Parrocchia di S. Anselmo in Mantova Incontri al Conventino I TAPPA 3^UNITA L INCONTRO CON CRISTO APOSTOLO NON DA PARTE DI UOMINI (Gal 1,11-2,21)

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1 L INCONTRO CON CRISTO APOSTOLO NON DA PARTE DI UOMINI (Gal 1,11-2,21) Bibliografia ALETTI, J.-N., «Galates 1-2. Quelle fonction et quelle démonstration?», Bib. 86 (2005) PITTA, A., La lettera ai Galati. Introduzione, versione, commento (SOCr 9; Bologna 1997). 1. UNO SGUARDO AL PRESCRITTO E ALL ESORDIO 1. Il prescritto di Galati (vv. 1-5) Uno dei prescritti più originali; solo Rm 1,1-7 è più esteso. È l unico che conclude con una dossologia (v. 5). Il v. 6 segna il passaggio dalla forma epistolografica del prescritto all esordio nel quale vengono presentate le principali questioni della lettera. Nell epistolografia classica il prescritto includeva: (a) intestazione (titulatio), comprensiva di superscriptio (il mittente al nominativo; vv. 1-2a) e di adscriptio (il destinatario al dativo; v. 2b) e (b) saluti (salutatio; v. 3). Elementi originali rispetto al modello sono: v. 1b: le specificazioni dell apostolo e la formula kerygmatica. Paolo aggiunge al suo nome (non usa mai la forma giudaica Saulo) la qualifica di apostolo, come nelle altre lettere (ad esclusione di 1Ts 1,1; Fil 1,1; 2Ts 1,1). L accento cade però sulle origini dell apostolato paolino: Paolo è apostolo non per mezzo di uomini ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre. L apostolo esordisce con una correctio (non x ma y): questa figura retorica di natura antitetica è un tratto caratteristico di Galati e rivela una certa indole polemica della lettera. Secondo la maggior parte degli studiosi Paolo sta difendendo il proprio apostolato contro gli avversari giunti in Galazia. Se questo è vero, non lo si può stabilire a priori già dall incipit della lettera! Certo è che egli sta facendo la periautologia di sé: il resto della lettera illuminerà le ragioni per cui lo fa. v. 2a: l estensione dei comittenti. Soltanto Gal contiene tanti comittenti; nelle altre lettere vengono citati solo alcuni collaboratori: Silvano, Sostene e Timoteo. Il prescritto di Rm non include alcun comittente (come per quasi tutte le deutero- e tritopaoline). La menzione di tutti i fratelli può avere una funzione persuasiva: a una comunità divisa a motivo di una possibile apostasia (v. 6), viene nuovamente annunciato il vangelo, condiviso da tutti i fratelli. Colpisce l assenza di qualifiche dei destinatari: ciò contrasta con gli appellativi che Paolo utilizza per sé e con quelli che impiega per designare i destinatari di altre lettere. È il tono ufficiale di una lettera circolare (indirizzata a più chiese). v. 4: formula kerygmatica. Anche i saluti epistolari (v. 3) vengono amplificati (v. 4). Nonostante il contrasto con i Galati, Paolo non omette l augurio della charis e della eirênê, che come l apostolato paolino sorgono dall azione di Dio e di Gesù Cristo (citati in modo inverso rispetto al v. 1). Paolo sembra combinare il saluto alla greca (sostituendo chairein con charis) con quello semitico (eirênê corrisponderebbe a shalôm). Si tratta di una formula di saluto propriamente cristiana. 25

2 v. 5: dossologia conclusiva. Una simile dossologia si riscontra solo in Ap 1,4-6; essa trova la sua ragion d essere nell evento soteriologico ricordato al v. 4 e sostituisce i consueti ringraziamenti per le opere di Dio realizzate nella comunità: la situazione negativa in cui si trovano le comunità di Galazia lo preclude! Gal è l unica grande lettera di Paolo priva dei ringraziamenti. Ma questo non gli impedisce di lodare il Signore per la sua universale salvezza. Assieme al prescritto di Rm anche quello di Gal può definirsi kerygmatico, perché condensa molti elementi di carattere dottrinale. 