TECNICHE COSTRUTTIVE DEI PONTI ROMANI
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- Costanza Orsini
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1 TECNICHE COSTRUTTIVE DEI PONTI ROMANI Nella storia della civiltà i ponti ad arco in muratura rappresentano, sotto il profilo storico, la categoria più importante per la quantità di realizzazioni e la diffusione in varie zone geografiche, testimoniano ai posteri i sistemi di progettazione adottati dai vari popoli, le tecnologie in uso all epoca della costruzione, i metodi di trasporto e di comunicazione, la storia e la cultura e, comunque, tramandano sempre un capolavoro del genio creativo umano. I primi ponti ad arco in muratura si ebbero in Mesopotamia (verso il IV millennio a.c.) e successivamente in Egitto e in Persia. Anche in Grecia furono costruiti ponti ad arco in pietra, in genere di modeste dimensioni e ad arcata unica. Ponti Romani I Romani furono i veri maestri dell esecuzione dei ponti ad arco, anche se i loro primi ponti furono in legno, come il Ponte Sublicio sul Tevere il quale oltre a garantire il collegamento con la sponda destra del fiume, costituiva un valido elemento di difesa in quanto poteva essere smontato in condizioni di pericolo. Il primo ponte in pietra edificato dai Romani è il ponte che chiamato Emilio. Che subì numerose distruzioni e venne ricostruito l ultima volta da Gregorio XIII nel 1575, che volle mantenere la severità e le grandiosità primitive. La ricostruzione non ebbe molta fortuna perché già nel 1598 due archi caddero, da allora il ponte fu detto Rotto.L unico arco oggi superstite è sufficiente a dare visione di quella che fu la forza e la bellezza del ponte. Tecniche costruttive I ponti murari romani sono caratterizzati dall uso quasi esclusivo dell arco a tutto sesto, probabilmente perché questa era la forma costruttiva più semplice da realizzare: infatti, per un arco di spessore costante, ogni concio (porzione costitutiva dell arco) in pietra o in mattoni - legati in qualche modo tra loro con cemento pozzolanico - è delimitato da due cerchi concentrici e da due raggi contigui, tutti uscenti da un unico centro, cosicché tutti i conci risultano uguali fra loro. La costruzione della volta richiede una centina circolare (di raggio uguale a quello dell intradosso dell arco), facilmente costruibile e regolabile in opera dai carpentieri, su cui venivano appoggiati i singoli conci in sequenza. La centina poteva essere appoggiata direttamente a terra, o fissata sul punto d innesto della volta; quest ultima soluzione, utile per risparmiare legno fu ampiamente adottata dai Romani, che a tal fine preparavano delle sporgenze a livello dell ultimo filare orizzontale, sulle quali si installavano le centine. 1
2 Sempre per razionalizzare il lavoro e risparmiare materiale, i costruttori pensarono di montare le volte per mezzo di file parallele di conci, disposte senza che i giunti si incrociassero, in modo che ogni ordine fosse indipendente. La stessa centina veniva spostata lateralmente per costruire la seconda volta. 2
3 Concio Prima arcata Seconda arcata con centina mobile Queste tecniche rimasero pressoché immutate nel corso dei secoli fino all introduzione dei tubi d acciaio. Montata la centina, l arco veniva realizzato con la semplice giustapposizione dei conci l uno sull altro a partire dalle due estremità, cioè dalle imposte orizzontali, sino ad arrivare alla posa dell ultimo concio di sommità, che viene detto concio di chiave ( o anche semplicemente chiave dell arco). 3
4 Il ponte in muratura si presenta come una struttura di notevole peso, che grava su una superficie limitata di terreno. Per garantirne la stabilita era perciò fondamentale la cura dei sistemi di fondazione. Già Vitruvio, nel suo trattato, individua come condizione fondamentale la ricerca del solido su cui impostare la fondazione, il cui spessore dovrà essere superiore a quello del muro sovrastante. Particolare attenzione era posta ai terreni argillosi, non in grado di garantire la ricercata solidità. In questi casi, si prevedeva l infissione di pali di quercia per consolidare il sottosuolo. Le estremità dei pali erano dotate di coni metallici per proteggere la punta durante l infissione, mentre l estremo su cui batteva la mazza era rinforzato con delle cerchiature.166 Anche questa tecnica non può essere considerata prettamente romana, sarà infatti riproposta ed applicata in tutte le epoche successive. Le fondazioni dei pilastri del ponte potevano essere realizzate con varie tecniche: Con o senza prosciugamento 4
5 Con paratie stagne semplici o doppie Con cassoni stagni a doppia paratia Con cassoni ad immersione Palificate a graticcio con funzione di cassoni Fondazione a paratia stagna doppia con prosciugamento Fondazioni a graticcio Nel De architectura vol. VIII ( scritto tra il 29 ed il 23 A.C.) Vitruvio spiega come realizzare le fondazioni immerse, Si costruisce una cassaforma con funzione di diga con pile di assi di quercia tenuti insieme da catene o assi trasversali che vengono saldamente ancorate al fondo. Quindi si pulisce e livella il fondale che rimane internamente alla cassaforma e si riempie lo spazio interno fin sopra il livello dell acqua con la malta realizzata con due parti di pozzolana ed una di calce mescolate con acqua e pietrame. 5
6 Se non si può reperire la pozzolana, allora occorrerà realizzare una cassaforma a doppia parete, avendo cura di collegare saldamente le due pareti.l intercapedine interna verrà riempita con alghe e argilla ben pressate quindi si ancora la cassaforma al fondo e la si vuota dell acqua utilizzando pompe a vite o a ruote ad acqua e si procede quindi utilizzando normale sabbia invece che pozzolana. Un altro problema che si pose ai costruttori romani fu quello dell interazione tra la corrente dell acqua e la struttura del ponte. Per limitare l azione diretta dell acqua sulla parte bassa del pilone, questo poteva essere munito di uno sperone che fungeva da frangiflutti, mentre sulla faccia del pilone rivolta a valle un altro sperone si opponeva ai mulinelli d acqua, che si venivano a formare. Altro accorgimento fu quello di progettare archi di luce sempre maggiore, con un conseguente minor numero di pile disposte nell alveo. Il numero ridotto delle arcate e l uso esclusivo dell arco a tutto sesto determinavano, però, una considerevole altezza del ponte, pertanto questo veniva, all occorrenza, dotato di una rampa, che saliva dalla riva all altezza della chiave del primo arco. Un altra soluzione per limitare la spinta dell acqua fu, l inserimento nei piloni di un archetto, che garantiva lo sfogo della piena, come nel ponte Fabricio. 6
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