TRIBUNALE DI PERUGIA. I Sezione Civile REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



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Abstract. È nulla la clausola che impone la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi all interno di un contratto di conto corrente bancario stipulato prima dell entrata in vigore del d.lgs 4 agosto 1999, n. 34 e della connessa delibera Cicr di attuazione emanata il 9 febbraio 2000. Infatti, nonostante tali norme prevedano la validità delle clausole di capitalizzazione trimestrale precedentemente pattuite, con l unico limite dell obbligo di adeguarle, con i tempi e le procedure indicate, alla nuova normativa pena l inefficacia delle stesse, le stesse sono state dichiarate, proprio relativamente al punto controverso, incostituzionali per eccesso di delega (Corte cost., sent. n. 425/2000). Per l effetto il Giudicante aderisce all oramai consolidato orientamento della Corte di Cassazione che, nel considerare quello della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi un uso negoziale e non normativo, ritiene la clausola che lo sancisce, ponendosi questa in contrasto con l art. 1283 c.c, affetta da nullità rilevabile anche d ufficio (Cass. SS.UU., 04 novembre 2004, n. 21095. Sul punto si veda anche C. App. Perugia 06 marzo 2008). Sono parimenti nulle le clausole contrattuali che individuano il tasso di interesse passivo, se superiore a quello legale, in base agli usi praticati sulla medesima piazza anche se pattuite prima dell entrata in vigore della l. 17 febbraio 1992 n. 154 e del testo unico bancario del 1993 che, introducendo norme sulla trasparenza a tutela del cliente, comminano espressamente quella sanzione per tali clausole contrattuali. Anche in questo caso la pronuncia del Tribunale si pone nel solco già tracciato dalla Suprema Corte che ritiene le stesse clausole comunque nulle per contrasto con l art. 1284, comma 3, c.c., ritenendo non assolto l onere formale nei casi in cui il riferimento agli usi sia tanto generico da non permettere una concreta ed immediata identificazione della previsione cui le parti facevano riferimento per l individuazione dell ammontare del tasso degli interessi passivi.

TRIBUNALE DI PERUGIA I Sezione Civile REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice istruttore del Tribunale di Perugia, dott. XXXX, in funzione di giudice monocratico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al N. XXXX tra: XXXX e XXXX, rappresentati e difesi dall Avv. XXXX del Foro di XXXX ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell avv. XXXX, sito in XXXX, in Via XXXX n. XXXX, come da delega in atti; attori e YYYY Banca S.p.a. nella qualità di successore nel rapporto di Banca YYYY S.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in YYYY Via YYYY n. YYYY presso lo studio dell Avv. YYYY che la rappresenta e difende con l Avv. YYYY; convenuto

Oggetto: contratto di conto corrente Conclusioni del procuratore dell opponente: come da atto di citazione. Conclusioni del procuratore della opposta: come da comparsa di costituzione e risposta. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il XXXX, XXXX e ZZZZ, citavano in giudizio la Banca YYYY (alla quale poi succedeva nel rapporto giuridico la QQQQ Banca S.p.a.) ricostruendo in primo luogo i rapporti con l istituto di credito ed in particolare quelli relativi al rapporto di conto corrente n. XXXX aperto da XXXX il 24.10.1989. indicavano infine gli attori che la Banca YYYY con raccomandata del 18.9.2000 aveva intimato loro - a ZZZZ quale fideiussore - il pagamento della somma di lire 101.397.110 quale saldo passivo del contratto di conto corrente al 30.6.2000. Nel merito, ricostruendosi le vicende normative e giurisprudenziali la domanda degli attori era volta ad accertare: - la violazione da parte della Banca QQQQ delle norme in tema di capitalizzazione unilaterale degli interessi trimestrali e della clausola di massimo scoperto, con richiesta di dichiarati non dovuti gli interessi capitalizzati trimestralmente e per l effetto di condannare la banca convenuta alla restituzione degli stessi interessi oltre che delle commissioni di massimo scoperto; - la violazione degli articoli 117 (laddove prescrive a pena di nullità la forma scritta per i contratti bancari, senza possibilità di concludere contratti oralmente o per facta concludentia) e 126 del D.Lgs n 385/1993 (laddove prevede che l obbligo di indicare per le aperture di credito il massimale e la scadenza eventuale del credito, il tasso di interesse annuo ed il dettaglio

