Donne e omicidio: una ricerca in Grecia. Dtinos Vassilis Associazione Euronem Atene L indagine Donne e l omicidio, condotta dal Centro di Ricerca per Pari Opportunità (KETHI), ha cercato di investigare il crimine di omicidio intenzionale dal punto di vista delle donna come colpevole del fatto, concentrandosi, come fattore importante, sul rapporto tra i due sessi e sul suo ruolo sociale. In Grecia manca una ricerca relativa ai sessi e all omicidio e la necessità di implementare questo tipo di ricerca, negli ultimi anni, è diventato sempre più evidente. Il campione dell inchiesta consisteva di donne in carcere nella prigione femminile di Atene l unica istituzione per donne incarcerate in tutta la nazione. Sono state esaminate le storie personali (33) di tutte le donne sentenziate o in attesa di giudizio per un reato specifico, mentre sono state effettuate delle interviste con 18 di loro. L assunzione basilare dell inchiesta fu di provare che le donne arrivavano ad ammazzare il proprio marito, compagni o altri parenti come una reazione a comportamenti violenti e abusivi perpetrati nei loro confronti. E importante, a questo punto, di segnalare l assenza di qualsiasi indicazione nei fascicoli giudiziari personali delle donne incarcerate che riguardi gli incidenti in passato di maltrattamento o comportamento violento in generale. Al contrario, soltanto attraverso l implementazione delle interviste e dell analisi dei risultati si è potuto rilevare l esistenza di incidenti di violenza domestica avendo come vittima la donna. Donne e omicidio in generale Storicamente, la criminalità femminile era stata sempre considerata la sfera più trascurata delle teorie di criminologia. Grazie alla percentuale ovviamente minore di donne nel totale degli omicidi, la criminologia tradizionale non trattava mai con la giusta attenzione la donna come autore del crimine. Al fine di capire la criminalità femminile, si deve rispondere a due domande: perché si osserva uno scarto notevole tra il percentuale e la gravità del reato commesso dagli uomini rispetto a quelli delle donne? Quale tipo di processo di spiegazione è più applicabile ai casi di donne coinvolte in una azione criminale? Quant alla prima domanda, il famoso psicologo Adler disse Di tutte le differenze tra i due sessi, soltanto quattro (grandezza, forza fisica, aggressività e sovranità) sono implicate nella sovrarappresentazione del sesso maschile nel sistema penale. Le prime due sono determinate biologicamente mentre le altre sono, principalmente se non totalmente, il risultato della scienza sociale. Per quanto riguarda la seconda domanda, secondo la bibliografia internazionale la donna che commette un omicidio contro il proprio marito lo perpetra apparentemente per diverse ragioni causate per esempio da gelosia, malattia mentale, in un tentativo di scappare dal maltrattamento e/o il desiderio di convivere con una altra persona, sebbene la ragione più frequente in questi casi di omicidio col marito come vittima sia la difesa o grande dispiacere prodotto dal maltrattamento subito dalla donna alle mani del marito o padre. Flowers (1987). La donna omicida è stata descritta in qualche caso come una vittima di passata violenza domestica nella casa dei genitori, il posto dove la violenza era considerata una istituzione della struttura sociale e il solo mezzo di possibile conflitto. In questi casi, la scelta del marito non varia dal modello del padre e quindi, il commettere l omicidio sembra l unica soluzione (Benedek 1982) MANN (1988) sottolinea il fatto che il numero dei casi in cui le donne sono le autrici è relativamente basso e che questi casi richiedono ulteriore ricerca poiché la donna omicida ha generalmente subito per lungo tempo delle violenze da parte del marito. In una ricerca condotta nella città di Chicago durante gli anni ottanta, la presenza di ragioni emotive e di autodifesa è stata osservata coma la causa principale del commettere l omicidio. L omicidio in Grecia L omicidio intenzionale, come l alto tradimento dello Stato, è considerato un reato molto grave per il codice penale greco. Dovremmo menzionare che questi due reati sono gli unici dove l attore era
