Le emorragie digestive superiori non varicose

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1 e emorragie digestive superiori non varicose e evidenze scientifiche degli ultimi anni hanno fornito un quadro abbastanza chiaro di quale sia il percorso gestionale ottimale del paziente con emorragia digestiva non varicosa. Endoscopia precoce, trattamento aggressivo delle lesioni ad alto rischio (endoscopico e farmacologico) ed attenta valutazione dello stato clinico generale del paziente sono i cardini essenziali per garantire esiti clinici favorevoli. Il risanguinamento è un evento sempre meno frequente e la mortalità residua è determinata essenzialmente da fattori clinici di compromissione sistemica. Introduzione Negli ultimi 4 anni numerosi ed importanti studi hanno contribuito all avanzamento ed alla sistematizzazione delle conoscenze disponibili in tema di gestione ottimale del paziente con emorragia digestiva alta (EDA) non varicosa. Proprio la recente pubblicazione di revisioni sistematiche e meta-analisi su questa tematica ci ha indotto a considerare un arco temporale più esteso per questa revisione, che consenta di fornire al lettore una sintesi abbastanza chiara su quello che è oggi considerato lo standard di cura del paziente emorragico. a International Consensus Conference di Vienna (1), che ha riunito i massimi esperti al mondo su questo tema ed alla quale il nostro gruppo ha avuto l onore di partecipare, rappresenta la summa delle attuali conoscenze e fornisce linee-guida e raccomandazioni cliniche aggiornate che sono già state adottate ufficialmente dalle più prestigiose società scientifiche mondiali a riconoscimento dell importanza di questo sforzo collaborativo multinazionale. ivio Cipolletta Gianluca Rotondano Maria Antonia Bianco R U.O.C. di Gastroenterologia Ospedale Maresca AS NA3sud di Torre del Greco (NA) Epidemiologia e stratificazione del rischio Sebbene in decremento, la malattia ulcerosa peptica rappresenta ancora la causa più frequente ed importante di EDA non varicosa, almeno in Europa, attestandosi intorno al 50-60% dei casi (2). I fattori di rischio principali per emorragia da ulcera restano la infezione da H. pylori, in circa la metà dei casi, e l uso di FANS, in costante aumento e non bilanciato da adeguate strategie di gastroprotezione (2). Un recente studio prospettico italiano ha dimostrato che, rispetto a 20 anni fa, vi è una generale riduzione di incidenza delle emorragie digestive ed in particolare una diminuzione di circa il 41% delle emorragie da ulcera, ma solo nei soggetti di età inferiore a 70 anni (3). attuale spaccato epidemiologico dei pazienti con EDA non varicosa fotografa una popolazione di pazienti significativamente più anziani (età media 69 anni) e con notevole incremento di patologie associate e sanguinamenti insorti nel corso delle degenza, verosimilmente correlati all aumentato uso di FANS e di farmaci anticoagulanti (3). A dispetto di questo Giorn Ital End Dig 2010;33:

2 180 ivio Cipolletta et al > e emorragie digestive superiori non varicose peggioramento qualitativo delle condizioni cliniche, si è registrata negli anni una significativa diminuzione del risanguinamento, sceso intorno al 7-8%, e della necessità di chirurgia, ormai stabilmente inferiore al 2%, a testimonianza della efficacia delle tecniche di emostasi endoscopica. a mortalità globale per EDA non varicosa, dimezzatasi negli ultimi anni ad un 3.5-6% (3,4), permane ancora significativamente elevata nei pazienti che presentano emorragia durante la degenza (in hospital bleeding) (11% vs. 3.5% negli outpatients, p=0.001) (4). Questi risultati in termini di esiti clinici rilevanti sono stati confermati da due studi prospettici multicentrici condotti in Italia nell ambito del Progetto Nazionale Emorragie Digestive (PNED) (5,6). Dall analisi dei dati relativi a pazienti con EDA non varicosa, la mortalità globale a 30 giorni