IDEE IN PSICOTERAPIA



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Transcript:

IDEE IN PSICOTERAPIA Rivista scientifica a cura di un Board di Scuole di Specializzazione in Psicoterapia Rivista quadrimestrale diretta da Luigi Janiri e Piero Petrini SOMMARIO: Luigi Janiri, Piero Petrini Errori e rischi in psicoterapia.............................................. 1 Tonino Cantelmi, Maria Beatrice Toro Psicoterapia cognitivo interpersonale: un modello di intervento integrato................ 9 Carmela Barbaro, Felicia Tafuri Prassi terapeutiche per chi ha cura: i gruppi Balint analitici......................... 19 Lucio Sibilia, Stefania Borgo La gestione dello stress degli insegnanti: una ricerca intervento....................... 25 Margherita Spagnuolo Lobb Sessualità e amore nel setting gestaltico: dalla morte di Edipo all emergenza del campo situazionale 35 Antonio Attianese La psicoterapia cognitivo-comportamentale integrata.............................. 49 Alberto Zucconi, Gianni Sulprizio L opera e il contributo di Carl Rogers nel campo della psicoterapia.................... 55 Luigi Onnis, Simone Ciufolini, Emanuele Emili, Alessia Veglia L identità del terapeuta sistemico tra tradizione e rinnovamento...................... 63 Pio Scilligo Quale evidenza per l efficacia della psicoterapia?................................. 69 Camillo Loriedo La psicoterapia sistemico relazionale dei disturbi alimentari: dalla anoressia al binge eating disorder....................................... 85 Mirella Baldassarre Adolescenza e narcisismo................................................. 97 Filippo Petruccelli Psicoterapia breve ad approccio strategico: origini e metodi.......................... 109 Rosaria Sara Russo, Francesco D Ambrosio La personalità: struttura psico-dinamica dell essere umano.......................... 117 Patrizia Moselli, Barbara D Amelio Le intuizioni del corpo: da Reich a Lowen.................................... 127 Camillo Loriedo, Camillo Valerio, Fabio Carnevale Il lungo cammino dell ipnosi: dalle origini mitologiche all approccio naturalistico di Milton Erickson e alle nuove acquisizioni delle neuroscienze.............................. 137 SCUOLE............................................................. 145

IDEE IN PSICOTERAPIA Rivista scientifica a cura di un Board di Scuole di Specializzazione in Psicoterapia Direzione scientifica: Luigi Janiri e Piero Petrini Direttore responsabile: Luigi Janiri Comitato di lettura: Sara Andreoli, Valentina Faia, Giuseppe Godino, Giovanni Martinotti, Marianna Mazza, Nicoletta Visconti Comitato direttivo: Antonio Attianese, Mirella Baldassarre, Carmela Barbaro, Stefania Borgo, Tonino Cantelmi, Margherita Lobb, Camillo Loriedo, Patrizia Moselli, Luigi Onnis, Filippo Petruccelli, Gianmarco Polselli, Sara Russo, Pio Scilligo, Alberto Zucconi Segreteria: Sara Acampora, Stella Luongo, Chiara Pedullà, Anna Romanelli, Maria Assunta Spina, Daniela Tedeschi Comitato scientifico: Massimo Ammanniti, Leonardo Ancona, Mariano Bassi, Massimo Biondi, Pietro Bria, Bruno Callieri, Luigi Cancrini, Stefano Carta, Nino Dazzi, Maria Teresa Daniele, Massimo Di Giannantonio, Robert Elliott, Mario Falconi, Michael Lambert, Ronald Levant, Cesare Maffei, Marisa Malagoli Togliatti, Domenico Mangione, Mario Maj, John McLeod, Patrizia Moselli, Maurizio Mottola, Ezio Sanavio, Alberto Siracusano, Vittorio Rubini, Marialori Zaccaria, Alberto Zucconi Direzione e Redazione: Via Cipro, 77-00136 Roma e-mail: psicoterapia@alpesitalia.it ISSN: 1974-059X Abbonamento per l Italia, 45,00 - Abbonamento per l estero, 90,00 Richiesta di singoli numeri o arretrati: 18,00 Per informazioni rivolegersi a Alpes Italia srl (info@alpesitalia.it) Versamento sul c/c bancario: 000000000800 intestato ad Alpes Italia srl Banca Popolare di milano - Agenzia Roma Vitelli N 309 CIN: U - ABI: 05584 - CAB: 03236 - IBAN: IT 13 U 05584 03236 000000000800 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 1/2008 del 10/01/2008 Finito di stampare nel mese di Febbraio 2008 Arti Grafiche srl - Via Vaccareccia, 57-00040 Pomezia (Rm)