punibile con la pena di morte (sino alla sua abolizione nel 1993) o con l ergastolo. Dopo un attento esame della ricerca sul genere e sull omicidio in Grecia, è stata osservata la mancanza di indagini che riguardano le donne come autrici del reato di omicidio poiché gli indagini precedenti che ebbero luogo nel paese riguardavano unicamente il reato di omicidio in generale. In Grecia, durante il 1994, un indagine quantitativo condotto dal prof. Tsouramanis ha studiato le vittime ed i casi di omicidio durante il periodo 1990 1994. I dati hanno indicato che gli attori erano per la maggior parte (91,8%) uomini, greci, tra i 25 e i 34 anni, disoccupati e non sposati. Nella maggiore parte dei casi, il reato era stato commesso senza una ragione vera e propria mentre esisteva un collegamento tra la vittima e l attore (Tsouramanis1994) Un indagine del 2002 ha esaminato quasi 200 casi d omicidio durante il periodo 1986 1995. I risultati hanno evidenziato che la stragrande maggioranza degli attori erano uomini (91,3%) mentre il 72% di essi aveva tra i 18 e 45 anni. Inoltre, il 78,6% dei reati era stato commesso da una sola persona. In circa il 20% dei casi gli attori erano caratterizzati come persone antisociali e il 42% di loro apparteneva ad una classe socio economica bassa. Il 31% dei casi di omicidio era stato commesso da persone straniere mentre per il 10,2% dei casi l attore e la vittima erano conviventi. (Tsigris 2002) Se si esaminano i dati statistici del Dipartimento di Giustizia, si vede che la Grecia segue le tendenze globali dove il sesso maschile è sovrarappresentato nei casi di omicidio: più precisamente, durante il 1988, di un totale di 192 casi di omicidio, in 176 di essi l attore era un uomo mentre soltanto in 11 casi l autore era una donna. Similarmente nel 1992, di un totale di 265 casi di omicidio in soltanto 11 di essi la donna era l autore. Allo stesso modo, durante il 1996, la donna fu segnalata come autore in soltanto 15 casi del totale di 303 omicidi. Metodologia dell indagine L obiettivo base dell indagine era di confermare che le donne arrivavano ad ammazzare i propri mariti, compagni o altri parenti come una reazione a comportamenti violenti e abusivi a loro inflitti. Sono state esaminate delle altre assunzioni quali, tra l altro: l età e la situazione economica delle donne che hanno commesso un omicidio il livello di educazione delle donne incarcerate la dipendenza finanziaria della donna sul proprio marito/compagno prima di commettere il reato. il luogo di residenza al momento della realizzazione del reato. se l esistenza di terze persone abbia avuto un ruolo determinante per la donna autore nel passare da desidero ad azione. Questionnario Il questionario era semistrutturato, con una combinazione di 56 domande con scelta aperta e multipla mentre il completamento delle interviste ha richiesto oltre 15 giorni di tempo. Per la definizione del termine violenza domestica i ricercatori hanno adottato il significato dell Unione Europea che comprende gli obblighi corporali, verbali, psicologici e emotivi malgrado la frequenza della violenza/abuso. In termini generali, il significato di violenza domestica viene definito come qualsiasi controllo o manipolazione finanziaria che possa aver luogo tra adulti, adolescenti o tra compagni/mariti attuali o passati. Luogo di nascita Le scoperte sul luogo di nascita sono particolarmente interessanti. La maggior parte delle donne in prigione era nata all estero (26,1%) per lo più in Albania mentre altre provenivano dalle regioni dell ex Unione Sovietica e da paesi dell America Centrale. Il 21% del campione consisteva di donne nate ad Atene. Residenza
I dati riguardanti il luogo di residenza dimostrano che la maggior parte delle donne abitavano ad Atene prima della loro incarcerazione (43,5%). Questo percentuale viene seguito da altre donne di altre regioni del territorio greco. Questi dati ci dicono che molte donne avevano lasciato il proprio luogo di nascita e avevano commesso l omicidio in altro posto. Ciò può essere spiegato dal fatto che il contesto urbano e la complessità di una città capitale, oltre all anonimità offerta, intensificano la tensione domestica e alzano la pressione. Inoltre, nel caso di donne straniere in prigione, la scelta di Atene come luogo di residenza permanente riguardava anche motivi di occupazione. Se convertiamo il percentuale di omicidi per rapporto al numero di residenti che abitano in zone rurali vediamo che la zona della capitale rimane seconda alle zone rurali per quanto riguarda il numero di omicidi. A questo punto, si deve anche sottolineare il fatto che l accettazione o la reazione ad una violenza domestica ha a che fare con il contesto globale (sociale, economico, culturale) ed il sistema dei valori della società dove la gente vive. Una società chiusa (villaggio, piccola cittadina) può fornire una copertura per l aggressore al fine di proteggere la comunità dalla copertura negativa media. Dall altro canto, la coesione e la struttura stretta di diverse società chiuse intervengono in modo correttivo implementando il controllo sociale non officiale. In genere, sembrerebbe che i luoghi