è risultata del 4.7%. Essa dipende in larga misura da patologie concomitanti spesso al di fuori del nostro pieno controllo, indipendentemente da qualunque intervento endoscopico efficace. Non a caso, infatti, l emorragia è risultata essere evento determinante l exitus in meno del 20% dei casi di decesso anche nella casistica del gruppo di Hong Kong che, analizzando l outcome di oltre pazienti con EDA da ulcera peptica, ha riscontrato una mortalità globale del 6.2% ed una mortalità specifica per causa non emorragica dell 80%. età media dei morti per causa non emorragica era significativamente più elevata rispetto ai morti per emorragia (75.4 vs anni, p=0.01) (7). a presenza di malattia neoplastica, di insufficienza multiorgano o di patologia cardio-respiratoria cronica rappresentavano le più importanti cause di morte non emorragica. Non sorprende, peraltro, che queste cause di morte siano esattamente le stesse registrate nei due studi PNED 1 (5) e PNED 2 (6), a testimonianza di una sostanziale uniformità prognostica, che rafforza ancora di più il concetto di gestione clinica globale che sia focalizzata sulla riduzione del rischio di morte sistemica piuttosto che sul tecnicismo della emostasi endoscopica. Come confermato nelle più recenti raccomandazioni internazionali (1), l uso di sistemi prognostici è utile per stratificare il paziente in basso ed alto rischio di risanguinamento e di morte. Questi modelli predittivi composti da variabili cliniche ed endoscopiche hanno l obiettivo di guidare la gestione clinica e soprattutto l appropriato impiego delle risorse (8). Quanto prima viene eseguita l endoscopia, tanto più precoce è il triage del paziente e la conseguente decisione clinica sul tipo ed entità di cura. esecuzione precoce dell esame endoscopico, entro ore, è considerata una componente essenziale in un percorso gestionale di qualità (alla stregua della trombolisi precoce per l infarto del miocardio) ed è raccomandata quale strumento per migliorare l outcome clinico ed economico nel paziente con EDA non varicosa, a qualunque classe di rischio appartenga (1,8-10). Ma servirebbe farla ancora più precocemente? Una recente revisione sistematica ha puntualizzato che mentre l endoscopia entro le 24 ore ha documentati benefici clinici e consente la valutazione del rischio per una ridotta degenza ospedaliera, l esame endoscopico entro le prime 12 ore non ha benefici documentati, non riduce il risanguinamento nè migliora la sopravvivenza e potrebbe inoltre comportare un uso non necessario dell emostasi endoscopica (11). I fattori predittivi di risanguinamento sono usualmente correlati alla severità del sanguinamento ed alle caratteristiche della lesione (sede e dimensioni dell ulcera e presenza di stigmate ad alto rischio). Una revisione sistematica di 10 studi sui fattori predittivi di recidiva emorragica dopo emostasi endoscopica ha documentato un tasso globale di risanguinamento del 16.4% (14). Unico predittore clinico indipendente è risultata la instabilità emodinamica (OR 2.75 [ ]). Predittori endoscopici sono, invece, risultati l emorragia attiva alla endoscopia [OR 1.93, [ ]) e la dimensione dell ulcera >20 mm (OR 2.01 [ ]) (12). Secondo gli autori, questi elementi predittivi potrebbero essere utilizzati nel selezionare i pazienti ad alto rischio di recidiva da allocare a livelli complessi di cura (terapia intensiva e second-look programmato). I fattori predittivi di mortalità sono essenzialmente correlati alle condizioni cliniche del paziente (età avanzata, instabilità emodinamica, comorbidità, necessità trasfusionale, anemia acuta, etc) (tabella 1). Due importanti studi hanno analizzato i fattori predittivi di mortalità in pazienti con emorragia non varicosa. Il primo, prospettico multicentrico condotto in 21 centri italiani (5), ha individuato 10 fattori indipendenti di rischio di morte che sono stati utilizzati per realizzare lo