Seno. COM Centro Oncologico Modenese CANCRO DEL. Dipartimento di Cure Primarie Distretti di Modena e Castelfranco E.
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1 CANCRO DEL Seno
2 CANCRO DEL Seno COM Centro Oncologico Modenese SERVIZIO SANITARIO REGIONALE EMILIA-ROMAGNA Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena Dipartimento di Cure Primarie Distretti di Modena e Castelfranco E.
3 CANCRO DEL SENO Carissima/o, queste poche pagine, indirizzate al Medico di Medicina Generale, non hanno la presunzione di prendere in considerazione tutto quanto c è da sapere sulla malattia neoplastica, ma, piuttosto, focalizzare elementi essenziali per poterti districare tra infinità di informazioni, pubblicazioni e protocolli esistenti. Sono state realizzate dalla collaborazione tra gli Oncologi del COM (Centro Oncologico Modenese) e i MMG (Medici di Medicina Generale) di alcuni NCP (Nuclei di Cure Primarie) del Dipartimento di Cure Primarie del Distretto 3 dell Azienda USL di Modena, che grazie al supporto tecnico di Intermedia, e con la guida degli animatori di formazione di MGform (Scuola Modenese Di Medicina Generale) e il supporto del Circolo Medico Chirurgico Modenese, hanno dato vita al progetto del Laboratorio Comunicativo che ha l obiettivo di sviluppare innovative modalità di comunicazione. L iniziativa si inserisce in un filone di tradizionale collaborazione 2
4 tra Oncologia e Medicina Generale modenese cominciata decenni fa all avvio del progetto di screening mammografico, continuata con il progetto di gestione domiciliare dell ammalato oncologico terminale (NODO) e perfezionata ora con questo progetto comunicativo. Il Laboratorio vuole superare le usuali difficoltà tra Ospedale e Territorio sviluppando modalità di interfaccia e di dialogo che facilitino interventi integrati e di reale continuità tra Oncologo e Medico generale semplificando il tortuoso percorso dell ammalato neoplastico, costretto a una sorta di moderna transumanza tra ospedale e domicilio per le cure e il follow up della sua malattia. Nella speranza di fornirti con queste pagine un utile ausilio per la tua cassetta degli attrezzi e un valido supporto per i tuoi ammalati oncologici con le modalità comunicative che il Laboratorio Comunicativo sta perfezionando, ti auguriamo buona lettura. 3
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6 EPIDEMIOLOGIA Il tumore del seno è la prima causa di morte nella popolazione femminile tra i 25 e i 54 anni: in Italia ogni anno si registrano nuovi casi e decessi. Negli ultimi anni, tuttavia, si è verificata una diminuzione della mortalità grazie a cure sempre più efficaci e a programmi di screening che permettono di diagnosticare precocemente il tumore. Infatti, se l individuazione avviene in fase iniziale, la possibilità di guarigione si avvicina al 90%. L incidenza di cancro del seno aumenta dopo i 40 anni, ma è più elevata (circa l 80% dei casi invasivi) nelle donne sopra i 50 anni. La maggior parte dei tumori si presenta in forma sporadica e solo una piccola parte presenta caratteristiche ereditarie; tuttavia, deve essere posta particolare attenzione alle famiglie con un elevata frequenza di casi per adottare misure di prevenzione adeguate. 5
7 CANCRO DEL SENO CAUSE E FATTORI DI RISCHIO La maggior parte dei tumori mammari risulta collegata ad una prolungata esposizione a stimolazione estrogenica, sia endogena che esogena, come dimostrato da un aumentata incidenza in donne con: età avanzata; prima gravidanza dopo i 30 anni; terapia ormonale sostitutiva per un periodo superiore ai 5 anni (in particolare con i preparati contenenti alti dosaggi di estrogeni); non è invece completamente definito il ruolo dei contraccettivi estroprogestinici; menarca prima dei 12 anni; menopausa dopo i 50 anni; stato di nulliparità. ALTRI FATTORI DI RISCHIO SONO: storia familiare della malattia obesità razza (leggermente più comune nella caucasica) stile di vita sedentario abuso di alcol Inoltre, le donne con precedente carcinoma mammario hanno una probabilità 3-4 volte superiore di secondo tumore mammario, sia omo che controlaterale. Circa il 5% dei casi di cancro al seno ha un legame genetico che deriva da 6