Luigi Janiri, Piero Petrini e tutto il Board dedicano il primo numero di questa rivista a due indimenticabili maestri: Mauro Mancia e Paolo Pancheri

ERRORI E RISCHI IN PSICOTERAPIA Luigi Janiri, Piero Petrini La problematica relativa al rischio iatrogeno nelle varie forme di psicoterapia prevede inevitabilmente di prendere in considerazione la possibilità del fallimento dell intervento psicoterapeutico e prevede altresì la necessità di porre degli interrogativi: esiste un rischio intrinseco alla psicoterapia, quale common ground di tutte le pratiche che si riconoscono dietro questa etichetta, di indurre danni nel paziente? In caso di risposta affermativa, come può il terapeuta innescare un processo di mantenimento o di attivazione di dinamiche patologiche? Possono esserci responsabilità anche del paziente? Esistono diverse fonti potenziali di errori terapeutici: 1) il terapeuta con la sua personalità, la sua storia personale e la sua formazione; 2) il setting, ovvero l organizzazione spazio-temporale della cura e la teoria della tecnica che la sottende; 3) il paziente, la sua tipologia diagnostica, ovvero la gravità del quadro clinico, la sua storia, il suo sviluppo, le sue personali aspettative e capacità transferali. Per quanto riguarda il terapeuta, si evidenziano dei rischi primariamente laddove egli non riesca a valutare la sua idoneità al matching con un determinato paziente, ma altri possibili problemi insorgono o a livello del suo bagaglio tecnico, teorico ed esperienziale, o a livello di analisi delle dinamiche transferali, controtransferali e del suo proprio transfert nei confronti del paziente. Circa il setting, ci si può chiedere se esista un setting più adeguato per condurre una psicoterapia. Si potrebbe allora concordare sulla definizione di quest ultimo come la condizione necessaria ed esclusiva che permette la messa in moto del processo terapeutico e quindi l emergere del transfert quale premessa ineludibile di ogni percorso di cura basato sul rapporto. Si delineano a questo punto due diverse posizioni teoriche: secondo una visuale psicoanalitica ortodossa, il transfert in quanto tale non si manifesterebbe al di fuori della terapia o in terapie diverse da quella analitica classica. Secondo un altra posizione, il transfert non sarebbe esclusivo della psicoanalisi, ma un fenomeno naturale che si manifesterebbe in ogni tipo di setting terapeutico e che nell analisi verrebbe massimizzato e inoltre analizzato. L instabilità del setting, la sua precarietà o carenza di tenuta, o al contrario la sua rigidità o sclerosi non consentono la manifestazione e l attivazione dei processi transferali e dunque rappresentano altrettante importanti fonti di errore terapeutico. Infine il paziente che chiede una psicoterapia o che viene ad essa avviato è portatore di tre situazioni: 1) una concezione della psicoterapia definibile come 1

