BOZZA intervento Corso di aggiornamento sulla certificazione. di infortunio e malattia professionale



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Dott. Antonio Regazzo medico chirurgo Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni Via Edison 22 PADOVA - Via Franchetti 80 VICENZA Tel. 049/8736100 Fax 049-8715948 E-mail: studio-tr@libero.it BOZZA intervento Corso di aggiornamento sulla certificazione di infortunio e malattia professionale Un ringraziamento per l opportunità concessami di parlare a questa qualificata platea. Il mio intervento si contrappone per certi aspetti a quello appena ascoltato che aveva quale relatore la dott.ssa Salatin dell INAIL. Abbiamo dunque sentito parlare del sistema tabellare e dell obbligo di denuncia per gli infortuni e le malattie professionali. Sicuramente un grande passo avanti è stato compiuto per il riconoscimento delle malattie professionali sia da parte dell INAIL - con l istituzione del rinnovato sistema tabellare - sia da parte dei medici che hanno obbligo di certificazione, sia da parte dei vari SPISAL delle ASL del territorio. Mi dovete però scusare se il mio intervento porterà ad evidenziare una realtà un po difforme da quella che tutti per primo i lavoratori assicurati si aspetterebbero. In qualità di medico di Patronato mi trovo molto spesso a formulare delle richieste all INAIL di nuove malattie professionali e spesso accendo un contraddittorio con il medico funzionario INAIL - che giunge talvolta fino al Giudice del lavoro - per ottenere il riconoscimento di m.p. od infortuni mai denunciati oppure denunciati e non riconosciuti. Come vengono denunciate le Malattie professionali e gli infortuni sul lavoro e quali sono le categorie di sanitari che sono deputate in questi compiti. 1

Per gli infortuni il lavoratore, quando impiegato in una ditta, si rivolge al Pronto soccorso e/o al medico di medicina generale che, individuata sommariamente l occasione di lavoro, provvede al primo certificato INAIL. Molto spesso in questo frangente la fretta nella compilazione della certificazione, l ignoranza da parte del lavoratore che non comprende il valore delle proprie dichiarazioni nel verbale di Pronto Soccorso, la semplificazione da parte dell operatore che raccoglie i dati circostanziali, porta alla respinta INAIL dell infortunio per varie ragioni (la più comune è il difetto di causa violenta) con l accensione di un contenzioso amministativo ed eventualmente presso il Giudice del lavoro. Questa è l attività principale del medico del patronato in tema di riconoscimento di infortunio.. E per le malattie professionali come funziona? Le denuncie di ques ultime implicano una sensibilità e una competenza diversa e molto più approfondita da parte dei medici che vengono a vario titolo a conoscenza di una sospetta patologia correlabile al lavoro. In particolare si segnala che i Medici competenti (MC) potrebbero potenzialmente diagnosticare qualsiasi patologia che insorga prima dell età della pensione, quindi una quota rilevante della malattie correlate al lavoro. Tuttavia è notorio come ciò non accada. Spesso non viene formulata alcuna diagnosi sullo stato di salute, l anamnesi lavorativa è spesso limitata al titolo della mansione attuale, la valutazione del rischio con raccolta della pertinente documentazione è rara; il danno è eccezionalmente documentato, occasionale appare l approfondimento diagnostico. Pur se a volte viene identificata la patologia, non si procede nel ragionamento etiologico del nesso di causa o non si prosegue con denuncia e certificazioni, che, quando eseguite, sono più spesso per malattie facili (ad esempio, ipoacusia da rumore). I motivi principali di tale situazione, oltre a carenze tecnico-scientifiche ed organizzative, possono essere i timori rispetto al datore di lavoro (che ricordiamo - paga la parcella della visita) e l insufficiente tempo dedicato all approfondimento del caso. Passando poi ai Medici curanti, ai medici di medicina generale, ai medici specialisti (non di medicina del lavoro) dove le patologie vengono diagnosticate in ambulatorio e al letto del paziente, il bacino d utenza è ancora più ampio, non solo come lavoratoti o ex lavoratori esposti a fattori di rischio, ma anche come numero e spettro di patologie, ad esempio quelle neoplastiche, 2

