurghi vaginalisti esperti possono essere capaci di rimuovere per via vaginale circa 1'89% degli uteri e che l' annessiectomia profìlattica può essere eseguita in circa il 94% dei casi, non tutti i chirurghi ginecologi si sentono sicuri di eseguire una colpoisterectomia, come dimostrato dai numeri di laparoisterectomie e colpoisterectomie eseguite in Europa e negli Stati Uniti. Lapproccio laparoscopico potrebbe avere la funzione di rimuovere quelle che sono considerate le principali controindicazioni alla via vaginale, con vantaggi rispetto alla via addominale che appaiono scontati. Per quanto riguarda la via di accesso per l'esecuzione dell'intervento, la paziente deve dare uno specifico consenso all'esecuzione dell'intervento, essendo stata informata su quale accesso il medico ritiene più praticabile. È indubbio che la tecnica chirurgica laparoscopica dell'isterectomia offre vantaggi rispetto all'isterectomia per via laparotomica (riduzione della perdita ematica, minori infezioni della parete addominale, minore dolore postoperatorio, minore ospedalizzazione e ritorno più rapido alle normali attività). Difatti, nella patologia benigna, si è visto che l'incidenza di complicanze, nel caso di approccio laparoscopico e soprattutto di approccio vaginale, è drasticamente ridotta, rispetto al classico approccio laparotomico dal 22,2% all'll,7% e, in particolare, è ridotto il rischio di morbilità, 12,3% vs 5,2%, legato a complicanze infettive. Naturalmente la diretta esperienza del chirurgo operatore è fondamentale e in questi approcci più moderni un adeguato training e la casistica sono di estrema importanza [4].

In caso di approccio per via laparoscopica, è bene illustrare le complicanze possibili e la personale esperienza nell'esecuzione della tecnica; si è visto, ad esempio, per quanto riguarda la recente tecnica robotica assistita alla laparoscopia, che il training del chirurgo operatore è di estrema importanza. Secondo una curva di apprendimento, la competenza chirurgica, misurata come tempo operatorio, viene raggiunta dopo 30-40 casi [5]. Un recente studio ha voluto esaminare la successiva eventuale comparsa di pro lasso degli organi pelvi ci e/ o di sintomi relativi a disfunzione del pavimento pelvico, per l'isterectomia totale e/o subtotale, evidenziando come nel follow-up, a lungo termine, non si riscontravano differenze significative [6]. Nel caso di approccio chirurgico laparoscopico non è ben chiaro se siano presenti maggiori rischi nell'eseguire l'isterectomia totale, rispetto alla subtotale; un recente studio multicentrico ha evidenziato che il numero di complicanze a breve e/ o a lungo termine sono similari nei due gruppi (17% vs 15%) [7]. Normalmente, durante l'esecuzione dell'isterectomia, si valuta anche se procedere all'eventuale asportazione contestuale degli annessi. In linea di massima l'orientamento è quello di lasciare in sede le ovaie, onde preservare la funzione endocrina soprattutto se l'intervento si pratica in età feconda, e di asportarle dopo la menopausa; ma vi sono ancora notevoli contraddizioni fra le linee guida. La scelta di praticare o meno l' annessiectomia può, inoltre, dipendere anche da motivi tecnici riguardanti l'intervento, in quanto per la via vaginale l'asportazione delle ovaie rappresenta un momento che potrebbe rendere l'intervento più difficile. Un recente studio ha voluto riassumere i dati della letteratura riguardo la conservazione delle ovaie al tempo dell'isterectomia, per patologia benigna, in donne in postmenopausa non a rischio per carcinoma ovarico; prima dei 65 anni di età non vi è un'univoca linea guida circa i rischi/benefici (prevenzione cancro ovarico, dolore pelvico da aderenze, effetti sulla funzione endocrina, densità ossea) e la decisione del chirurgo è personalizzata, sempre dopo avere informato la donna sui rischi e benefici che tale procedura comporta, mentre dopo i 65 anni la salpingo-ovariectomia profìlattica è altamente raccomandata [3].

