PSICOLOGIA DELL EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE

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1 SIPEF SOCIETÀ ITALIANA DI PSICOLOGIA DELL EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE PSICOLOGIA DELL EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE volume 10 Numero 2 anno 2008

2 SIPEF Società Italiana di Psicologia dell Educazione e della Formazione PSICOLOGIA DELL EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE Direttore responsabile: Giancarlo Tanucci Università degli Studi di Bari Direttore scientifico: Felice Carugati Alma Mater Studiorum Università di Bologna Comitato scientifico: P. Boscolo Università di Padova G.V. Caprara Università di Roma Sapienza Bianca De Bernardi Università di Verona Anne-Nelly Perret-Clermont Università di Neuchâtel Guido Sarchielli Alma Mater Studiorum Università di Bologna Vega Scalera, Università di Roma Tor Vergata Patrizia Selleri Alma Mater Studiorum Università di Bologna Segreteria di redazione: Roberto Baiocco Università di Roma Sapienza Michela Cortini Università di Bari Laura Palmerio Università di Roma Tor Vergata Valeria Tortora Università di Roma Tor Vergata Alessandro Stirpe SIPEF segreteria@sipefitalia.net Editore: Aracne Editrice s.r.l. Via R. Garofalo, 133 a-b Roma Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 12/2009 del 16/01/2009 ISSN: ISBN: Covered by PsycINFO PER ISCRIVERSI ALLA SIPEF Per iscriversi alla SIPEF è necessario inviare il proprio curriculum vitae a segreteria@sipefitalia.net all attenzione del Presidente Nazionale o del Presidente Regionale di pertinenza. Dopo l approvazione da parte del Consiglio Scientifico si potrà pagare la quota associativa annuale. 50,00 per i nuovi iscritti 78,00 per i rinnovi L iscrizione comprende: - Abbonamento annuale alla rivista Psicologia dell Educazione e della Formazione Aracne Editrice - Newsletter della SIPEF con contributi realizzati dai Soci e dalla Redazione Bonifico bancario n /31 intestato a: Società Italiana di Psicologia dell'educazione e della Formazione (SIPEF) c/o Banca di Roma Tesoreria Universitaria La Sapienza P.le Aldo Moro Roma Codice ABI 3002 Codice CAB Conto corrente postale n intestato a: Società Italiana di Psicologia dell'educazione e della Formazione (SIPEF) Via dei Marsi, 78 c/o Dip. Psicologia Sviluppo e Socializzazione Roma Per ricevere la newsletter della SIPEF dopo aver provveduto al versamento della quota, inviare una mail con i propri dati (indirizzo al quale si vuole ricevere la rivista ed per la newsletter) a: redazione@sipefitalia.net

3 INDICE volume 10 numero 2 anno 2008 Guido Benvenuto Giuseppe Carci Emanuela Ingusci, Giancarlo Tanucci La dispersione universitaria: indicatori nazionali e modelli di analisi longitudinale alla Sapienza, Università di Roma Job Search Behavior e Networking Comfort: messa a punto di uno strumento di indagine Pag Gisella Paoletti Riccardo Giorgio Zuffo Massimiliano Barattucci Podcast e Note-Guidate: uso ed efficacia dei materiali on-line nella didattica universitaria L'approccio fenomenografico e la Student Learning Perspective nella valutazione dei contesti universitari Materiale informativo SIPEF 107

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5 Rivista di Psicologia dell Educazione e della Formazione 2008, Vol. 10 n. 2, La dispersione universitaria: indicatori nazionali e modelli di analisi longitudinale alla Sapienza, Università di Roma Guido Benvenuto Giuseppe Carci Dipartimento di ricerche storico-filosofiche e pedagogiche, Sapienza, Università di Roma I diversi ordinamenti universitari di questo ultimo decennio hanno puntato a rilanciare l offerta formativa, per contrastare i vecchi mali di scarsa produttività dell università italiana: dispersione studentesca, basso tasso di laureati, scarso collegamento con il mondo del lavoro. In questo contributo si presenta un quadro di sintesi degli indicatori di dispersione universitaria, elaborati a livello nazionale dal Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU), illustrando i valori raggiunti dal fenomeno nei corsi di vecchio e di nuovo ordinamento a livello nazionale e per la Sapienza, Università di Roma. Si discutono poi le metodologie di analisi della dispersione, confrontando modelli basati su dati aggregati e modelli longitudinali. Solo questi ultimi, utilizzati finora solo in alcuni studi di singoli atenei, garantendo maggiore affidabilità, consentono di distinguere la mobilità studentesca dalla fuoriuscita dagli studi universitari. Il sistema dei CFU permette e facilita oggi una maggiore mobilità tra i corsi di laurea, le facoltà e gli atenei, determinando percorsi meno lineari, da studiare sia nell ottica della dispersione sia in quella del riorientamento positivo. * Il contributo è frutto del lavoro comune dei due autori. Per quanto riguarda la stesura, i diversi capitoli sono stati redatti come segue: Guido Benvenuto, cap.1 e ; Giuseppe Carci, cap.2 e