Idee in Psicoterapia n. 1-2008 pre-transferale, dovuta a fattori personali, ma anche al contesto culturale, 2) una struttura psicopatologica e una condizione di crisi, e 3) una domanda più o meno latente e che bisogna rendere esplicita: cosa si aspetta dal terapeuta: cura, sostegno, alibi? Quali le sue fantasie? Quali il desiderio e la capacità di cambiamento? I preconcetti del paziente rispetto alla terapia, o meglio le misconceptions di cui è portatore sulla durata, il rapporto costi/benefici, l impegno totalizzante, la scarsa potenza in confronto ai farmaci, il rischio di dipendenza, di suggestione o di innamoramento, la ritualità, la scarsa verificabilità e visibilità di processo, la reputazione sociale di un trattamento psicoterapeutico sono di certo in grado di condizionarne l efficacia, al pari dei vissuti personali precedenti e di quelli dell entourage, delle letture pseudo-scientifiche, delle stratificazioni culturali, dell alone magico o della connotazione vergognosa che si associano da sempre all idea di psicoterapia. Anche se la concezione pre-transferale di un paziente è adeguata, altre insidie dal suo versante sono in agguato: il suo stato potrebbe essere troppo grave o troppo acuto per sostenere una psicoterapia, le sue aspettative potrebbero rivelarsi troppo irrealistiche o addirittura idealizzanti, le sue mete di molto distanti dal cambiamento, obiettivo essenziale comune a tutti processi psicoterapeutici. Un elemento psicodinamico ancora poco studiato è quella variabile del paziente introdotta da Freud con il nome di reazione terapeutica negativa ; ancora prima il fondatore della psicoanalisi aveva parlato della coazione a ripetere come meccanismo determinante della nevrosi e quale tentativo inconscio di rimettere in scena e così di superare un trauma infantile. Entriamo qui in un campo in cui parlare di errore terapeutico è piuttosto problematico, mentre appare più appropriato riferirsi a una distorsione della relazione tra terapeuta e paziente. Un aspetto fondamentale del rischio iatrogeno intrinseco alla psicoterapia è il potere che scaturisce dalla diagnosi comunicata, fattore che mette in forma nel paziente una rappresentazione di malattia, con i suoi corollari terapeutici e prognostici: in altre parole la diagnosi al paziente diventa la diagnosi interiorizzata del paziente, con cui convivere e fare i conti nel processo terapeutico. Si possono così generare nei vissuti e anche nell esperienza del soggetto, nel bene e nel male (purtroppo molto spesso nel male), quei fenomeni, studiati da autori come Watzlawick, che vengono indicati con il nome di profezie che si autorealizzano : per tale via il paziente può gradualmente e fatalmente acquisire quella gravità o quella costellazione sintomatologica da lui ritenute tipiche della malattia (e nella soggettività si sottolinea l uso di questo termine piuttosto che quello di disturbo ) da cui si sente affetto e che è parte integrante del concetto e dell immagine di sè. La diagnosi ha dunque valore sociale (stigma), morale (colpa e indennizzo) e psichico-economico (guadagno secondario). La problematica relativa al rischio iatrogeno si inserisce nell ambito della riflessione sugli esiti delle psicoterapie, sui fallimenti da errore così come sulle ine- 2

