Congelamento, conservazione e rintracciabilità dell unità di sangue placentare

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Congelamento, conservazione e rintracciabilità dell unità di sangue placentare Laura Perugini (1), Luigina Fazio (1), Enrico Incarbone (1), Laura Bardella (1), Silvia Panciera (1), Paola Saracco (2) (1) Torino Cord Blood Bank, Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale (2) Dipartimento di Oncoematologia e Immunoinfettivologia Azienda Ospedaliera Ospedale Infantile Regina Margherita - S. Anna, Torino Cord blood banking permits to cryopreserve in liquid nitrogen for many years units to be used for stem cell transplantation. Cryopreservation protocols currently available do not significantly affect the in vitro and in vivo long term haemopoietic potential and ex vivo expansion of cord blood progenitor cells. In some studies units preserved in liquid nitrogen for as long as 15 years showed minimal reduction of stem cell clonogenic capacity. Storage of cord blood units is very demanding in terms of costs, operations and space and this challenge has prompted the development of various techniques for reducing the volume of cord units before freezing (by sedimentation, centrifugation or filtration). Correct process controlling of cord blood banking is assured by adequate quality systems as the internationally recognized standards ISO 9000, which are suitable to ensure faultless traceability and quality of products cryopreserved in liquid nitrogen for many years. For unit identification from collection to cryopreservation bar coded labels are warranted. Parole chiave: sangue placentare, banca, crioconservazione, rintracciabilità, trapianto Key words: cord blood, banking, cryopreservation, traceability, transplant placentare a scopo di trapianto allogenico per riceventi, familiari e non, affetti da malattie curabili con cellule staminali. L'applicazione corretta della procedura di criopreservazione permette, da un lato, di ridurre quanto più possibile i danni subiti dalle cellule staminali nel passaggio dallo stato liquido a quello solido e viceversa, e, dall'altro, di minimizzare le differenze di vitalità cellulare tra campioni disponibili per trapianto, al fine di garantire un prodotto di qualità, cioè conforme alle aspettative dei clinici che operano nei centri di trapianto e quindi dei loro pazienti. Un punto cruciale del controllo del processo di banking è la rintracciabilità, cioè la capacità di ricostruire la storia e di seguire l'utilizzo o l'ubicazione del prodotto, mediante identificazioni registrate. A tal fine, è necessaria una perfetta descrizione del percorso dei dati durante tutto il processo, che permetta la corretta assegnazione dei referti ottenuti e la correlazione dei dati delle unità di sangue placentare con quelli materni e del neonato, tramite l'utilizzo di supporti di registrazione sia cartacei che magnetici e tramite l'identificazione positiva. Introduzione Lo scopo di una Banca di sangue placentare è la conservazione a lungo termine, in ambiente a bassissima temperatura (criopreservazione), di unità di sangue Questo elaborato è stato oggetto di una relazione al XXXIV Convegno Nazionale di Studi di Medicina Trasfusionale (Rimini, 24-28 giugno 2000) Corrispondenza: Dott.ssa Laura Perugini SIMT Azienda OIRM-S.Anna Piazza Polonia, 94 10126 Torino Congelamento e conservazione: generalità La conservazione in fase solida a temperature molto basse in azoto liquido, detta comunemente criopreservazione, rappresenta il metodo ideale per mantenere integre le cellule staminali emopoietiche per lunghi periodi; i danni più o meno gravi che comunque tali cellule subiscono durante il passaggio di stato (fasi di congelamento e scongelamento) dipendono da vari fattori, quali la concentrazione salina, la diffusibilità dell'agente crioprotettivo, la fase di transizione, il rapporto superficie/ volume, la velocità di congelamento, la temperatura di conservazione, lo scongelamento, i materiali impiegati 1. 338 LA TRASFUSIONE DEL SANGUE vol. 45 - num. 6 novembre-dicembre 2000 (338-343)

