1. IL CONTESTO GLOBALE

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1. IL CONTESTO GLOBALE 1.1 L economia mondiale ed europea Il 2010 è stato caratterizzato da una ripresa del ciclo internazionale, con una crescita del PIL mondiale del 5%. Tuttavia, la ripresa è stata molto disomogenea sia tra economie avanzate e Paesi emergenti e in via di sviluppo, sia all interno dei singoli sistemi economici. I Paesi emergenti e in via di sviluppo hanno maggiormente contribuito all incremento del PIL mentre le economie avanzate, ad eccezione di Corea ed Hong Kong, hanno registrato incrementi più contenuti (Tabella 1.1.1 - Tabella 1.1.2). I primi si confermano il motore della crescita mondiale. L area asiatica è la più dinamica: India e Cina hanno registrato entrambe un incremento del PIL del 10% circa. Segue l America Latina con un incremento del PIL del 6% circa. La crescita delle economie dei Paesi emergenti ha sostenuto anche il ciclo delle economie di quei Paesi avanzati che possono vantare, verso quelle, flussi di export significativi (Germania fra tutte). Tabella 1.1.1 PIL reale dei Paesi emergenti e in via di sviluppo! " # # $ % & ' ( ) * * ( + * (, + ( ) -... / $ 0 % 1 ( 2, 3 ( + 1 ( 4 1 1 ( 4 5 0 6 $ % 7 ( ), 3 (, ' ( ) ' ( 4 ) (, - 8 9 : ; < = 0 > $ 0 % 3 ( ) 1 ( 2 ) * ( 7 *? ; % # $ @ = & 3 ( 7 ' ( 4 + ( ) + ( 7 * ( 2 A B - C D Fonte: FMI [7] La crescita delle economie avanzate è stata caratterizzata da una scarsa omogeneità. A fine 2010, il PIL risultava avere quasi completamente recuperato il livello antecedente la crisi solo negli Stati Uniti (+3%). La crescita dell UEM (+1,8%) e del Giappone (+4%) non ha permesso invece di colmare il divario, peraltro più marcato, rispetto al livello pre-crisi. I Paesi colpiti dalla crisi del debito sovrano (Irlanda, Portogallo, Spagna, Grecia) segnano riduzioni del PIL, ad eccezione del Portogallo la cui economia cresce dell 1,3%. 5

Tabella 1.1.2 PIL reale dei Paesi avanzati 6 E -. F. G = ; H % 0 $ % & 4 (, + ( 7 2 ( ', ( +, ( + I ; % 0 J $ % & 2 ( 7, ( *, ( ', ( * 2 (, 5 > % @ $ % & 4 ( 2, ( + 3 ( 7 3 ( +, ( 2 K L % < 0 % & + ( ' & 3 (, 3 ( ), (,, ( ) G ; = J $ % & 2 ( + & * ( * & 4 & 2 + ( + M N ; > N < % @ @ N & 2 ( 4, ( + & 2 ( 2 &, ( ) 2 5 ; @ % 0 6 % & ' & 3 ( * 3 ( *, ( 4 + ( + O E P Q R Fonte: FMI [7] Guardando alla composizione del PIL, i risultati degli USA sono da attribuirsi al contributo positivo degli investimenti e dei consumi privati, questi ultimi sostenuti da manovre di stimolo fiscale che hanno sorretto il reddito delle famiglie. (Tabella 1.3.2 - Tabella 1.3.3 in appendice). In Giappone, la crescita del PIL è da attribuirsi al contributo della domanda interna ed estera. Tuttavia, gli effetti del terribile terremoto del marzo 2011 potrebbero avere effetti negativi sul PIL. Anche all interno dell area euro, la ripresa è stata diseguale tra i Paesi membri. A livello generale, si sono ampliati i problemi di competitività interna a cui si sono aggiunti quelli derivanti dal deterioramento dei saldi di finanza pubblica il cui risanamento peserà sulla crescita dei prossimi anni. La ripresa è stata trainata dalla Germania (+3,6%) le cui esportazioni nette e investimenti hanno rappresentato il principale motore della ripresa. Negli ultimi anni la Germania è riuscita a ritagliarsi uno spazio rilevante nel commercio mondiale a discapito di USA (in continuo declino) e Cina (in ascesa). Il peso sempre maggiore, a partire dai primi anni duemila, che rivestono le economie asiatiche emergenti sulle esportazioni tedesche è una delle ragioni che spiegano le perfomances della Germania. L Italia è cresciuta dell 1,3%, con un apporto sostanziale della domanda interna e degli investimenti che, tuttavia, restano molto al di sotto dei livelli pre-crisi. Per l Italia, l intensità della crisi del 2008-09 è stata maggiore rispetto al resto dell UE. Ha subito la maggior caduta del prodotto, insieme alla Germania, ma con un recupero molto più modesto. Questi deludenti risultati

sono da attribuirsi ad un progressivo indebolimento della domanda interna e alla riduzione delle esportazioni; queste ultime hanno dato un contributo negativo alla formazione del PIL. Il divario con le maggiori economie dell UE si è così progressivamente allargato e si è aggravato con la crisi. Italia e Germania hanno registrato entrambe un calo drammatico del settore industriale a causa della vocazione manifatturiera di entrambi i Paesi ma la Germania ha sostanzialmente colmato il divario rispetto al livello raggiunto nel 2007, mentre, il livello del PIL italiano nel 2010 è inferiore ancora di 5,3 punti percentuali rispetto al livello pre-crisi. Contrariamente a quanto poteva prevedersi, l occupazione mondiale ha continuato a crescere (1,3%), anche durante la crisi, ma con numerosi squilibri fra aree. Infatti, il tasso di crescita annuale dell occupazione ha segnato valori positivi in tutte le aree del mondo eccezion fatta che per i Paesi sviluppati e l UE. Infatti, dopo la diminuzione del 2,2% del 2009, anche nel 2010, nelle economie sviluppate e nell UE l occupazione ha registrato una, seppur lieve, ulteriore riduzione [6]. E evidente, perciò, che numerose economie sviluppate non generano sufficienti possibilità d occupazione per assorbire la popolazione attiva. Questo è indice del divario che esiste in quest area tra ripresa economica e ripresa dell occupazione. Nel 2010, il tasso di disoccupazione si è mantenuto su livelli elevati a livello mondiale, portandosi al 6,2% anche se ha cessato di aumentare rispetto all anno precedente in cui registrava il 6,3%. Anche in questo caso, i dati per aree rilevano forti differenze. Infatti, solo nell area dei Paesi sviluppati e dell UE, nella quale si è registrato il maggiore aumento del tasso di disoccupazione tra il 2007 e il 2009, il tasso ha continuato ad aumentare nel 2010, portandosi all 8,8%. Sembra così delinearsi una situazione di aumento costante della disoccupazione nelle regioni sviluppate accanto ad un costante, anche se lento, miglioramento della disoccupazione nelle regioni in via di sviluppo [6]. Per quanto riguarda l occupazione per branca d attività, a livello mondiale si osserva una tendenza di lungo termine ad una diminuzione del lavoro in agricoltura e un suo parallelo aumento nel settore dei servizi. In termini di evoluzioni regionali, il numero di lavoratori nell agricoltura è in diminuzione nei Paesi in via di sviluppo e nell UE, nei Paesi dell Europa centrale e dell est (fuori UE) e della CSI, dell Asia dell est e dell America Latina e dei Caraibi mentre è in aumento in tutte le altre aree [6]. Negli anni della crisi economica, naturalmente il settore più colpito in termini di perdita di occupazione è stato il settore industriale. Anche in questo caso, l area delle economie sviluppate e dell UE ha avuto il maggiore tasso di 7