analitico degli oneri applicabili dal momento della conclusione del contratto, le condizioni che possono determinare la modifica durante l esecuzione del contratto, le modalità di recesso del contratto) essendo stati sottoscritti i contratti dal XXXX senza che vi fosse stata l indicazione del tasso di interesse da applicare da parte della banca, lasciato in bianco; di conseguenza gli attori chiedevano che fossero dichiarati nulli i contratti di credito stipulati da XXXX e non dovuti i relativi interessi; - la violazione da parte della banca delle norme in materia di usura, con applicazione di interessi usurari al contratto di conto corrente; pertanto gli attori chiedevano che fossero dichiarati non dovuti gli interessi così applicati e di condannare la banca convenuta alla restituzione delle somme pagate quali interessi usurai. Ancora, gli attori chiedevano che fosse dichiarata nulla la fideiussione prestata dalla signora ZZZZ (stipulata il vedi doc. 6) perché contraria al disposto dell art. 1938 c.c, poiché si trattava di una fideiussione ominibus indeterminata quindi contraria all art. 10 della legge 154/92 rimasto poi in vigore ex art. 161 d.lgs. 385/1993; chiedevano quindi che fosse dichiarata la liberazione della attrice da ogni vincolo fideiussorio. Ancora, gli attori ritenevano che, riconosciuta l applicazione di tassi di interesse usurari, si concretizzava la commissione di un reato ai loro danni e quindi formulavano domanda di risarcimento del danno, anche morale. Il danno poi andava riconosciuto loro per la violazione delle norme in materia di correttezza e buona fede, attraverso la applicazione di interessi su interessi, con aggravamento della esposizione debitoria degli attori con l obbligo per la banca di risarcire il danno arrecato. Gli attori quantificavano il danno in Lire 100.000.000 (pari ad Euro 51.645,69) o in una somma maggiore o minore che fosse stata ritenuta comunque di giustizia: Il tutto oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria dal momento della ingiusta percezione delle somme a titolo di interessi legali alla

loro restituzione e, per quanto attiene al risarcimento del danno, dalla data dei fatti al saldo. Si costituiva in giudizio la Banca QQQQ S.p.a. la quale affermava legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi e della clausole di massimo scoperto, quale uso normativo, l uso della forma scritta per la stipula di tutti i contratti conclusi tra le parti, la mancata contestazione degli estratti di conto corrente che la banca inviava, prodotti dalla banca, il riconoscimento del debito operato dal debitore; contestava l applicazione di tassi di interesse usurari, l esistenza di condotte contrarie alla buona fede, essendo aumentato il debito degli attori era non avere loro versato somma sul conto corrente. Affermava poi la banca che la fideiussione prestata da ZZZZ aveva il limite di lire 58.500.000, sicchè le deduzioni attoree erano del tutto infondate. La Banca QQQQ S.p.a. pertanto oltre al rigetto delle domande degli attori, proponeva domanda riconvenzionale, chiedendo che gli attori fossero condannati al pagamento nei suoi confronti della somma di Lire 106.765,121, oltre gli interessi legali dalla data di chiusura del Conto al saldo, quale saldo passivo del. 14727/09, ovvero al pagamento della somma maggiore o minore che sarebbe risultata dovuta, con o senza capitalizzazione trimestrale degli interessi Nel corso del processo si procedeva all esecuzione di c.t.u. Con decreto presidenziale del 30/4/2008 la causa era assegnata a questo giudice in sostituzione del precedente trasferito ad altro ufficio. Quindi, sulle conclusioni in epigrafe trascritte, la causa veniva trattenuta in decisione all udienza del 5.3.2009, concedendo alle parti termine ordinario per il deposito degli scritti conclusivi. MOTIVI DELLA DECISIONE Va preliminarmente rilevato che è del tutto incontestato tra le parti che la banca abbia applicato la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi ed abbia previsto ed applicato le cd. clausole di massimo scoperto. Orbene, questo