Manipolazione unità sangue placentare La concentrazione salina rappresenta la principale causa di danno cellulare da congelamento a causa della previa formazione di cristalli di ghiaccio nel compartimento extracellulare (più grande e adatto a contenere i nuclei di cristallo e non protetto dalle membrane cellulari), con incremento della pressione osmotica (sino a 32 volte la concentrazione iniziale) e conseguente danno della membrana o addirittura lisi cellulare. L'impiego di agenti crioprotettivi riduce questo rischio in quanto, grazie alle loro proprietà colligative, legano le molecole d'acqua rallentandone l'incorporazione nei cristalli di ghiaccio in formazione e riducendo il forte aumento della pressione osmotica esterna. Un'altra caratteristica degli agenti crioprotettivi è la diffusibilità, cioè la capacità di penetrare all'interno delle cellule: rapida per il dimetilsulfossido (DMSO), lenta per il glicerolo, quasi nulla per il polivinilpirrolidone e l'amido-idrossi-etile (HES); per la conservazione delle cellule staminali il DMSO, impiegato ad una concentrazione finale del 10%, risulta essere migliore del glicerolo, ma è tossico per le cellule e, pertanto, il congelamento deve iniziare subito dopo l'introduzione del DMSO nel campione 1-3. La fase di transizione costituisce uno dei punti critici del congelamento e si verifica quando l'acqua allo stato liquido rilascia il calore di fusione latente passando alla fase solida. In questo momento, la velocità di congelamento rallenta per la liberazione del calore di fusione e ne risulta un periodo di temperatura stabile (plateau), o addirittura un aumento, anziché un raffreddamento continuo costante. Per quanto riguarda le cellule staminali, il danno cellulare è direttamente correlato alla durata della fase di transizione che, pertanto, deve essere breve: un programma di congelamento ottimale deve ridurre la durata del plateau a meno di 4 minuti 2,3. Per quanto riguarda il rapporto ottimale superficie/volume, più sottile è lo strato cellulare e minore è la durata della fase di transizione e, quindi, la sua incidenza sulla vitalità dei campioni congelati. La velocità di congelamento è cruciale soprattutto dopo la fase di transizione, al fine di ridurre i danni da iperosmolarità: in base a studi di molti Autori, quella ottimale è tra 1 e 3 C e comunque non oltre 5 C al minuto 4,5. Il congelamento può essere effettuato sia mediante discesa controllata della temperatura, sia mediante congelatori a 80 C e a velocità non controllata. Temperatura di stoccaggio: durante il periodo di conservazione, se la procedura di congelamento è stata eseguita correttamente riducendo al minimo i danni cellulari, non si dovrebbero verificano ulteriori alterazioni, purchè la temperatura sia sufficientemente bassa da bloccare tutte le vie enzimatiche e l'intero metabolismo cellulare. In caso di stoccaggio in immersione in azoto liquido, è indispensabile registrare costantemente la temperatura dei contenitori di conservazione al fine di rintracciare ogni accidentale riscaldamento in qualsiasi momento dello stoccaggio 2,4. La conservazione a temperatura adeguata durante il trasporto dell'unità è garantita da appositi contenitori dry shipper costituiti all'interno da materiale poroso capace di assorbire azoto liquido, consentendo il mantenimento della temperatura richiesta per alcuni giorni. Durata di conservazione: in recenti studi è stato dimostrato che unità di sangue placentare conservate in azoto liquido da almeno 7, 10 e 15 anni non presentano alterazioni di vitalità e capacità clonogenica delle cellule staminali 6.7. Durante la fase di scongelamento si possono verificare gravi danni di tipo meccanico a causa del fenomeno della ricristallizzazione, cioè formazione di grossi cristalli dovuti all'unione di piccoli cristalli di ghiaccio e per lo shock da diluizione, dovuto alla fusione dei cristalli di ghiaccio con ipotonicità del liquido extracellulare, e conseguente rigonfiamento e lisi delle cellule; questo danno si evita con