riduzione. Guardando più specificamente all andamento di occupazione e disoccupazione in alcuni Paesi dell UE, il tasso di disoccupazione dell UE si è portato nel 2010 al 9,6% aumentando di 2,5 punti percentuali rispetto al 2008. I peggiori risultati sono stati realizzati nei Paesi colpiti dalla crisi del debito sovrano (Tabella 1.1.3). Tabella 1.1.3 Tasso di disoccupazione in Italia e in alcuni Paesi dell UE (%) 8. 5 > % @ $ % 7 ( ' ' ( ) ) ( * I ; % 0 J $ % ' ( ) 1 ( 4 1 ( ' G = ; H % 0 $ % ' ( 4 ' ( ) ' (, G ; = J $ % ' ( ' 1 ( 4, 2 ( 7 5 ; @ % 0 6 % 7 ( +,, ( 1, + ( ' M N ; > N < % @ @ N ' ( ' 1 ( 7,, K L % < 0 %,, ( +, ) 2 3 (,! = < 0 N S 0 $ > N 4 ( 7 ' ( 7 ' ( ) S T U 2 ' V ' (, 1 1 ( 7 Fonte: Eurostat [3] Nel triennio 2008-2010, il numero degli occupati è diminuito del 2,3% circa. Anche in questo caso, si registra un Europa a due velocità, con Francia e Germania che reggono all impatto della crisi in termini di numero totale di occupati e gli altri Paesi che segnano tutti performances negative (Tabella 1.3.4 in appendice). Alla riduzione dell occupazione ha contribuito maggiormente il settore industriale che, rispetto al 2008, ha visto diminuire il suo peso sull occupazione di due punti percentuali (Tabella 1.3.5 in appendice). L occupazione agricola è invece diminuita in termini assoluti mentre è rimasto invariato il suo peso sul totale. Il settore dei servizi ha invece visto aumentare il numero degli occupati. Tutti i principali Paesi UE hanno visto diminuire il peso del settore industriale e accrescere quello dei servizi. Il peso del settore agricolo è, invece, leggermente aumentato in alcuni Paesi come Grecia, Francia, Italia e Spagna. Questo potrebbe essere dovuto al ruolo di ammortizzatore dell agricoltura in periodi di crisi. Nel 2010, l agricoltura si è nuovamente misurata con l aumento dei prezzi di energia e materie prime non energetiche (beni alimentari e metalli) che hanno generato pressioni inflazionistiche. Numerosi fattori hanno contribuito alla forte crescita dei prezzi alimentari mondiali, ma, la domanda di biocarburanti e il prezzo record del petrolio, sono stati i due principali fattori che hanno portato gli analisti a chiedersi se i nuovi legami tra alimentazione e mercati dell energia non abbiano invertito la tendenza storica alla diminuzione dei

prezzi reali dei prodotti agricoli. La produzione di biocarburanti, fortemente sussidiata negli Stati Uniti e incentivata nell UE, ha sottratto una quota crescente di prodotti agricoli al consumo. Secondo dati della Banca d Italia, nel 2010 un settimo del raccolto globale di mais è stato destinato alla produzione di etanolo e reso più sensibili i prezzi agricoli ai rincari del greggio. Nel caso delle materie prime agricole, la forte crescita della domanda da parte dei Paesi emergenti e per bio-carburanti è stata accompagnata, dal lato dell economia reale, da una offerta non adeguata a causa di fattori climatici e dall attenzione della finanza ai mercati delle materie prime agricole. La volatilità elevata dei prezzi dei prodotti agricoli suscita forti preoccupazioni. L aumento dei prezzi dei cereali, tra giugno e ottobre 2010, in seguito a condizioni climatiche avverse che hanno colpito la Federazione Russa e gli USA, ha aggravato la situazione. In seguito all aumento dei prezzi degli alimenti numerosi governi hanno preso misure, tra loro non coordinate, per soddisfare la domanda interna per ridurre o interdire le esportazioni. Queste misure hanno accentuato la volatilità dei prezzi sui mercati internazionali. L aumento dei prezzi associato alla crisi economica mondiale ha ridotto il potere d acquisto di una parte importante della popolazione dei Paesi in via di sviluppo riducendo la loro sicurezza alimentare. L indice FAO dei prezzi alimentari mostra una tendenza alla diminuzione a partire dagli anni settanta fino agli anni duemila per poi invertire la tendenza e raggiungere il picco di aumento nel giugno 2008. Secondo le stime FAO, l indice dei prezzi è aumentato ancora tra il 2009 e il 2010 a causa, soprattutto, dell aumento del prezzo di cereali, oli e prodotti lattieri. Tuttavia, dal 2005, la volatilità del prezzo dello zucchero è stata ancora più pronunciata rispetto alle altre derrate alimentari. In particolare, il rialzo dei prezzi delle materie prime alimentari nel corso del secondo semestre del 2010 è stato particolarmente marcato per il grano (+92%), mais e zucchero (60%). Secondo le proiezioni FAO e OECD i prezzi reali dei prodotti agricoli nel corso del prossimo decennio aumenteranno ulteriormente rispetto al periodo 2000-2010 a causa del probabile aumento della domanda dei Paesi emergenti e in via di sviluppo, l aumento dei costi di produzione e una ulteriore crescita della produzione di biocarburanti che renderà i mercati agricoli più legati all evoluzione dei mercati mondiali dell energia. In ambito comunitario, il 2010 è stato caratterizzato da interventi della Commissione Europea in agricoltura di carattere settoriale e dalla presentazione della proposta per la PAC 2014-2010. I primi sono stati adottati sia per far fronte alle conseguenze negative su alcuni settori agricoli e sul consumo interno dell aumento dei prezzi delle materie prime agricole, sia per 9