2. L esordio o status causae (vv. 6-10) Esordio di biasimo: una captatio poco benevolente La funzione di un esordio retorico è d introdurre la tematica principale della comunicazione che si sta per formulare (cf. Aristotele, Rhet a). Il vangelo rappresenta sia la tematica sia la motivazione che spinge Paolo a scrivere la lettera. Si tratta di un esordio di biasimo: col v. 6 Paolo ottiene l attenzione ma non si premura di usare benevolenza e docilità, anzi redarguisce il suo interlocutore. L indole dell esordio di Gal è, per certi versi, contrario a quello di Fil (1,3-11). Paolo pronuncia un forte anatema contro i predicatori di un vangelo diverso dal suo (vv. 8-9). Il prescritto e l esordio si aprono con l affermazione dell apostolato paolino. Indole apologetica della lettera? La centralità del Vangelo (vv. 6-7) Nell esordio della lettera l Apostolo espone la situazione che ha dato origine al suo scritto. Ci sono alcuni che hanno accolto un vangelo diverso da quello che egli ha predicato, un vangelo diverso, che non è altro (cioè d altra natura da Dio!). Semplicemente (se non che) alcuni vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Attenzione alla traduzione: Paolo non dice che non c è altro vangelo e che quindi il vangelo è unico egli sta puntando il dito contro i Galati che si sono lasciati sedurre da un altro vangelo. In realtà ciò cui si sono rivolti non è altro che agitazione e allontanamento dal Vangelo. Si osservi l uso calcolato degli aggettivi. Prima Paolo usa heteros (v. 6): un altro della stessa specie (in senso quantitativo) ma in successione (ein weiteres Bier); poi usa allos (v. 7): un altro di natura totalmente diversa (da un punto di vista qualitativo: ein anderes / verschiedenes Bier; non una Beck s ma una Moretti!). Per Paolo i Galati si sono accontentati di un vangelo diverso; ma il Vangelo è altro come dirà poi, non è modellato sull uomo (v. 11), non viene come quello accolto dai Galati da gente che crea confusione. Paolo sta dicendo che ciò che i Galati credono essere il vangelo è in realtà tutt altra cosa rispetto al vangelo: è solo chiasso è un altro vangelo non il vangelo di Gesù Cristo (notare la forza dell articolo to al v. 7b)! Il vero Vangelo è altro, è diverso da quello dei Gal perché viene da Dio, diversamente da quello dei Gal che viene da uomini (agitatori). Bisogna quini escludere che i vv. 6-7 siano la propositio della lettera, siamo ancora all esordio 1! Al centro dell esordio non si trova la relazione di Paolo con gli avversari: egli non si rivolge a loro ma 1 Per diversi commentatori (Kennedy, Hall, Lambrecht) la prima sezione della lettera inizierebbe con una propositio in 1,6-7; essi vi vedono una dichiarazione riguardante l unicità del vangelo e traducono: Mi meraviglio che passiate così in fretta da colui che vi ha chiamato nella grazia a un altro vangelo. 7 Non ce n è un altro; ma alcuni vi agitano e vogliono.... Questa interpretazione non è sostenuta dal testo (v. 7) il quale non afferma che non c è un altro vangelo (e che quindi il vangelo è unico), ma che l altro vangelo verso il quale si sono rivolti i Galati non è nient altro che agitazione e allontanamento dal vangelo di Cristo. I vv. 6-7 parlano del vangelo dei Galati non di quello predicato da Paolo come potrebbe essere questa la propositio? Al centro dell argomentazione paolina ci sarà il suo vangelo non quello dei Galati. Non si può dunque attribuire un importanza eccessiva a questi versetti! 26

3 ai Galati! Ci si deve, pertanto, domandare se sia corretto catalogare il testo nell ambito dell oratoria apologetica, come molti fanno. A Paolo preme difendersi o annunciare nuovamente il Vangelo a gente che sembra averlo dimenticato? Riconquistare i Galati al vangelo: la costanza di Paolo a confronto con l incostanza dei Galati Ai vv Paolo stigmatizza l atteggiamento incostante dei Galati, che si sono lasciati abbindolare dai primi venuti. L apostolo contrappone il loro atteggiamento al suo che ha predicato con fermezza e perseveranza il medesimo vangelo senza variazioni. Quanto Paolo è stato costante nell annunciare il vangelo tanto i Galati sono stati incostanti! Si noti l uso di un argomentazione per assurdo (adynaton): se un angelo o Paolo stesso annunciasse un vangelo diverso sia anatema: il termine rende l ebraico ḥerem e designa i doni votivi (per il tempio; cf. Lc 21,5) destinati alla distruzione (Lv 27,28-29; Dt 7,26). Col tempo il termine acquista soprattutto valore negativo di separazione o maledizione rispetto al sacro. Al v. 10 ricompare l alternativa uomini Dio già emersa al v. 1: Paolo non si preoccupa di persuadere gli uomini, perché il suo ministero viene da Dio! Per Pitta (77-78) il versetto presenta uno