infettive, osteoarticolari, allergologiche, neurologiche, che si possono manifestare in sede e tempi diversi rispetto a quanto osservabile dal medico competente. Qui le motivazioni di sottostima / sottonotifica appaiono principalmente riferibili alla limitata cultura sulle tematiche del rischio, la fisiopatologia delle malattie da lavoro, le implicazioni anche operative di una Diagnosi Eziologica, spesso non indirizzano il paziente per consulenza - al medico competente o ad altre strutture specialistiche di medicina del lavoro degli ospedali e dell ASL di riferimento. Risultano presenti a volte disattenzione e fastidio rispetto agli adempimenti medico-legali in capo a medici che, a vario titolo, formulano comunque diagnosi di patologia e seguono correntemente pazienti, lavoratori o ex lavoratori. Continuando, vi sono poi i Medici universitari ed ospedalieri, operanti in strutture pubbliche di Medicina del Lavoro: le segnalazioni di Malattie correlate a lavoro provenienti da queste strutture sono notevolmente inferiori alle attese e ciò è un problema, da un punto di vista culturale ed operativo, in quanto sono le sede istituzionali e di elezione per la diagnosi etiologica e dovrebbero costituire i logici riferimenti di medici competenti, medici specialisti e di medicina generale, che peraltro, come sopra accennato, non si avvalgono sistematicamente della loro consulenza. Tali strutture hanno un rilevante potenziale bacino di utenza ed i significativi vantaggi di poter raccogliere segnalazioni (non retrospettive) di patologie da approfondire da vari reparti e servizi, il rapido accesso all adeguata documentazione diagnostica clinico-strumentale, la facile disponibilità di pazienti, la possibilità di contatti con specialisti. La qualità delle informazioni clinicoanamnestiche e la diagnosi etiologica sarebbero garantite da specialisti Medici del Lavoro e la denuncia, adeguatamente sostenuta da pertinente documentazione, avverrebbe in modo sistematico, limitando drasticamente la sottonotifica. Tuttavia, non appare che vengano dedicate sufficienti risorse culturali ed organizzative / gestionali per queste attività. I medici specialisti in Medicina del Lavoro operanti in Servizi di Medicina del Lavoro delle ASL: Questi servizi sono il terminale principale delle denunce / notifiche. L osservatorio ASL è non solo struttura di riferimento per approfondimento specialistico, ma anche potenziale fonte di iniziative di carattere sistematico per le malattie correlabili al lavoro (ricerca sistematica / attiva), che a loro 3

volta sono foriere di ulteriori segnalazioni. Tali attività sono finora state o di livello regionale o limitate a specifiche patologie (ad esempio Mesoteliomi) ed appaiono suscettibili di significativo allargamento. Non saprei in quale categoria inserire i medici di Patronato seppur specialisti in medicina Legale e/o in Medicina del Lavoro- che dovrebbero intervenire a tutela del lavoratore nel riconoscimento di una MP e/o di un infortunio già segnalato all INAIL e non riconosciuto, ma che invece sono promotori di molte denuncie di malattia professionale che scaturiscono sia da infortuni non riconosciuti per difetto di causa violenta su patologie degenerative ( penso ad esempio alle lesioni meniscali su piastrellisti e su elettricisti oppure a patologie degenerative di spalla), sia da situazioni di disagio lavorativo che vengono drenate negli Enti di Patrocinio evitando il medico competente, in quanto talvolta considerato dal lavoratore una sorta di braccio sanitario del datore di lavoro. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Cambiando parzialmente argomento e trattando ora delle malattie correlabili al Lavoro già denunciate all Ente asssicurativo, si deve notare che anche con il sistema tabellare delle Malattie Professionali il problema si incentra sempre sul nesso di causalità tra lavorazioni e patologie lamentate, con gli spunti per un contenzioso che di seguito andrò ad esporre: Il primo elemento che ritengo vada valorizzato è la distinzione tra le malattie comprese nelle tabelle allegate al Testo Unico (e successive modifiche) e quelle invece non comprese. Come si ricordava, per le malattie professionali sussiste un doppio regime e solo per quelle tabellate vale la presunzione legale di origine definita come il principio che consente, una volta formulata una diagnosi etiologica di malattia rapportabile ad un fattore patogeno tabellato, di attribuire la malattia stessa alla lavorazione protetta svolta dall assicurato, senza la necessità di provare, mediante indagini analitiche ambientali, il grado di effettiva nocività del posto di lavoro (dal momento che le tabelle stesse non prevedono un periodo minimo di esposizione al potenziale rischio). 4