intervenire sulla struttura di alcuni settori agricoli. L aumento del prezzo dei cereali ha aggravato lo stato di crisi del settore suinicolo attraverso un aumento dei costi dell alimentazione animale. La Commissione ha deciso così di aprire allo stoccaggio privato per far risalire i prezzi [4]. L aumento dei prezzi di frumento tenero, orzo da foraggio e zucchero ha determinato problemi di scarsità sui mercati interni. Pertanto, la Commissione ha deciso di sospendere temporaneamente l applicazione di prelievi all entrata per i primi e di applicare una serie di misure per aumentare la disponibilità di zucchero sul mercato UE [4]. Riguardo agli interventi sulla struttura dei settori, nel 2010 è stata emanata una proposta di riforma del settore lattiero-caseario che prevede come punti cardine concentrazione dell offerta e rafforzamento del potere contrattuale dei produttori. Inoltre, la Commissione ha presentato un insieme di proposte legislative e orientamenti, il cosiddetto pacchetto qualità, che contiene sia disposizioni riguardanti la possibilità offerta agli agricoltori di fornire ai consumatori maggiori informazioni sui prodotti di qualità, sia la modifica delle norme sulla commercializzazione. Le proposte legislative relative alla riforma della PAC 2014-2020 disegnano una politica agricola con importanti novità sia sul lato degli interventi di mercato e dei pagamenti diretti (I pilastro) sia sul lato dello sviluppo rurale (II pilastro), all interno di una cornice giuridica che ricalca quella attuale. Le novità della riforma del I pilastro riguardano soprattutto i pagamenti diretti. In particolare, fra le novità introdotte, la proposta di regolamento prevede il definitivo abbandono del pagamento unico, basato su un criterio storico di distribuzione degli aiuti, e il passaggio ad un aiuto forfettario ad ettaro da applicarsi a livello di Stato membro o regione [11]. Per quanto riguarda la politica di sviluppo rurale, essa conserva i tre obiettivi strategici di lungo periodo (competitività, gestione sostenibile, sviluppo equilibrato delle zone rurali) ma abbandona l organizzazione in assi strategici. La proposta individua, invece, sei priorità che danno maggiore enfasi ad alcuni temi quali trasferimento di conoscenze, organizzazione della filiera agroalimentare, gestione dei rischi e cambiamento climatico. 10

1.2 La situazione italiana Secondo le analisi dei più importanti istituti di ricerca nazionali e internazionali (ISTAT, Banca d Italia, Fondo monetario internazionale) la crisi economica italiana del 2008-09 è di gran lunga il più grave episodio recessivo del secondo dopoguerra per entità di caduta del PIL, della produzione industriale e delle esportazioni. Rispetto alla crisi del 2003, l andamento relativo di PIL e occupazione, con una diminuzione dell occupazione meno che proporzionale rispetto alla caduta del PIL, hanno determinato la riduzione della produttività del lavoro. Pertanto, l Italia si colloca in fondo alla graduatoria dell UE anche nella dinamica della produttività nell intero decennio 2001-2010 [9]. Tuttavia, guardando ai tassi di crescita della produttività nell ultimo triennio, nel 2010 la produttività del lavoro in Italia è cresciuta ad un tasso superiore alla media UE, recuperando i valori negativi registrati nell anno precedente (Tabella 1.2.1). La dinamica stagnante della produttività ha rappresentato un limite all aumento del potere d acquisto pro-capite e quindi all espansione dei consumi. Nello stesso periodo (2001-2010) i settori che hanno generato occupazione in Italia sono quelli che hanno segnato la più bassa produttività (costruzioni, servizi alle imprese e lavoro domestico). Tabella 1.2.1 Produttività del lavoro in Italia e in alcuni Paesi dell'ue (variazioni percentuali) W W. 5 > % @ $ % & 3 ( ' & 2 ( 2 2 ( + I ; % 0 J $ % &, ( ' & 3 ( 2, ( ' G = ; H % 0 $ % & 3 (, & 2 ( 4, ( * G ; = J $ % &, ( 4 & 3 ( + & 2 ( ' 5 ; @ % 0 6 % & 3 ( ) + ( + * ( 2 M N ; > N < % @ @ N 3 ( 2 & 3 ( 2 2 (, K L % < 0 % 3 ( ) 2 ( ' 2 ( +! = < 0 N S 0 $ > N & 3 ( 7 & 2 ( 4 0 6 S T U 2 ' V & 3 ( 7 &,, ( ) Fonte: Eurostat [3] L agricoltura ha contribuito negativamente alla creazione di posti di lavoro in tutte le maggiori economie dell UEM. Tuttavia, nel periodo 2005-2011, mentre nelle altre economie dell UE la diminuzione dell occupazione nel settore agricolo è stata accompagnata da un aumento della produttività di circa il 20%, in Italia, Grecia e Spagna occupazione e produttività del lavoro sono diminuite entrambe (Figura 1.2.1). 11

q ^ Z Z Figura 1.2.1 Variazione della produttività del lavoro e degli occupati in agricoltura (variazione % 2005-2011) Y Z \ Z ] Z [ ] Z [ \ Z X Y Z _ ` _ a b c a d b e f ge h d ie f j e c d a k ge l m e n f e o d e f k ge h p e i ge r s t u v w w xy xw z u { } y t s t t ~ ~ v r } w x Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT La ripresa del PIL italiano nel 2010 (1,3% del PIL dopo il -5,2 del 2009) ha interessato maggiormente le regioni più ricche. Sulla base delle stime preliminari dell ISTAT, l incremento del PIL è trainato dalle regioni del Nord mentre la crescita del Mezzogiorno sarebbe solo di poco superiore allo zero. La bassa specializzazione in settori ad alto contenuto tecnologico, la scarsa presenza sui mercati emergenti più dinamici e la perdita di competitività di prezzo sono i fattori che condizionano il recupero. L andamento dell occupazione vede il prevalere di valori in diminuzione (Tabella 1.2.2). Esistono notevoli disparità territoriali tra centro-nord e Mezzogiorno. In particolare, il tasso di disoccupazione giovanile è il dato più allarmante: il valore medio, pari al 27,8% nel 2010, in aumento di 2,5 punti percentuali rispetto all anno precedente, segna il 40% nelle regioni del Mezzogiorno. 12