8 una mutazione ereditaria nei geni BRCA1 o BRCA2. Le pazienti che presentano tali alterazioni hanno un rischio di circa il 70-80% di sviluppare un tumore mammario. Queste pazienti sono quindi candidabili a consulenza oncogenetica e a trattamenti di sorveglianza personalizzati. SINTOMATOLOGIA La maggior parte delle neoplasie viene diagnosticata in fase asintomatica, (cioè senza noduli mammari palpabili), grazie ai programmi di screening. Negli altri casi, il segno più comune è rappresentato dalla comparsa di un nodulo o da una modificazione dell aspetto della mammella. Più raramente, possono essere presenti alterazioni della cute come il seno a buccia d arancia, secrezione (in particolare se ematica, monolaterale e monoorifiziale) o retrazione del capezzolo, arrossamento della cute, gonfiore diffuso della mammella o linfonodi aumentati di volume in ascella. DIAGNOSI La diagnosi definitiva di cancro della mammella viene effettuata attraverso un processo detto triplo test, che comprende: ESAME CLINICO MAMMOGRAFIA ED EVENTUALE ECOGRAFIA L ecografia non fa propriamente parte del triplo test, ma è la procedura diagnostica raccomandata per donne di età inferiore a 35 anni o con seno denso mammografico. 7
9 CANCRO DEL SENO Il radiologo può indicare nel referto il grado di sospetto strumentale secondo la classificazione BI-RADS: B1: indica un quadro radiologico normale B2: indica un quadro radiologico con alterazioni di tipo benigno B3: indica un quadro radiologico dubbio, verosimilmente benigno B4: indica un quadro radiologico dubbio, verosimilmente maligno B5: indica un quadro radiologico maligno. Esame citologico (mediante agoaspirato con ago sottile) o istologico (mediante core-biopsy o mammotome). Il patologo, a sua volta, può indicare il grado di sospetto citologico: C1: quadro citologico non sufficiente per definire la diagnosi C2: quadro citologico normale C3: quadro citologico dubbio, verosimilmente benigno C4: quadro citologico dubbio, verosimilmente maligno C5: quadro citologico maligno. L esame citologico può non essere in grado di differenziare fra carcinomi non invasivi (in situ) ed invasivi. In alcuni casi, pertanto, il radiologo procede ad una verifica micro-istologica della lesione. Questo accertamento è sempre indicato in presenza di microcalcificazioni sospette senza nodulo palpabile o in caso di distorsione strutturale. L indagine ecografica rappresenta di norma un esame di secondo livello, 8
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11 CANCRO DEL SENO complementare alla mammografia. Può essere utilizzato come indagine di prima istanza nei casi di seno denso mammografico (frequente nelle donne giovani), o prima dei 35 anni. L ecografia, tuttavia, non è in grado di fornire tutte le informazioni desumibili dalla mammografia. La risonanza magnetica della mammella è sempre un esame di 3 livello ed è indicato, in particolare, per la diagnosi differenziale fra recidiva neoplastica e tessuto cicatriziale, e nel sospetto di rottura di protesi mammaria. L autopalpazione della mammella dovrebbe essere incoraggiata ed eseguita ogni mese, a circa una settimana dalla fine del periodo mestruale. Una mammografia dovrebbe essere eseguita fra i 40 e i 45 anni, e successivamente, in assenza di familiarità o di alterazioni rilevate, ogni 2 anni. Dai 50 ai 69 anni le donne vengono di norma inserite nei programmi regionali di screening mammografico, ed è importante favorire la partecipazione a questi protocolli di prevenzione. Non è ancora definita l utilità dello screening al di sotto dei 50 anni e al di sopra dei 70. Tuttavia, poiché l incidenza del carcinoma mammario aumenta con l età, è consigliabile proseguire con valutazioni periodiche anche dopo il completamento dello screening. 10