zeugma (cf. 1Cor 3,2: vi ho dato da pere latte non un nutrimento solido ): il verbo si riferisce solo al primo accusativo (che senso avrebbe pensare che Paolo voglia persuadere Dio?). La traduzione CEI rende bene il senso complessivo del versetto. Quanto Paolo afferma qui non gli impedisce tuttavia di essere un maestro nell arte retorica della persuasione (cf. 2Cor 5,11!). Il senso profondo dell affermazione paolina è che egli non ha bisogno della legittimazione degli uomini anche se opera perché gli uomini accolgano il vangelo. Il suo apostolato (e il suo vangelo) viene da Dio e ha valore anche se gli uomini non lo riconoscono. Paolo si definisce schiavo di Cristo: è solo a lui che l Apostolo deve obbedienza (come i profeti VT.ari). Il titolo servo di Cristo sembra anticipare il paradigma profetico che verrà impiegato in Gal 1, La triplice ripetizione dell espressione un altro vangelo, un vangelo diverso da (vv ) lascia supporre che Paolo parlerà del contenuto del suo vangelo in contrapposizione a ciò che annunciano gli altri. Chi legge non può che porsi una domanda: cos è stato annunciato di diverso da quanto proposto per bocca di Paolo? È quanto enunciato ai vv (propositio della lettera) e svelato nel seguito della sezione (1,11-2,21). 3. Excursus: epistole o discorsi? Quale modello occorre considerare per leggere le lettere di Paolo, quello epistolare o quello retorico-discorsivo? Si tratta di lettere o di discorsi? La presenza del prescritto e del poscritto rimandano inequivocabilmente all epistolografia. In base alla codificazione antica (cf. Pseudo Demetrio) sembra che le lettere resistessero a una sistemazione retorica (dispositio): la loro forma compositiva era molto libera. La cornice (prescritto e poscritto) era relativamente fissa mentre il corpo della lettera era flessibile. Lo conferma lo stesso Quintiliano (Institutio Oratoria, IX 4,19-20), affermando che differente dev essere la disposizione delle parole del discorso (oratio) da quelle della lettera (epistula), a meno che non si tratti di un argomento che s innervi al di sopra del livello naturale della conversazione e della corrispondenza. Il retore latino sembra ammettere che a seconda della materia trattata in forza della flessibilità del modello epistolare possa esserci una commistione di generi: in una lettera che tratta determinati temi chi scrive può dunque avvalersi di modelli retorico discorsivi. Nelle sue lettere Paolo impiega dunque una tecnica combinatoria con cui intreccia il modello epistolare e quello retorico. Si tenga inoltre presente che Aristotele critica la strutturazione del discorso in quattro parti obbligatorie: prologo, narrazione, dimostrazione ed epilogo (Platone, Isocrate). Egli riduce a due le parti necessarie del discorso: la proposizione (prothasis / propositio) e la dimostrazione (pistis / 27

4 argumentatio), eventualmente incorniciate da prologo (esordio) ed epilogo (peroratio). La narrazione è esclusiva del discorso giudiziario (Rhetorica, 1414a.37-38)! A giudizio di Aristotele ciò che fa il discorso è la presenza di una tesi che viene dimostrata (Rhetorica, 1414a.13). Così anche Quintiliano (Institutio Oratoria, III,9,5). È ciò che troviamo in moltissimi testi paolini. 2. LA PROPOSITIO E LA SEZIONE NARRATIVA 1. La propositio (1,11-12) In forma concisa viene enunciato il tema di tutta la lettera e non solo di 1,13-2,21. Da questi versetti non sembra che a Paolo stia a cuore anzitutto il problema della circoncisione. Egli vede la crisi galata in termini più profondi. La sua tesi è di natura epidittica: Paolo vuol mostrare il valore del vangelo che i Galati minacciano di abbandonare nella forma in cui l hanno ricevuto da Paolo. Paolo si propone di annunciare di nuovo il vangelo come se i Galati non ne avessero mai sentito parlare. Gal è il primo testo di ri-evangelizzazione / nuova evangelizzazione (cf. figura etimologica al v. 11: il vangelo è stato evangelizzato)? Il vangelo di Paolo non è modellato sull uomo: non si riferisce a nessun apostolo. Si notino al v. 12 i verbi tipici della tradizione ecclesiale (ricevere e insegnare). C è conflitto con 1Cor 11,23; 15,3? In Gal Paolo non si riferisce ai contenuti del vangelo ma alla sua qualità: il fatto che il suo vangelo sia di origine