score italiano PNED (tabella 2) che va da un minimo di 0 quando il paziente non presenta nessuno dei dieci fattori di rischio indicati fino ad un massimo di 24 per la contemporanea presenza di tutti i fattori di rischio. I valori di cut off tra basso rischio ed alto rischio sono risultati rispettivamente uno score < 4 (mortalità < 5%) ed uno score > 9 (mortalità del 33%) (5). o score italiano PNED è stato successivamente validato su un secondo campione indipendente, dimostrando di essere robusto e significativamente più accurato in termini predittivi rispetto allo score di Rockall (AUC 0.81 vs. 0.66, p=0.001) (figura 1). In particolare, la capacità predittiva dello score PNED rimane invariata anche utilizzando le sole variabili cliniche pre-endoscopiche (AUC 0.79) (6). Il secondo studio, monocentrico, ha valutato i fattori predittivi di mortalità dopo emostasi endoscopica (13). Su 221 casi di morte intra-ospedaliera (7.1%), i predittori di mortalità sono risultati l età avanzata (oltre 70 anni), la presenza di almeno una comorbidità, la

3 tab. 1: fattori predittivi di risanguinamento e di morte nel paziente con emorragia non varicosa (5,12,13) Predittori di risanguinamento Dimensione dell ulcera >20 mm Predittori di mortalità Età avanzata (>65 anni) Presenza di stigmate ad alto rischio Condizioni generali scadenti (ASA 4-5) Sede dell ulcera (piccola curva, duodeno posteriore) Comorbidità Instabilità emodinamica Anemia acuta (Hb < 7 g/d) Necessità trasfusionale Ematemesi rosso vivo Sepsi ASA: American Society for Anesthesiology; Hb: emoglobina tab. 2: score PNED per il rischio di morte nel paziente emorragico (5,6) Score F a tt o r i d i r is c h i o ASA 3 Tempo tra emorragia e ricovero < 8 ore Emoglobina 7 g/d Età 80 anni Insufficienza renale Risanguinamento ASA 4 Neoplasia Cirrosi Fallimento emostasi endoscopica fig. 1 confronto nella resa prognostica tra score PNED e score di Rockall (6) presentazione clinica con ematemesi, la instabilità emodinamica, l emorragia insorta nel corso della degenza ed il risanguinamento. e ulcere da H. pylori presentavano un minor rischio di morte. Gli stessi fattori prognostici di risanguinamento e morte sono stati confermati anche in una analisi di sottogruppo del RUGBE canadese nei pazienti con inhospital bleeding, in particolare la presenza di stigmate ad alto rischio (OR 3.86 [ ]). uso di PPI risultava essere un fattore protettivo rispetto al rischio di risanguinamento (OR 0.20 [ ]), così come la presenza di un sanguinamento a basso livello di intensità clinica condizionava un ridotto rischio di morte (OR 0.20 [ ]) (4). Giorn Ital End Dig 2010;33:

4 182 ivio Cipolletta et al > e emorragie digestive superiori non varicose Trattamento Il management ottimale del paziente emorragico prevede misure terapeutiche rapide ed adeguate per correggere l instabilità emodinamica e ridurre il rischio di risanguinamento. a somministrazione di PPI endovena prima dell esame endoscopico si è dimostrata in grado di ridurre la frequenza di lesioni attivamente sanguinanti alla endoscopia (6.4% vs. 14.7%, p=0.01), la necessità di trattamento endoscopico (19.1% vs. 28.4%, p=0.007) e la degenza ospedaliera (degenza < 3 giorni 49.3% vs. 60.5%, p=0.005), senza però differenze in termini di esiti clinicamente rilevanti (14). Ciononostante, in base al favorevole rapporto costo-efficacia rispetto al placebo (15,16), l uso dei PPI i.v. pre-endoscopia viene oggi raccomandato, a patto che ciò non ritardi la esecuzione della endoscopia (1,9). evidenza scientifica derivata da meta-analisi di trials clinici randomizzati documenta con chiarezza che l emostasi endoscopica comporta un vantaggio clinicamente rilevante solo nei pazienti ad alto rischio, cioè in coloro che alla endoscopia presentano emorragia in atto o vaso esposto alla base dell ulcera (17). Nei primi, il trattamento endoscopico riduce il rischio relativo di risanguinamento