giudice aderisce all indirizzo largamente prevalente della giurisprudenza più recente fatto proprio anche dalle Sezioni Unite della Cassazione che ritiene che tali clausole contrattuali siano nulle perché in contrasto con il divieto di mero rinvio agli usi contenuto nella L.154/1992 e nel T.U. bancario n.385/1993 ed in violazione dell art. 1283 c.c. Ovviamente, la nullità colpisce solo le clausole è non l intero contratto, come invece chiede l attore: deve dunque dichiararsi la nullità delle clausole contrattuali che prevedono la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi. La giurisprudenza di legittimità a partire dal 1999, mutando il precedente orientamento, ha affermato che la capitalizzazione trimestrale degli interessi da parte della banca sui saldi di conto corrente passivi per il cliente non costituisce un uso normativo, ma un uso negoziale, essendo stata tale diversa periodicità della capitalizzazione (più breve rispetto a quella annuale applicata a favore dei clienti sui saldi di conto corrente per lui attivi alla fine di ciascun anno solare) adottata per la prima volta in via generale su iniziativa dell ABI nel 1952 e non essendo connotata la reiterazione del comportamento dalla opinio iuris ac necessitatis (Cass.30/3/1999 n.3096; nello stesso senso Cass. 16/3/1999 n.2374). Dall inesistenza di un uso normativo ch legittima la c.d. capitalizzazione trimestrale degli interessi discende la nullità della clausola contenuta nel contratto di conto corrente bancario e che contiene la previsione di detta capitalizzazione in violazione del disposto dell art. 1283 c.c. che vieta l anatocismo. A seguito del suddetto mutamento giurisprudenziale, è intervenuto il legislatore con decreto legislativo 4/8/1999 n. 34 che sanciva la validità delle clausole in questione contenute nei contratti di conto corrente bancario. Sollevata da vari giudici la questione di legittimità costituzionale del citato decreto legislativo sotto il profilo dell eccesso di delega, la Corte Costituzionale con sentenza numero 425 del 17 ottobre 2000 ha dichiarato l illegittimità costituzionale (in riferimento all articolo 76 Cost per eccesso di delega) dell articolo 25 comma 3 del decreto legislativo n. 34 del 1999 nella parte in cui stabilisce che le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei

Contratti bancari stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera del Cicr relativa alle modalità e criteri per la produzione di interessi su interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell esercizio dell attività bancaria (delibera poi emessa il 9 febbraio 2000 ed entrata in vigore il 22 aprile 2000), siano valide ed efficaci fino a tale data e che, dopo di essa, debbono essere adeguate a pena di inefficacia da farsi valere solo dal cliente - al disposto della menzionata delibera, con le modalità ed i tempi ivi previsti (Corte Cost. sent.n.425 del 2000). La Suprema Corte a Sezioni Unite con pronuncia n.21095 del 4/11/2004 si è nuovamente Pronunciata al riguardo, affermando che in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 425 del 2000, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell all. 76, Cost., l art. 25 comma terzo D.Lgs. n. 342 del 1999, il quale aveva fatto salva la validità e l efficacia - fino all entrata in vigore della delibera CICR di cui al comma 2 del medesimo art. 25 - delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, siffatte clausole, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sono disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi, sono da considerare nulle in quanto stipulate in violazione dell art, 1283, cod. civ., perché basate su un uso negoziale, anziché su un uso normativo, mancando di quest ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella consapevolezza di prestare osservanza, operando in un certo modo, ad una norma giuridica, per la convinzione che il comportamento tenuto è giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme ad una norma che già esiste o che si reputa debba fare parte dell ordinamento giuridico ( opinio juris ac necessitatis ); infatti, va escluso che detto requisito soggettivo sia venuto meno soltanto a seguito delle decisioni della Corte di Cassazione che, a partire dal 1999, modificando il precedente orientamento giurisprudenziale, hanno ritenuto la nullità delle clausole in esame, perché non fondate su di un uso normativo, dato che la funzione della giurisprudenza è meramente ricognitiva dell esistenza e del contenuto della regola, non già creativa della stessa, e,