Tabella 1.2.2 Indicatori mercato del lavoro in Italia (%) ƒ ˆ Š Š Œ Ž š œ ž Ÿ Ÿ š Ÿ ª ««ª ª ˆ ˆ Š Š Œ Ž š œ Ÿ š Ÿ Ÿ Ÿ ª ««ª ª ˆ ˆ Š Š Œ Ž Ž Ÿ Ÿ ž š œ Ÿ ž š ž ž ƒ ª ± ª «ª Fonte: ISTAT [10] La composizione del valore aggiunto italiano registra un forte peso del settore dei servizi che, nel 2010, si attesta al 73% circa (Tabella 1.3.6 in appendice). Il peso dell agricoltura sul valore aggiunto è stato pari al 2,3%, in leggero calo rispetto all anno precedente. Il peso del settore manifatturiero, in ripresa rispetto all anno precedente, è diminuito di un punto percentuale rispetto al 2008. Il peso del settore agroalimentare rimane stabile all 1,8%. Guardando alla variazione del valore aggiunto per settore economico (Tabella 1.3.7 in appendice), nel 2010, l industria in senso stretto ha dato il maggiore contributo alla crescita (+4,8%). Tuttavia si tratta di valori insufficienti a compensare la forte riduzione dell anno precedente (-15,6%). Il settore primario ha fatto registrare, invece, un incremento del valore di poco inferiore all unità. Il maggior ritmo di crescita dei consumi intermedi rispetto alla produzione è alla base di questo modesto risultato che spiega anche la riduzione del proprio contributo alla formazione del PIL. Il valore della produzione nazionale della branca agricoltura, silvicoltura e pesca è aumentato del 2% grazie ad un nuovo rialzo dei prezzi. Il peso delle attività connesse e di quelle secondarie è ulteriormente cresciuto e queste si confermano una componente strategica del sistema agricolo italiano [4]. Come si è visto nel precedente paragrafo, a fronte di una contrazione per l intera economia, nel settore primario è stata registrata una leggera crescita 13

dell occupazione. Dal lato delle esportazioni agroalimentari, la consistente ripresa del 2010, trainata solo dalla crescita dei volumi esportati, ha più che compensato la battuta d arresto dell anno precedente, riportando le esportazioni italiane ai livelli più elevati registrati nell ultimo decennio. La dinamica favorevole sui mercati internazionali ha fornito un impulso notevole alla crescita del fatturato dell industria alimentare nazionale, consentendo all Italia di collocarsi al terzo posto in Europa, dopo Germania e Francia. L agroindustria mostra una propensione crescente all esportazione a fronte di un dato medio nazionale sostanzialmente stazionario; tuttavia, la penetrazione delle importazioni cresce nella stessa misura (Tabella 1.2.3). Tabella 1.2.3 Propensione all'esportazione e penetrazione delle importazioni dell'agroindustria in Italia ² ³ ˆ ² ³ Œ Ž Ž Œ ³ Ž ² Ž ³ Ž ˆ µ Œ ³ Ž ± «ƒ ± «ƒ œ ¹ º» ¼ œ ¹ º š ½ š» º ž Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ ž Ÿ ž Ÿ Ÿ ¾ œ œ º š œ º À š ¼ º š š œ º À º Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ ž Ÿ Ÿ ƒ ± ª «ƒ ª ƒ ª ƒ ª ƒ ± ª «ƒ ± ª ± ƒ ª ƒ ª ƒ ª ƒ ª Á Â Ã Ä Å Ã Æ Ç È É Å Ç Æ Â Ê Ê Ë Æ È Ã Å Ä Ì Â Í É Å Ç Æ Î Ä Â Ã Ã Å Ä Ì Å Ã Æ Ä Ï Æ Ç Ì Ð Â Ê Æ Ì Ä Â Ñ Â Ê Å Ä Æ Ò Æ Ê Ê Æ Æ È Ã Å Ä Ì Â Í É Å Ç É š ¼ º š š º ½ ¹ š Ó º º º š œ š º ½ š š œ º š š š ½ œ º Ô º ½ ½ œ œ º ¼ º š š š ½ œ º š º ½ ¹ š œ š º Õ Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT Secondo le previsioni del FMI relative al 2011, il PIL italiano crescerebbe solo dello 0,8%, riflettendo il calo della domanda interna solo in parte compensato dall apporto positivo degli scambi con l estero risultante dalle flessioni delle importazioni a fronte di esportazioni stabili. Guardando agli investimenti che possono essere considerati alla base della ripresa, certamente gli investimenti in innovazione sono cruciali per riprendere un sentiero di crescita. Un quadro d insieme della posizione e dell evoluzione recente dell Italia nell economia della conoscenza può essere ricavato dagli indicatori chiave proposti dalla Commissione europea nella Strategia 2020 relativi alla spesa in ricerca e allo sviluppo e valorizzazione del capitale umano. Infatti, un modello produttivo a bassa innovazione comporta bassi investimenti in capitale umano e viceversa. Per quanto riguarda la spesa in ricerca e sviluppo, l obiettivo è raggiungere il 3% del PIL. Per l Italia si tratta di un obiettivo non facile da raggiungere, dato 14

æ che attualmente investe in ricerca e sviluppo poco più dell 1% del PIL ed è al di sotto della media dell UE (2% nel 2010) (Figura 1.2.2). La tendenza nell ultimo triennio mostra un lieve miglioramento dell indice. Al contrario, Paesi come la Germania, (ma anche Danimarca e Austria) hanno percentuali di poco inferiori al valore obiettivo. L Italia registra valori inferiori rispetto alla Spagna e all Irlanda che mostra una tendenza ad un miglioramento della percentuale della spesa in ricerca e sviluppo proprio nell ultimo triennio. Figura 1.2.2 Indicatori per il monitoraggio della Strategia 2020 Differenza rispetto al valore obiettivo della spesa in ricerca e sviluppo ß Ü Þ Ý ß Ü Ý Ý Û Ü Þ Ý Û Ü Ý Ý Ø Ù Ú Ø ç è é ê ë ì í î ï ð ñ ò ó ô õ ö ø ö ù ô ú ö û ö ü ý ö þ ö ùÿ ö ú ø ö Ö Ö Ö ß Ý Ý Ý ß Ý Ý Û ß Ý Ý ß ß Ý Ý à ß Ý Ý á ß Ý Ý Þ ß Ý Ý â ß Ý Ý ã ß Ý Ý ä ß Ý Ý å ß Ý Û Ý Fonte: Eurostat [3] Altro indicatore è il 40% di laureati tra 30 e 34 anni sulla popolazione. Sebbene quasi la metà dei Paesi europei abbia già raggiunto l obiettivo fissato, l Italia presenta un basso valore dell indicatore (20% circa) (Figura 1.2.3). Tuttavia, dal punto di vista dinamico il valore è in costante crescita con una quota di laureati che in dieci anni è cresciuta di otto punti. Strettamente legato agli obiettivi relativi al capitale umano è quello relativo all aumento del tasso di occupazione, che la Commissione europea pone al 75% nel 2020. Nel 2010, il tasso di occupazione medio nell UE a 27 è pari al 68,6%. L Italia si trova al di sotto della media europea di 7 punti percentuali, con valori simili a Spagna e Grecia, mentre la Germania ha raggiunto il valore obiettivo (Figura 1.2.4). Guardando alla dinamica del fenomeno, all interno dei grandi Paesi dell UE si 15

rilevano comportamenti differenti. La Germania ha proseguito nella sua strada di avvicinamento al valore obiettivo, anche negli anni della crisi economica, sebbene a ritmi più contenuti. L Italia, insieme a Grecia e Spagna, dopo un aumento costante dell indicatore che ha caratterizzato gli anni duemila, a partire dal 2008, ha subito una contrazione, che al 2010 è pari all 1,9%. Figura 1.2.3 Indicatori Europa 2020 - Differenza rispetto al valore obiettivo dei 30-34enni con istruzione terziaria Fonte: Eurostat [3] Il risultato dell Italia è la sintesi di forti divari di genere e territoriali. Mentre per gli uomini il tasso di occupazione si colloca, nel 2010, al 72,8 %, vicino al target europeo, per le donne è solo al 51,3%. Dal punto di vista dinamico, però, nell ultimo decennio l Italia ha costantemente ridotto il divario, anche negli anni della crisi. Per quanto riguarda i divari territoriali, la differenza tra regioni del Centro-Nord e regioni del Mezzogiorno è a sfavore di queste ultime. 16