urbani facilitano il passaggio dal desiderio all azione della donna autore L età delle donne in carcere L età delle donne incarcerate varia dai 29 ai 68 anni. Molte di esse, in prigione per aver commesso un omicidio, hanno 33 anni seguite dalle donne di 29, 40 e 50 anni. Questi dati suggeriscono che le autrici avevano commesso l omicidio ad una età relativamente giovane. A questo punto dobbiamo segnalare che le donne senior (fino ai 65 anni) avevano già terminato la sentenza di detenzione per cui il numero per questo particolare gruppo è stato considerato non preciso da parte dei ricercatori. Livello di educazione Qualche dato biologico sulle donne incarcerate non corrisponde con gli stereotipi previsti ma la maggioranza delle donne aveva studiato sino agli esami di maturità (43,5%). Il 30,4% delle donne aveva avuto una educazione di scuola elementare e soltanto l 8,7% era inalfabeta. Questo risultato contraddice il concetto generalmente accettato circa il livello basso di educazione delle donne in carcere. L omicidio del marito o compagno ha delle caratteristiche specifiche e riguarda svariati gruppi della società. Stato familiare Quasi una donna su due in prigione è diventata vedova perché ha ammazzato il proprio marito (il 48%), seguita dalla donna che rimane sposata (il 21,7%) ma questo segmento riguarda la donna che ha avuto rapporti extraconiugali e ha ammazzato il proprio amante. Il 21.7% del campione era una donna non sposata che aveva ammazzata l amante o un membro della famiglia, soprattutto la madre. Un grosso percentuale del campione (il 69,6%) aveva commesso il reato in casa mentre il 13% lo fece in ufficio. Nella maggior parte dei casi la vittima era il marito o altro parente. I due più frequenti motivi per commettere un omicidio sembrano essere in molti casi un rapporto extraconiugale (il 21,7%) o motivi finanziari (il 21,7%). In 69,6% dei casi l autore aveva commesso l omicidio in maniera molto calma e con premeditazione. Il sesso della vittima e il rapporto con l autore Gli uomini sembrano essere le vittime di omicidio nel 69,6% dei casi mentre in 21.7% la vittima è la donna. In 47,8% dei casi, la vittima è il marito della donna incarcerata Rapporto tra la vittima e l attore/autore La stragrande maggioranza delle vittime era di sesso maschile e, più particolarmente, nel 47,8% dei casi la vittima era il marito incarcerata.: Inoltre in quattro dei casi, la vittima era un compagno
extraconiugale. Questi dati ci dimostrano che la maggior parte degli omicidi con la donna come autore ha avuto luogo nel quadro di un rapporto amante/compagno: Situazione finanziaria La situazione finanziaria delle donne in prigione ha avuto un ruolo cruciale nella realizzazione dell indagine dato che risulta essere un fattore che influisce sul processo di prendere decisioni di una persona sotto particolare stress. Le interviste hanno rivelato che l esistenza di una dipendenza finanziaria è una delle ragioni basilari che obbligano le donne a non abbandonare la propria casa malgrado i maltrattamenti subiti. Ulteriori conclusioni Come già menzionato, l obiettivo base dell indagine era di provare che le donne arrivavano al punto di ammazzare i propri mariti, compagni o altri parenti solo come una reazione ai comportamenti violenti e abusivi subiti. Per essere precisi, durante le interviste, sono emerse delle testimonianze di maltrattamento principalmente da parte del marito/compagno e secondariamente (per pochissimi casi) da parte di genitori/parenti. Questi risultati non confermano una delle assunzioni dell indagine, cioè che la donna, che ha subito una passata violenza alle mani dei membri della famiglia, non necessariamente diventa aggressiva al punto tale di arrivare successivamente all omicidio. D altro canto, l assunzione della trasformazione della donna da vittima in autore, principalmente nei casi dove subisce il maltrattamento da parte del marito o compagno, sembrerebbe essere confermata.vale la pena menzionare che in tre o quattro casi rilevanti fu la madre a incoraggiare il maltrattamento mentre in due di questi casi la vittima fu proprio la madre. Grazie a questi risultati, possiamo confermare il cosiddetto scambio di ruoli.possiamo pure presumere che la violenza frequente viene successivamente rivolta sull aggressore e non contro una persona irrilevante, attraverso una possibile trasposizione. Esistono molti fattori che potrebbero spiegare l esistenza e la frequenza di violenza domestica. Nei casi delle donne incarcerate, attraverso la conduzione delle interviste, stanno emergendo incidenti di violenza psicologica e corporale ma non attraverso il fascicolo personale. Le caratteristiche