12 TIPI DI CANCRO ALLA MAMMELLA La maggior parte dei tumori alla mammella origina nel tessuto ghiandolare, a livello della porzione dutto-lobulare. Si distinguono forme non invasive come il carcinoma intra-duttale, o carcinoma in situ (DCIS), e forme invasive o infiltranti. Il carcinoma lobulare in situ (definito anche neoplasia lobulare in situ) non rappresenta una vera forma tumorale, ma è considerato solo una alterazione displastica associata a maggiore rischio di carcinomi invasivi concomitanti o successivi. L 80% dei carcinomi invasivi è rappresentato dal carcinoma duttale infiltrante ed 10-15% dal carcinoma lobulare infiltrante. TIPI MENO COMUNI INCLUDONO: il carcinoma midollare il carcinoma mucinoso ed il carcinoma tubulare (considerati istotipi a bassa aggressività) il tumore filloide, raramente maligno la malattia di Paget del capezzolo, che si origina nei dotti galattofori e si diffonde alla cute dei capezzoli o dell areola, che appartiene nella maggior parte dei casi ai carcinomi non invasivi Raramente, sarcomi (tumori del tessuto connettivo) e linfomi (tumori del tessuto linfatico) si sviluppano a livello mammario. 11
13 CANCRO DEL SENO TRATTAMENTO Le RACCOMANDAZIONI TERAPEUTICHE suggeriscono concordemente di garantire una informazione completa relativamente alla diagnosi e alla terapia, alle possibilità di scelta dei diversi tipi di trattamento, per favorire una discussione con la paziente ed una scelta terapeutica condivisa. CHIRURGIA Il trattamento chirurgico deve mirare ad evitare procedure mutilanti ogniqualvolta sia possibile. Gli studi hanno infatti dimostrato che non vi è eccesso di mortalità in caso di trattamenti conservativi, se associati a radioterapia e terapia medica adiuvante. Le procedure oggi adottate comprendono: La TUMORECTOMIA, in cui viene asportato il nodulo tumorale con una piccola porzione di tessuto normale circostante La QUADRANTECTOMIA, in cui viene asportato un intero quadrante mammario e una parte di cute sovrastante La MASTECTOMIA RADICALE, in cui viene asportata tutta la mammella insieme ai muscoli pettorali La MASTECTOMIA RADICALE MODIFICATA, in cui viene asportata la mammella ma vengono risparmiati i muscoli pettorali La MASTECTOMIA SOTTOCUTANEA, in cui viene asportata la ghiandola mammaria con il risparmio della cute sovrastante 12
14 Alla chirurgia sulla mammella viene di regola associata, nei casi di tumori infiltranti, una chirurgia ascellare, che può comprendere: Lo SVUOTAMENTO ASCELLARE, nel quale vengono asportati tutti i linfonodi dell ascella (primo, secondo e terzo livello) La BIOPSIA DEL LINFONODO SENTINELLA. Questa procedura permette di asportare, nella stessa seduta operatoria o in un tempo precedente, il primo linfonodo di drenaggio dell area mammaria sede della neoplasia primaria. La tecnica del linfonodo sentinella prevede l iniezione nel sottocutaneo corrispondente al nodulo mammario di un isotopo radioattivo o di un colorante vitale, che si accumula poi nel linfonodo sentinella e che può essere rilevato o visivamente (nel caso del colorante) o mediante una sonda radioattiva specifica. Nel caso in cui nel linfonodo sentinella venga rilevata, all esame anatomo-patologico, la presenza di una metastasi (cioè di un deposito neoplastico superiore a 2 mm) è necessario procedere allo svuotamento completo dell ascella per l elevata probabilità che altri linfonodi contengano depositi metastatici. Nel caso in cui nel linfonodo sentinella non vengano rilevate cellule metastatiche o siano presenti solo isolate cellule neoplastiche (di dimensioni complessive comunque inferiore agli 0,2 mm-condizione classificata come pn0i+) non è ritenuto necessario procedere ad uno svuotamento ascellare completo. Nel caso in cui nel linfonodo siano presenti depositi metastatici di dimensioni comprese fra 0,2 e 2 mm (definita micrometastasi e classificata come pn1mic) le linee guida propongono ancora lo svuotamento ascellare ma è possibile, in casi selezionati, soprassedere a tale procedura. 13
