PROGETTO I CARE I take care of children with autism Scuola capofila i.c. Iseo, Brescia.



Documenti analoghi
Il Modello SIFne: il contesto educativo

Dalla Diagnosi Funzionale al PEI. Valutazione delle abilità attraverso l osservazione del comportamento e i test

Con il termine programma Teacch si intende l organizzazione dei servizi per persone autistiche realizzato nella Carolina del Nord, che prevede una

GRUPPI DI INCONTRO per GENITORI

PROGRAMMAZIONE COMPETENZE CHIAVE DI CITTADINANZA

Psicologia dell orientamento scolastico e professionale. Indice

Accogliere e trattenere i volontari in associazione. Daniela Caretto Lecce, aprile

FINALITA DELLA SCUOLA DELL INFANZIA

TECNOLOGIA SCUOLA PRIMARIA

Che volontari cerchiamo? Daniela Caretto Lecce, aprile

IL MANAGER COACH: MODA O REQUISITO DI EFFICACIA. Nelle organizzazioni la gestione e lo sviluppo dei collaboratori hanno una importanza fondamentale.

DALLA TESTA AI PIEDI

Polli e conigli. problemi Piano cartesiano. Numeri e algoritmi Sistemi e loro. geometrica. Relazioni e funzioni Linguaggio naturale e

PECS (PICTURE EXCHANGE COMMUNICATION SYSTEM) LA COMUNICAZIONE PER SCAMBIO DI IMMAGINI

Le storie sociali. Francesca Vinai e Clea Terzuolo

I DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO NELL ETA EVOLUTIVA FORMAZIONE E INTERVENTI POSSIBILI

Alla ricerca dell algoritmo. Scoprire e formalizzare algoritmi.

Per la legge sulla privacy si fa riferimento al Documento Programmatico della sicurezza (protezione dei dati personali D.L.V.O. 196 del 30/06/2003)

Ufficio Scolastico Regionale per l Abruzzo. Rapporto dal Questionari Studenti

Lezione n 2 L educazione come atto ermeneutico (2)

DIMENSIONI CRITERI INDICATORI

CIRCOLO DIDATTICO DI SAN MARINO Anno Scolastico 2013/2014

Progetto per la promozione della lettura INTRODUZIONE

OBIETTIVI EDUCATIVI E DIDATTICI

STRATEGIE VISIVE PER LA COMUNICAZIONE

I principi di Anffas Onlus sul tema della presa in carico precoce Michele Imperiali comitato tecnico anffas onlus

PROGETTO DIDATTICO LAVORARE IN CONTINUITA

Chi sono. Progettista di Formazione. Giudice di Gara dal Giudice di Partenza Nazionale dal 1981

IL PAESE QUATRICERCHIO

CONSIGLI PER POTENZIARE L APPRENDIMENTO DELLA LINGUA

I CAMPI DI ESPERIENZA

PROGETTO INTEGRATO TARTARUGA IL METODO DI VALUTAZIONE DEI BAMBINI CON DISTURBO AUTISTICO

YouLove Educazione sessuale 2.0

Istituto Scolastico comprensivo G. Lanfranco Gabicce Mare. Educare nell era digitale ARGG! : un esperienza di didattica aumentata NADIA VANDI

PRIMO BIENNIO CLASSE SECONDA - ITALIANO

Piazza dei Martiri, 1/ Bologna

ISTITUTO COMPRENSIVO DI CANEVA DIPARTIMENTO AREA MATEMATICA-SCIENZE-TECNOLOGIA Scuola Primaria di SARONE. Il Supermercato a scuola

Le autonomie : comprendere e gestire le relazioni e situazioni sociali

Insegnare le abilità sociali con la carta a T. ins. Fabrizia Monfrino

PLIDA Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri Certificazione di competenza in lingua italiana

CRITERI DI VALUTAZIONE SCUOLA PRIMARIA SCUOLA PRIMARIA

COME AVERE SUCCESSO SUL WEB?

TOLLO CH -VIA CAVOUR N.2

LA TECNICA DELLA COMUNICAZIONE FACILITATA

IDEE E STRATEGIE OPERATIVE

ISTRUZIONI PER LE INSEGNANTI DI SOSTEGNO

L OSS NEL SERVIZIO DI INTEGRAZIONE SCOLASTICA. L integrazione dell alunno con disabilità: l operatore socio sanitario

STRATEGIE DI INTERVENTO PER LO SVILUPPO DELLE ABILITA COGNITIVE E SOCIALI

Da dove nasce l idea dei video

Scheda descrittiva del Laboratorio Didattico

Rapporto dal Questionari Insegnanti

Liceo Linguistico Marcelline Bolzano Docente: Lavezzo Martina

OSSERVAZIONI TEORICHE Lezione n. 4

PSA: Laboratorio disciplinare di religione per gli insegnanti della scuola elementare

Scuola dell Infanzia Parrocchiale San Domenico Via C.P. Taverna n Canonica di Triuggio Tel P.I

L AQUILONE vola alto

L USO DELLA PNL IN AZIENDA: COME, QUANDO E PERCHE

JUDO COME EDUCAZIONE MOTORIA

Giochi nel mondo. Laboratorio di intercultura

Disturbi Specifici dell Apprendimento

PROGETTO: TEATRO FORUM

L AVORO DI RETE AL OBIETTIVI FORMATIVI

come nasce una ricerca

insegnanti : Gabriella Balbo Anna Maria De Marchi Maria Cristina Giraldel

PROGETTARE PER COMPETENZE

La gestione delle emozioni: interventi educativi e didattici. Dott.ssa Monica Dacomo

DSA Come costruire un Piano Didattico Personalizzato efficace. Grazia Mazzocchi

QUALE MATEMATICA NELLA SCUOLA DELL INFANZIA. Scuola dell Infanzia Don Milani Anni 2006/2007/2008 Ins. Barbara Scarpelli

PARTIAMO DA ALCUNE DOMANDE

P.E.I. (piano educativo individualizzato) alunno/a: nato/a a:

SCUOLA PRIMARIA SCIENZE NATURALI E SPERIMENTALI. Competenza: 1. Comunicazione efficace Indicatore: 1.1 Comprensione

SCHEDA VALUTAZIONE DOCUMENTO SOGGETTO A REGISTRAZIONE OBBLIGATORIA

Dott.ssa Lorenza Fontana

Appendice III. Competenza e definizione della competenza

UTILIZZO DELLA PSICOCINETICA NELLA SCUOLA PRIMARIA E IN AMBITO SPORTIVO

Articolo 1. Articolo 2. (Definizione e finalità)

ISTITUTO COMPRENSIVO SASSOFERRATO UNITÁ DI INSEGNAMENTO APPRENDIMENTO n.1 a.s.2013/2014

SCUOLA PRIMARIA COLLODI GEBBIONE PROGETTO LABORATORIO TEATRALE

Conoscere l Autismo Modelli di trattamento educativo

1. LE REGOLE EDUCAZIONE ALLA LEGALITA OBIETTIVI

LINGUA INGLESE SCUOLA PRIMARIA

Progetto 5. Formazione, discipline e continuità

Manifesto TIDE per un Educazione allo Sviluppo accessibile

MOCA. Modulo Candidatura. [Manuale versione 1.0 marzo 2013]

Il Venditore Vincente! Sai piacere a qualcuno? Renditi desiderabile e venderai qualsiasi cosa!

I DISCORSI E LE PAROLE

PROTOCOLLO DI ACCOGLIENZA PER L INTEGRAZIONE

Assertività. Un adeguata comunicazione deve avere al meno tre elementi. Assenza Di paure o Inibizioni sociali. di sé

RUOLO CENTRALE DEL DS NELL ACCOGLIENZA DEGLI ALUNNI DISABILI COME SENSIBILIZZARE E RESPONSABILIZZARE I DIRIGENTI

La Leadership efficace

Ricezione orale (ascolto) Ricezione scritta (lettura) ISTITUTO COMPRENSIVO DI CASALBUTTANO - SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO


LO SVILUPPO DI COMPETENZE PERSONALI: NUMERO E SPAZIO

PROGRAMMAZIONE ANNUALE per la classe prima. Matematica

PROGETTO INFORMATICA

UNO SGUARDO OLTRE LA SCUOLA ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO E PROGETTO DI VITA

Project Cycle Management La programmazione della fase di progettazione esecutiva. La condivisione dell idea progettuale.