Nel caso degli interventi per via vagina le e/o laparoscopica, per una complicanza intraoperatoria può essere necessario convertire l'intervento aprendo l'addome; tale comportamento, che l'operatore non deve esitare a mettere in atto se indispensabile, è causato da una situazione di emergenza che si può verificare per quella quota di imprevedibilità che è intrinseca in ogni intervento chirurgico. Pertanto, il medico non può ritenersi responsabile, anche se la donna al risveglio si ritrova con un'incisione longitudinale dell'addome. Comunque, per evitare comprensibili risentimenti, sarebbe meglio informare la paziente, durante l'acquisizione del consenso, di questa possibilità. A riguardo dell'approccio conservatore e/o demolitivo, in ogni caso la decisione deve essere presa con il consenso della paziente, che deve essere adeguatamente informata di tutte le opzioni e dei rischi e dei benefici dell'una e dell'altra scelta. Se, in alcuni casi, dopo un'attenta valutazione clinicostrumentale, l'intervento conservatore non sia ritenuto proponibile dal medico, la paziente ha la facoltà di scegliere se eseguire o meno l'intervento e non può successivamente rivalersi del fatto che non le sia stato prospettato un intervento demolitore. Una situazione ancora più delicata si ha nel caso in cui la valutazione dell'impossibilità di un intervento conservatore può essere effettuata solo dopo l'apertura dell'addome, perché, ad esempio, la parete uterina risulta malacica o perché i miomi per numero, posizione e dimensione configurano un quadro più grave rispetto a quello osservato ecografica mente. Stando all'orientamento giurisprudenziale, se non si è ottenuto uno specifico consenso all'isterectomia, il medico dovrebbe chiudere l'addome senza eseguire l'asportazione dell'organo ed eventualmente rioperare dopo avere acquisito un successivo consenso. Un consiglio che ci sentiamo di dare è, in ogni caso, quello di paventare preventivamente alla donna la possibilità che si possano verificare tali situazioni, in modo da acquisire l'eventuale consenso a procedere, anche nel caso in cui il reperto anatomo-chirurgico sia diverso da quello atteso. 4. Nella situazione in cui 11ntervento si complica durante la miomectomia, sempre per condizioni dovute alla natura dell'utero fibromatoso, e l'isterectomia si rende necessaria perché è in pericolo la vita della donna, la condotta del medico sarà ritenuta corretta per lo stato di necessità, ma gli eventi devono essere dettagliatamente ricostruiti in cartella clinica. Problemi si possono avere nel caso in cui si è concordato di conservare le ovaie ma all'apertura dell'addome queste risultano tali da consigliarne l'asportazione; per ovviare a questa spiacevole situazione, consigliamo di chiedere, metodicamente, in maniera preventiva il parere (consenso) della donna.

['l i Riferimenti bibliografici Metwally M et td. Surgical treatment of fibroids for subftrtility. Cochrane Database Syst Rev 2012 Nov 14;11 :CD003857. Bettocchi S et al. A new hysteroscopic technique for the preparation of partially intramural myoma in office setting: a pilot study. J Minim Invasi ve Gynecol2009; 16:748-54. Mettler L et al Complication of uterine fibroids and their management, surgical management of jìbroids, laparoscopy and hysteroscopy versus hysterectomy, haemorrhage, adhesion and complications. Obsrer Gynecol lnr 2012;2012:791248. Makinen J et al. 7èn years ofprogress improved hysterectomy outcomes in Finland 1996-2006: a longitudinal observation study. BMJ 2013;28:3-10. Lin JF et al. Learning curve tmalysis of the jìrst l 00 robotic assisted laparoscopic hysterectomies performed by a single surgeon. Inr J Gynecol Obstet 2014 Jan; 124(1):88-91. Persson P et al Pelvic organ prolapse after subtotal and total hysterectomy: a long terrn follow-up of an open randomised controlled multicentre study. BJOG 2013; 120:1556-65. V an Evert JS et al. Laparoscopic subtotal hysterectomy versus laparoscopic total hysterectomy: a decade of experience. Gynecol Surg 2010;7:9-12. Ouldamer L et al. Profits ofpost-menopausal ovarian conservation at the time of~ysterectomy for benign disease: mirage or reality? J Gynecol Obstet Bio l Reprod 20 13;42: 123-9.