* "! Figura 1.2.4 Indicatori per il monitoraggio della Strategia 2020 - Differenza rispetto al valore obiettivo del tasso d occupazione 20-64enni #! "! +, - # '. / 0 1 2 3 4 0 5 6 / 7 2 / 4 5 0 8 2 / 9. / : 7 / ; < / = 2 / #!!! #!! " #!! # #!! $ #!! % #!! #!! & #!! ' #!! ( #!! ) #! "! #! " " Fonte: Eurostat [3] 17

I Q 1.3 Le Marche nel contesto europeo e nazionale Secondo i dati relativi al 2011 la popolazione marchigiana conta poco meno di 1 milione e 600 mila abitanti, registrando un lieve incremento rispetto all anno precedente in linea con il trend di continua e costante crescita dell ultimo decennio, pari al 9% circa, superiore alla crescita della popolazione italiana ed europea nello stesso periodo (7% e 4% rispettivamente). Tuttavia, il peso della popolazione anziana (65 anni ed oltre) è superiore a quello europeo ed italiano anche se nell ultimo decennio si registra una netta tendenza alla sua diminuzione verso i valori medi europei. Figura 1.3.1 Quota della popolazione oltre i 65 anni di età A A @ A? @ > D @ > C @ J K L M N O P N A G > B @ N R S T U > A @ >? @ A?? A A?? E A?? B A?? F A?? C A?? G A?? D A?? H A? >? Fonte: nostre elaborazioni su dati Eurostat [3] Secondo i dati Eurostat relativi al 2009, il PIL per abitante delle Marche è stato pari a 25.640 euro, un valore superiore alla media italiana ed europea. Tuttavia, esso segna una riduzione del 3% circa in termini nominali, in linea con trend negativi italiani ed europei (Figura 1.3.2). D altra parte, l andamento della variazione annuale del PIL delle Marche dal 1996 al 2009 mostra una lenta riduzione a partire dal 2001, con il picco del risultato negativo del 2009 [2]. Nel 2010, il PIL è cresciuto, in termini assoluti, del 1,3% 1, in linea con i valori nazionali mentre, secondo stime SVIMEZ, il PIL procapite in termini 1 Si tratta delle valutazioni Prometeia riportate nel Rapporto 2010 sull economia delle Marche della Banca d Italia. 18

u Ž nominali della Marche è stato pari a 26.468 euro, superiore di circa il 3,4% alla media italiana. Figura 1.3.2 Andamento del PIL [ Z [ _ ] ^ m k l ie j e h ge h de f [ \ [ V V Z n o ] Y p q r s t r r v w x y X Y V W [ ` ` ` [ ` ` V [ ` ` [ [ ` ` \ [ ` ` a [ ` ` W [ ` ` b [ ` ` _ [ ` ` c [ ` ` Z Fonte: nostre elaborazioni su dati Eurostat [3] Figura 1.3.3 Composizione del PIL nel 2009 ~ ~ ƒ } ~ Š Œ Ž Š Œ Ž ~ ~ š Œ Ž Ž Š Œ Œ Š ~ z { } ˆ Š Œ Ž Š Œ Š Ž Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT 19

Alla composizione del PIL hanno contribuito positivamente tutte le componenti della domanda, tuttavia, le esportazioni nette hanno pesato meno rispetto alle altre regioni del Centro (1,4% contro il 5% circa) mentre un contributo maggiore è venuto dagli investimenti, in linea con la media italiana (Figura 1.3.3). Le Marche sono caratterizzate da un peso del valore aggiunto dell agricoltura sull economia più vicino alla media europea (Figura 1.3.4) che a quella italiana. Secondo i dati Eurostat relativi al 2009, il valore aggiunto agricolo ha subito una forte contrazione rispetto all anno precedente, pari al 17,7%, che ha portato all 1,5% il suo peso sull economia. La contrazione è superiore a quella registrata dal valore aggiunto italiano (-9%) ed europeo (-10%). Figura 1.3.4 Quota del valore aggiunto agricolo Ÿ ž œ ž Ÿ ž œ ž ª «œ Ÿ ž œ œ ž œ œ œ œ œ œ Fonte: nostra elaborazione su dati Eurostat [3] La dimensione media aziendale in termini di SAU è superiore alla media italiana ma inferiore a quella europea (Figura 1.3.5). Al pari di quanto succede in Europa e nel resto d Italia, esiste una tendenza all incremento della dimensione media aziendale che nel periodo 2000-2007 è aumentata di 1,7 ettari (1,5 ettari in Italia e 3,5 ettari nell UE-27). 20

³ ² ± â Ç Figura 1.3.5 Dimensione media aziendale in termini di SAU µ ²» ¼ ¼ ½ ¾ ± µ À Á º Â Ã Ä Å Æ Ä Ä È É Ê Ë µ µ µ µ µ µ µ ¹ µ µ º Fonte: nostra elaborazione su dati Eurostat [3] Il peso dei consumi intermedi sulla produzione agricola è elevato (64%) e allineato ai valori medi europei (Figura 1.3.6). Figura 1.3.6 Incidenza dei consumi intermedi sulla produzione agricola totale Õ Í Î Ó Ñ Ò Ó Ô Ò Ñ Ñ Ò Ï Í Î Ð Ï Î Û Ü Ö Õ Ý Þ ß à á ß ß ã ä å æ Ð Í Î Ì Ï Î Ì Í Î Ö Í Í Í Ö Í Í Ö Í Í Ö Ö Í Í Ì Ö Í Í Ð Ö Í Í Ï Ö Í Í Ø Ö Í Í Õ Ö Í Í Ù Ö Í Í Ú Fonte: nostra elaborazione su dati Eurostat [3] 21