e chirurgia rispettivamente del 71% e 75% (RR 0.29 [ ], NNT 2 [2-2] ed RR 0.25, [ ], NNT 2 [2-3]), mentre nei secondi la riduzione del rischio è del 51% e 59% (RR 0.49, [ ], NNT 5 [4-6] ed RR 0.41, [ ], NNT 9 [7-19]) (17). Non si registrano vantaggi clinici significativi nei pazienti con coagulo adeso, probabilmente perché questa stigma non ha una definizione omogenea (contiene sia pazienti a basso che ad alto rischio) ed anche in relazione alla efficacia del trattamento adiuvante con PPI che stabilizzando il coagulo può in qualche modo far perdere dignità di rischio intrinseco contribuendo ad un minor rischio di risanguinamento. Quanto al tipo di trattamento endoscopico, una recente serie di meta-analisi su 41 studi per un totale di pazienti ad alto rischio ha confermato che l approccio endoscopico è significativamente superiore alla sola terapia farmacologica (inclusi i soli PPI) nel ridurre il rischio di risanguinamento (OR 0.56 [ ]) (18). o stesso studio sancisce con chiarezza che, sebbene ampiamente utilizzata, la terapia iniettiva da sola è inferiore alle altre metodiche di emostasi endoscopica, con un forte trend verso un aumento del rischio di risanguinamento se si utilizza una singola sostanza vs. 2 sostanze (OR 1.40 [ ]) (18). Mentre non vi è alcuna differenza in termini di efficacia tra le diverse metodiche di coagulazione termica (18), è stata dimostrato che la terapia meccanica con hemoclips è superiore alla terapia iniettiva in termini di maggiore emostasi definitiva (RR 1.14, [ ]) e minore risanguinamento (RR 0.49, [ ]), ma assolutamente pari alla terapia termica (19). Tale superiorità della emostasi meccanica sulla iniettiva è stata documentata anche in un altra meta-analisi in cui è stata calcolata una riduzione del rischio risanguinamento del 78% (RR 0.22, [ ], NNT 5 [4-9]) (17). Nella revisione sistematica canadese, invece, le clips sono risultate significativamente più efficaci della terapia termica nel ridurre il rischio di risanguinamento (OR 0.24 [ ]) (18). Nessuna differenza esiste tra le metodiche di emostasi in termini di mortalità, ulteriore conferma che l evento morte è indipendente dalla tipologia di emostasi endoscopica ed il paziente può morire anche dopo un efficace controllo del sanguinamento se non viene equilibrato nel suo insieme. a terapia combinata, cioè la esecuzione sequenziale di terapia iniettiva seguita da altra forma di endoterapia (iniettiva o termica o meccanica) è considerata il gold standard della emostasi in pazienti ad alto rischio. Una interessante meta-analisi italiana ha documentato che la terapia combinata è globalmente superiore alla monoterapia in termini di riduzione del risanguinamento (OR 0.59, [ ], p=0.0001) e necessità di chirurgia (OR 0.66, [ ], p= 0.03), ma il vantaggio della terapia combinata è sostanziale solo rispetto alla monoterapia iniettiva, mentre non vi è nessun vantaggio clinicamente rilevante quando essa venga confrontata con la sola terapia termica o meccanica (20). Questa importante conclusione dei ricercatori italiani è stata successivamente confermata dalla stessa meta-analisi canadese (18) che indica chiaramente come la terapia combinata iniettiva più termica non sia superiore alla sola termica (OR 0.79 [ ]) o alle sole clips (OR 0.82 [ ]) (2). Gestione post-trattamento endoscopico: prevenzione del risanguinamento Dopo il controllo endoscopico del sanguinamento, la somministrazione di PPI endovena ad alte dosi (bolo di 80 mg e poi 8 mg/h in infusione continua per 72 ore) è ormai raccomandata come standard di cura per ridurre risanguinamento e morte nei pazienti ad alto rischio al fine di migliorare sia gli outcomes clinici che quelli farmaco-economici. In questi pazienti, l uso sistematico dei PPI i.v. ad alte dosi rispetto al placebo comporta una riduzione del 60% del rischio di risanguinamento (OR 0.40, [ ]) con un NNT clinicamente rilevante (ogni 12 pazienti trattati con PPI si evita un episodio di recidiva emorragica) (17). Un recente trial multicentrico internazionale ha esaminato