conseguentemente, in presenza di una ricognizione, anche reiterata nel tempo, rivelatasi poi inesatta nel ritenerne l esistenza, la ricognizione correttiva ha efficacia retroattiva, poiché, diversamente, si determinerebbe la consolidazione medio tempore di una regola che avrebbe la sua fonte esclusiva nelle sentenze che, erroneamente presupponendola, l avrebbero creata (Cass. 21095/2004). Trattandosi di nullità di clausole del contratto sulla cui base la banca chiede l adempimento della prestazione dovuta dal correntista (pagamento del saldo passivo comprensivo degli interessi maturati e da maturare), tale nullità può e deve essere rilevata d ufficio dal giudice a norma dell art.1421 c.c. (cfr., in tal senso, fra le altre, Cass.4/11/2004 n.21095; Cass.25/2/2005 n,4094; Cass. 19/5/2005 n.10599). Come detto, parimenti nulla è la previsione contrattuale che per la determinazione del tasso di interesse passivo fa riferimento al tasso normalmente praticato sulla medesima piazza. Anche sul punto è sufficiente richiamare il recente orientamento della Cassazione, secondo cui in tema di contratti bancari, nel regime anteriore alla entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992 n. 154, e del successivo t.u. sulla disciplina bancaria che introducono norme nuove, a carattere non retroattivo, in tema di trasparenza bancaria, vietando, tra l altro, espressamente il rinvio agli usi di piazza - la convenzione relativa agli interessi è validamente stipulata, in ossequio al disposto dell articolo 1284 comma terzo c.c. (che è norma imperativa, la cui violazione determina nullità assoluta ed insanabile), quando il relativo tasso risulti determinabile e controllabile in base a criteri in detta convenzione oggettivamente indicati e richiamati; pertanto, una clausola contenente un generico riferimento alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza può ritenersi valida ed univoca solo se coordinata alla esistenza di vincolanti discipline fissate su larga scala nazionale con accordi interbancari, nel rispetto delle regole di concorrenza e non anche quando tali accordi contengano riferimenti a tipologie di tassi praticati su scala locale e non consentano, per la loro genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso fare concreto riferimento (Cass.18/4/2001

n.5675; nello stesso senso Cass.n.9465 del 2000; Cass.n 6247 del 1998 e Cass.n.11042 del 1997). Pertanto, il contratto di conto corrente è viziato sia per quanto attiene alla indeterminatezza della clausola che consente alla banca di individuare unilateralmente il tasso di interesse passivo sulla base di generiche condizioni praticate sulla piazza sia per la capitalizzazione trimestrale degli interessi medesimi. Altre conseguenze dell indirizzo ora sostenuto sono che la banca non può mai sanare in maniera retroattiva gli effetti della clausola nulla e, per i contratti sorti prima della delibera Cicr, che per la disciplina della capitalizzazione trimestrale reciproca è necessaria un nuovo accordo negoziale tra le parti. Ancora, l affermazione netta delle Sezioni Unite sul divieto di anatocismo ha fatto ritenere non condivisibili le tesi, pur affermate dalla giurisprudenza di merito sulla legittimità della richiesta di pagamento degli interessi capitalizzati trimestralmente perché obbligazioni naturali (cfr. Cass, 84/2262) o ex art, 1831 c.c. (tesi per la quale l obbligo di corresponsione degli interessi trimestrali deriverebbe dalla disciplina della chiusura periodica del conto, chiusura che darebbe vita alla capitalizzazione periodica degli interessi nel senso che essi, subito dopo la riapertura del conto, diventerebbe automaticamente la prima posta creditoria, in conto capitale, del conto riaperto; si è obiettato che l art. 1831 c.c, non è richiamato dall art. 1857 c.c. per le operazioni bancarie in conto corrente, né del fatto che resta comunque ingiustificata ed incomprensibile la chiusura differenziata cliente/banca). Ritiene inoltre questo giudice che una volta affermata la nullità della capitalizzazione trimestrale la conseguenza sia che gli interessi non possano mai essere capitalizzati, stante il divieto dell anatocismo, salvo il caso in cui il rapporto contrattuale venga rinegoziato tra le parti, sulla regola della parità della capitalizzazione. La tesi della capitalizzazione annuale degli interessi, sostenuta fra l altro dalla banca convenuta si fonda sul conteggio annuale degli interessi previsto dall art, 1284 comma 1 c.c.: tale tesi non è condivisibile l annualità del calcolo degli interessi