invisibili (alla giuria) della violenza psicologica fanno sorgere molte preoccupazioni. Il disonore, la mancanza di evidenza e l inesistenza di un contesto di supporto con assistenza sociale e legislativa, sono soltanto alcune delle ragioni per cui questo tipo di violenza abusiva domestica non viene alla luce. Più specificamente, in otto dei casi le donne denunciavano l uso di violenza psicologica e/o corporale mentre cinque donne denunciavano l uso frequente di entrambi i tipi di violenza. Come probabile causa di questo comportamento le donne sottolineavano diversi fattori quali la gelosia (registrata da 4 delle 15 donne intervistate), l uso di alcool e sostanze, minacce di divorzio, stanchezza dovuto al lavoro e il forte scarto di età tra la coppia. Il tentativo di diverse donne incarcerate di giustificare la violenza psicologica e/o corporale del proprio marito era ammirevole. In tutti i casi dove fu denunciato un maltrattamento, era intensa la pratica di violenza psicologica. Le donne incarcerate hanno menzionato, come espressione delle violenza psicologica, apatia, repressione, abbandono e umiliazione. La violenza corporale era spesso considerata una forma di educazione secondo alcune testimonianze. La reazione delle donne in carcere al maltrattamento subito alle mani del proprio compagno era, nella maggior parte dei casi, quella di abbandonare la casa con i loro bambini, anche se alla fine dovevano ritornare principalmente a causa della mancanza di risorse finanziarie. Il secondo motivo registrato per il quale restavano nella casa era la mancanza di sostegno da parte dei familiari e/o gli amici o il loro ambiente sociale. La dipendenza dal marito/compagno sembra essere il motivo principale per non aver abbandonato il rapporto, malgrado i problemi evidenti derivanti dal comportamento violento. Inoltre, i problemi giuridici che riscontravano le donne straniere che vivevano in Grecia funzionavano come un fattore
sospensivo cruciale per non rinunciare al rapporto. Il ruolo del compagno di sesso è sostanziale in quei casi dove è il fattore determinante direttamente o indirettamente nel portare la donna a prendere la decisione di commettere l omicidio. Opera come lo strumento per la realizzazione del reato, come una persona di sostegno o un partner uguale. La vita dopo la sentenza d incarcerazione La maggior parte delle donne riteneva d aver avuto un processo ingiusto mentre la presenza di un giudice femminile era considerata un problema. Allo stesso modo, la presenza dei media durante il processo era considerata un fattore che indeboliva la loro difesa durante il procedimento. Il fatto che fossero donne era considerato, anche da loro, un ulteriore fattore negativo mentre la giuria, l opinione pubblica e i media le valutavano negativamente. Inoltre, il luogo d origine, nei casi di donne incarcerate straniere, giocava un ruolo negativo dal loro punto di vista. La situazione finanziaria delle donne prima dell incarcerazione era abbastanza buona, come dichiarato dal 53,3% del campione. Il peggioramento di questa situazione, dopo il reato e l incarcerazione, era invece rapido. La maggior parte di esse dichiarò di non essere in grado di coprire le spese basilari a causa dell impossibilità di lavorare e la mancanza di sostegno finanziario dai propri parenti. Alcune delle donne in prigione dichiaravano che la loro sopravivenza dipendeva dal sostegno del proprio ambiente familiare. Il vivere in prigione implica delle spese per le necessità personali (comodità, bisogni sanitari, ecc.) che erano considerate irraggiungibili da alcune incarcerate. La stragrande maggioranza delle incarcerate faceva ogni sforzo possibile per proteggere i propri bambini da qualsiasi coinvolgimento nel caso. Inoltre, cercavano di mantenere un forte, fondamentale e essenziale rapporto con essi. Alcune non erano ancora riuscite mentre da 10 a 15 di esse dichiaravano di continuare ad avere rapporti stretti con i propri figli. In quasi tutti i casi, la famiglia sosteneva e continua a sostenere emotivamente le donne in prigione dopo l incarcerazione. Infine, le donne non registravano alcun effetto negativo della loro azione sul rapporto con gli altri membri della propria famiglia. Al contrario, la stessa cosa non si poteva dire dei rapporti con amici e colleghi di lavoro i quali cercavano di tenere le distanze (dichiarato da 8 a 15 donne) Una percentuale limitata del campione ha dichiarato di aver assunto delle sostanze psicotropiche prima del reato mentre la percentuale aumentava notevolmente dopo l incarcerazione. L aspettativa principale delle incarcerate era quella di essere vicine ai propri figli e di poter lavorare.