5 il ruolo della terapia adiuvante post-emostasi con esomeprazolo (21). Rispetto al placebo, si è registrata una significativa riduzione del risanguinamento sia a 7 giorni (5.9% vs. 10.3%, p=0.01) che a 30 giorni (7.7% vs. 13.6, p=0.009), con soddisfacente rapporto di costoefficacia in un modello farmaco economico con orizzonte temporale di 30 giorni (22). Il second look endoscopico non è raccomandato di routine, ma solo in casi selezionati di fondato sospetto clinico di recidiva emorragica o in pazienti a rischio particolarmente elevato (1,9). In questi casi, il re-trattamento deve essere termico o meccanico e non con la sola emostasi iniettiva (23). Nell ottica di una corretta gestione globale dell evento emorragico tesa a ridurre l esito clinico più sfavorevole, cioè la morte del paziente, fondamentale appare il contributo del primo studio randomizzato condotto dal gruppo di Hong Kong in pazienti con EDA non varicosa da aspirina. a prosecuzione dell aspirina (che non viene sospesa ma associata alla terapia con PPI i.v. per 72 ore e poi per os) anche se aumenta il rischio di recidiva emorragica (10.3% vs. 5.4%, p=0.01), riduce significativamente il rischio di morte globale (1.3% vs. 12.9%, p=0.000) e quello di morte per eventi trombo- embolici (1.3% vs. 10.3%, p=0.000) (24). a portata di questi dati, se confermati ulteriormente, è davvero rilevante in quanto dimostra ancora una volta che il risanguinamento non è un fattore determinante per l exitus (esso può di solito essere controllato da una seconda procedura endoscopica, mentre un ictus o una trombosi certamente no!!). In pratica l evento avverso da evitare (dopo che il sanguinamento è avvenuto) è la morte del paziente e questa può essere evitata non sospendendo l aspirina, pur caricandosi il rischio di una recidiva emorragica. Nei pazienti con EDA non varicosa l Helicobacter va sempre ricercato (con istologia se possibile) ed eradicato se presente. e recenti raccomandazioni internazionali (1) ci ricordano che un test negativo nel setting acuto può essere fuorviante perché vi è un 40-50% di falsa negatività. Pertanto, si raccomanda di ripetere il test per Hp (urea breath test o test fecale) a distanza di tempo dall evento emorragico. Infine, un interessante report sulle strategie chirurgiche in caso di fallimento della emostasi endoscopica in due coorti di successive di 123 pazienti ( ) e 42 pazienti ( ) (25), dimostra che i pazienti che devono essere operati per fallita emostasi sono più spesso quelli con emorragia insorta in corso della degenza (42.9% vs 12.2%, p <0.005) ed a più ad alto rischio chirurgico per multiple comorbidità. In questi pazienti l approccio è virato nel tempo verso una chirurgia sempre più di minima per ottenere l emostasi (73.8% vs. 42.3%; p < 0.005). In definitiva, per garantire i massimi livelli di efficacia e sicurezza, il governo clinico del paziente con EDA non varicosa richiede un complesso mix di ingredienti composti da esperienza e competenza professionale dell endoscopista, unite ad un adeguato supporto strutturale e strumentale, sempre in un contesto multidisciplinare e nell ambito di specifici protocolli gestionali (4). a qualità e la tempestività delle cure, guidate dal corretto inquadramento clinico dei livelli individuali di rischio sono elementi cruciali per ottimizzare gli outcomes del paziente emorragico. Corrispondenza ivio Cipolletta Via San Domenico al Vomero, Napoli Tel Fax livio.cipolletta@alice.it Bibliografia 1. Barkun AN, Bardou M, Kuipers EJ et al; International Consensus Upper Gastrointestinal Bleeding Conference Group. Consensus recommendations for managing patients with nonvariceal upper gastrointestinal bleeding. Ann Intern Med 2010;152: van eerdam ME. 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