non significa che dopo un anno gli interessi debbano essere liquidati e divengano capitale, a sua volta suscettibile di produrre interessi, perché, come hanno affermato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza 9653/0 1) il debito di interessi non perde mai tale natura e resta sempre soggetto ai limiti dell art, 1283 c.c. Secondo la tesi della banca invece, alla capitalizzazione trimestrale si sostituirebbe quella annuale, che è sempre vietata dall art. 1283 c.c.; né il divieto dell art. 1283 cc, è superabile solo per la realizzata parità fra interessi attivi e passivi, parità che comunque costituisce un fatto neutro che non esclude la sussistenza della capitalizzazione e non vale a sanare la mancanza di un uso derogatorio ovvero di una specifica norma di legge autorizzante il superamento dei limiti dell art, 1283 c.c. (tale norma di legge si è avuta solo dopo, appunto con l art, 25 comma 2 D.Lgs. 432/99 e la Delibera attuativa CICR). Inoltre, a differenza di quanto sostenuto dalla banca, la mancata contestazione degli estratti conto inviati al cliente non sana le nullità rilevate, perché le decadenze fissate dagli art, 1832 c.c. e 119 TUB si riferiscono solo ad errori contabili e non riguardano eventuali invalidità delle operazioni negoziali poste a fondamento delle appostazioni contabili (Cass. 06/10376, 01/10129 e 96/1978). Ovviamente, la nullità della clausola che prevede la capitalizzazione degli interessi trimestrali non determina che alla banca non spetti alcun interesse: il criterio di calcolo degli interessi è il seguente. L attore è tenuto a pagare alla banca gli interessi calcolati secondo il tasso legale annuale ex art. 1284 c.c., se il rapporto giuridico come nel caso in esame - è sorto prima dell entrata in vigore della legge sulla trasparenza (luglio 1992), o ex art. 117 tub solo ove il rapporto giuridico sia sorto successivamente alla data indicata o in base ad una nuova disposizione contrattuale concordata da entrambe le parti ove risulti prodotta. Nel caso in esame, dalla c.t.u, emerge che il contratto di conto corrente XXXX è stato aperto in data 24.10.1989 ed è da considerarsi chiuso in data 13.7.2000, allorché l istituto di credito aveva posto in sofferenza il conto corrente. Emerge ancora che la capitalizzazione degli interessi trimestrali è avvenuta effettivamente, con applicazione, illecita, del cd. anatocismo.

Deve ancora rilevarsi che il c.t.u. non ha avuto a sua disposizione, perché non prodotta dalle parti, la documentazione relativa ad alcuni periodi (dal 24.10.89 al primo trimestre 91; al terzo e quarto trimestre 91; al primo trimestre 93; al quarto trimestre 94; al quarto trimestre 95). Orbene, tenuto conto che le parti hanno ciascuna presentato una domanda, tale mancanza di prova non può che riverberarsi a carico delle stesse parti, non potendo essere presi in considerazione in maniera analitica i periodi prima indicati ai fini della ricostruzione delle partite di dare avere. Inoltre, deve rilevarsi che, dichiarata la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e delle clausole di massimo scoperto, non può procedersi ad una condanna alla restituzione delle somme, che non risultano essere state corrisposte. In ogni caso, deve rilevarsi che attraverso la c.t.u. si è determinato il saldo passivo effettivo del capitale, quello cioè risultante dalla epurazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi e delle commissioni di massimo scoperto; tale saldo passio è stato determinato dal c.t.u., in base alle tabelle di calcolo, in lire 31.590.831 (cfr. la c.t.u. nel quesito 2 e la tabella allegata sub a in fine; pari ad euro 16.315,30). Quanto alla somma dovuta dall attore a titolo di interesse, occorre distinguere due periodi. Il primo periodo è quello che va dal momento in cui sono stati forniti elementi di prova e di ricostruzione e di valutazione al c.t.u. e quindi al giudice fino al secondo trimestre del 1997, per il quale devono applicarsi, come indicato anche dal c.t.u., gli interessi legali. Per il periodo successivo il c.t.u. ha determinato anche il tasso effettivo globale applicato dalla banca ed ha accertato che, salvo che per il secondo trimestre del 1997, la banca ha applicato dal terzo trimestre 1997 e fino al secondo trimestre del 2000, tassi effettivi globali superiori ai cd. tassi soglia. Va preliminarmente rilevato che nel caso in esame trova applicazione la disciplina dei cd tassi soglia perché il contratto, pur essendo stato stipulato prima dell entrata