6 6 G. BENVENUTO, G. CARCI La dispersione universitaria: il cambio di ordinamenti come contrasto alla scarsa produttività La scarsa "produttività" dell università è un tema ricorrente. Dietro tale espressione si annidano un po tutte le questioni attinenti alla dispersione studentesca, al basso tasso di laureati, allo scarso collegamento con il mondo del lavoro. L università per lungo tempo è stata indicata come "fabbrica di disoccupati" se non come "area di parcheggio" e il dibattito su questi temi ha attraversato gli anni 80 e 90 1 portando ad una riorganizzazione generale degli studi universitari. Il DM 509/99 e il 270/2004 sono, difatti, da considerare come una risposta ordinamentale alle dispersioni che il sistema precedente presentava. Essi contengono sostanzialmente indicazioni e regolamentazioni relative a: l organizzazione più flessibile/modulare dei corsi, il sistema dei crediti, l'accesso all'istruzione universitaria, l'orientamento, le funzioni didattiche e di ricerca dell'università stessa. Tali dispositivi, possono essere intesi come dimensioni riorganizzative del sistema per arginare e recuperare gli elementi distorsivi e facilitare il raggiungimento dei titoli di studio previsti al termine dei percorsi. Si ricordi che a fine anni 90, a livello nazionale, gli studenti fuori corso erano aumentati in percentuale fino a raggiungere il doppio degli studenti immatricolati, a segnalare sempre maggiori difficoltà nel completare il corso di studi nel periodo legale prescritto. Il cambiamento avvenuto in tutta Europa nel passaggio da un università d élite ad un università di massa (aumento considerevole della domanda di formazione) e il cambiamento dell attuale assetto universitario in risposta alle esigenze e alle sollecitazioni che da più parti vengono rivolte ai sistemi universitari (politica, mondo del lavoro, componenti accademiche) fanno da sfondo al valore centrale assunto dalla dispersione come indicatore di efficacia/inefficacia del sistema universitario. Il fatto che la qualità e l efficienza dei sistemi formativi siano due tra i fattori determinanti per lo sviluppo sociale ed economico di un Paese spiega la crescente rilevanza assunta dai temi dell Università e della formazione in generale negli ultimi anni a livello europeo. Per comprendere a pieno la centralità dell interesse rivolto alla qualità e all efficienza dei sistemi formativi si richiamerà brevemente l avvento, all interno delle società industriali più avanzate, della knowledge society che 1 Per una ricostruzione del dibattito si vedano: de Francesco, Trivellato, 1985; de Francesco, 1986, 1988; Cavalli, 1991; Simone, 1993, 1995; Moscati, 1983, 1990, 1997, Benvenuto, Serpente, 1998.

7 LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA 7 investe in modo determinante i processi socioeconomici e culturali, per poi concentrarci sulle ricerche e dimensioni della dispersione universitaria. L avvento della knowledge society e la centralità della formazione universitaria Negli ultimi decenni l Università europea ha visto un numero sempre maggiore di cittadini, di diverse tipologie, accedere ad un sistema di istruzione e formazione che potesse rispondere ai propri bisogni e alle proprie attese. Tale problematica è legata al processo che ha portato al passaggio da un università d elite ad un università di massa, spinto sia dall alto (dall economia e dalla politica) e sia dal basso (la domanda di istruzione delle famiglie). In riferimento a tale fenomeno bisogna porre in evidenza come l università si trovi ad affrontare una duplice sfida: da un lato assicurare un livello di istruzione medio alto ad una quota tendenzialmente maggioritaria della popolazione giovanile, dall altro lato formare la minoranza di coloro che dovranno ricoprire le posizioni di vertice nei diversi settori della società. Queste spinte ad un nuovo adattamento e ad un cambiamento costruttivo vanno inquadrate e legate alle esigenze poste dalla società della conoscenza. Nel Rapporto mondiale dell Unesco, Vers les sociétés du savoir, del 2005, si fa riferimento al passaggio dalla società dell informazione alla società dei saperi: per lo sviluppo umano di tutti gli abitanti della terra, le società contemporanee sono invitate a diventare sociétés apprenantes e a trasformare i sistemi di formazione vers l éducation pour tous tout au long de la vie. In questo contesto l insegnamento universitario e la ricerca scientifica svolgono un ruolo propulsivo centrale: qualité et pertinence, excellence et innovation sono i primi criteri informatori della formazione e della ricerca universitaria. A livello europeo la realizzazione della Knowledge Society è uno degli obiettivi primari delle strategie di lifelong learning. Attraverso una serie di incontri e dichiarazioni nel tempo, l Unione Europea promuove e chiede agli stati membri la realizzazione e il consolidamento di uno Spazio Europeo di apprendimento lungo il corso della vita per assicurare ai cittadini il raggiungimento di una conoscenza competitiva negli attuali scenari della globalizzazione. L università in particolare è chiamata a realizzare lo Spazio Europeo della Formazione Superiore per realizzare lo Spazio Europeo delle conoscenze e delle competenze più avanzate. Il disegno europeo degli studi universitari intende coniugare diversità e unità dell offerta formativa superiore. Questo è possibile adottando criteri