AUTISMO E COMUNICAZIONE

Progetto LABORATORIO TEATRALE Scuola Primaria Rognoni Sozzago (a. s. 2015/2016)

Funzioni di gestione degli interventi: esperti

Transcript:

PROGETTO I CARE I take care of children with autism Scuola capofila i.c. Iseo, Brescia. Incontro del 13 marzo 2008 con Maurizio Gioco, Educatore professionale Centro di Ricerca Diagnosi e Cura per l Autismo, ULSS 20 Verona. Presenta la preside prof.ssa Rosa Vitale, presente anche la prof.ssa Adrialma Pedretti. Nell aula magna dell i.s. Antonietti di Iseo, sono presenti centoventi partecipanti, tra questi dirigenti scolastici, insegnanti curricolari e di sostegno, educatori, genitori e operatori dei servizi sociali delle province di Brescia, Bergamo, Milano, Mantova e Vicenza. Tema: L intervento educativo e la Comunicazione Facilitata Integrata, metodologie e linee guida. Abstract: Una varietà di tecniche vengono usate per incrementare le competenze di autonomia delle persone con autismo o con disturbi dello spettro autistico. Questo articolo frutto di esperienza pratica cerca di evidenziare un metodo di lavoro per incrementare e migliorare la qualità di vita dei soggetti autistici. Si basa su una attenta osservazione dei soggetti al fine di proporre percorsi calibrati su ognuno, avendo come obiettivo il miglioramento dei sistemi di analisi della realtà. Sono illustrate alcune tecniche per ridurre le stereotipie nel rapporto duale con l altro, per attivare processi di apprendimento, per attivare processi di gioco, per migliorare le autonomie. Una attenzione viene rivolta anche all organizzazione del modello e al ruolo dell educatore come figura professionale all interno di un servizio per l autismo. Keywords - autismo; disturbi pervasivi dello sviluppo; gioco e autismo; educazione. Nella rappresentazione sociale dell autismo la componente di chiusura è spesso associata a barriere di varia origine, costruite dal soggetto, di fatto le ricerche più recenti stanno evidenziando delle carenze in funzioni specifiche neurologiche che pongono l operatore nella condizione di sviluppare modelli di intervento precisi e calibrati sulla funzione da riabilitare. Se per l aspetto diagnostico l aiuto dato dal DSM IV - ICD10 e le scale (CARS- ABC - ABA) che risultano dotate di un sempre maggiore grado di affidabilità, la fase dell intervento riabilitativo risulta spesso complessa e accompagna il soggetto per un lunghissimo periodo di vita. Le aree maggiormente colpite nell Autismo riguardano le funzioni attentive-dispercettive, esecutive, interattive-comunicative. Queste funzioni compongono per ogni soggetto dei mix variabili che caratterizzano diversi gradi di autismo, la diversificazione in sottogruppi è molto utile per stabilire l orientamento di partenza di un lavoro di tipo educativo. Il momento diagnostico come è stato creato dal modello SIFNE (Sviluppo e Integrazione delle funzioni neuropsicologiche), in uso presso il Centro diagnosi e Cura per l autismo di Verona. Si 1

preoccupa di ricercare anche funzioni latenti, che non sono normalmente espresse ma che possono essere stimolate nell ambiente educativo, da non confondere con abilità emergenti o abilità specifiche del soggetto, che possono apparire indice di un buon livello intellettivo e che talvolta nascondono degli schemi rigidi ben perfezionati dal soggetto. Metodologia di lavoro Tale intervento si concretizza nell elaborazione di un progetto educativo integrato che parte dall osservazione valutativa dell utilizzo delle funzioni, cioè di come il soggetto riesca ad adattarsi all ambiente e alle sue richieste, per poi passare al trattamento educativo-riabilitativo che è oggetto di verifica e confronto in itinere con il lavoro svolto da genitori, insegnanti e operatori coinvolti nel progetto stesso. Attività degli educatori Valutazione educativa Presa in carico riabilitativo - educativa (gioco -autonomia) Valutazione delle modalità comunicative Valutazione dei requisiti per la Comunicazione Facilitata (CF). Presa in carico per avviamento al programma di CF Parent-Training formativo e informativo (individuale e di gruppo). Consulenza ad operatori esterni Elaborazione e stesura di progetti educativo - riabilitativi in ambiti specifici. Ideazione e realizzazione di materiali operativi Attività formativa Tutoring La valutazione educativa L osservazione educativa si svolge in una stanza strutturata in angoli di interesse con materiali diversi preparati a vista (altro materiale utilizzabile è riposto nell armadio). L Osservazione si svolge nell arco di tre\quattro giorni con sedute di 45 minuti. Le modalità di osservazione sono le seguenti: a) contesto spontaneo b) approccio diretto - imitazione c) richiesta verbale d) utilizzo di strategie di facilitazione Il contesto spontaneo: il comportamento viene valutato in un luogo contenuto, non all aperto, questo per ridurre eventuali dispercezioni e per controllare maggiormente le risposte d ansia del soggetto. Si osserva se e come esplora e utilizza l ambiente,verso quali materiali mostra interesse, come li utilizza (uso funzionale, stereotipie ),come si muove rispetto all educatore presente (lo ignora, si avvicina, si allontana, lo guarda ) Il ruolo dell operatore è di controllo degli elementi disturbanti al fine di favorire la riduzione dell ansia, di rassicurare, ecc. - L approccio diretto - imitazione: l osservazione si fa più partecipata e si valutano le risposte del soggetto all agire dell educatore che va ad interferire nelle sue attività spontanee (mentre il bambino gira per la stanza provo a lanciare sul pavimento una macchinina; mi avvicino e lo tocco leggermente; mi avvicino e prendo uno degli oggetti che sta usando; commento a voce il suo agire.). Si ha un inizio di richiesta di prestazione e collaborazione, anche se implicita perché attuata attraverso l uso degli oggetti, la prossemica, il linguaggio indiretto. 2

la richiesta verbale: la richiesta di prestazione e collaborazione diventa esplicita (dammi, prendi, guarda..), con eventuale aumento delle manifestazioni d ansia non solo da esposizione ma anche da prestazione. Queste prime tre modalità osservative ci forniscono informazioni su come la persona agisce (contesto spontaneo) e reagisce (approccio diretto e richiesta verbale) alle stimolazioni dell ambiente, sulla sua capacità di adattamento. - le strategie di facilitazione: permettono di verificare quali siano le modalità di intervento più efficaci per favorire questo adattamento, fornendo informazioni su come deve agire e reagire l educatore. Le strategie applicabili sono: attivatori attentivi(oculare, sonoro, verbale ecc..) contatto facilitatore rinforzi dichiarativi associati (parlare e indicare ) strutturazione in sequenze minime delle attività continuità del compito interruzione di comportamenti interferenti imitazione supporto verbale modello illustrato Il momento osservativo è quindi un momento dinamico dove vengono create delle condizioni per permettere al soggetto di mostrare le abilità e le potenzialità in essere: A tale scopo l operatore usa strategie di: richiesta - attesa, vicinanza-lontananza, ecc. dove verifica l esistenza o meno di schemi rigidi, ma soprattutto osserva se ci sono nel soggetto start inibiti o agiti parzialmente (atti mancati), se i segnali verbali e non arrivano con una certa pulizia al soggetto o se ci sono interferenze, lo stesso per quanta riguarda le risposte del soggetto. Obiettivo dell osservazione Individuare le funzioni neuropsicologiche emergenti che favoriscono o limitano l adeguatezza dei comportamenti del soggetto e il suo adattamento all ambiente. Verificare quali siano le strategie più appropriate per favorire l eventuale sviluppo e l integrazione delle funzioni di adattamento, al fine di individuare le principali linee educative. Le aree oggetto della nostra osservazione riguardano le Funzioni esecutive, l Interazione, la Comunicazione, l Autonomia e le Abilità sociali. 1. Autonomia e Abilità sociali : si osservano le capacità di autonomia del soggetto rispetto l utilizzo dell ambiente e degli oggetti nelle quattro modalità a b c d, con particolare attenzione all aspetto intenzionale e a quello dell iniziativa, intendendo il primo come capacità di autonomia nella scelta, il secondo come capacità di autonomia nell attivarsi coerentemente alla scelta fatta. Intenzione e iniziativa assumono rilevanza in quanto ci permettono di incidere sull ambiente usandolo e modificandolo secondo i propri bisogni e desideri. Vengono rilevate inoltre le autonomie più strettamente legate alle capacità di analisi del contesto ambientale e del conseguente adattamento con il rispetto delle regole sociali che lo stesso contesto richiede. 2. Funzioni esecutive: si osservano le capacità del soggetto di attivare e portare a termine movimenti finalizzati ad uno scopo seguendo le quattro modalità a, b, c, d e valutandone competenza e qualità, intese come ricchezza e livello qualitativo delle azioni completate. E in questo ambito che vengono registrate anche le competenze relative all uso dell ambiente, al gioco, considerandone il livello, la complessità, la possibile evoluzione piuttosto che la rigida ripetitività ecc. 3