L. Janiri, P. Petrini Errori e rischi in psicoterapia vitabili derive negative del processo terapeutico (variabili di processo) dovute a circostanze più o meno casuali o a fattori comunque imponderabili. Tuttavia Don Jackson sosteneva che non ci sono casi insolubili, ma solo terapisti incapaci: posizione radicale che non trova molto seguito nel mondo clinico, ma che disvela da parte di molti terapeuti una sostanziale fiducia nella tecnica, tanto da trascurare o scotomizzare la casualità e l imponderabilità. Certamente la misteriosa reazione terapeutica negativa di marca freudiana avrebbe avuto ben scarso diritto di cittadinanza nel bagaglio concettuale di Jackson. L errore terapeutico va analizzato in presenza di una conduzione non corretta della psicoterapia, a causa di operazioni del terapista che si rivelano errate rispetto alle prescrizioni del modello tecnico di riferimento. In questo caso si configura la responsabilità tecnica: il rischio iatrogeno associabile a un errore oggettivo individuabile secondo criteri prefissati, che risiede nella relazione fra il terapeuta e il proprio modello. Ma anche in presenza di una conduzione corretta della psicoterapia da un punto di vista tecnico, con atti assolutamente aderenti al modello di riferimento, si può configurare una responsabilità epistemologica: è infatti dovere del terapeuta riflettere sul proprio modo di pensare, sui propri pregiudizi e sulle proprie teorie, in modo da valutare le conseguenze che sul piano dell interazione, ma anche sul versante sociale, comportano le operazioni conoscitive da lui effettuate nei confronti dei pazienti in rapporto al suo sistema di significazione. Si potrebbe allora sintetizzare che il rischio iatrogeno è inversamente proporzionale all adesione del terapeuta al proprio modello, così come alla purezza del sistema teorico-tecnico inerente a tale modello. Ciò esige un chiarimento, poiché mentre è intuibile che la coerenza e il modo e l intensità con cui il terapeuta crede al suo modello, qualunque esso sia e qualunque grado di sincretismo e di personalizzazione esso possieda, sono elementi fondamentali al buon fine di un intervento, è quasi paradossale promuovere la purezza di un modello operativo che già si è detto possa essere ibrido. Ebbene questa purezza va intesa non come attributo tout court del modello, quanto del sistema che lo organizza epistemologicamente: ogni terapeuta dunque può e forse deve avere il suo modello di riferimento, ma è necessario che quest ultimo gli renda accessibili strumenti di conoscenza empirica e di riflessione teorica e sia perciò per lui stabile e sicuro, anche se inevitabilmente insaturo. L esito di un intervento psicoterapeutico può quindi essere considerato come il prodotto di un processo interattivo di coordinazione delle premesse epistemologiche, dei sistemi di significato e delle rappresentazioni di tutti i soggetti coinvolti (terapeuta, paziente, eventualmente familiari e membri del gruppo). In questo contesto di coordinazione si inserisce l emergenza del rischio iatrogeno, il quale può dunque essere indipendente dalla correttezza tecnica o epistemologica 3

Idee in Psicoterapia n. 1-2008 con cui l intervento viene condotto e da come il paziente si pone nei confronti dell intervento, ma dipendere invece da come questi elementi si coordinano tra loro nello svolgimento del processo interattivo. Nella relazione terapeutica, oltre alle varie configurazioni transferali che conducono alla formazione di coppie terapeutiche complementari o simmetriche o con aspetti misti o intermedi, bisogna menzionare il transfert negativo, il transfert del terapeuta e la reazione terapeutica negativa, a cui si collega la pulsione di morte, come le più frequenti cause di distorsione del rapporto e di danneggiamento del paziente. Mentre è comune esperienza di coppie terapeutiche percepire e proiettare sentimenti negativi come rabbia, odio, invidia, fino ad agire fuori della relazione (acting out) comportamenti correlati, il transfert del terapeuta implica la fantasmatizzazione del paziente e l immissione nel campo terapeutico di massive proiezioni su di lui, rappresentazione sostitutiva di figure affettivamente pregnanti del terapeuta stesso. Del resto l esperienza della delusione segna tutto lo sviluppo del lavoro di Freud e per estensione la storia del movimento psicoanalitico, dalla prima traumatica scoperta della seduzione come fantasia all incontro con la pulsione di morte e con il suo primato distruttivo nella vita mentale (il sadismo), nella cura analitica (la reazione terapeutica negativa) e nelle società umane (la guerra), al doloroso ridimensionamento delle prospettive nella cura analitica delle psicosi e dei disturbi di personalità. In psicoanalisi, ma anche nelle psicoterapie a orientamento dinamico, è invalso l uso di considerare e di interpretare i blocchi del paziente e i rallentamenti del processo terapeutico come delle resistenze, per le quali qualche elemento inconscio inaffrontabile e a rischio di affiorare segnala al paziente la necessità di sfuggire ai tentativi dell analista di renderlo cosciente, pena la sofferenza dell angoscia. Ma non tutte le resistenze alla terapia originano dal paziente o meglio dalla relazione. Alcune di esse possono essere di tipo iatrogeno: si tratta di resistenze che si producono quando il terapeuta dimentica o non è consapevole della natura soggettiva delle costruzioni, dei valori e dell esperienza che propone. Il Dizionario di psicoanalisi di Laplanche e Pontalis alla voce psicoanalisi selvaggia, riporta quanto segue: È presuntuoso considerare l analisi selvaggia come una questione di psicoterapeuti non qualificati e sarebbe un modo comodo di ritenersi esenti da tale pericolo. Ciò che Freud denuncia infatti nell analisi selvaggia non è tanto l ignoranza quando un certo atteggiamento dell analista che veda nella sua scienza la giustificazione del suo potere. Reificazione, ambizione al controllo dell altro, onnipotenza e idealizzazione narcisistiche, ma anche rilevanti quote transferali verso il paziente, problematiche irrisolte e proiettività: ecco i veri ingredienti della psicoanalisi selvaggia. 4