divina non significa che le sue singole specificità escludano ogni mediazione umana. Per altro verso bisogna riconoscere che nessuno ha trasmesso a Paolo il suo vangelo per i gentili; questo sarebbe l aspetto inaudito del suo vangelo, come si comprenderà poi; questo è ciò che egli avrebbe ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo. L Apostolo si riferirebbe soprattutto ai destinatari del suo vangelo: il suo ministero di annuncio del vangelo ai gentili viene da Dio. Lo riaffermerà in 1,16 e 2,8. Per rivelazione di Gesù Cristo: genitivo ogg. o sogg.? 2. La sezione 1,13-2,21 I confini della sezione La sezione mostra una cesura tra 2,14 e 2,15: 1) Presenza dell asindeto; 2) Cambiamento di stile: da un indole narrativa a una più discorsiva (scompaiono gli attori sinora menzionati); 3) Inizia un nuovo tema: giustificazione; 4) Spaziatura nei manoscritti più antichi (?) Nella sottosezione 2,15-21 l oggetto del discorso cambia ma Paolo continua ad alludere all incidente di Antiochia; i vv sarebbero altrimenti incomprensibili, prescindendo dall atteggiamento controverso di Pietro. Egli aveva in un primo momento relativizzato le regole cultuali di separazione tra giudei e pagani, accettando di mangiare con dei non circoncisi, per poi ritornare sui suoi passi sotto le pressioni dei rappresentanti di Giacomo. 2,15-21 è una riflessione sull atteggiamento di Pietro ad Antiochia, occasione per affrontare il tema della mediazione salvifica di Cristo (2,17.21). Dopo aver stigmatizzato un comportamento, egli mostra le conseguenze negative per tutti. Con questi versetti termina la trattazione degli eventi concreti per mezzo dei quali Paolo mostra che il suo vangelo non è di origine umana ma viene da una rivelazione divina. Questo è l oggetto precipuo del nostro studio. 28

5 Lo sviluppo dell argomentazione in 1,13-2,14 Alla propositio (prothesis; vv ) seguono le prove (pisteis; 1,12-2,21) a partire dai fatti, elencati in ordine cronologico. Per individuare la forma del testo si tengano presenti l alternarsi dei personaggi e gli indizi spazio-temporali (ad es. la cong. hote o l avv. epeita). I fatti devono dimostrare che il vangelo di Paolo non è di origine umana ma rivelato da Dio: la posta in gioco non è anzitutto l autenticazione di Paolo ma del suo vangelo! 1) Prima e dopo l incontro con Cristo (vv ) (a) Paolo racconta anzitutto la sua condotta prima della conversione (vv ). Non parte come altrove dal suo genus (le sue origini) ma dalle sue opere e virtù: affermando di aver perseguitato la chiesa egli dimostra che un tempo aveva uno zelo per le tradizioni paterne superiore a tutti i suoi coetanei. Paolo seleziona ciò che ritiene utile al suo scopo non ci offre una biografia esaustiva. Ha accolto il vangelo non perché fosse di temperamento instabile o deluso dal giudaismo o non riuscisse a osservare la Legge. In altre parole: la sua conversione non è stata una fuga! Peraltro come poteva essere all origine del suo vangelo, se l ha accanitamente combattuto con cognizione di causa. (b) Paolo mostra quindi che solo un intervento divino può rendere ragione della sua conversione (vv ). Paolo non è andato a Gerusalemme per consultare gli apostoli o ricevere da loro il contenuto del suo Vangelo (per trasmettere ciò che loro gli avrebbero insegnato e detto di Gesù Cristo). L espressione-endiadi di matrice semitica carne e sangue al v. 17 designa l uomo nella sua naturalità. Si noti come l Apostolo rilegga la propria elezione sulla via di Damasco attraverso il modello della vocazione profetica. Geremia o Isaia? Cf. il grembo materno in Ger 1,5 (Ger 1,5-10) e il lessico distruggere edificare di Ger 1,10 e Gal 2,18. Forse più interessante il rapporto con la vocazione del Deuteroisaia (Is 49,1.6: il seno materno, la chiamata per i pagani ; Is 49,1-7). Si tenga presente anche Is 6,1-13 per la sequenza vocazione-missione. I vv ci obbligano ad abbandonare l idea che l incontro con Cristo abbia rappresentato una conversione per Paolo (egli non impiega mai il lessico della metanoia per riferirsi a quell esperienza): non ha alcun senso pensare nel I sec. a una conversione dal giudaismo al cristianesimo. Paolo resta un ebreo! La categoria che Paolo adotta per parlare della sua esperienza è quella