3. Interazione: si osservano i comportamenti reattivi e interattivi del soggetto rispetto l altro e l ambiente, sempre nelle quattro modalità a, b, c, d. Alcuni parametri di osservazione sono: per la reattività :evitamento, isolamento, impulsività, aggressività, stereotipie, attività ripetitive, iperattività o ipoattività. Per l interattività: interesse, iniziativa, condivisione, collaborazione, scambio, imitazione. 4. Comunicazione: si osservano le modalità di utilizzo della comunicazione non verbale e verbale relativamente alla competenza e la pragmaticità, nelle quattro modalità a, b, c, d. In specifico, per il non verbale ne viene osservata la tipologia per quanto riguarda la mimica( corporea, gestuale, facciale),e la funzione comunicativa per quanto riguarda l iniziativa, la risposta, la continuità e la coerenza. Per il verbale si osservano per la tipologia : qualità e frequenza d uso; per la funzione comunicativa: l iniziativa, la risposta, la continuità e la coerenza. Conduzione di una osservazione educativa È meglio fare osservazione ripetute in ambiente contenuto non a distanza di molto tempo, inizialmente si può dedicare un tempo breve (10-15 minuti) per arrivare successivamente a tempi più lunghi, va tenuto sotto controllo l eventuale stato d ansia. Questo aspetto limita a volte la performance delle persone con autismo e non permette una reale valutazione del soggetto. Generalmente ci troviamo ad affrontare situazione d ansia da prestazione e da interazione e questo condiziona almeno nei primi incontri la modalità di approccio alla persona e l entrata in contatto. Nel casa L ansia non assuma aspetti strutturali con alcuni incontri e con una abitudinarieta alle proposte il soggetto dovrebbe modificarsi. Quello che noi osserviamo sono principalmente dei comportamenti, i comportamenti sono effettivamente indice della situazione autistica pensiamo ai rituali, alle stereotipie, a comportamenti di tipo oppositorio ecc. I comportamenti hanno qualità e quantità diverse, perciò hanno un peso nella valutazione. Altrettanto fondamentale però, è un attenta valutazione delle abilità, delle eventuali difficoltà prassiche, delle interferenze che non permettono o limitano lo svolgimento di azioni, delle stereotipie, dei gesti a valenze dispercettiva, del disturbo attentivo, della coordinaziione spaziale. Va scandagliata tutta l area della comunicazione registrando il livello di linguaggio (in collaborazione con Logopedista) e della comunicazione non verbale. Nella fase iniziale si lascia del tempo per l agire spontaneo, questo tempo varia da soggetto a soggetto e all inizio va ponderato. I comportamenti in situazione di contatto sono molto utili per valutare aspetti del interazione, La facilitazione, intesa nelle modalità verbale-posturale e di tocco/bloccaggio di parti del corpo che l educatore offre con lo scopo di valutare l efficacia di un aiuto al completamento delle azioni, al recupero di modelli d uscita. Vanno eseguite inoltre prove di adeguamento o meno a momenti imitativi in tutte le aree funzionali sia con modello mantenuto che togliendolo. (imitazioni posturali-corporee, sequenze semplici e complesse). Va registrato il livello di comprensione in entrata, la ricezione di modelli descrittivi e di prospettiva, le difficoltà in uscita. La capacità di risoluzione in situazione problematica. Verbalmente possono essere usati rinforzi. Va valutato l aspetto della motivazione. Questo quadro osservativo implica un punto di vista sulla fase iniziale della patologia. Il buon numero dei casi visti in osservazione e da una valutazione delle anamnesi raccolte (30 oss di età compresa tra 24mesi e 4 anni) con decorso della patologia che non presupponeva segnali prognostici prima della primo anno di età, ma con comparsa dei sintomi correlati ad eventi stressori sia interni che esterni al soggetto. In questa fase in cui le funzioni neuropsicologiche o si riducono drasticamente, o non si sviluppano (un esempio è la comparsa o meno del gesto dell indicare), 4

corrisponde una situazione di Caos percettivo che nella maggior parte dei casi non permette al bambino di accedere alle informazioni esterne e di proseguire invece per pulsioni interne. I Modelli di trattamento tipo Lovas tendono a ristabilire attraverso tecniche sensoriali un rapporto corretto mondo interno-mondo esterno, per inserire sistemi di analisi, di omeostasi e di risposta corretta alle stimolazioni percettive. È chiaro che vanno considerate le condizione di partenza e il tempo trascorso dalla comparsa di sintomi evidenti poiché l ambiente può agire positivamente, di per se, e autonomamente, anche se in modo molto lento, per migliorare i sistemi di comprensione della realtà. Dal momento osservativo si può uscire con una idea sul bambino che riguardano le sue difficoltà, le modalità di acquisizione delle informazioni, il suo agire. E necessario riflettere sulle strategie che sono più appropriate, l obiettivo rimane quello di migliorare i sistemi di analisi della realtà fornendo al bambino strumenti nuovi e adeguati. Gli Item e le modalità di osservazione sono contenuti nella tabella 1 Alla fine di questa fase vengono realizzate delle griglie che mostrano graficamente un profilo rispetto ai parametri acquisiti, negli ambiti indagati. Tale profilo fotografa una situazione di partenza e da indicazioni sulle priorità riabilitative, nonché sulle abilità emergenti da utilizzare per favorire nuovi apprendimenti. La presa in carico educativa - IL TRATTAMENTO Nella stanza devono essere presenti materiali per attività educativa in parte in vista, in parte riposti nell armadio, e che verranno utilizzati con scopi specifici. Vorrei soffermarmi brevemente sulle strategie che solitamente appartengono all agire dell educatore. La richiesta e l informazione verbale, l imitazione, l accompagnamento, la facilitazione sono alcune strategie che possono essere utilizzate. Faccio un breve esempio: una persona non calcia una palla. In questo caso si possono presentare diversi problemi: la persona non comprende l informazione c é un problema cognitivo di riconoscimento e analisi del lessico ci sono interferenze che non permettono di calciare c è un problema di organizzazione motoria - programmazione ci sono problemi di interazione, ansia, volontarietà ci sono problemi di mantenimento della proposta l agire nel tempo come costruire lo Start che permette al soggetto di raggiungere un obiettivo di questo tipo. Richiedendo verbalmente al soggetto di calciarla - Start verbale Con una dimostrazione, con una immagine - start imitativo Con l accompagnamento -start indotto Con il tocco del piede - start facilitante Queste strategie vengono utilizzate da vari metodi educativi e dipendono dal punto di vista che si ha del soggetto: Se ho idea che il soggetto comprenda e che il suo problema sia selezionare bene l uscita userò la richiesta e l informazione verbale. Se ho idea che il soggetto sia fortemente ritardato dal punto di vista cognitivo sarà conseguenza usare strategie indotte. Se ho idea che il soggetto abbia buone capacita esecutive ma con modello si useranno maggiori strategie di tipo imitativo. Se penso che il soggetto sia impedito da problematiche di start di tipo motorio cercherò di sviluppare strategie facilitanti Percorso: Il sistema su cui si muove il modello di intervento si identifica nelle aree elencate nel capitolo 1, nella prima parte del trattamento viene data importanza alla Condivisione che si caratterizza per un 5

momento di stampo relazionale in cui il bambino si abitua all operatore, impara a riconoscerlo, ad usarlo, a starci insieme, e viceversa. In questa fase dalla durata di circa 10 sedute bisogna controllare lo stato d ansia, eventuali interessi non agiti, limitare le interferenze, cercare di ridurre le stereotipie, controllare l eventuale autoaggressività. Questa fase è una fase dinamica, il bambino ha eventualmente brevi contenimenti, ma si muove spontaneamente nella stanza, si usa l avvicinamento, il porgere l oggetto, lo sfiorare, si cercano dei contatti (brevi spinte). L operatore dovrà limitare il linguaggio per renderlo essenziale, cercare con lo sguardo il soggetto, mantenere la relazione di sguardo se si riesce ad agganciarlo. Condividere un luogo rendendolo stabile è un primo passo che però deve essere superato dalla condivisione di attività. Condividere un azione, semplice o complessa, alza il livello del trattamento. Il bambino deve fare esperienza di condivisione con l altro di semplici gesti, tipo sfogliare un giornale, guardare immagini, battere un tamburello. Generalmente si notano a fronte delle richieste, marcati funzionamenti mono del tipo: sfoglio il giornale, ma non guardo, faccio degli scarabocchi ma non coordino il movimento, incastro ma non sono attento. Il trattamento entra in questa fase in un momento più strutturato dove vengono proposti attività con obiettivi a livello sensoriale, di coordinazione motoria, attentiva. Sono attività che si svolgono al tavolo, l operatore generalmente è situato sul fianco. Rientrano in questo momento educativo i giochi di riconoscimento di immagini, semplici puzzle, giochi di associazione figura-sfondo, manipolazione di materiale. I tempi di lavoro possono essere brevi, il soggetto può allontanarsi, ma viene richiamato e riportato nella situazione. Si può strutturare uno spazio contenitivo ma va lasciata sempre una possibilità di movimento. La verbalizzazione delle cose da fare e il commento sono molto adesivi a quello che succede realmente, il linguaggio dell operatore deve essere chiaro, preciso, anche la postura dell operatore deve essere controllata, non avere scatti improvvisi, essere fluida. Ci sono bambini che hanno enorme difficoltà a controllare il movimento e la velocità, alcuni sembrano spaventarsi molto per movimenti improvvisi. Questo problema potrebbe rientrare in una incapacità di rielaborazioni degli stimoli visivi a livello centrale. Vedi lavoro sul Visual-percettivo pubblicato da Alla fine dell osservazione l educatore deve avere chiaro non solo quali sono le problematiche principali del soggetto, le aree dove si sono evidenziate le carenze maggiori, ma anche quali sono le sue caratteristiche peculiari rispetto le aree indagate, cioè quali competenze emergenti coerenti al contesto si sono rilevate( es.: abilità imitative, esplorazione visiva dell ambiente, modalità comunicative, autonomie ecc..) e soprattutto quali le strategie educative messe in atto che si sono dimostrate più efficaci e adatte a quel soggetto, per poter attivare un progetto educativo integrato non generico ma modulato sulla persona. Obbiettivo generale del trattamento educativo è infatti migliorare l integrazione e l utilizzo delle funzioni per favorire nuovi apprendimenti, la fissazione delle relative competenze (la prestazione non deve essere occasionale ma ripetibile ogniqualvolta voluto dal soggetto o richiesto direttamente o indirettamente dall ambiente) e la loro generalizzazione, cioè la possibilità di esportare al di fuori della stanza, in altri contesti, la possibilità di attivare coerentemente una competenza quando richiesto. Si tratta sostanzialmente di creare le condizioni per poter permettere al soggetto di attivare e sperimentare le risorse adeguate per adattarsi all ambiente, inteso sia in senso fisico (per mettere un oggetto nell armadio devo prima avvicinarmi e aprirlo utilizzando la maniglia), che sociale( in classe è richiesto un certo comportamento, per salutare una persona posso stringerle la mano), e per poterlo utilizzare al meglio per i propri scopi, incidendo così sulla realtà. Per questo parliamo di manipolazione della realtà, sia in fase di entrata, di analisi (non dimentichiamo infatti le difficoltà inerenti all integrazione sensoriale e alle dispercezioni che 6