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16 Nel caso venga eseguita una mastectomia radicale o sottocutanea è possibile adottare procedure ricostruttive, che possono essere attuate nella stessa seduta chirurgica o in modo differito. Il trattamento plastico, di norma affidato a chirurghi con specifica competenza, può prevedere modalità diverse: Posizionamento immediato di espansore e successiva sostituzione con protesi definitiva inserita al di sotto del piano muscolare Posizionamento diretto di protesi definitiva Ricostruzione mediante lembi chirurgici (lembo del grande dorsale, lembo retto mediale addominale, lembi peduncolati). Questo tipo di ricostruzione viene eseguita di norma in un tempo successivo, ed è adottata preferenzialmente nelle pazienti in cui è stata eseguita una radioterapia sulla parete toracica. RADIOTERAPIA La radioterapia deve sempre essere eseguita dopo interventi conservativi o in caso di interventi di mastectomia quando le dimensioni del tumore primitivo superano i 5 cm o quando sono presenti più di 3 linfonodi metastatici in ascella. La radioterapia viene eseguita di norma, nel caso di tumori infiltranti che richiedono un trattamento chemioterapico adiuvante, al termine del trattamento medico. Il trattamento prevede di norma la erogazione di 50 Gy in 25 frazioni (durata complessiva del trattamento 5 settimane), seguiti in casi particolari da un supplemento di altri 10 Gy. È considerata comunque efficace una radioterapia eseguita fino a 6 mesi dopo il trattamento chirurgico. La radioterapia viene erogata mediante fasci tangenziali sulla mammella operata o sulla parete toracica, utilizzando apparecchiature a raggi X il cui campo d azione è stabilito sulla base 15
17 CANCRO DEL SENO di una TAC (chiamata TAC RT-plan), che consente di sagomare adeguatamente il campo di irradiazione per evitare tossicità sui tessuti circostanti (polmone e cuore). Sono allo studio tecniche di irradiazione parziale (partial breast irradiation, intraoperative radiotherapy-iort o ELIOT) che mirano ad aumentare la dose di radioterapia sul letto tumorale, e a ridurre la durata del trattamento. CHEMIOTERAPIA I farmaci chemioterapici agiscono attraverso una inibizione del DNA, dei meccanismi di duplicazione cellulare o della sintesi proteica. Questo effetto è evidente su tutte le cellule in attiva proliferazione, senza distinzione fra cellule cancerose e cellule sane. Tale fenomeno è alla base degli effetti tossici del trattamento. I farmaci sono somministrati di regola per via endovenosa, secondo schemi di associazione consolidati. I trattamenti vengono somministrati in modo ciclico (più spesso ogni 3 settimane) per permettere il recupero dei fenomeni tossici su midollo osseo e mucose. L associazione più frequentemente utilizzata prevede la somministrazione di antracicline (doxorubicina o epirubicina), ciclofosfamide, e fluorouracile (schema FAC o FEC). I taxani (paclitaxel o docetaxel) vengono a volte somministrati in sequenza dopo FEC o altro schema contenente antracicline. Un altro schema oggi utilizzato meno frequentemente, perché ritenuto di minore efficacia, è il CMF (ciclofosfamide, metotrexate, fluorouracile). La chemioterapia adiuvante viene somministrata per circa 6 mesi (corrispondenti a 6/8 cicli di trattamento). Gli effetti collaterali della chemioterapia variano in rapporto al tipo di farmaco impiegato. Le antracicline causano spesso nausea e vomito nelle prime 24/48 ore, mu- 16
18 cosite dopo 7/10 giorni, leucopenia con neutropenia dopo 10/14 giorni. In corso di neutropenia aumenta il rischio infettivo, ed è opportuna una profilassi antibiotica ed antimicotica. In condizioni di neutropenia particolarmente severa (neutrofili < 500/mL) può essere indicato somministrare per alcuni giorni un fattore di crescita granulocitario. La tossicità tipica dei taxani è rappresentata da neuropatia periferica (dose-dipendente) e da reazioni allergiche (nel periodo di infusione). La alopecia è un evento quasi costante dopo antracicline e/o taxani. Compare dopo circa 2 settimane dalla prima somministrazione ed è reversibile dopo il completamento della chemioterapia. ORMONOTERAPIA I carcinomi mammari che presentano all indagine immunoistochimica, positività per i recettori estrogenici e/o progestinici (> 10%) sono considerati ormonosensibili. In questi tumori è possibile utilizzare a scopo adiuvante o neoadiuvante farmaci che inibiscono l azione degli estrogeni sulle cellule neoplastiche. Ciò può essere realizzato impedendo la sintesi degli estrogeni (mediante LH-RH analoghi nella donna in