di vocazione. Il contenuto della rivelazione divina è tuttavia radicalmente nuovo: Paolo deve annunciare (euangelizomai) il figlio di Dio ai pagani. Dio lo (il figlio) ha rivelato in lui cioè a lui ma anche in lui. La rivelazione personale sulla via di Damasco ha un portato interiore: da quell esperienza Cristo ha cominciato a essere presente in lui, tant è che Paolo arriva a dire Cristo vive in me (2,20). La rivelazione divina ha come fine l evangelizzazione dei gentili. Si tenga presente che la connessione tra rivelazione e missione ai gentili si riscontra come tema dominante anche nel triplice racconto lucano dei fatti di Damasco. L attenzione non va posta soltanto sul contenuto cristologico della rivelazione paolina: anche la missione ai pagani fa parte del contenuto della rivelazione è il vangelo che Paolo ha ricevuto per mezzo di Gesù Cristo. Ancora non si dice nulla circa l abrogazione della Legge. A Paolo Cristo non rivela l abrogazione della Legge in vista della missione ai gentili ma, al contrario, la missione ai gentili e semmai l abrogazione della Legge. 2) L incontro con gli Apostoli nella prima salita a Gerusalemme (vv ) Paolo minimizza questo incontro a Gerusalemme: è rimasto là solo pochi giorni (che formazione si può ricevere in 15 giorni!), ha incontrato solo due degli Apostoli e non menziona che questi abbiano in alcun modo confermato la sua vocazione (Paolo non ne ha bisogno?). 29

6 Tre anni dopo: Paolo sottolinea la maggiore durata di tempo possibile prima della sua visita a Gerusalemme. Questi tre anni contrastano con i 15 giorni della sua permanenza gerosolimitana. Il verbo historesai (tradotto con visitare) è hapax nel NT e nel greco extrabiblico indica inchiesta, ricerca, approfondimento. Paolo visita Cefa per consultarlo ma le motivazioni restano ignote 2. Il giuramento del v. 20 rivela il timore di Paolo di essere frainteso a proposito dell incontro con Pietro e Giacomo: la sua salita a Gerusalemme può lasciare spazio a fraintendimenti circa la sua autorità apostolica e la consistenza del suo vangelo. Paolo ha incontrato i due ma si è trattato d incontri informali e privati. 3) La permanenza in Siria e Cilicia (1,21-24) Paolo si attarda maggiormente a descrivere i 15 giorni della prima visita a Gerusalemme che questi 14 anni! Paolo è rimasto in altre regioni prima di risalire a Gerusalemme. Anche nella biografia di Atti l Apostolo, dopo la permanenza a Gerusalemme, fa ritorno a Tarso (At 9,30). Si noti, tuttavia, che Luca mostra una relazione approfondita tra Paolo e la chiesa gerosolimitana, al punto che può liberamente evangelizzare (At 9,26-30). In Gal 1,22 si dice che le chiese della Giudea non lo conoscono neppure! Paolo e Luca hanno prospettive narrative diverse: se all evangelista preme sottolineare il pacifico inserimento dell Apostolo nella chiesa di Gerusalemme, all altro preme l autonomia del proprio vangelo e del proprio apostolato. Entrambe le narrazioni sono storiche ma da punti di vista diversi. La permanenza di Paolo in Siria confermerebbe l idea che Antiochia sia stata la comunità cristiana di appartenenza di Paolo (cf. At 13,1-3). E la Cilicia potrebbe confermare il dato di Atti circa la provenienza di Paolo (nato a Tarso di Cilicia, capoluogo della regione). Neppure le chiese della Giudea furono responsabili del suo incontro con Cristo. Si noti l espressione chiese della Giudea che sono in Cristo : la chiesa può essere definita di Dio in quanto è in Cristo. La preposizione en indica appartenenza; l espressione essere in Cristo, assai ricorrente nell epistolario paolino, anticipa in qualche modo il termine christianos sconosciuto a Paolo. 