lo scongelamento rapido (90 C al minuto). Anche la diffusibilità del crioprotettore rappresenta un aspetto critico della fase di scongelamento, in quanto tali sostanze, stabilizzando le strutture terziarie della membrana cellulare, proteggono le cellule dallo shock da diluizione 1,8,9. Riduzione del volume prima del congelamento. La possibilità di disporre di procedure di concentrazione delle unità comporta per le Banche di sangue placentare notevoli vantaggi in termini di risparmio di spazi freddi, riduzione di costi per l'azoto liquido impiegato e per il minor utilizzo di reagenti, come il DMSO. Pertanto, si sono sviluppate numerose tecniche di riduzione del volume di unità di sangue placentare, anche se non sono disponibili dati definitivi sulla evoluzione clinica a lungo termine dopo trapianto di unità concentrate rispetto a quelle congelate in toto. Gli attuali sistemi di separazione e concentrazione hanno limitato la perdita dei precursori staminali (5-25%), senza però evitarla completamente. Le procedure proposte sono basate sulla rimozione parziale o totale degli eritrociti e del plasma mediante l'impiego di agenti sedimentanti [amidoidrossi-etile (HES), gelatina], per semplice centrifugazione manuale o automatizzata, o per separazione su gradiente di densità (Ficoll, Percoll), oppure mediante utilizzo di filtri di poliuretano o poliestere che intrappolano i leucociti e le cellule staminali 10-15. La scelta da parte delle Banche di sangue placentare sulla metodica di riduzione del volume più conveniente deve necessariamente tener conto di vari fattori, quali la facilità di esecuzione, la possibilità di manipolare un gran numero di sacche in tempi brevi, i costi delle apparecchiature per la separazione. 339

L Perugini et al. Espansione ex-vivo. Poiché la criopreservazione non influenza la capacità di espansione ex vivo dei progenitori contenuti nel sangue placentare, sono stati sviluppati protocolli di espansione sia manuali che automatizzati 15-17 al fine di trapiantare anche soggetti adulti. Pertanto, alla luce delle potenziali applicazioni cliniche dell'espansione ex vivo, è consigliabile criopreservare le unità di sangue placentare in due sacche in modo tale da poter usufruire di una aliquota separata per l'espansione prima del trapianto 18,19. Identificazione e rintracciabilità Un sistema di identificazione è realmente sicuro (privo di errori) se non deve dipendere dalla buona volontà degli operatori, ma dai requisiti obbligatori di tutte le operazioni importanti. Pertanto, in ogni momento, nel legame tra donatore, unità, campioni satelliti, analisi o altro, dove l'identificazione è a rischio, il sistema deve garantire la sua sicurezza interna. Infatti, l'identificazione corretta, cioè univoca, dell'unità è cruciale per permettere il legame tra donatrice, neonato, unità di sangue placentare, prelievi alla donatrice, prelievi dalla sacca per la caratterizzazione, modulistica e relativi referti; la modalità di identificazione positiva o diretta permette di mantenere il legame tra donatore, unità e risultati durante l'intero processo e si basa sulla lettura di un'etichetta 19-21. Al fine di ridurre al minimo gli errori di trascrizione è auspicabile l'utilizzo del sistema dei "codici a barra", ossia di numeri trasformati in sequenze di linee e spazi con regole precise, letti da sensori ottici; la lettura può avvenire direttamente o tramite strumenti esterni collegati, cioè penne per codice a barra. Sono necessarie apposite stampanti di etichette con codice a barra, anche al fine di generare etichette figlie per le aliquote dal campione originale e/o le relative richieste di caratterizzazione, dopo l'accettazione delle unità e l'inserimento della identificazione a computer 20. In una Banca di sangue placentare le etichette con codice a barra devono resistere alle temperature di criopreservazione 19. Oltre alla registrazione su supporto magnetico mediante software apposito deputato sia alla rintracciabilità delle unità che alla correlazione ed elaborazione dei dati per l'analisi, è