Secondo i dati Eurostat relativi al 2008, il peso del lavoro agricolo sull economia è pari solo al 2% contro il 4% e il 6% dell Italia e dell UE. Tale valore si è dimezzato nell arco di meno di un decennio. L industria assorbe il 41% degli occupati con valori nettamente superiori alla media europea (28%) e italiana (30%). In effetti, l economia delle Marche si caratterizza per un elevata incidenza in termini di valore aggiunto dell industria in generale (32,5% contro il 27,5 della media nazionale) e dell industria manifatturiera in particolare (25% contro il 19% della media nazionale) (Tabella 1.3.1). L industria manifatturiera della regione è caratterizzata, tuttavia, da una forte despecializzazione nelle attività high-tech [1], che potrebbe comportare problemi di crescita nel lungo periodo. Tabella 1.3.1 Composizione del VA nelle Marche e confronti nazionali per branca di attività economica, 2008 (%) ç è é ê ë ì í î é ï ð ì ñ ò é î ç ì ó ó î ô õ î é ñ î ö ò è õ è ø ô é õ ê î ò ù é è ú û ü ú û ý ú û ý þ û ÿ û ú ö ñ ï ù ò é õ è þ û ÿ þ û ÿ û ú û ü û ÿ! " # " $ % & ' $ % & ( ' $ & ) ' % & $ ' * & + 1 I dati si riferiscono al 2007 Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT L industria alimentare pesa l 1,5%, un valore inferiore alla media nazionale. Nel periodo 2004-2009 (Tabella 1.3.9 in appendice), l industria ha subito un drastico calo del valore aggiunto, pari all 11%, seguita dall agricoltura (-8%), mentre i servizi hanno mostrato una maggiore tenuta (-5% circa). Gli effetti della crisi si sono manifestati velocemente e con particolare intensità sui livelli di attività economica delle Marche anche per l elevato grado di apertura al commercio mondiale della regione prima della crisi: il rapporto tra esportazioni e PIL nel 2007 era pari al 30% circa (contro una media italiana del 23%) mentre nel 2010, in seguito alla contrazione delle esportazioni regionali, il grado di apertura è sceso al 22% (Tabella 1.3.9 in appendice). Nel 2010, le esportazioni marchigiane hanno ripreso a crescere (+11%) ma non hanno recuperato i valori dell anno precedente caratterizzato da un crollo del 25%. Esse sono cresciute ad un tasso inferiore alla media italiana. Per quanto riguarda le esportazioni del settore agroalimentare, esse pesano solo per il 3% sulle esportazioni totali contro un valore italiano dell 8%. Tuttavia, in un contesto di ripresa che coinvolge tutto il territorio nazionale, le Marche 22

8 3 2 1 0 /. -, A segnano una crescita del 57% del settore primario e del 13% circa dell industria alimentare. Gli indicatori relativi al lavoro mostrano una migliore risposta del sistema economico marchigiano alle crisi rispetto al sistema economico nazionale. Il tasso di disoccupazione, nel 2010 si attesta al 5,7% contro l 8,4% della media nazionale e quello giovanile si ferma al 15,7% (media nazionale del 27,8%). Nel 2010, il tasso di disoccupazione di lunga durata si è attestato ad un valore pari al 2,4% inferiore a quello medio europeo e italiano (Figura 1.3.7). Figura 1.3.7 Tasso di disoccupazione di lunga durata 9 :. ; < = >? @ > > B C D E 4,,, 4,, - 4,, 4 4,, / 4,, 0 4,, 1 4,, 5 4,, 3 4,, 6 4,, 7 4, -, Fonte: Eurostat [3] Anche in termini di differenze di genere nel tasso di occupazione, le Marche registrano valori inferiori a quelli italiani e in progressivo e rapido miglioramento negli ultimi dieci anni. Riguardo ai fattori che possono influenzare la crescita nel lungo periodo, sono stati presi in considerazione gli indicatori sull accumulazione del capitale umano e degli investimenti in ricerca e sviluppo da un lato, e sulla capacità di penetrare in mercati a domanda mondiale dinamica dall altro. Riguardo al primo gruppo di indicatori, sono stati selezionati il peso dei laureati sulla popolazione residente, la spesa in ricerca e sviluppo intramuros, i laureati in scienza e tecnologia, gli addetti in ricerca e sviluppo e l intensità brevettuale per valutarne la ricaduta in termini di produzione di innovazioni. In base ai dati Eurostat, nel 2010 la percentuale di laureati sulla popolazione 23

q Q Z era pari al 16,2%, una quota superiore alla media nazionale (14,8%) ma nettamente inferiore alla media europea (25,9%). Tuttavia, solo negli ultimi tre anni, la quota è aumentata di due punti percentuali, con un incremento superiore alla media italiana ed europea (Figura 1.3.8). Figura 1.3.8 Quota di laureati nella classe di popolazione 24-64 anni I N H I M H I O H I I H I G H F N H F M H J K L F I H I T R S U V W X Y W W [ \ ] ^ F G H I G G N I G G P I G F G Fonte: Eurostat [3] Le Marche mostrano, invece, un trend positivo del numero di laureati in scienza e tecnologia che proprio negli anni della crisi economica crescono ad un ritmo superiore alla media nazionale (Figura 1.3.9). Figura 1.3.9 Laureati in discipline scientifiche e tecnologiche per mille abitanti in età 20-29 anni g c d e g i d e g h d e g e d e f d e c d e b ` _ a ` _ r s t u v t w t x y z { _ ` _ a _ a j a a a k a b a l a m a n a o a p Fonte: ISTAT [10] 24

ˆ ˆ Š ˆ ˆ Œ Ž š Figura 1.3.10 Incidenza della spesa pubblica in Ricerca e sviluppo (% sul PIL) } } ƒ } ~ ƒ } } œ ž } } ~ Fonte: Eurostat [3] e ISTAT [10] L incidenza della spesa pubblica in ricerca e sviluppo intramuros rimane pressoché stabile e inferiore al già basso valore dell Italia (Figura 1.3.10), mentre in media i Paesi europei nell ultimo decennio hanno aumentato il peso sulla spesa in ricerca e sviluppo passando dallo 0,63% del 2000 allo 0,76% del 2010. Il terzo indicatore (addetti alla ricerca e sviluppo) mostra un trend crescente fino al 2007 per poi arretrare negli ultimi due anni considerati (Figura 1.3.11). Il valore è, inoltre, inferiore, alla media italiana. Figura 1.3.11 Addetti alla ricerca e sviluppo (per mille abitanti) ± ² ³ µ Ÿ Ÿ ª «Fonte: ISTAT [10] 25