4) La seconda salita a Gerusalemme (2,1-10) Paolo enfatizza il lungo tempo (14 anni) trascorso dalla prima alla seconda permanenza a Gerusalemme (2,1-10): Paolo ribadisce la propria indipendenza dagli Apostoli. Allo stesso tempo afferma che un incontro ufficiale c è stato e il suo annuncio (autonomamente maturato) è stato riconosciuto anche dagli altri. Non si è però trattato di una convocazione, né di una libera iniziativa ma di una rivelazione: l iniziativa è ancora di Dio. Questa è la tesi che Paolo si prefigge di dimostrare con tutte queste prove. Il termine apokalypsis (rivelazione) è già comparso in Gal 1, Ricorrendo alla categorie lucane questa rivelazione può essere confrontabile con quella del Macedone che, apparendo di notte, invita Paolo a passare in Macedonia (At 16,9-10). Lo scopo di questa salita consiste nell esposizione della sua strategia missionaria presso i gentili. Ciò non significa che Paolo si sia sottoposto al loro giudizio: la verità del vangelo prescinde dal giudizio dei notabili (cf. 2,5.14). Da quanto affermato si capisce che Paolo si è voluto confrontare in privato (in un contesto non vincolante) in merito alla prassi di non circoncidere i convertiti dal 2 Per alcuni (Murphy O Connor) Paolo va a Gerusalemme per visitare / consultare / informarsi (historesai) da Pietro: è da lui che gli sarebbero pervenute le informazioni di cui parla in 1Cor 11,23-26; 15,3-8. Fino ad allora aveva avuto solo informazioni di seconda mano. Pietro era discepolo della prima ora e già da sette anni predicava il Vangelo: a Gerusalemme Paolo può conoscere Gesù da uno che l ha conosciuto personalmente. 30

7 paganesimo. Interessante l impiego della metafora della corsa: Paolo non teme la salita a Gerusalemme ma la possibilità di vanificare la sua corsa. Affermando che i notabili di Gerusalemme non imposero a Tito la circoncisione, Paolo vuol sottolineare come essi abbiano riconosciuto che la circoncisione non è un fattore discriminante per l accoglienza del vangelo. Ora si capisce perché l Apostolo (diversamente dal racconto lucano) abbia insistito sulla presenza di Tito (che mai compare negli Atti! Cf. 2Cor 8, ): egli svolge una funzione esemplare rispetto ai destinatari della lettera. Il criterio per cui egli non è stato circonciso vale per tutti gli etnico-cristiani. Diversa la prassi adottata con Timoteo in At 16,3: egli è tuttavia di madre giudea! A tale atteggiamento liberale si contrappone la prassi di Pietro ad Antiochia che vorrebbe costringere i gentili a vivere da giudei (2,14) e implicitamente quella di coloro che al presente vorrebbero costringere i Galati alla circoncisione (6,12). Dai vv. 4-5 si può capire che alcuni falsi fratelli hanno contestato la prassi paolina. Paolo non si riferirebbe a vicende presenti nel contesto dell assemblea di Gerusalemme. Si tratta di fratelli, ossia cristiani, infiltratisi presso la comunità ove Paolo si trova (Antiochia?) per spiare la libertà di questa comunità. Si noti il ricorso a un lessico politico. I versetti 4-5 sono pertanto analettici (si riferiscono a una situazione precedente all assemblea; la stessa di At 15,1-2?) e riportano la motivazione per cui Paolo è salito a Gerusalemme da Antiochia. A causa di questi fratelli è stato necessario salire a Gerusalemme per ricevere garanzie in vista dell evangelizzazione dei gentili. Paolo e Barnaba salgono in seguito a una rivelazione ma c è anche un problema da risolvere!? Ciò cui Paolo allude con il termine rivelazione sembra avere un carattere ecclesiale e non strettamente personale. Il passaggio dall aoristo (passato) al presente e dal noi al voi rendono questi versetti non solo analettici ma anche metalettici (cf. 1Sam 12,1-7): non si riferiscono solo alla situazione di Antiochia ma implicitamente anche ai destinatari della lettera (voi, i Galati). La libertà e la verità difese allora dinanzi ai falsi fratelli sono le stesse che Paolo difende al presente a vantaggio dei Galati. Ma se Paolo non ha retrocesso dalla sua posizione, i Galati sembrano meno perseveranti. Ai vv Paolo si sofferma sulle scelte prese da alcuni dei notabili all assemblea di Gerusalemme nei confronti della missione paolina verso i gentili. Paolo sottolinea l accordo solenne con costoro: Pietro e Paolo sono presentati come rappresentanti di due apostolati diversi, per i gentili, quello di Paolo, e per i giudei, quello di Pietro. Si riconosce che Paolo ha ricevuto da Dio il vangelo dell incirconcisione, come Pietro quello della circoncisione (si noti l uso di metonimie: l astratto per il concreto). Più che l accordo, importa il riconoscimento del contenuto del vangelo come voluto da Dio (un vangelo in cui la circoncisione non è essenziale per essere pienamente cristiano; cf. v. 9). Si noti che nel rituale di ratifica dell accordo Giacomo è citato prima di Cefa; segno della sua crescente importanza