L. Janiri, P. Petrini Errori e rischi in psicoterapia Tra gli obiettivi che ci si deve porre per salvaguardare la buona riuscita del processo terapeutico sembrano necessari i seguenti: 1) scorgere eventuali eccessive rigidità dei pattern transferali che vengono evocati, e 2) assicurarsi della neutralità analitica, intesa come quella capacità di non allearsi in particolare con nessuna istanza dell apparato psichico del paziente (Io, Super Io o Es), pena la collusione della coppia terapeutica. Rientrano tra i rischi specifici delle psicoterapie l indicazione e la scelta inappropriate del trattamento psicoterapeutico: non tutti i pazienti sono in grado, in assoluto o relativamente a una fase del loro disturbo, di tollerare o di fruire di una psicoterapia, alcuni anche per caratteristiche di personalità o per pregiudizi o per incapacità culturale di sottoporsi a una talking cure. Per alcuni pazienti (ad es. depressi maggiori in fase di acuzie o dipendenti da sostanze) i trattamenti farmacologici puri o la riabilitazione psico-sociale o gli interventi di comunità rappresentano indicazioni elettive, anche se non combinate o integrate con la psicoterapia. Resterebbe inoltre la questione della scelta della forma di psicoterapia appropriata per quel determinato paziente: a parte il fatto che ogni terapeuta che visiti per la prima volta un soggetto tende naturalmente a proporgli il proprio modello psicoterapeutico, bisogna dire che l assioma della selettività delle varie modalità di trattamento (ad es. psicoanalisi vs. terapia cognitivo-comportamentale) per determinate tipologie diagnostiche (ad es. classiche psiconevrosi vs. forme fobiche circoscritte) è attualmente priva non solo di significato ma anche di sostanza reale, dato che tutte le modalità psicoterapeutiche tendono a curare tutti i disturbi di lieve-media gravità, con ambizione, spesso carente di senso critico, a occuparsi di psicosi. I rischi specifici delle psicoterapie cognitivo-comportamentali sono: 1) l interessamento settoriale dell intervento terapeutico, 2) la risoluzione apparente della sintomatologia con possibile ritorno del disturbo in tempi successivi e con successiva tendenza alla cronicizzazione e 3) la mancanza di un analisi personale del terapeuta prescritta dal training formativo. Tra i rischi iatrogeni della psicoanalisi e delle terapie dinamicamente orientate si trova che: 1) l analisi può procedere secondo le esigenze di coerenza dell analista più che secondo quelle del paziente, che viene così adattato ai bisogni e all impostazione culturale e tecnica dell analista; 2) l analisi può rivelarsi interminabile, e già Freud aveva messo in evidenza come in realtà il concetto di fine naturale dell analisi fosse assai difficile da definire, 3) esistono anche situazioni in cui il rapporto simbiotico tra paziente e terapeuta rende, di fatto, impossibile la fine dell analisi, creando un meccanismo tale di dipendenza che il paziente si ritrova ad esperire perdita di autonomia e incapacità di tollerare le separazioni. Per un paziente portatore di un disturbo borderline di personalità il rischio di rinforzare o di colludere con alcuni suoi aspetti caratteristici e caratteriali, quali 5