8 8 G. BENVENUTO, G. CARCI comuni che poi possono articolarsi in soluzioni distinte dettate dalle politiche nazionali e dall autonomia di Ateneo. In altri termini, i cambiamenti che hanno riguardato l Università italiana vanno analizzati alla luce delle trasformazioni socio-economiche e culturali del mondo contemporaneo. Tali trasformazioni sono da attribuire ad una serie di fenomeni: l innovazione tecnologica, lo sviluppo delle tecnologie dell informazione e delle comunicazioni, l avvento della globalizzazione, che ha determinato (con effetti giudicati non unanimemente positivi) l aumento degli scambi economici, delle informazioni, del confronto/scontro tra diverse culture. Tutto questo ha dato l avvio a quella che è stata definita l era della complessità, periodo storico in cui il problema essenziale delle persone è diventato quello di affrontare e dominare la complessità economico-sociale e di saper rispondere alle esigenze del mondo del lavoro, caratterizzato sempre di più da attività che richiedono conoscenze e competenze specifiche, flessibilità e autonomia. Per affrontare la complessità e rispondere alle richieste di nuovi saperi e nuove competenze è diventato necessario acquisire capacità di gestione della conoscenza. Il passaggio all università di massa In Europa il fenomeno della dispersione ha assunto notevole rilevanza, in concomitanza con l incremento della popolazione universitaria e con la diversificazione dei percorsi di formazione e di professionalizzazione. Quello che è stato definito come il passaggio da un università dell élite ad un università di massa si può far risalire a un preciso momento storico, gli anni Settanta (Trow, 1974), quando in tutta Europa il numero di studenti che si iscrivevano all università aumentò notevolmente. Da allora tale fenomeno è diventato un problema centrale ed ancora attuale, causato da diversi fattori, come la democratizzazione, l urbanizzazione, il miglioramento della vita, l aumento del tasso di scolarizzazione. Dall analisi dei dati relativi all intero sistema educativo europeo, si riscontra nel corso del XX secolo un progressivo innalzamento dei livelli di educazione della popolazione. Mentre agli inizi del 1900 in Europa è stato raggiunto un livello di istruzione primaria per tutti, alla fine del secolo l istruzione generalizzata riguardava anche il secondo livello di istruzione: oggi in molti paesi europei il 90% dei giovani ottiene il diploma secondario. In Italia si è assistito ad una vera e propria esplosione della domanda di istruzione universitaria. Per quanto riguarda le iscrizioni all università, si è passati da un 10% di iscritti sulla coorte di età degli anni Cinquanta ad un

9 LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA 9 25% a fine secolo, fino all esplosione del tasso di iscrizioni che porta la percentuale di iscritti al 45%. I dati sulle immatricolazioni e sul numero di iscritti in totale sono chiari: tra il 1965 e il 1970 si è registrato un aumento del 40% delle iscrizioni ( a studenti iscritti), dopo il 33% di aumento nel precedente quinquennio. Tabella 1: per i dati di vecchio ordinamento (fino al 95), Fonte: ISTAT con elaborazione di D'Aprile (1998) e per i dati di nuovo ordinamento, Fonte: Ministero dell'università e della Ricerca - Ufficio di Statistica. Indagine sull'istruzione Universitaria ( ) Anno Iscritti in corso Var % iscr. in corso Fuori corso Var % iscr. fuori corso Iscritti in totale Var % iscr.tot. Laureati Var % laureati , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , Su tale crescita ha inciso in modo determinante la liberalizzazione degli accessi nel 1969, quando appunto furono liberalizzati per legge gli accessi a