necessario avere un archivio cartaceo comprendente tutti i moduli, referti e dati registrati relativi a ciascuna unità ed assemblati in numero progressivo in appositi raccoglitori, accessibili mediante ricerca da rubrica o da programma informatico. Attività della Torino Cord Blood Bank La Torino Cord Blood Bank (TCBB) ha iniziato la sua attività nel 1990 come Banca Familiare, e nel 1994 come Banca Non Familiare all'interno del Network Italiano GRACE (Gruppo per la Raccolta e Amplificazione Cellule Emopoietiche), coordinato dalla Milano Cord Blood Bank 22. Nel dicembre 1998 le Banche del Network (Milano, Torino, Firenze e Roma) hanno ottenuto la certificazione ISO 9002:1994 20. Nella TCBB le unità conservate a uso familiare sono 92, ad uso non familiare 830 e, rispettivamente 5 e 10 unità, sono state utilizzate per trapianto. Raccolta. La raccolta avviene in sistema chiuso utilizzando sacche di plastica MSE 2204Q contenenti 21mL di CPD (Macopharma, Rho, MI) a placenta in situ, durante parto spontaneo o da taglio cesareo. Le raccolte sono effettuate da personale addestrato (ostetriche, medici) in 12 Centri del Piemonte, di cui 6 in Torino e cintura. La formazione del personale avviene tramite periodici Corsi di Formazione e Aggiornamento, organizzati dalla TCBB, con rilascio di attestato di partecipazione. L'indottrinamento include le seguenti tematiche: scopo e obiettivi della Banca, conoscenza dei protocolli GRACE e del SAQ (Sistema Assicurazione Qualità), controllo del processo; in particolare: la informazione e selezione delle donatrici, le modalità di prelievo e il trasporto delle unità raccolte; a tal fine è stato realizzato un videofilmato, grazie al quale l'addestramento avviene direttamente all'interno di ogni Centro ad opera di personale già formato (proveniente dallo stesso e/o da altro Centro). Sono stati realizzati 4 diversi modelli organizzativi: modello "ostetrico" (la raccolta è effettuata preferibilmente dalle ostetriche), modello "ginecologico" (esclusivamente dai ginecologi), "pediatrico" (prevalentemente dal pediatra), "maternoinfantile" (a rotazione da ostetriche, ginecologi e pediatri). Il Team Qualità della TCBB esegue periodicamente gli audits di controllo nei vari Centri. Accettazione. I criteri di accettazione delle unità sono:1) consenso informato firmato dalla donatrice prima della raccolta, 2) tempo di raccolta inferiore a 24 ore, 3) corretta identificazione e codifica di unità, campioni di sangue materno e modulistica, 4) volume netto superiore a 60 ml, numero totale di cellule nucleate superiore a 800 milioni, 5) assenza dei criteri di esclusione: anamnesi positiva per malattie ereditarie, comportamenti a rischio, infusione emoderivati, sierologia positiva; parto inferiore a 35 settimane di gestazione; presenza di anomalie congenite nel neonato e distress fetale, 6) sierologia materna al parto negativa per antigene epatite B, anti-hcv, anti-hiv/1-2 e TPHA, 7) assenza di contaminazione batterica con germi patogeni riconosciuti. 340

Manipolazione unità sangue placentare Procedura di congelamento e conservazione delle unità presso la TCBB. Le unità sono congelate in sangue intero, senza riduzione del volume, in sacche Hemofreeze DF700-3 NPBI dopo miscelazione lenta della soluzione di congelamento (10% finale di DMSO) e dopo prelevamento di un campione della miscela da suddividere in 4 provette satelliti, speciali per criopreservazione (Cryosystem-Nunc, Mascia Brunelli, Milano); la sacca viene chiusa ermeticamente mediante doppia saldatura termica (saldatore GAMBRO, Fresenius Hemocare, Medolla, MO) e posizionata nello schiacciasacche di rame preraffreddato, che consente di mantenere la soluzione in strato sottile (2 mm), favorendo la migliore distribuzione della temperatura all'interno della sacca. Sacca e provette vengono sistemate nella camera di congelamento e una delle due termocoppie di rilevamento della temperatura viene collegata alla sacca gemella di riferimento, precedentemente conservata in frigorifero a 4 C (sacca test). Poiché la temperatura all'interno