in vigore della legge 108/96, prevedeva la determinazione del tasso di interesse secondo gli usi su piazza, con una clausola dunque nulla per inosservanza del combinato disposto degli artt. 1284 comma 3 e 1346 c.c.: tale clausola rende non determinabile l oggetto della pattuizione, ossia la misura degli interessi passivi, per mancanza di criteri certi, univoci e predeterminati di individuazione delle condizioni abitualmente praticate sulla piazza (così la più recente giurisprudenza, tra cui vedi ad esempio Cass. 03/14684 e 02/13823), Si tratta di una nullità, fra l altro, esplicitamente eccepita dall attore. Pertanto, di fatto, la banca determinava unilateralmente le condizioni di applicazione dei tassi di interesse, volta per volta, potendoli modificare unilateralmente sicchè, novando il rapporto sull entità del tasso di interesse, gli interessi stessi divengono convenuti nell epoca di entrata in vigore della legge 108/96 (ed in particolare dopo l entrata in vigore del primo DM attuativo, il DM 22.3.1997 pubblicato nella GU 2.4.1997 n. 76). Tale interpretazione è preferibile rispetto a quella sostenuta dalla banca convenuta, perché essendo del tutto indeterminato il contratto quanto al tasso di interesse, per effetto del riferimento agli usi su piazza è avvenuta una determinazione unilaterale del tasso di interesse, e quindi una nuova convenzione, imposta all attore, dell entità del tasso di interesse, non originariamente prevista. Dunque, pur in presenza di un contratto stipulato prima dell entrata in vigore della legge 108/96, la determinazione del tasso di interesse unilaterale della banca, che operi anche le variazioni quantitative, fa si che il tasso sia convenuto all atto della comunicazione della variazione o della sua concreta applicazione, sicchè se ciò sia avvenuto nell epoca di entrata in vigore della legge 108/96 si rientra nell ambito di applicabilità dell art, 1 comma i del D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2001, n. 24, secondo il quale ai fini dell applicazione dell art. 644 c.p. e dell art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.

Deve dunque ritenersi che la banca abbia applicato tassi di interesse usurari. Le prime conseguenze giuridiche di tale comportamento della banca di applicazione di tassi di interesse usurari sono la nullità della clausola di applicazione degli interessi e, soprattutto la non debenza di alcun interesse (art. 1815 comma 2 c.c.) per tale periodo. Pertanto, per determinare la somma dovuta a titolo di interesse passivo dall attore XXXX, possono essere prese in considerazione solo le somme calcolate dal c.t.u. dal secondo trimestre del 1991 fino al secondo trimestre del 1997, con applicazione corretta, come detto, del tasso legale. I periodi che devono essere presi in considerazione sono i seguenti: 2 TRIMESTRE 1991 10% 36616 1 TRIMESTRE 1992 10% 144897 2 TRIMESTRE 1992 10% 160003 3 TRIMESTRE 1992 10% 202823 4 TRIMESTRE 1992 10% 219280 2 TRIMESTRE 1993 1O% 47482 3 TRIMESTRE 1993 10% 92510 4 TRIMESTRE 1993 10% 412187 1 TRIMESTRE 1994 10% 933091 2 TRIMESTRE 1994 10% 907569 3 TRIMESTRE 1994 10% 852385 1 TRIMESTRE 1995 10% 888115