Idee in Psicoterapia n. 1-2008 l incapacità di tollerare le separazioni e l instabilità nelle relazioni interpersonali, va tenuto attentamente in conto, pur considerando che questo rischio appare inevitabile, visto che un soggetto sofferente nella sfera relazionale non può che essere curato attraverso una relazione. Si pone poi il problema della cronicità. Con il termine di cronicità, se riferito alla psicoterapia, si può alludere a quei trattamenti interminabili senza un chiaro miglioramento del paziente. In questi casi si pone il problema del senso dell intervento psicoterapeutico: se non sono prevedibili miglioramenti a lungo termine, è giustificato l alto investimento richiesto dalla psicoterapia? Si deve concepire la psicoterapia come necessaria solo per evitare un ulteriore peggioramento (concetto di psicoterapia di mantenimento)? Oppure la si deve ritenere inutile, talvolta collusiva con le resistenze del paziente, se non addirittura come un intervento potenzialmente dannoso in senso iatrogeno, in grado di ostacolare il cambiamento? All equivalenza tra cronicità e inguaribilità è subentrato il concetto di cronicità come effetto iatrogeno di un processo di cura, come prodotto delle operazioni messe in atto dal sistema curante. Se da un lato, quindi, è lecito parlare in questi casi di un vero e proprio accanimento psicoterapeutico, senza che vi sia da una parte o dall altra la capacità e la volontà di staccare la spina, si impone l esigenza di delimitare il terreno della competenza e dell indicazione psicoterapeutica. Certamente può dirsi a proposito che lo spazio per tale tipologia di trattamento tende a restringersi o addirittura a esaurirsi quando si restringe o si esaurisce lo spazio di attività del paziente, inteso come quell area di autonomia, di motivazione e di spinte pulsionali e, più in generale, di capacità di lavoro mentale che deve solo essere stimolata dal terapeuta e non sostituita dalle sue iniziative. Se il paziente è troppo passivo e il terapeuta tende a perdere quella che Freud chiama astinenza, il rischio di cronicizzazione aumenta enormemente e il fantasma della dipendenza diventa spaventosamente reale. La cronicità come effetto iatrogeno è in grado di investire l intera rete del territorio. Il fenomeno del connubio tra disturbo psichico, non necessariamente grave, e inadeguatezza dell intervento coinvolge dimensioni molteplici della pratica territoriale, non solo quella tecnico-professionale ma anche quella organizzativa. Letture diverse della sofferenza mentale e setting di cura distinti possono orientare l esito della crisi e l andamento della cronicità. Le modalità di sperimentare il limite e la sofferenza da parte del paziente nel disagio cronico si costituiscono come spazi privilegiati per costruire un alleanza terapeutica, per ristabilire un contatto con lui e avviare una situazione di condivisione, assegnando così al paziente la funzione di effettivo coautore dell intervento terapeutico. 6

L. Janiri, P. Petrini Errori e rischi in psicoterapia Bibliografia 1. Cingolani S. (1995). Come compromettere il bene alla ricerca del meglio. Appunti sulla patologia iatrogena ed i suoi rimedi da un punto di vista relazionale sistemico. In: M. Bianciardi, U. Telfener. Ammalarsi in psicoterapia, pp. 115-128. Milano: Angeli. 2. Freud S. (1937). Analisi terminabile e interminabile, O.S.F. vol.11. Torino: Boringhieri, 1979. 3. Fruggeri L. (1995). Il coordinamento interpersonale di azioni e significati nelle dinamiche di stabilizzazione. In: M. Bianciardi, U. Telfener. Ammalarsi in psicoterapia, pp. 141-160. Milano: Angeli. 4. Hoffman L. (1985). Beyond power and control: Toward a second order family system therapy. Family System Medicine, 4, 381-396. 5. Laplanche J., Pontalis J.-B. (1993). Enciclopedia della psicoanalisi, vol. II, pp. 450-452. Roma - Bari: Laterza. 6. Migone P. (1995). L elaborazione della fine della terapia come intervento terapeutico. In: Migone P., Terapia psicoanalitica, pp 58-62. Milano: Angeli. 7. Migone P. (1998). Psicoterapia nel privato e nel pubblico: cosa implica a livello teorico e pratico considerarle diverse? Il Ruolo terapeutico, 78, 82-87. Psychomedia Telematic Review. 8. Segal L., Watzlawick P. (1985). On window-shopping or being a noncustomer. Failures in family therapy, pp. 73-90. New York: Guilford. 7