É Å Ì Ë Å Ê Æ Æ Å Ä Ô L andamento del numero di brevetti registrati mostra un forte recupero del gap delle Marche rispetto alla media nazionale ed europea ma un drastico crollo dopo il picco del 2007 (Figura 1.3.12) che però ha riguardato tutti i Paesi dell UE-27. Figura 1.3.12 Intensità brevettuale - Numero di brevetti registrati allo EPO per milione di abitanti ¹ ¹ Á ¹ ÈÉ Ç Â Ã À ¹ ¹ ¾ ¹ ½ ¹ ¼ ¹» ¹ º ¹ ¹ º ¹ ¹ ¹ º ¹ ¹ º ¹ ¹ º º ¹ ¹» º ¹ ¹ ¼ º ¹ ¹ ½ º ¹ ¹ ¾ º ¹ ¹ º ¹ ¹ À º ¹ ¹ Á Í Î º Ï Ð Ñ Ò Ó Ñ Ñ Õ Ö Ø Fonte: ISTAT [10] Pertanto, la regione sta percorrendo un percorso di crescita per recuperare il gap in termini di produzione di innovazione, arrestato però dalla crisi economica e prosegue, tuttavia, nella formazione del capitale umano. Rispetto alla capacità di esportare in settori a domanda mondiale dinamica 2, le esportazioni in tali mercati hanno rappresentato nel 2011 il 28,6% delle esportazioni totali, in linea con il valore medio italiano. Tuttavia, dal punto di vista dinamico, negli ultimi dieci anni la crescita è stata consistente: nel 2000 la percentuale era appena pari al 9% circa contro il 31% della media italiana (Figura 1.3.13). 2 Fino all'anno 2008, i settori dinamici considerati, secondo la classificazione Ateco 2002, sono: DG- Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali; 'DL-Macchine elettriche ed apparecchiature elettriche, ottiche e di precisione; DM-Mezzi di trasporto; KK- Prodotti delle attività informatiche, professionali ed imprenditoriali; OO - Prodotti di altri servizi pubblici, sociali e personali. Dal 2009, con l'adozione della nuova classificazione Ateco 2007, i settori dinamici sono: CE-Sostanze e prodotti chimici; CF - Articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici; CI-Computer, apparecchi elettronici e ottici; CJ - Apparecchi elettrici; CL- Mezzi di trasporto; M - Attività professionali, scientifiche e tecniche; R - Attività artistiche, di intrattenimento e divertimento; S - Altre attività di servizi. 26

è Figura 1.3.13 Capacità di esportare in settori a domanda mondiale dinamica (% sul totale delle esportazioni) â Ù Ú Û â Û Ú Û á Ù Ú Û á Û Ú Û é ê ë ì í î ï ð ñ ò ð Ý Þ ß à Ü Û Ú Û Ù Ú Û á Û Û Û á Û Û Ü á Û Û á á Û Û â á Û Û ã á Û Û Ù á Û Û ä á Û Û å á Û Û æ á Û Û ç á Û Ü Û á Û Ü Ü Fonte: ISTAT [10] In sintesi, l economia marchigiana nell ultimo triennio è stata caratterizzata da luci ed ombre. L elevato grado di apertura al commercio mondiale ha fatto sì che gli effetti della crisi si siano manifestati con particolare intensità sul sistema economico marchigiano con un drastico calo del PIL. Nel lungo periodo, la forte despecializzazione nelle attività ad elevato contenuto tecnologico potrebbe comportare problemi di crescita. Tuttavia, gli indicatori relativi al PIL e al lavoro mostrano una migliore risposta del sistema economico marchigiano alle crisi rispetto al sistema economico nazionale. Inoltre, l accresciuta capacità di esportare in settori a domanda mondiale dinamica può portare a migliori risultati in termini di risposta alle crisi internazionali. Rispetto ai fattori che possono influenzare la crescita nel lungo periodo, gli indicatori sull accumulazione di capitale umano e su ricerca e innovazione mostrano che la regione sta percorrendo un percorso di recupero dei gap verso un ulteriore rafforzamento del sistema economico marchigiano. 27

Riferimenti e fonti [1] Banca d Italia (2011), L economia delle Marche nell anno 2010 [2] Banca d Italia (2012), L economia delle Marche nell anno 2011 [3] Eurostat, Selected Principal European Economic Indicators [4] INEA (2011), Annuario dell agricoltura italiana, Volume LXIV, 2010, INEA, Roma [5] INEA (2011), Il commercio con l estero dei prodotti agroalimentari, 2010, INEA, Roma [6] International labour office (2012), Tendances mondiales de l emploi, anni 2011 e 2012 [7] International Monetary Fund, Perspective de l economie mondiale, vari anni [8] ISTAT (2010), Conti economici nazionali e territoriali, vari anni [9] ISTAT (2010), Rapporto annuale [10] ISTAT (2012), Banca Dati di Indicatori Territoriali per le Politiche di Sviluppo [11] Pupo D Andrea M.R. (2012), PAC 2014-2020. Gli impatti regionali. Le valutazioni dell INEA [12] SVIMEZ (2011), Rapporto sull economia del Mezzogiorno 28

Appendice statistica Tabella 1.3.2 Consumi pubblici e privati (variazioni %) dei Paesi avanzati ó ô õ ö ø " ù "! ú û " ó ô õ ö ø " ù ü ü ý " þ " ÿ * * ( ÿ * * ÿ * ÿ * * ( ÿ * * ÿ *!! " # $ % & ' ( % )! )! ) * + %, ( % - "!. / % 0 & % 1 ) ) -! ) " ) 2 3 4 5 6 7 5 8 9 6 : ; < = > <? : > < @ A A > <? B 8 C D D 6 5 3 : A < E A < F : > <? ; = < = A < A G H 6 I 3 3 J 6 5 6 K 8 3 8 5 L H M 9 N 8 C O 8 L P Q M 8 C > < R R < = R < S R < @ ; < R A < F T U V W X Y Y Z U [ U \ ] Y W ^ W [ _ W V Y ` a b c a b d a b e f b g a b f h Fonte: FMI [7] Tabella 1.3.3 Investimenti ed esportazioni nette (variazioni %) nei Paesi avanzati i [ ^ Y j V ] \ Y [ V ] k j l U m V W _ ] U [ ] [ Y V V Y n f h h d f h a h f h a a f h h d f h a h f h a a 7 o Q : A @ < = = = <? A < = : > < @ > < = p 6 5 C 3 H N 6 : A = < A : > < F = < S : > < S > <? > < S q r $ s % & ( % 1 t ) - 1 # $ % & ' ( % - t!! ) )! * + %, ( % t ) 1!. / % 0 & % " ) " " 2 3 4 5 6 7 5 8 9 6 : A @ < R ; <? : = < @ > < E : A < A A < R B 8 C D D 6 5 3 A <? : > < = = < R : A < @ A < F : > < F G H 6 I 3 3 J 6 5 6 K 8 3 8 5 L H M 9 N 8 C O 8 L P Q M 8 C : R < ; A A < @ R < R A < F A < F A T U V W X Y k Z U [ U \ ] Y W ^ W [ _ W V Y ` a f b g f b f f b u h b c h b f h b f 1 Variazioni in % del PIL del periodo precedente Fonte: FMI [7] 29