del campione biologico non può essere misurata a causa dell'elevato rischio di contaminazione, si ricorre ad una sacca test identica, per capacità, dimensione e contenuto, al campione biologico da criopreservare, all'interno della quale può essere inserita una delle 2 termocoppie che registrerà la discesa di temperatura all'interno della sacca stessa. La sacca test deve essere posizionata sempre vicinissimo alla sacca di sangue placentare da congelare: infatti, la discesa di temperatura in essa registrata viene considerata uguale a quella del campione. Il sistema di congelamento prevede una discesa di temperatura programmata e controllata (Ice Cube 1810, SIAD SpA, Divisione Saci Criobiologia, S. Giuliano Milanese, MI); la velocità di discesa deve variare tra 1 e 2 C al minuto fino a 45 C, con eventuale plateau non superiore a 4 minuti. La sacca posizionata in apposito canestro di alluminio è conservata in racks a -196 in azoto liquido; la postazione di stoccaggio nel tanks di azoto (Taylor Wharton 24 K, SIAD SpA, Divisione Saci Criobiologia, S. Giuliano Milanese, MI) è registrata nell'apposita mappa di stoccaggio sia su supporto cartaceo che magnetico. Caratterizzazione. La caratterizzazione dell'unità include analisi eseguite prima del banking, 6 mesi dopo il parto, alla selezione dell'unità in caso di richiesta di ricerca estesa, e al rilascio dell'unità per il trapianto. La caratterizzazione dell'unità al momento del banking include le seguenti determinazioni su campioni prelevati dalla sacca: conteggio emocromocitometrico, gruppo sanguigno ABO e Rh, tipizzazione HLA-A, B sierologica e DRB1 a bassa risoluzione, ricerca batteri aerobi e anaerobi, test clonogenici per progenitori emopoietici su metilcellulosa, conteggio citofluorimetrico cellule CD34+. Su campione di siero materno al momento del parto si esegue dosaggio: HBsAg, HCV Ab, HIV 1-2 Ab e TPHA. Dopo 6 mesi dalla donazione la madre esegue un prelievo per la ripetizione degli stessi esami, viene ricontrollata l'anamnesi e notificato lo stato di salute del bambino; l'unità è validata. Al momento della selezione di una unità da parte di un Centro Trapianti con richiesta di ricerca più estesa si eseguono: dosaggio di anticorpi anti-htlv-i/ii, anti-cmv e anti-toxo su campione di siero del parto e del controllo a 6 mesi; test per il controllo di qualità su campione satellite di sangue placentare scongelato per: conteggio cellule nucleate, CD34+, test clonogenici, vitalità cellulare, batteriologico, tipizzazione HLA ad alta risoluzione. Prima del rilascio dell'unità al Centro Trapianti si esegue test di conferma HLA-A,B a bassa risoluzione e DRB1 ad alta risoluzione da DNA estratto da un campione satellite e HLA-A,B, DRB1 a bassa risoluzione da DNA estratto da campione materno. Lo stoccaggio parallelo di campioni biologici congelati comprende: 1) campioni di siero materno al parto e dopo 6 mesi, 2) cellule da campione in EDTA di sangue materno, 3) DNA da funicolo e da un campione prelevato dalla sacca. Procedura di identificazione e rintracciabilità della Torino Cord Blood Bank L'attuale modalità di identificazione prevede l'impiego di etichette con codice numerico, generate da programma informatico con numerazione progressiva automatica, in cui la terza e quarta cifra identificano il centro di raccolta e le successive la numerazione progressiva. Tutti i moduli (consenso informato, il questionario anamnestico, scheda dati parto, scheda dati dell'unità, le schede dati criopreservazione, il certificato attestante lo stato di salute del bambino, il questionario anamnestico a 6 mesi dal parto) e tutti i referti di caratterizzazione e conservazione dell'unità - contrassegnati con il codice assegnato all'unità - vengono assemblati in apposite cartelline numerate secondo numero progressivo per data di accettazione delle unità e archiviati in appositi raccoglitori secondo numero progressivo di Cord. Il cognome e nome della donatrice, il numero della codifica dell'unità, il numero della cartellina e il numero del raccoglitore Cord e la postazione di stoccaggio, vengono registrate in una apposita rubrica in ordine alfabetico per cognome della donatrice. La registrazione dei dati sul database apposito permette, avendo il codice assegnato all'unità criopreservata, di risalire al cognome della donatrice. Le sacche di criopreservazione e le provette satelliti vengono contrassegnate mediante pennarello indelebile con: codice assegnato all'unità e data di 341