Ciò di fatto molte volte non accade e da parte dell Ente assicurativo e/o dei funzionari medici si considera ancora determinante il documento di valutazione del rischio che è fornito dalla Ditta in fase di istruzione della pratica, commettendo così un illecito amministrativo. Oggi siamo in presenza di malattie per lo più non tipiche o a genesi multifattoriale, nelle quali i diversi momenti etiologici professionali ed extra-professionali non sono di agevole distinzione; questo fa si che debba prevalere una criteriologia probabilistica con passaggio da un modello normologico-deduttivo a quello probabilistico-induttivo. La probabilità, ricordano anche i sanitari dell Istituto, ha trovato diverse declinazioni nelle sentenze ma soprattutto assume connotati diversi fra sede penale - in cui si deve parlare di causalità forte - e sede civile e previdenziale in cui possiamo anche essere in presenza di una causalità debole. Ma l applicazione dei criteri di causalità forte o debole interviene solo nella fase finale dell accertamento medico-legale. Per un parere diagnostico eziologico certo nei casi di sospetta malattia professionale, è necessario un comune denominatore metodologico di base, ricorrendo a criteri tecnico scientifici ed oggettivi. Questo porta a porsi il tema della esposizione a rischio; su questo punto riportiamo un testo dei colleghi dell INAIL in quanto si avvicina a quanto sosteniamo da tempo come Patronato: nella difficoltà frequente di ricostruire storicamente l esposizione ad un determinato rischio i medici dell Istituto sono invitati ad avvalersi dei dati delle indagini mirate di igiene industriale, di quelli della letteratura scientifica, delle informazioni tecniche, ricavabili da situazioni di lavoro con caratteristiche analoghe, nonché di ogni altra documentazione e conoscenza utile a formulare un giudizio fondato su criteri di ragionevole verosimiglianza ed aggiungono la valutazione dell efficienza causale degli agenti patogeni va effettuata non in astratto ma in concreto, cioè con riferimento alle condizioni fisiche del singolo lavoratore. Molto interessanti sono su questo punto, infine, le considerazioni politiche quando si afferma che la difficoltà a formulare diagnosi eziologica con strumenti poveri potrebbe indurre alla tentazione di abbandonare la tutela privilegiata per cui non esisterebbero più le malattie 5

professionali, ma solo le malattie comuni e cesserebbero il ruolo di avanzamento culturale giocato dall assicurazione obbligatoria e gli effetti nel campo della prevenzione. Causa lavorativa: idonea efficienza causale Causa extralavorativa: idonea efficacia causale SI NESSO DI CAUSALITA Senza che sia rilevante la maggiore o minore incidenza nel raffronto tra le concausa lavorative ed extralavorative. Causa lavorativa: non sufficiente efficienza causale Causa extralavorativa: non adeguata efficacia causale azione sinergica SI Nesso di causalità Causa lavorativa: non sufficiente efficienza causale Causa extralavorativa: efficacia causale NO Nesso di causalità Dopo questa introduzione teorica sul nesso di causalità, passiamo quindi a valutare alcuni casi concreti che vengono denunciati e che non vengono sempre riconosciuti dall INAIL. Innanzitutto mi preme ancora sottolineare come molto spesso, per la ricostruzione del nesso di causalità, risulti necessario se non indispensabile raccogliere un parere tecnico motivato che spesso deve essere richiesto o ad un medico del lavoro (io mi appoggio all Istituto di Medicina del Lavoro di Padova) oppure allo SPISAL di competenza. Molto spesso le indagini dello SPISAL, che risultano puntuali dal punto di vista tecnico, sono carenti invece da quello medico, non valutando appieno la persona che ha denunciato la malattia professionale o basando gli accertamenti su quanto spesso viene riferito dal datore di lavoro, non calandosi dunque concretamente sulla realtà del singolo lavoratore. Con tali presupposti, quanto si vengono a considerare i documenti di valutazione del rischio (in realtà gli 6