Tabella 1.3.4 Occupati totali nell UE (migliaia) f h h v f h h d f h a h 7 w x =? y = = = z = = A = A F z ;? A = A? z > > F B 3 N K C 5 8 C ; F z F F > ; F z? E? ; F z? ; F B N 3 J 8 C R z @ @ E R z @ > E R z ; F E o D C 4 5 C = > z = @ F A F z F F F A F z R @? { N C 5 J 8 C = S z R S ; = S z = @ = = S z = E @ 9 C O 8 C = ; z R > @ = ; z > = @ = = z F? = } 6 N 9 6 4 C O O 6 @ z A E F @ z > @ R R z E? F 2 3 4 5 6 7 5 8 9 6 = E z ; S R = F z E A E = F z E R = N O C 5 L C = z A > A A z E A? A z F R R Fonte: Eurostat [3] Tabella 1.3.5 Peso % degli occupati per branca di attività in Europa e alcuni Paesi europei ~ m ] Z U X V m W i [ j V m ] W Y m ^ ] _ ] f h h v f h h d f h a h f h h v f h h d f h a h f h h v f h h d f h a h 7 w x =? y @ < A @ < A @ < A =? < = = @ < E = @ < = S? <? S E < > S E <? B 3 N K C 5 8 C A < F A <? A < S = E < = = F <? = F < R S E < > S E < S? > < > B N 3 J 8 C A A < ; A A < E A = < @ = = < ; = A < = A E <? S S < R S S < E S? < F o D C 4 5 C R < > R < = R < ; =? < E = R <? = ; < A S F < A? A < A? = < S { N C 5 J 8 C = <? = < E = < E = = < S = = < = = = < >? R <?? R < E? @ < A 9 C O 8 C ; <? ; <? ; < F = E < E = E < ; = F < F S S < R S? < > S? < @ } 6 N 9 6 4 C O O 6 A A < = A A < = A > < E = E < ; = F < = =? <? @ E < @ S > < S S A < R 2 3 4 5 6 7 5 8 9 6 A < A A < A A < = = A < E A E < @ A E < A?? < >? E < R? E <? N O C 5 L C @ < ; @ < > R < S = R < E = A < A A E < @ S E <?? ; < E? S < > Fonte: Eurostat [3] Tabella 1.3.6 Composizione del valore aggiunto per branca d'attività economica (valori concatenati con anno di riferimento 2005 - %) in Italia f h h v f h h d f h a h ~ m ] Z U X V m W b j ] X ^ ] Z U X V m W Y l Y j Z W f b c f b g f b e i [ j V m ] W f ƒ b f f c b h f c b v 5 L H M 9 N 8 C K C 5 8 C 9 9 H N 8 3 N C A? < F A @ <? A S < F 5 L H M 9 N 8 3 C O 8 K 3 5 9 C N 8 < L 3 O O 3 3 I C 5 L 3 3 L 3 O 9 C C J J 6 A < F A < F A < F Y m ^ ] _ ] u a b c u e b g u f b d Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT 30

Tabella 1.3.7 Variazione % del valore aggiunto al costo dei fattori (valori concatenati) e peso dell'agricoltura sul valore aggiunto in Italia f h h v f h h d f h a h Q 4 N 8 J 6 O 9 H N C A < @ : = < @ > < F 5 L H M 9 N 8 C 8 5 M 3 5 M 6 M 9 N 3 9 9 6 : ; < R : A @ < S R < F 5 L H M 9 N 8 C C O 8 K 3 5 9 C N 8 L 3 O O 3 3 I C 5 L 3 3 L 3 O 9 C C J J 6 : ; < F : > < A A < S o 3 N I 8 8 : > < R : = < S A T U V W X Y Y Z U [ U \ ] W ` a b f ` g b ƒ a b g Fonte: INEA [4] Tabella 1.3.8 Andamento del valore aggiunto nelle Marche nel periodo 2004-2009 (valori concatenati con anno di riferimento 2000 - %) f h h c f h h g f h h ƒ f h h u f h h v f h h d C O 6 N 3 C 4 4 8 H 5 9 6 5 L H M 9 N 8 C ; < F > < F @ < = > < A : > < S : A A < > C O 6 N 3 C 4 4 8 H 5 9 6 Q 4 N 8 J 6 O 9 H N C E <? @ < @ : @ < = : ; < R > < E : F < > C O 6 N 3 Q 4 4 8 H 5 9 6 o 3 N I 8 8 > < R A < A ; < R = < A : > < F : @ < = Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT Tabella 1.3.9 Le esportazioni marchigiane nel 2010 (%) ˆ W m Z Y i V W X ] W C N 8 C 8 6 5 3 L 3 O O 3 3 M D 6 N 9 C 8 6 5 8 N 8 M D 3 9 9 6 C O = > > E A A < A A @ < F Š C D C J 8 9 L 8 3 M D 6 N 9 C N 3 = = = = C N 8 C 8 6 5 3 L 3 O O 3 3 M D 6 N 9 C 8 6 5 8 M 3 9 9 6 N 3 D N 8 K C N 8 6 @? < ; = A < ; C N 8 C 8 6 5 3 L 3 O O 3 3 M D 6 N 9 C 8 6 5 8 8 5 L H M 9 N 8 C C O 8 K 3 5 9 C N 3 A = < E A > < E } 3 M 6 L 3 O O 3 3 M D 6 N 9 C 8 6 5 8 C 4 N 6 C O 8 K 3 5 9 C N 3 M H O O 3 3 M D 6 N 9 C 8 6 5 8 9 6 9 C O 8 = <? F < > Fonte: INEA [4], [5], ISTAT [9] 31

Tabella 1.3.10 Il lavoro nelle Marche (valori %) a d d g f h h e f h h d f h a h T W j j U ] ] j U Z Z l W _ ] U [ Y Œ C N J 3 S <? R < S S < S @ <? 9 C O 8 C A A < = F < R? < F F < R T W j j U ] ] j U Z Z l W _ ] U [ Y ] U ^ W [ ] X Y Œ C N J 3 = > < S A A < E = = < S A @ <? 9 C O 8 C ; > < ; = ; <? = @ < R =? < F T W j j U ] U Z Z l W _ ] U [ Y Œ C N J 3 @ F < > S R < > S ; < F S ; < S 9 C O 8 C @ A < F @? < @ @? < @ @ S < E Ž ] Y m Y [ _ W V m W V W j j U ] U Z Z l W _ ] U [ Y \ W j Z ] X Y Y Y \ \ ] [ ] X Y Œ C N J 3 =? < ; A E < F A S < S A? < @ 9 C O 8 C = F < F = R < E = = < ; = A < @ Fonte: ISTAT [8] 32