2 TRIMESTRE 1995 10% 898257 3 TRIMESTRE 1995 10% 877369 1 TRIMESTRE 1996 10% 868025 2 TRIMESTRE 1996 10% 782637 3 TRIMESTRE 1996 10% 791549 4 TRIMESTRE 1996 10% 791844 1 TRIMESTRE 1997 5% 387493 2 TRIMESTRE 1997 5% 391874 totale 10686006 Dunque, gli interessi che l attore XXXX che è tenuto a corrispondere applicando i criteri legali assommano a lire 10.686.006 (pari ad euro 5.518,86). Pertanto, tenuto conto che la banca ha proposto domanda riconvenzionale per il saldo passivo del c/c n. XXXX, l attore XXXX deve essere condannato a corrispondere alla banca la somma di lire 31.590,831 (pari ad euro 16.315,30) quale sorta capitale e lire 10.686.006 (pari ad euro 5.518,86) quali interessi legali, per complessive lire 42.276.837, pari ad euro 21.834,16. Trattandosi di debito di valuta, sulla sorte capitale decorrono gli interessi legali dalla domanda giudiziale. Va rigettata la domanda relativa alla nullità del contratto di fideiussione del 29.11.1993, sottoscritto dalla attrice ZZZZ perché infondata in fatto. Dall analisi del contratto, come correttamente sostenuto dalla banca convenuta, emerge infatti che la fideiussione prestata da ZZZZ aveva il limite di lire 58,500,000 (pari ad euro 30.212,73).

La domanda di risarcimento del danno non può essere accolta per le considerazioni che seguono. Va in primo luogo osservato che il complesso e controverso iter giurisprudenziale e normativo in tema di capitalizzazione degli interessi legali e clausole di massimo scoperto già induce ad escludere la sussistenza di un comportamento in mala fede della banca, posto che tali clausole erano state riconosciute anche valide ed operanti prima degli indirizzi più restrittivi della giurisprudenza. Quanto al danno subito dalla applicazione degli interessi usurari, esso risulta in parte mitigato dalla eliminazione dell obbligo di pagare le somme non dovute. Per il resto gli attori non hanno dato prova dell aver subito un danno diverso ed ulteriore, concretamente monetizzabile dal giudice. Infine, l applicazione dei tassi di interessi usurari non coincide con la concretizzazione della fattispecie penale, che impone la sussistenza del dolo, laddove la stessa applicabilità dei tassi di interesse usurai ai rapporti sorti prima della legge 108/96 è stata alquanto controversa, tanto da richiedere l intervento del legislatore con una interpretazione autentica con indirizzi giurisprudenziali divergenti. Tenuto conto della particolare natura della questione e della soccombenza reciproca, sussistono giustificati motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di giustizia; spese nelle quali rientrano anche quelle di c.t.u. P.Q.M. Il Tribunale di Perugia, definitivamente pronunciando sull azione proposta, con citazione notificata il %%%%, da XXXX e ZZZZ nei confronti di Banca YYYY (alla quale poi succedeva nel rapporto giuridico la QQQQ Banca S.p.a.) in persona del legale rappresentante pro tempore, nel contraddittorio tra le parti, contrariis reiectis, così provvede: a) In parziale accoglimento della domanda, dichiara la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale ed unilaterale degli interessi trimestrali e della clausola di massimo scoperto;

b) Dichiara non dovuti, perché superiori al tasso di interesse usuraio, i tassi convenuti ed applicati a partire dal terzo trimestre 1997 e fino al secondo trimestre del 2000; c) Rigetta le altre domande degli attori. d) In accoglimento parziale della domanda riconvenzionale del convenuto, condanna XXXX e ZZZZ, quale fideiussore e nei limiti della somma di lire 58.500.000 (pari ad euro 30.212,73), a pagare a Banca YYYY (alla quale poi succedeva nel rapporto giuridico la QQQQ Banca S.p.a.) in persona del legale rappresentante pro tempore, la somma di lire 31.590.831 (pari ad euro 16.315,30) quale sorta capitale e lire 10.686.006 (pari ad euro 5.518,86) quali interessi legali, per complessive lire 42.276.837, pari ad euro 21.834,16, oltre gli interessi legali dalla domanda giudiziale sulla sorte capitale; e) dichiara interamente compensate tra le parti le spese del procedimento. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Perugia, deciso il 19 ottobre 2009. IL GIUDICE