unici elementi oggettivi che l INAIL prende in considerazione) dobbiamo sottolineare come questi siano alterati da una indagine condotta da strutture esterne che sono pagate dalle ditte e che risultano sempre e comunque di parte. L INAIL attribuisce spesso un disarmante valore di certezza al documento di valutazione dei rischi, che ricordo essere finalizzato ad esclusivi scopi di prevenzione e controllo professionale. L impiego come discriminante nella valutazione del nesso di causa per il riconoscimento di una MP appare improprio sotto i diversi profili : giuridico, tecnico, medico-legale. Giuridico in quanto rappresenta un documento di parte la cui redazione è di esclusiva responsabilità datoriale. Tecnico in quanto la stima dell esposizione professionale se occasionale e non condotta con rigorosa metodologia statistica, non rappresenta quella vera se non in un ampio campo di variabilità. Medico-legale in quanto la valutazione è riferita quasi sempre ad una condizione di esposizione attuale non espressiva della situazione storica. Le stime del rischio contenute nel DVR vanno assunte con estrema cautela e quand anche si giudichi corretta la metodologia di analisi, esso può semmai costituire un elemento di giudizio da affiancare ad altri altrettanto fondamentali nella ricostruzione dell esposizione professionale: l anamnesi professionale, le conoscenze tecnologiche, il criterio epidemiologico. E bene poi ribadire che i valori limite accettabili (TLV) hanno valore igienistico e non di discrimine in merito alla possibilità di contrarre una malattia professionale (e questo è stato ribadito in modo costante dalla giurisprudenza a partire dai primi anni 90 in particolare per l ipoacusia dalla sentenza Quaini del 1992): Inoltre i TLV (valori limite accettabili) tutelano la maggior parte della popolazione ma non la totalità, rimangono sempre esclusi i più deboli per costituzione o per patologie acquisite o coloro che sono esposti a più noxae patogene (es. rumore e solventi); se così non fosse non sarebbe giustificato l obbligo di controlli sanitari anche in situazioni che risultano al di sotto dei valori limite accettabili TLV. Questi controlli, coerentemente con la definizione, servono per prevenire danni alla salute di quella percentuale di lavoratori, valutabile intorno al 10%, che altrimenti sarebbero colpiti da patologie professionali. Non è scientificamente corretto utilizzare esclusivamente i valori di 7

esposizione (questo vale non solo per il rumore, ma per tutti gli inqiunanti ambientali) per porre una diagnosi di malattia professionale che si articola in due distinti momenti: - la diagnosi clinica che tiene conto di tutti i parametri specifici di quella patologia; - la diagnosi eziologica che si fonda sulla precisa conoscenza della dose che è definita dalla quantità di inquinante e dal tempo di esposizione allo stesso. - Negare il rapporto di causalità nei casi in cui siano presenti tutti i parametri clinici specifici, ma la dose risulta insufficiente in quanto non è valutata con precisione, appare un errore diagnostico oltre che un illecito assicurativo. Infatti come riportato testualmente su Valori Limite di soglia Indici biologici di esposizione ACGIH 2003 (Supplemento al volume 29 n1 Gennaio 2004): I TLV (valori limite di soglia) e gli IBE (indici biologici di esposizione) vengono emessi come linee guida per agevolare il controllo dei rischi per la salute. Queste raccomandazioni o linee guida vengono proposte per l utilizzo nella pratica di igiene industriale e debbono essere interpretate solo da persone specializzate in tale disciplina. Queste non sono state sviluppate come standard avente valore legale e L inail molto spesso questo lo dimentica.. I Valori limite di soglia indicano le concentrazioni o valori al di sotto delle quali si ritiene che la maggior parte dei lavoratori possa rimanere esposta ripetutamente giorno dopo giorno senza effetti negativi per la salute.. Questi limiti non costituiscono una linea di demarcazione netta fra concentrazione non pericolosa e pericolosa e non possono essere impiegati per altri fini, per esempio come prova o esclusione di una malattia in atto Passando pertanto ad alcuni esempi possiamo quindi parlare delle ipoacusie, dei disturbi muscolo-scheletrici degli arti superiori, del sollevamento manuale dei carichi e di molte altre MP. Nel caso delle ipoacusie, ad esempio, molto spesso le indagini fonometriche eseguite nei luoghi di lavoro vengono effettuate quando i macchinari non sono a regime o impiegano materiali di lavorazione particolari. Queste misurazioni, come detto, sono pagate e commissionate dalla ditta, che ha tutto l interesse a tenere i valori sotto le soglie riconosciute di lesività. Il paradosso è che molto spesso gli stessi lavoratori risultano complici di queste misurazioni falsate; non parliamo 8