nella comunità di Gerusalemme (cf. At 12,17 e 15,13). Interessante anche la metafora dell edificio: la chiesa è come un edificio di cui gli apostoli sono le colonne (forse per questo Paolo usa il termine Kefas, pietra). Nel v. 10 si menziona le raccomandazioni rivolte a Paolo in vista della colletta Se si escludono intenti apologetici, appare come la biografia di Paolo assuma una funzione importante in vista dell imitazione che l Apostolo si propone di suscitare nei destinatari della lettera (si capisce pertanto la presenza di metalessi narrative!). Il periodare di Paolo diventa sempre più convulso (presenza di anacoluti): egli si sente coinvolto in ciò che racconta e invita il suo lettore a lasciarsi coinvolgere: il lettore è interpellato e invitato a prendere una posizione a favore della libertà del vangelo (per i Galati come per ogni destinatario della lettera). 5) L incidente di Antiochia (2,11-14) 31

8 Paolo mostra che in una determinata circostanza non ha esitato a redarguire Pietro stesso (vv. 2,11-14): è la prova che il suo vangelo non è modellato sull uomo; a Paolo preme la verità del vangelo, una verità che è obbligante per ogni discepolo, anche per Pietro! Paolo non sta difendendo il proprio apostolato ma afferma la sua fedeltà al vangelo e la natura divina del vangelo. Il racconto è sfocato: sembra che Paolo voglia raccontare solo ciò che gli serve per confermare la sua tesi senza indugiare sui particolari. Egli propone una synkrisis tra sé e Pietro. Questa synkrisis non ha per oggetto l apostolato paolino ma la verità del vangelo. Gli esempi negativi di Pietro e di Barnaba mostrano come sia facile abbandonare il vangelo. Paolo al contrario non si è lasciato sviare e non ha distorto la portata del vangelo. Lo prova il fatto che non ha esitato a scontrarsi persino con Pietro! Alla comunione tra Paolo, Barnaba e le colonne si contrappone la crisi delle relazioni ad Antiochia. La connessione tematica tra i due episodi è la verità del vangelo (2,5.14): prima si era trattato della circoncisione, ora della comunione di mensa tra giudei e gentili. La comune problematica è la Legge giudaica. Nessuno nel giudaismo vietava la comunione di mensa con i gentili, a condizione che si rispettassero le leggi giudaiche sull alimentazione, garanzia dell identità etnica e religiosa d Israele. In contesti di comunità miste la situazione si presentava complessa. In questo periodo tra gli stranieri avvicinatisi a Israele si distinguono: proseliti (coloro che hanno aderito anche mediante la circoncisione), stranieri timorati (simpatizzanti). I pagani di Antiochia erano forse timorati da cui gli emissari di Gerusalemme pretendevano la circoncisione. Pietro ha paura di quelli della circoncisione e si sottrae alla mensa; è forse guidato da una preoccupazione ecclesiale? Vuole evitare spaccature nella comunità dovute ad un comportamento giudicato troppo liberale dagli emissari di Antiochia? É per questo che anche gli altri giudei e Barnaba lo seguono? Paolo non legge il medesimo avvenimento nell ottica dell unità ecclesiale ma in rapporto alla verità del vangelo, secondo una prospettiva kerygmatica. A giudizio di Paolo la contraddizione di Pietro sta nell essere tornato a una forma rigorosa di giudaismo che pregiudica i rapporti con i gentili. Dietro il quadro dell incidente di Antiochia si trova la situazione delle comunità di Galazia. L incidente di Antiochia si chiude con il silenzio: Paolo non dice nulla sulle reazioni di Pietro e Barnaba il vero sconfitto fu Paolo! Ma dalla prospettiva retorica che Paolo sta assumendo questa sconfitta gioca a suo favore, dimostrando la sua fedeltà al vangelo. La mimesi paolina (2,15-21) Si passa dalla narrazione al discorso; questa sezione discorsiva ha la funzione di spiegare il senso della precedente autobiografia. Avendo provato l autorità del suo vangelo, Paolo può ora darne un contenuto più esplicito, soprattutto in merito alle conseguenze che ne derivano (2,15-21). Questa unità assume un ruolo analettico rispetto a quanto precede (riflette sulle vicende di Antiochia) e prolettico rispetto alle argomentazioni seguenti, introducendo il tema della giustificazione, centrale nel resto della lettera. L incidente di Antiochia è il trampolino di lancio per l argomentazione successiva. 3. Alcune considerazioni preliminari Biografia contro autobiografia? L attendibilità storica del racconto La maggior parte degli studi su questa sezione è di natura storica: si verificano le corrispondenze con Atti. Noi vogliamo anzitutto verificare la connessione con la propositio di 1,11-12 e riconoscere la funzione persuasiva (retorica) di questa prima grande sezione della lettera. Qui non si fa diegesi ma si portano prove; non è un vero racconto, perché non c è una trama. I dati biografici non gli 32