condizionano pesantemente il bambino subito dopo l evento autistico) che nella successiva fase di uscita, cioè l agire, che deve essere reso il più possibile fluido (evitando interferenze o interruzioni), garantendo il mantenimento del compito e il raggiungimento dell obiettivo. Sperimentare successi, sia a fronte di un iniziativa spontanea (desidero e riesco ad ottenere) che di una richiesta dell altro( mi si chiede di. e io riesco a soddisfare la richiesta)è sicuramente un ottimo rinforzo; non dimentichiamo infatti che queste persone hanno alle spalle una storia di continui insuccessi, al punto che spesso non si chiede loro più neanche di provare, dando per scontato l inabilità. Il ruolo dell educatore pertanto è quello di garantire, in uno spazio di sicurezza, la possibilità di controllo e di contenimento dell ansia per favorire la corretta modulazione del processo di inibizione-attivazione di funzioni integrate coerenti all ambiente. Strategie utili a ridurre o contenere l ansia possono essere, per esempio, la strutturazione dello spazio e la modalità di presentazione del materiale (controllo degli stimoli ambientali, evitare un surplus di informazioni da analizzare), il controllo della propria posizione e dei propri spostamenti (ridurre gradualmente la distanza se e l altro, verificare se risulta più efficace la posizione laterale piuttosto che quella frontale),l utilizzo di un linguaggio semplice ma non semplicistico, che dia informazioni il più facilmente decodificabili, supportato se necessario da rinforzi non verbali (uso del gesto), il rendere prevedibili le variazioni dell ambiente e le richieste dirette (preannunciare spostamenti, cambio di materiali, tempi di lavoro.),il cogliere abbozzi di atti non conclusi riconoscendone l intenzionalità (il b. che si avvicina allo xilofono, prende le bacchette ma poi lascia e si allontana), dare tempo evitando però che si innestino attività ripetitive o stereotipie, strutturare per un primo periodo in forma costante la sequenza delle proposte per poi introdurre gradualmente modificazioni e ampliamenti. Possiamo dire che l intervento educativo, indipendentemente dall ambito in cui si decide di intervenire (funzioni esecutive, interazione, comunicazione, autonomia e abilità sociali,) segue un percorso che si sviluppa con le seguenti tappe: dimensione della condivisione, dimensione dello scambio, riabilitazione dell utilizzo integrato delle competenze, generalizzazione ed esportazione degli apprendimenti. Le prime due tappe, condivisione e scambio, sono propedeutiche a quelle successive ma nello stesso tempo assumono un importanza di per sé perché sono quelle che più riguardano maggiormente l ambito dell interazione. Condividere, partendo dallo lo spazio (stiamo nella stessa stanza, riducendo gradualmente la distanza tra di noi) per passare al materiale (possiamo usare in contemporanea lo stesso materiale senza che ci sia una richiesta specifica di prestazione o collaborazione) e alle attività in un tempo che è comune, significa riconoscere e accettare la presenza l altro, e permette di esporre la persona a quelle che successivamente saranno le proposte di lavoro, rendendole così conosciute e prevedibili nel loro svolgimento (le costruzioni si usano così, nell armadio ci sono questi materiali; importante la condivisione in ambiente scolastico per l apprendimento). Nella condivisione non c è ancora una richiesta specifica di prestazione, non si chiede di fare o di collaborare, l obiettivo è quello di stare insieme nella situazione, pertanto il livello di manifestazioni d ansia di solito è contenuto. Spesso in questa fase il soggetto si avvicina o ci gira intorno, guarda quello che facciamo, può imitare spontaneamente oppure prendere iniziative diverse utilizzando lo stesso materiale, mostrare interesse per l altro e per quello che l altro fa. Nello scambio l altro viene riconosciuto e accettato non solo per quello che è e fa, ma anche per quello che chiede di fare: viene chiesta una prestazione, dalla più semplice (prendi, dammi ) alla più complessa; inoltre l altro viene considerato anche per ottenere qualcosa, come aiuto nella difficoltà : un bambino che prende per mano e porta all armadio guardando il gioco che è in alto al di fuori della sua portata scambia più di un altro che desidera ma abbandona se non riesce da solo. 7

Scambiare significa riuscire a fare insieme, cioè porre le basi per qualsiasi proposta educativa o riabilitativa; permette infatti di modulare in maniera più adeguata la proposta di lavoro, tarandola in itinere sulla base delle risposte del soggetto, ponendosi in un ottica di verifica costante del progetto (stiamo passandoci le macchine: c è imitazione, si adatta ai cambiamenti, sa aspettare, sa assimilare elementi nuovi nel gioco?) Come favorire lo scambio? Partire dagli interessi mostrati, dai materiali toccati e poi magari abbandonati, da quelli solo guardati, con proposte di utilizzo adeguate all età ma non troppo complesse, per evitare un eccessiva ansia da prestazione. Così ad un bambino che usa gli animali di plastica allineandoli sul pavimento potrò proporre inizialmente di prenderli dalle mie mani anziché direttamente dal contenitore, tentando poi di diversificare in quel momento il suo agire proponendo un recinto o del cibo da dare agli animali, oppure di caricarli su un camion e portarli in giro. aggiungere rottura degli schemi Posso mostrare come fare, oppure mettere a disposizione gli elementi nuovi e vedere se spontaneamente li usa integrandoli, o ancora chiedergli verbalmente di usarli (metti il cavallo nel recinto). La strategia da usare deve derivare dalla fase dell osservazione, sempre però in un ottica dinamica per cui non userò per esempio solo e sempre il modello se il bambino ha dimostrato una buona capacità imitativa, perché il mio obiettivo non è solo che impari ad agire coerentemente il più possibile ma anche che lo faccia nella maniera più flessibile. In questa fase l obiettivo non è tanto ciò che il soggetto riesca a fare, quanto come riesca a farlo insieme all educatore. Infatti solo quando si sarà instaurato un clima di fiducia, di conoscenza reciproca e di disponibilità alla collaborazione sarà possibile passare a delle proposte di lavoro più impegnative per entrambi, cioè al lavoro sul potenziamento delle competenze, sempre relativamente agli ambiti dell autonomia, abilità sociali, funzioni esecutive,interazione e comunicazione. Sviluppo e Integrazione delle competenze. E in questa fase del lavoro che il soggetto può sperimentarsi nel suo percorso di adattamento all ambiente; infatti per poter rispondere adeguatamente ad un contesto che cambia deve essere in grado di attivare non solo le competenze gia stabilizzate, che spesso invece si manifestano secondo schemi rigidi, ma anche di analizzare le caratteristiche del nuovo contesto per poter modificare, ampliare o sostituire le proprie risposte, il proprio agire. Se l ambiente non cambia difficilmente il bambino autistico cambierà il proprio agire, è invece la rottura di uno schema ambientale conosciuto che spesso porta il bambino a fare altro. Per esempio le attività ripetitive che spesso i bambini mettono in atto quando entrano nella stanza (prendere sempre lo stesso gioco, andare sempre nello stesso angolo),conclusa la prima fase di ambientamento, possono essere interrotte modificando lo spazio e la disposizione dei materiali. Sarà allora possibile introdurre nuove proposte, che devono sempre trovare una loro collocazione all interno di un progetto conosciuto e condiviso (contestualizzare gli interventi). Si potrà partire da una attività già sperimentata, ad esempio l uso delle macchinine, introducendo elementi nuovi come un percorso da costruire con pezzi di legno, oppure la costruzione di un garage, una pompa di benzina da utilizzarsi per un gioco più simbolico. Importante in questa fase l uso del linguaggio da parte dell educatore, che deve passare da una forma direttiva dell azione richiesta o necessaria (prendi la forbice) ad una forma più inferenziale (prendi quello che ti serve per, cosa ti serve adesso?), sempre nell ottica di favorire i sistemi di analisi del contesto e di risposta adeguata (problem solving - organizzare l attività cosciente). Proprio perché non è più favorito l agire secondo schemi rigidi, ma si richiede un adattamento continuo, sarà più facile che venga perso il compito, con interruzione delle sequenze adeguate, abbandono o deviazione verso altre attività: sarà quindi necessario riportare al compito con sollecitazioni verbali, eliminando distrattori, spezzando l azione in sequenze. Riprendendo l esempio della forbice, se questa è nell armadio dentro un cestino con altri oggetti, può rendersi necessario intervenire perché non vengano presi oggetti da altri scaffali, perché non si installi l attività ripetitiva di aprire e chiudere le ante dell armadio, oppure perché il soggetto si blocca davanti all armadio chiuso. 8