età fertile o mediante inibitori delle aromatasi dopo la menopausa) oppure impedendo il legame degli estrogeni con i recettori presenti nella cellula neoplastica (tamoxifene e toremifene, chiamati SERM-selective estrogen receptor modulator, e fulvestrant, o SERD- selective estrogen receptor down regulator). Il raloxifene, analogo al tamoxifene, registrato per il trattamento della osteoporosi post menopausale non è indicato per la terapia adiuvante del tumore mammario. Il trattamento ormonale viene di norma somministrato per 5 anni. Nelle donne a rischio più elevato può essere proseguito anche oltre i 5 anni. Gli effetti collaterali del trattamento ormonale sono molteplici e comprendono soprattutto la induzione di 17
19 CANCRO DEL SENO sintomi climaterici (vampate di calore, sudorazioni, alterazioni vaginali e della libido, irritabilità, ecc.). Il tamoxifene in particolare determina un aumento del rischio tromboembolico e del rischio di sviluppare tumori uterini (per l effetto agonista sviluppato in quest organo) pari a circa lo 0,02% annuo. È opportuna una adeguata prevenzione mediante adozione di un corretto stile di vita (attività fisica, abolizione del fumo e dell alcol, dieta ricca di frutta e verdura) e la esecuzione di un controllo ginecologico annuale o in caso di sanguinamenti vaginali anomali. Gli inibitori delle aromatasi (anastrozolo, letrozolo, examestane) invece provocano principalmente dolori muscolari ed articolari, riduzione della massa ossea con possibile sviluppo di osteoporosi ed aumentato rischio di fratture. È consigliabile associare supplementi di vitamina D3 e calcio, e di eseguire, all inizio del trattamento e dopo il primo anno, un controllo della densitometria ossea. TERAPIA BIOLOGICA O TARGET THERAPY Quando le cellule neoplastiche presentano un elevata concentrazione di membrana del recettore per HER2, è possibile utilizzare un anticorpo monoclonale (trastuzumab) in grado di bloccare in modo specifico tale recettore e di indurre la morte della cellula neoplastica. Questo trattamento ha scarsi effetti sulle cellule sane, che presentano di norma una bassa espressione del recettore HER2. Il recettore HER2 può essere bloccato anche a livello intracellulare, mediante le cosiddette piccole molecole, come il lapatinib. Questo farmaco blocca anche l attività intracictoplasmatica del recettore HER1 (o EGFR), realizzando quindi una azione multitarget. Il lapatinib, di prossima introduzione in commercio, viene somministrato per os, e presenta tossicità prevalente cutanea ed intestinale. 18
20 Una altra modalità recente di attuare una terapia target è rappresentata dall uso di anticorpi monoclonali in grado di bloccare la neoangiogenesi tumorale, rappresentati in particolare dal bevacizumab (anticorpo anti-vegf). Il Trastuzumab in fase adiuvante, sia se utilizzato dopo la chemioterapia che in associazione con i taxani) ha dimostrato di ridurre il rischio di ripresa di malattia di oltre il 50% e di ridurre la mortalità specifica. Il trastuzumab viene somministrato per via endovenosa a cadenza settimanale o trisettimanale, per un anno. Il trattamento è di regola ben tollerato e non presenta gli effetti collaterali comunemente osservati con la chemioterapia. Una tossicità specifica è tuttavia rappresentata da eventi cardiaci, preferenzialmente sotto forma di scompenso congestizio. Tale fenomeno è stato osservato comunque in meno del 5% dei casi, ma richiede un adeguata attenzione alle manifestazioni precoci (dispnea, edemi periferici), ed un monitoraggio ecocardiografico per la valutazione della frazione di eiezione. Sono allo studio somministrazioni di minore durata, per cercare di ridurre al minimo i rischi cardiaci. 19
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22 Intermedia editore Via Malta 12/B, Brescia Tel fax Questa pubblicazione è resa possibile grazie ad un educational grant di COM Centro Oncologico Modenese SERVIZIO SANITARIO REGIONALE EMILIA-ROMAGNA Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena Dipartimento di Cure Primarie Distretti di Modena e Castelfranco E.
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