9 servono per raccontare la propria vita; sono una dimostrazione a favore della sua tesi: il suo Vangelo è diverso perché viene da Dio. Si tenga tuttavia presente che, da un punto di vista storico, non si può concludere che, perché ci troviamo davanti a materiale autobiografico, esso sia di per sé più attendibile di quello biografico contenuto in Atti. Da un punto di vista storiografico i canoni dell autobiografia (Gal) non erano diversi da quelli della biografia (Atti). Secondo la concezione classica della storia il discorso vale sia per Atti sia per la sezione narrativo-biografica che stiamo considerando l intenzione fondamentale che deve guidare lo storico abtico non consiste semplicemente nel dire il vero ma nell orientare in modo persuasivo e pedagogico i destinatari. La storia in senso classico è più vicina alla poetica che alla cronaca! Non possiamo quindi porci dinanzi agli eventi narrati in questa sezione soltanto con uno sguardo storico (cronachistico); occorre che comprendiamo la funzione del testo e le sue finalità persuasive. Paolo sceglie alcuni eventi autobiografici: occorre pertanto tenere presente la relazione tra racconto e intenzione del racconto. Genere retorico Da un punto di vista metodologico l individuazione del genere letterario è possibile solo dopo aver studiato la dispositio e l elocutio e soprattutto dopo aver individuato la propositio, cioè una volta compreso il tipo di scopo persuasivo che l autore si è prefisso. L individuazione del genere letterario risulta dunque l ultima delle operazioni del critico retorico 1) Per molti studiosi (cf. Betz) siamo nel campo della retorica forense (si racconta per difendere o accusare); Gal 1,13-2,21 (che per tali esegeti costituirebbe la narratio) non ha nulla a che vedere con Gal 3,1-6,10: non vengono presentati fatti per dimostrarne in seguito l attendibilità. 2) Per altri (cf. Kennedy) si tratterebbe di una narrazione deliberativa (si persuade a compiere o evitare una determinata opzione): Paolo parla ai Galati per convincerli a non farsi circoncidere. Il tema emerge (cf. 2,3) ma non può essere l oggetto precipuo dell attenzione di Paolo, tant è che in non viene neppure menzionato e l opzione da scegliere viene enunciata solo in 5,2; 6, Se l oggetto dell argomentazione è questo, perché rimandarne alla fine l enunciazione? 3) Per altri ancora (cf. Pitta) saremmo nel campo della retorica epidittica (si elogia o si biasima qualcuno per educare ad amare la virtù ed evitare i vizi). Nella nostra sezione Paolo fa l elogio di sé con finalità dimostrative: egli vuol mostrare la verità del suo vangelo. Dinanzi ai Galati che abbandonano la grazia divina, allontanandosi dal vangelo paolino (5,4), l Apostolo si presenta come modello di adesione alla grazia elettiva (1,15; 2,21), contenuta nel suo vangelo. Paolo non s interessa anzitutto delle questioni inerenti la circoncisione o la non circoncisione ma del problema più generale per cui i Galati dimostrano di non aver ancora accolto la portata del vangelo nella sua origine gratuita. L autobiografia di Paolo non rappresenta una parentesi rispetto al contenuto del vangelo che Paolo ha enunciato come tema centrale della lettera nella propositio, bensì un esemplificazione concreta e integrale di adesione al vangelo. Paolo offre quindi una sorta di periautologia: egli vanta la propria adesione e coerenza rispetto al vangelo non per motivi estetici ma etici ; egli si presenta come modello visibile per le sue comunità. Si tenga presente che l ultima parte della sezione (2,15-21) serve a Paolo per spiegare, attraverso l argomentazione, ciò che ha dimostrato con il racconto (1,13-2,14). 33

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