Non sempre l ambiente in cui lavoriamo è predisposto per favorire esperienze che interessino tutti gli ambiti del nostro intervento, soprattutto per quanto riguarda le autonomie e le abilità sociali. Simulare in questi casi può essere utile per fornire un modello da applicare successivamente nell ambito più adeguato. Per esempio si può imparare ad usare le posate,( con una proposta di gioco con il bambino o di simulazione dichiarata con l adulto) utilizzando materiali sostitutivi del cibo (plastilina da tagliare e inforcare). Generalizzazione-esportazione: strategie Così un intervento nell ambito delle abilità sociali può prendere spunto dalla necessità di procurarsi un materiale assente nella stanza, per esempio dei fogli di carta: bisognerà andare in segreteria (orientamento e organizzazione degli spostamenti ), indirizzarsi verso la persona precedentemente individuata e chiederli (interazione, comunicazione),o aspettare che vengano chiesti, prendere i fogli che la persona porgerà (interazione), tornare indietro per riprendere il lavoro sospeso (mantenimento del compito) e concluderlo. Verifica dell intervento educativo L andamento dell intervento educativo viene verificato e valutato periodicamente dall equipe attraverso l analisi delle competenze acquisite e delle nuove funzioni emerse. Tali elementi vengono rilevati compilando la stessa griglia usata in fase di valutazione e confrontandola con quella compilata in ingresso o nella verifica precedente; questo permette di individuare sia l evoluzione che ha avuto il paziente sia i successivi obiettivi educativi. Questa verifica interna va integrata con le informazioni e valutazioni relative agli ambiti dell interazione, dell autonomia, della comunicazione e delle abilità sociali, che giungono dalla famiglia, dalla scuola, da altri contesti educativi e sociali. La presa in carico avviene con almeno due incontri settimanali della durata di 45 minuti, ai quali vengono spesso affiancato altri interventi riabilitativi (psicomotricità, logopedia), individuati sulla base del progetto riabilitativo globale. L intervento educativo viene verificato annualmente in équipe; a tempi più brevi, o quando se ne presenti la necessità, con la famiglia o altre figure riabilitative. Il gioco nell autismo L esperienza clinica ci pone davanti ad una grande varietà di tipologie di gioco nell autismo. Queste sono le situazioni maggiormente osservabili: Assenza di gioco, incapacità di attivare forme di gioco di tipo sensomotorio, costruttivo, simbolico. Giochi di tipo stereotipato, o ripetitivi con strutture rigide nelle modalità di gioco (In questa categoria poterebbero rientrare anche giochi appresi casualmente). Gioco isolato Gioco simbolico povero e ripetitivo Giochi ad alto funzionamento con contenuti complessi Queste categorie di gioco non rappresentano la generalità delle situazioni che si presentano, ma ci aiutano per pensare a d interventi educativi a vari livelli. La capacità del soggetto di imitare, di interagire con l educatore, di attenersi a modelli di tipo descrittivo, ad essere facilitato; rappresenteranno diversi gradi progettuali che l educatore potrà usare per incrementare la competenza ludica. Introduzione alla tecnica della Comunicazione Facilitata. La Comunicazione Facilitata è una tecnica che permette alle persone che presentano grosse difficoltà nell interazione sociale e nella comunicazione con gli altri, di interagire usando la competenza dell indicare. La tecnica in sé non richiede particolari sforzi d applicazione ma piuttosto il preciso rispetto dei suoi passaggi e delle sue tappe, al fine di aiutare la persona con difficoltà in questo campo a superare tutte quelle disabilità che non le permettono l utilizzo di una comunicazione convenzionale. Prima d inoltrarci all interno della tecnica è necessario porci la domanda del perché facilitiamo. 9

La Facilitazione si esplica con un tocco o con una presa e serve al soggetto per avviare un azione, per eseguirla correttamente e per raggiungere un obiettivo richiesto o volontario. La Facilitazione non è quindi legata solamente ad aspetti di comunicazione scritta ma si può estendere anche a comunicazioni posturali, mimiche e al linguaggio. Facilitare non significa accompagnare, spingere o guidare, ma piuttosto il presentare un modello mostrandolo, o l improntare una richiesta verbale. Chiameremo questa Facilitazione Indiretta. Se invece lo start di avvio viene dato da un contatto tra i soggetti la denomineremo Facilitazione Diretta. Esempio: un soggetto calcia la palla solamente con uno start verbale VAI, PRENDI. Qui siamo in presenza di una Facilitazione Verbale e, quindi, Indiretta. Un soggetto calcia la palla solamente se viene toccato alla gamba, questa è una Facilitazione Diretta. La motivazione scientifica del perché un soggetto si attivi con un tocco non è a tutt oggi molto chiara tuttavia sono in corso studi e ricerche che stanno confermando almeno a livello empirico che il tocco o la pressione o il blocco dell arto prima dell attivarsi del movimento permette di organizzare a livello centrale una migliore precisione del movimento stesso. Nel nostro Centro abbiamo potuto applicare tale tecnica ad una trentina di soggetti precedentemente selezionati in base a criteri specifici con netto e progressivo miglioramento della prassia ideomotoria semplice quale è quella dell indicare su richiesta (dell ambiente o dell operatore). La principale competenza coinvolta nella tecnica della Comunicazione Facilitata è, infatti, la capacità di indicare. Questa capacità si sviluppa nel bambino spontaneamente come prima forma di comunicazione esterna al proprio sé verso gli 8/9 mesi dalla nascita. Nei bambini con danno neuromotorio o neuropsicologico ( ad es. autismo, questa competenza o non si sviluppa oppure si sviluppa in ritardo, e comunque non raggiunge mai un livello di precisione soddisfacente perché possa essere utilizzato nello scambio comunicativo. Per accedere alla tecnica vi sono dei requisiti che vanno valutati con un periodo di osservazione in cui è indispensabile instaurare una relazione di fiducia e di chiarezza contrattuale con il soggetto. Si valutano la presenza o meno di deficit linguistici, di deficit prassici e di difficoltà a livello posturale. L incapacità di indicare su richiesta verbale, le modalità di attivazione del movimento se toccati e la capacità di raggiungere l obiettivo. Nella fase di studio che precede l intervento, viene osservato come avvengono i processi di avvicinamento operatore-soggetto. Ad esempio: se il soggetto tende a muoversi specularmente rispetto all operatore, se mantiene sempre una distanza di sicurezza, se non accetta il contatto fisico. Si presta attenzione ad eventuali interessi per libri e giornali, verificando ad esempio se, presentati dal lato rovescio, vengono sempre raddrizzati. Si valutano gli stessi aspetti per parole scritte su cartoncini. La tecnica della Comunicazione Facilitata prevede un contatto molto stretto (solitamente non frontale), tuttavia nella fase iniziale è anche necessario da parte dell operatore sentire sul proprio corpo le variazioni del tono pressorio esercitato in risposta alle resistenze del soggetto. Un altro parametro che va valutato è la mano predominante del soggetto, per questo sono necessarie osservazioni delle varie azioni spontanee compiute dal soggetto. Tuttavia in molte occasioni si osserverà un assenza di lateralizzazione che verrà superata dall imposizione da parte dell operatore ad utilizzare un arto, piuttosto che il controlaterale. Il soggetto va osservato in un luogo contenuto, con pochi elementi, senza molte distrazioni, senza disturbo. In questa fase vanno messe in pratica tutte quelle strategie che favoriscono un abbassamento dell ansia e portano così ad una conclusione dell azione. Entriamo qui in una fase più interventista dove anche il nostro modo di agire e di pensare deve ricostruirsi e ricomporsi. 10