L Perugini et al. criopreservazione. Stoccaggio: la posizione della sacca e delle provette satelliti, è registrata sul documento di criopreservazione, sulla scheda dati anagrafici di criopreservazione, sui registri di stoccaggio Torri, sul Programma database Oracle e sulla apposita Rubrica della TCBB (le provette satelliti sono stoccate insieme alla sacca). Le posizioni di stoccaggio delle provette di siero al momento del parto e a 6 mesi vengono gestite da un fornitore qualificato interno (settore di Virologia, certificato ISO 9002); la gestione della banca parallela di DNA è responsabilità del Laboratorio di Immunologia dei Trapianti di Torino, Centro di riferimento Regionale IBMDR e certificato EFI. Tutti i referti vengono archiviati nelle apposite cartelline dei classificatori numerati per numero progressivo di unità di sangue placentare. Il numero del raccoglitore viene riportato nella apposita Rubrica della TCBB. Tutti i dati sono registrati e gestiti in apposito programma informatico con software su base Oracle e provvisto di defaults. Conclusioni Attualmente oltre 1.000 trapianti da cordone sono stati eseguiti in tutto il mondo, per lo più in popolazioni pediatriche, confermando che le cellule staminali contenute nel sangue placentare rappresentano una valida alternativa al midollo osseo o ad altre fonti di cellule emopoietiche 23-25. Gli sforzi di tutti gli operatori coinvolti nel banking di sangue placentare sono rivolti, da un lato, a sviluppare metodi di espansione ex vivo delle cellule staminali cordonali per incrementare l'utilizzo anche per pazienti adulti e, dall'altro, ad implementare organizzazioni strutturali di alta qualità capaci di dialogare tra loro e con i centri di trapianto a livello internazionale 19,21,25. Nonostante le similitudini con la medicina trasfusionale il banking di sangue placentare richiede approcci applicativi diversi a causa della conservazione a lungo termine delle unità. In particolare, è indispensabile instaurare una efficace e corretta rintracciabilità delle unità e assicurarne l'adeguata conservazione in azoto liquido per molti anni. Riassunto La Banca di Sangue Placentare permette la conservazione in azoto liquido per molti anni delle unità di sangue placentare destinate a trapianto. I protocolli di criopreservazione al momento disponibili non esercitano effetti significativi sulle potenzialità emopoietiche a lungo termine delle cellule progenitrici placentari sia in vitro che in vivo. In alcuni studi le unità conservate in azoto liquido per un periodo di 15 anni hanno mostrato una minima riduzione della capacità clonogenica delle cellule staminali. Lo stoccaggio di unità di sangue placentare è molto impegnativo in termini di costi e spazi e questo ha portato alla messa a punto di tecniche diverse per ridurre il volume delle unità di sangue placentare prima del congelamento (sedimentazione, centrifugazione o filtrazione). Il corretto processo di controllo delle varie fasi di conservazione di sangue placentare è assicurato da un adeguato sistema di qualità: è pertanto auspicabile l'adozione di standard internazionali di qualità (ISO 9000), per assicurare la rintracciabilità e la qualità dei prodotti criopreservati in azoto liquido per molti anni. Per identificare l'unità dal momento della raccolta alla criopreservazione, è auspicabile l'utilizzo di etichette con "codice a barra". Bibliografia 1) Lovelock JE, Bishop MWH: Prevention of freezing damage to living cells. Nature, 183,1394,1959. 2) Rowley SD: Hematopoietic stem cell cryopreservation: a review of current techniques. 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