poi quando il lavoratore, come talvolta spesso succede, è un artigiano. Lo stesso artigiano infatti molto spesso utilizza delle misurazioni falsate per non pagare un premio di rischio più elevato all INAIL, salvo poi chiedere all INAIL stesso una malattia professionale (prendo ancora ad esempio l ipoacusia) la quale non viene riconosciuta dall ente in quanto il documento della valutazione del rischio segnala un rumore inferiore agli 80 Db. Ma oltre all ipoacusia, possiamo parlare di tanti altre Malattie Professionali..esempio quelle indotte dalla movimentazione manuale di carichi nel magazziniere, dall attività lavorativa dei mulettisti con trasferimento di vibrazioni all asse vertebrale ed ancora dalle vibrazioni che si trasmettono ai distretti spalla-mano con l utilizzo degli strumenti vibranti. Ricordo di essere stato un paio di anni fa in una ditta di Rovigo che costruiva freni per ciclomotori e per motociclette (avrete forse individuato la ditta anche perché si tratta di una realtà che opera nel rodigino ma che assume aspetti a livello nazionale) dove in un sopralluogo si doveva valutare una possibile esposizione dei lavoratori ad amianto. Molti macchinari e molte linee erano ferme o addirittura smantellate per il sopralluogo e solo una approfondita indagine del CTU Medico del Lavoro (era un prof universitario con notevole esperienza nel campo) ha permesso di ricostruire il ciclo produttivo che dalla ditta era stato completamente modificato in funzione del sopralluogo che dovevamo effettuare. L INAIL dunque con il sistema tabellato oggi introdotto, ha riconosciuto teoricamente una nuova serie di importanti e attuali malattie. Ma non tutte sono poi riconosciute in maniera così automatica come si potrebbe credere. Procedendo ancora per esempi, si apprezza dunque che finalmente ad un lavoratore che ha impiegato macchine per movimentazione di materiale quali ruspe e/o pale meccaniche sia riconosciuta un ernia discale con dignità di malattia professionale; non si comprende però come ad un altro collega della stessa ditta non venga riconosciuto un bulging che impronti il sacco durale, magari in più punti, in quanto la patologia non risulta tabellata (ricordo che la patologia tabellata è solo l ernia discale!!! ). In quest ultimo caso bisogna ricorrere al Giudice del Lavoro, prolungando in maniera patologica i tempi di indennizzo. 9

Discorso analogo riguarda l introduzione dei valori limite nel caso dell esposizione a vibrazioni. In questo caso viene introdotto il partametro di una esposizione di almeno 10 anni, ma noi sappiamo che l obbligo valutativo è stato introdotto da una norma entrata in vigore nell anno 2005 e questo fa si che misurazioni non siano disponibili per la gran parte delle situazioni lavorative e si debba far ricorso a banche dati che sono in grado di fornire indicazioni generali e non sempre in relazione alle realtà operative Ecco pertanto la necessità di un massimo rigore sulla compilazione dei documenti di valutazione dei rischi ed il massimo rigore, da parte degli SPISAL, nei controlli dei fattori di rischio presenti nelle ditte ed è quello che mi auspico come medico di Patronato andando a terminare questo mio intervento. 10