È necessario essere molto chiari con i ragazzi che si avvicinano a questo sistema di comunicazione, mantenendo alta la motivazione con continui incoraggiamenti. Vanno trovate strategie per migliorare l interazione, l utilizzo dello sguardo. Ogni soggetto ha tempi propri per accettare la tecnica, tuttavia sono necessari da parte del facilitatore alcuni accorgimenti che anche Donna Williams evidenzia nel suo libro Il mio e il loro Autismo. Diminuire i contatti fisici non essenziali, segnalare l intenzione di toccare ed indicare ed informare dove si intenda toccare, così che il tocco non sorprenda, non faccia sussultare. Segnalare ogni cambiamento del tocco. Ridurre le informazioni non rilevanti, visive, o sonore, quando si vuole che qualcuno segua ed elabori le informazioni tattili. Aspettare e pretendere una risposta da parte del soggetto è un passo molto importante verso l abitudine alle richieste e rafforza la possibilità di risposta e di interazione. Si osserva in molti soggetti la presenza di azioni ripetitive e apparentemente prive di finalità (stereotipie), o tentativi di produzione verbale (stereotipie verbali), che si sostituiscono alla vera e propria comunicazione e che possono essere visti come tentativi di comunicazione andati a vuoto. E come se questi soggetti, nel tentativo di comunicare attivassero un qualcosa che però non riesce ad esprimersi in modo congruo, ovvero come se fossero in qualche maniera bloccati non dall incapacità di rappresentazione, ma piuttosto dall incapacità di trovare il giusto movimento o la giusta sincronizzazione verbale. Tutti questi tentativi, specialmente nei soggetti adulti, sono divenuti nel tempo abitudinari e risulta estremamente impegnativo per essi ridurre od omettere tali azioni. Nel momento in cui il contatto entra a far parte dell esperienza a due ci si addentra maggiormente nella tecnica di C.F. In questa fase è importante essere aperti e misurati nel porre le domande, calibrare le domande e le richieste alle possibilità di risposta. E fondamentale parlare al soggetto come si parlerebbe ad un soggetto normale della stessa età, spiegare che il supporto della facilitazione si è mostrato efficace con altri ragazzi. È anche necessario usare un linguaggio semplice, ma non semplicistico, mantenere una richiesta fino a che non viene data risposta. Ogni soggetto può avere tempi diversi per la risposta, questi tempi possono essere lunghi, ma non infiniti, generalmente si ha l inizio della fase di comunicazione vera e propria quando si ha una persistenza dell attivazione del movimento, che c è una precisione nel raggiungere l obiettivo e quando si è certi che la ricezione di messaggi semplici viene colta e rielaborata cognitivamente dal soggetto. In alcune occasioni è necessario contenere il soggetto, che va sempre rassicurato e incitato nel dare la risposta ponendo attenzione al fatto di non sovraccaricare di emozioni. L ansia è un aspetto comportamentale che va gestito dando stabilità e continuità all intervento. Osserviamo prevalentemente le seguenti tipologie d ansia: ansia da esposizione e ansia da prestazione. L ansia da esposizione si esplica nella fase di interazione con l altro e i parametri che vengono messi in gioco sono la vicinanza - lontananza, lo sguardo diretto, indiretto, la postura ecc. L ansia da prestazione si attiva nel momento della richiesta di performance e limita di molto la possibilità del soggetto di rispondere e quindi di essere valutato. Questa ansia si riduce se l operatore non fornisce inutili scenari al contesto, se si usa un linguaggio concreto, se formula chiaramente semplici proposte, se non complica od arricchisce inutilmente gli argomenti, se richiede risposte ad argomenti ben conosciuti dal soggetto. E utile fornire delle pause reali per lasciare il tempo di elaborare pezzi di informazioni, presentare le nuove informazioni in forma o stile diventato prevedibile e indicare l inizio e la fine dell incontro chiaramente. Nella fase che chiamiamo di stabilizzazione dell attività, cioè quando si è raggiunta una discreta tranquillità e continuità nel lavoro, il soggetto si siede al tavolo, si predispone non opponendosi al 11

tocco facilitante, attiva con regolarità il movimento, si contiene nelle stereotipie e non attiva grossi comportamenti parassiti. Per diminuire atteggiamenti d ansia o di compulsività è necessario inoltre prepararsi prima il piano di lavoro, prevedere anche delle alternative, dare un supporto fisico ma anche psicologico, scegliere attività adatte all età. Il training prevede i seguenti passaggi: indicare oggetti, colori, forme, immagini, immagini a cui viene associata la denominazione scelta tra si e no. Parole singole, a coppie, scelte multiple. Dare ritmo e continuità al gesto dell indicare, mai accompagnare o dirigere, allenare alla CF. A questo punto è necessario diversificare il lavoro che si presenta per livello di età se il referente della tecnica è un adulto, possiamo pensare che i processi di lettura siano o meno attivati, nel bambino la lettura può essere insegnata anche se alcuni canali percettivi o dispercettivi, possono limitare di molto i segnali in ingresso e quindi compromettere acquisizioni di nuove informazioni. L obiettivo rimane quello di raggiungere una comunicazione autonoma attraverso vari passaggi che prevedono la scrittura sulla tastiera muta (carta, plastica) quindi sulla macchina da scrivere sul comunicatore o sul computer. È importante sorvegliare il contatto visivo, prestare attenzione a quello che viene scritto, tirare indietro e frenare la mano, ridurre gradatamente la pressione esercitata col tocco. I passaggi della facilitazione vanno normalmente dall isolare il dito indice, al tocco del palmo della mano, poi in successione del polso, dell avambraccio, del gomito, della spalla, della testa o della gamba fino a nessun tocco. Evitare almeno nella prima fase di intervento, domande di carattere personale, e interpretazioni eccessive. Le parole che vengono scritte devono mano a mano che si compongono essere lette dal facilitatore, questa modalità ha una funzione di rinforzo e di facilitazione sul canale uditivo, inoltre accompagna il pensiero del soggetto e lo aiuta ad una maggiore coerenza. Se la parola scritta è comprensibile ma contiene degli errori, si ritorna indietro e si chiede al soggetto di correggere invitandolo ad essere più preciso. Fare molta attenzione a non dirigere la mano, non fare delle domande che indirizzino la risposta, e non leggere prima della battuta e non anticipare verbalmente la parola che viene scritta. La comunicazione facilitata abitua il soggetto a perfezionare e a migliorare la selezione del messaggio in uscita, abitua il soggetto al contatto con l altra persona, fa aumentare la fiducia in sé, richiede un miglioramento dei comportamenti e fa sì che ci sia un reale confronto con la propria produzione comunicativa. Si serve di rinforzi, utilizzando diversi canali sensoriali, usa prompt uditivi, visivi e tattili, che arrivano direttamente al soggetto. Aiuta a migliorare l organizzazione del pensiero affermando il concetto di realtà, permette al soggetto di partecipare alla vita sociale. La valutazione dei requisiti per la Comunicazione Facilitata La valutazione viene effettuata dagli educatori attraverso 5-10 incontri di 45 minuti. Gli educatori alla fine degli incontri redigono una relazione che consegnano al NPI e talvolta partecipano alla restituzione ai genitori dell osservazione fatta. Nel corso delle sedute si valuta la stabilità comportamentale del soggetto visto che questa è indispensabile al fine di applicazione della tecnica, la sua disponibilità ad essere toccato, l attivazione del movimento ed infine la capacità di indicare. L educatore nella fase iniziale cercherà di creare una situazione favorevole allo scambio comunicativo lavorando per un calo dell ansia e per un clima di fiducia reciproca, illustrando il tipo di percorso che il soggetto è chiamato a sostenere. Questa è generalmente una fase in cui bisogna gestire spesse volte un rifiuto, timori, paure, ansia. va quindi sostenuta con incoraggiamenti e motivazione è necessario anche una certa sicurezza nel proporsi, riducendo al minimo i pregiudizi sul soggetto osservato. 12

Assume importanza l osservazione del soggetto in particolare di tutte quelle azioni o segmentiazione che possono avere un significato comunicativo. Per esempio l andare verso la tastiera, essere attratti dallo schiacciarne i tasti, l interesse per giornali, figure, il dirigersi verso persone con cambiamenti di direzione all ultimo momento. Anche il tocco, il prendere la mano deve essere motivato e spiegato, la richiesta deve essere precisa semplificata ma non semplicistica,adeguata all età del soggetto. La facilitazione non è un accompagnamento del movimento ma un sostegno affinché si attivi una capacità di selezione e di discriminazione. In un secondo momento si valuterà la capacità di attivare un movimento preciso per questo si utilizzano immagini molto nitide, possibilmente scontornate su un fondo neutro, la richiesta che viene fatta è quella di indicarne particolari. E importante annotare il tono muscolare che raramente si presenta nella normalità, generalmente si ha ipertono o ipotono. Nel caso di ipertono è necessario frenare il movimento, allenando per esempio il soggetto a partire dopo uno start verbale, e talvolta contrapponendosi con forza uguale alla distensione. Inversamente nell ipotono stimolare l azione dell indicare fornendo sostegno motivazionale aspettare senza mollare la presa una reazione del soggetto, rinforzare l azione cercando reazioni toniche con stimolazioni sensoriali, proporre esercizi di imitazione. Nel caso si attivi con continuità il movimento si propone un percorso minimo di sviluppo cognitivo della tecnica al fine di valutare una capacità di scelta, se esiste o meno conoscenze primarie(concetti topologici),di lettura, di riconoscimento di numeri, fino ad arrivare alla capacità di comporre parole, frasi, di sostenere una conversazione. Queste attività vengono proposte con materiale rielaborato dagli educatori, sotto forma di schede, e proposto generalmente al tavolo. Può essere necessario in alcuni situazioni trovare forme diverse di proporre il lavoro, per esempio in piedi piuttosto che seduti. Si osservano nel momento valutativo alcune caratteristiche uniche e proprie del soggetto tipo il grattare una lettera, piuttosto che batterla, oppure lo scorrere sulla tastiera come per individuarla con precisione. Il tempo di attenzione, l uso dello sguardo sono altri parametri da prendere in considerazione. L esperienza di questi anni ha dimostrato che in tutti i soggetti trattati nel caso di attivazione facilitata del movimento finalistico c è stato sin dalla fase di valutazione un aumento del tempo di attenzione alle proposte. Per quanto riguarda i bambini piccoli cioè in età inferiore ai sette - otto anni la valutazione viene inserita in un momento educativo più ludico e libero e si attesta sulla capacità spontanea e con facilitazione dell indicare. Spesso c è la presenza della mamma in sala. Ai soggetti che dimostrano di saper leggere e scrivere viene presentata una tastiera di carta su cui esercitarsi e successivamente una macchina da scrivere portatile o PC. Nei casi che dimostrano una notevole capacità cognitiva di scrittura viene proposto il computer che è presente in stanza. Tutti i dati di questi incontri vengono trascritti su una tabella con punteggio che da indicazione sulla possibilità di continuare o meno il programma. Una relazione viene inviata dagli educatori al responsabile N.P.I e allegata alla cartella clinica. La presa in carico per il training di CF Con il progredire del programma una riunione di equipe valuta se la presa in carico per gli aspetti legati ad un programma di C.F. rimane presso il Centro Diagnosi e Cura oppure viene esportata ad altri operatori, famigliari, terapisti, insegnanti. Nel caso si decida che il caso verrà seguito con continuità dal Centro vengono fissati almeno due incontri settimanali con l educatore referente, della durata di 45 minuti circa, se invece il caso viene per motivi di distanza o per motivi valutati dall equipe esportato all esterno si apre la possibilità di una consulenza sulla applicazione della tecnica. Vengono inoltre stabiliti degli incontri periodici con l educatore al fine di valutarne gli aspetti di progresso in funzione all obiettivo che rimane quello di una libera e autonoma comunicazione. 13

Per alcuni soggetti viene attuato un percorso individualizzato di utilizzo di ausili, (Pc portatile, tastiere, programmi software) il cui impiego viene verificato nel tempo tramite apposite schede di rilevazione. IL RUOLO DELL EDUCATORE NEGLI INTERVENTI IN FAVORE DELLE FAMIGLIE DI SOGGETTI CON AUTISMO I progetti educativi\riabilitativi a favore di bambini, adolescenti ed adulti con autismo hanno come momento principale l intervento diretto sul soggetto. Inoltre sono indispensabili interventi indiretti rivolti alle persone di riferimento per quanto riguarda la gestione quotidiana degli aspetti educativi, quindi, in primo luogo, ai suoi familiari. E necessario che, nella presa in carico educativa dei soggetti affetti da autismo, si tenga conto di tutti quegli aspetti più o meno problematici legati ai contesti di vita dei soggetti stessi e quindi alle componenti relazionali con gli altri significativi. La famiglia, perciò, occupa un posto di primo piano per quanto riguarda gli interventi finalizzati alla cura e all integrazione del soggetto con autismo. Di conseguenza diventa essenziale l intervento dell educatore indirizzato alla famiglia come primo filtro verso le realtà esterne con cui il soggetto autistico può entrare in contatto. Tale intervento si situa in un progetto più ampio di parent-training che vede coinvolte altre figure professionali sia interne al servizio (psicologo, psicomotricista, assistente sociale) che esterne. I primi destinatari dell intervento educativo all esterno sono perciò i familiari; inoltre, nel caso in cui, all interno di un progetto di assistenza domiciliare socio-riabilitativa, sia prevista la presenza continuativa di un operatore a cui sono affidati essenzialmente compiti e funzioni di tipo educativo, la presa in carico riabilitativa prevede interventi specifici destinati a fornire consulenza e sostegno anche agli operatori domiciliari. 3. FINALITA Le finalità di tutti gli interventi educativi rivolti alle famiglie sono essenzialmente individuabili in tre aree principali: a) informazione b) formazione c) consulenza e sostegno Lo scopo primario degli interventi informativi è quello di coinvolgere i destinatari in iniziative volte ad arricchire le conoscenze su tematiche ad ampio raggio che interessano l autismo. La formazione rappresenta invece un momento di arricchimento prevalentemente teorico per quanto riguarda l acquisizione e l uso di strategie e modelli di intervento in ambito educativo e relazionale; infine la consulenza e il sostegno hanno per oggetto il caso specifico e quindi si realizzano attraverso l applicazione, la sperimentazione e la verifica di competenze e conoscenze acquisite attraverso i percorsi formativi e informativi. 4. OBIETTIVI Rispetto alla parte informativa: a1) potenziare la conoscenza: teorica sui temi relativi all autismo - relativa alle risorse disponibili sul territorio e alle offerte da parte dei Servizi territoriali sociosanitari ed educativo-assistenziali, nonché quella sui ulteriori servizi da richiedere o promuovere a2) trasmettere informazioni riguardo: - le normative vigenti a livello locale, regionale e nazionale in materia di handicap - gli ausili, i materiali didattici, informatici ecc. Rispetto alla parte formativa: b1) fornire strumenti per l analisi delle problematiche connesse al disturbo autistico b2) favorire l acquisizione di metodologie di intervento adeguate b3) favorire la consapevolezza delle risorse e dei limiti personali 14

Rispetto alla consulenza e sostegno: c1) offrire uno spazio individuale ai genitori e agli operatori domiciliari per affiancarli nel percorso educativo attraverso l individuazione delle strategie più adeguate e delle risorse interne ed esterne alla famiglia. 5. MODALITA E METODI a) Programma di incontri informativi monotematici b) Gruppi per genitori formativi e di sostegno a cadenza quindicinale c) Colloqui individuali educativi di consulenza e sostegno rivolti sia ai genitori che agli operatori domiciliari a) Incontri informativi monotematici: ogni incontro, per il quale è previsto l intervento di uno o più relatori, si svolge attraverso una prima parte di esposizione teorica del tema proposto ed una seconda in cui è lasciato spazio alle domande e al dibattito tra i partecipanti. Gli incontri sono aperti a tutti i familiari e operatori degli utenti del Centro. Per l individuazione dei temi da trattare si tiene conto sia dei bisogni emersi negli incontri di gruppo per genitori (vedi punto b) sia delle indicazioni che possono emergere dal confronto sui casi tra gli operatori dell équipe. Indicativamente, sono previsti 3-4 incontri all anno. L educatore ha il ruolo di individuare i temi e di programmare e organizzare i vari incontri, nonché di raccogliere e divulgare materiale informativo mantenendo aggiornato le banche dati sulle risorse territoriali, gli ausili informatici e non, le normative locali e nazionali e quanto altro possa essere utile alle famiglie. b) I gruppi per genitori, costituiti da un numero minimo di 6 e massimo di 14 partecipanti, sono condotti da due figure professionali: psicologo ed educatore. Gli incontri, della durata di 90 minuti, sono riservati ai genitori dei pazienti in carico al centro che hanno aderito alla proposta e si svolgono da settembre a giugno. Il progetto prevede una fase iniziale (2-3 incontri) finalizzata alla conoscenza reciproca e quindi alla definizione del gruppo stesso. Successivamente, attraverso la discussione di un tema proposto dai conduttori oppure di argomenti presentati dai genitori come problematici, vengono individuati gli ambiti di confronto e di formazione su cui si lavorerà durante il percorso garantendo così l organicità dei contenuti. In base ai bisogni emersi o individuati possono essere realizzati momenti formativi specifici, anche con l intervento di altre figure professionali (psicomotricista, terapista occupazionale..) che in ogni caso sono integrati nel percorso di gruppo stesso. b) La consulenza educativa viene fornita attraverso colloqui periodici individuali con uno o entrambi i genitori o con l operatore domiciliare. In quest ultimo caso la consulenza rientra nel progetto di assistenza domiciliare socio-riabilitativa. Tra gli strumenti utilizzati sono previsti filmati o osservazioni dirette degli interventi educativi-riabilitativi. Consulenza ad operatori esterni per i casi in carico Parte essenziale di un progetto educativo integrato è la consulenza agli operatori esterni che, in forma diversa, si trovino a lavorare con il soggetto autistico, al fine di garantire l organicità e la coerenza dei diversi interventi. Tali consulenze, previste pertanto nel progetto individuale, vengono fornite a cadenza periodica (2\4 all anno) tramite incontri sia presso il Centro che presso le strutture esterne coinvolte (scuola, istituti, altri servizi riabilitativi ). Spesso sono utilizzate videoregistrazioni per analizzare comportamenti, competenze, progressione del lavoro; viene inoltre compilato per ogni incontro un modulo di consulenza che ne documenta i contenuti. Progetti educativi e riabilitativi in ambiti specifici Gli educatori collaborano all elaborazione e stesura di progetti, che vengono svolti all esterno del centro, rivolti a gruppi mirati di pazienti. 15

In particolare in questo ultimo anno si è sperimentato il progetto Tempo Libero, rivolto ai bambini dai 6 ai 14 anni, per lo sviluppo delle attività ludico ricreative, e il progetto Autonomie per la definizione e applicazione di una metodologia specifica sia per la valutazione delle autonomie personali e sociali che per un intervento pratico mirato allo sviluppo di abilità. Ideazione e realizzazione di materiali operativi La specificità della patologia trattata obbliga a ricercare soluzioni innovative o di adattare soluzioni esistenti. Per questo motivo gli educatori hanno sviluppato una discreta conoscenza dei software di aiuto alla comunicazione, rimanendo informati sulle principali novità del settore, alcuni materiali semplici ma efficaci sono direttamente preparati o costruiti dagli educatori stessi. A questo lavoro si aggiunge la realizzazione di griglie di rilevazione e valutazione e la realizzazione di materiale di supporto didattico. Attività formativa L attività formativa si svolge sia internamente al centro sia esternamente. All interno si svolge sia per borsisti che per gruppi di operatori provenienti da altre AZ.ULSS. (equipe NPI) e da strutture convenzionate come associazione e cooperative. L attività formativa esterna avviene nel caso di una richiesta da parte di istituzioni presenti sul nostro territorio tipo scuole, gruppi di insegnanti o di operatori che sono principalmente interessati alla tecnica della Comunicazione Facilitata. Vengono inoltre svolti durante l anno corsi di formazione presso gruppi di operatori genitori in varie città promossi da Associazioni a carattere nazionale in favore dei soggetti con Autismo. BIBLIOGRAFIA Adrien J. L. Valutazione psicologica e neuropsicologica. Atti del convegno Autismo infantile: lo stato dell arte. Policlinico G. B. Rossi Azienda Ospedaliera Verona Università Verona 1999. Verona: The International Association of Lions Clubs, A.N.G.S.A. Sezione Veneto, 2000 American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Disorders, 4 edition (DSMIV). Milano: Masson Editore, 1994 Barthelemy C. et al. L autismo nel bambino. Terapia di scambio e di sviluppo. Parigi: Expansion Scientifique Francaise Editore, 1997 Berger C. L. Facilitated Communication Guide, Volume 2. Oregon: New Breakthroughs Edition, 1993 Berger C. Facilitated Communication Technology Guide. Oregon USA: New Breskthroughs Eugene, 1994 16

Bettheleim B. La fortezza vuota. Torino: Garzanti Editore, 1976 Biklen D. Communication Unbound: How Facilitated Communication is Challenging Traditional Views of Autism and Ability /Disability. New York: Teachers College Press, 1993 Biklen D. La Comunicazione Facilitata e le sue implicazioni nella comprensione del ritardo mentale. Atti conferenza Autismo e Comunicazione Facilitata. Università degli Studi dell Aquila, 1995 Biklen D. e Cardinal D. Presuming Competence: Empirical Investigation of Facilitated Communication. New York: Teachers College Press, 1996 Biklen D. e Cardinal D. Contested Science: Unraveling the Facilitated Communication Controversy. New York: Teachers College Press, 1997 Biklen D. La comunicazione facilitata. Torino: Omega Editore, 1999 Brighenti M. Autismo e comunicazione facilitata: una strategia di intervento. Atti del corso di formazione Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici sezione Novara ONLUS. Verona: stampa in proprio, 2001 Brighenti M. et al. La facilitazione nei processi di comunicazione e nella costruzione del gesto nell autismo. Atti del convegno Autismo: lo stato della ricerca. 10 giugno 2000. Verona: U.L.S.S. 20, 2001 Castellano G. Potenzialità e facilitazione. Riflessioni ed esperienze sulla ricerca del metodo riabilitativo. Roma: Armando Editore, 1999 Cenciarelli I. e Mona A. Interventi terapeutici: modello comportamentale. Sito internet www.gliargonauti.org; 1999 Chessa E. e Masia G. Il programma TEACCH. Corso di formazione, 2000. CD-Room multimediale del corso. Oristano: Provveditorato agli studi, Azienda Usl 5, Assessorato alle politiche sociali, 2000 Cornoldi C. I disturbi dell apprendimento. Bologna: Il Mulino Editore, 1989 Crossley R. Facilitated Communication Training. New York: Teachers College Press, 1994 Crossley R. Gestutzte Kommunikation: Ein trainingsprogramm zur Kommunikationsfarderung fur Menschen mit Behinderungen. Sozial Edizion, 1997 Crossley R. Il metodo della Comunicazione Facilitata. Atti intervento presso Associazione Bambini Cerebrolesi Liguria. Savona: stampa in proprio, 1998 De Negri M. Autismo e «Theory of Mind»: annotazioni fenomenologiche. Giornale Neuropsichiatria Età Evolutiva 2000; 20: 221-226 Delacato C. H. Alla scoperta del bambino autistico. Roma: Armando Editore, 1975 Franco A. e Gioco M.. Materiale interno, Centro Diagnosi, Cura e Ricerca per l autismo di Verona, 2000 Frith U. L autismo. Spiegazione di un enigma. Roma-Bari: Laterza Editore, 1996 Gioco M. e Polito L. Atti del convegno Il tesoro sommerso. Materiale interno, pubb. 2001 Giovannardi Rossi P. et al. Disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS): protocollo di ricerca clinica ed eziologica. Giornale Neuropsichiatria Età Evolutiva 2001; 21: 273-307 Gonella E. e Arduino M. Altri trattamenti. Sito internet www.alihandicap.org ; 2002 Happè F. G. E. Studying weak central coherence at low level: children with autism do not succumb to visual illusions. Aresearch note. Journal of Child Psychology and Psychiatry 1996; 37: 273-307 Hobson R. P. Autism and the Develompent of Mind. Hove: L.E.A., 1993 Kanner L. Psichiatria infantile. Padova: Piccin Editore, 1979 Kemali D. et al. International Classification of Disease (ICD10). Milano : Masson Editore, 1995 17

Lanzi G. e Balottin U. Le terapie dell Autismo infantile. Giornale Neuropsichiatria Età Evolutiva 2000; 20: 227-240 Lovaas I. L autismo. Psicopedagogia speciale per autistici. Torino: Omega Editore, 1990 Mahler M. Le psicosi infantili. Torino: Boringhieri Editore, 1972 Mahler M. et al. La nascita psicologica del bambino. Torino: Boringhieri Editore, 1978 Marcelli D. Psicopatologia del bambino. Milano: Masson Editore, 1999 Meazzini P. et al. Psicologia dell handicap. Milano: Masson Editore, 1995 Papi I. Intervento comportamentale precoce di Lovaas. Sito internet www.alihandicap.org; 2002 Paris E., docente. Materiale interno. Università degli Studi di Verona Facoltà di Medicina e Chirurgia. Corso Problemi riabilitativi in età pediatrica e dello sviluppo. Anno accademico 2000-2001 Riva D. La Neuropsicologia dell Autismo. Giornale Neuropsichiatria Età Evolutiva 2000; 20: 170-182 Schopler E. et al. Strategie educative nell autismo (introduzione al metodo TEACCH). Milano: Masson Editore, 1991 Sellin B. Prigioniero di me stesso, viaggio dentro l autismo. Torino: Boringhieri Editore, 1995 Shevin M. e Chadwick M. Linee guida per l applicazione della comunicazione facilitata. New York: Istituto della Comunicazione Facilitata Università di Syracuse, 2000 Tancredi R. et al. Disturbi Pervasivi dello Sviluppo: criteri per la valutazione e per la prognosi. Giornale Neuropsichiatria Età Evolutiva 2000; 20: 198-212 Timbergen N. e Timbergen E. Bambini autistici. Milano: Adelphi Editore, 1989 Tustin F. Stati autistici nei bambini. Roma: Armando Editore, 1983 Williams D. Il mio e il loro autismo. Itinerario tra le ombre e i colori dell ultima frontiera. Roma: Armando Editore, 1998 Winnicot D.W. Sviluppo affettivo e ambiente. Roma: Armando Editore, 1997 Zappella M. L autismo e il metodo etodinamico. Psicobiettivo 1999; 2: 55-64 e-mail: i.c.iseo@tin.it www.iseoscuola.com 18