10 10 G. BENVENUTO, G. CARCI tutte le facoltà universitarie. Indipendentemente dal diploma di istruzione secondaria posseduto, da quel momento gli studenti poterono iscriversi in qualsiasi facoltà. La crescita è evidente se si analizza il numero di immatricolazioni nel triennio successivo alla liberalizzazione con un passaggio da a studenti. Segue poi un periodo altalenante, in cui la crescita si fa più discontinua e meno netta, che dura sino alla metà degli anni 80, quando le immatricolazioni riprendono a crescere in modo significativo, fino a superare la soglia delle annue, all inizio degli anni 90. Tale ripresa di crescita incide anche sul numero totale di iscritti che passa da del all del A partire da questo anno accademico, l aumento di iscritti diventa più graduale ma resta abbastanza costante, arrivando oggi a sfiorare la quota di 2 milioni di iscritti (grafico 1). Oltre al dato quantitativo bisogna registrarne anche uno qualitativo, che riguarda la tipologia di iscrizioni: l emergere di una popolazione studentesca sempre più variegata e diversificata (studenti lavoratori, fuori-sede, disabili, stranieri, ecc.), portatrice di interessi e aspettative assai diverse. L aumento e la diversificazione della domanda ha provocato grandi cambiamenti a livello universitario e ha sollecitato una maggiore attenzione a nuovi aspetti di sistema: - problemi di equità in ordine a come garantire gli accessi; - offerta di corsi efficaci e di qualità e nello stesso tempo un offerta diversificata e flessibile rispetto ai diversi bisogni dell utenza e della società; - un governo efficiente del sistema nel suo complesso e delle singole istituzioni; - reperimento delle risorse finanziare; - incoraggiamento e la selezione di programmi innovativi di ricerca.

11 Grafico 1: Iscritti totali e fuori corso nell università italiana. Fonte: ISTAT con e elaborazione di D'Aprile (1998) e per i dati di nuovo ordinamento, Fonte Ministero dell'università e della Ricerca - Ufficio di Statistica. Indagine sull'istruzione Universitaria ( ) LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA 11 Iscritti totali e fuori corso in Italia Fuori corso Iscritti in totale

12 12 G. BENVENUTO, G. CARCI Ricerche sulla dispersione universitaria Le numerose ricerche condotte sulla dispersione in ambito statunitense ed australiano a partire dagli anni 70 (Spady, 1970; Tinto, 1975; Pascarella, Terenzini, 1979; Astin, 1971; Bean, 1980), hanno posto in chiara evidenza come l abbandono del corso di studi, il ritardo nel conseguimento della laurea, i passaggi da un corso ad un altro durante il primo anno e le altre forme di attrition 2, dipendono, significativamente, dalla qualità e dagli esiti dei processi d integrazione sociale ed accademica che caratterizzano le esperienze fatte nei primi mesi di vita universitaria. La maggior parte delle difficoltà e degli insuccessi nel corso degli studi si verifica nel primo anno di esperienza universitaria (McInnis James, 1995; Williams, 1982), periodo in cui si possono verificare le incongruenze tra le attese dallo studente al momento della scelta e la realtà universitaria sperimentata. In Italia il fenomeno dell'abbandono degli studi universitari fino agli anni 90 aveva dimensioni elevatissime: "Negli ultimi 30 anni oltre 6 milioni e mezzo di giovani sono entrati in contatto con l'università; solamente il 40 per cento ha portato a termine gli studi; gli altri hanno abbandonato l'università. Di questi, oltre 1 milione e mezzo ha resistito al massimo un anno, non rinnovando l'iscrizione al secondo anno. [...] i drop-out possono essere considerati come il costo che la nostra società sostiene per effettuare l'orientamento e la selezione agli studi universitari" (Catalano, Silvestri, 1997). Gli studi empirici in ambito italiano sugli abbandoni e sulla dispersione universitaria sono complicati dal fatto che non sono disponibili adeguati data-set nazionali con tutti i dati sugli studenti. Da molti decenni, statistici, economisti e sociologi hanno cercato di esaminare l incidenza dell abbandono degli studi universitari in Italia (Martinotti, 1969; de Francesco e Trivellato, 1978). Tuttavia in tutti i lavori vengono utilizzati i dati aggregati sugli studenti e in questo modo le analisi considerano esclusivamente gli abbandoni espliciti, solo una parte della reale consistenza del fenomeno di abbandono. L utilizzo dei dati aggregati, pur costituendo una garanzia di riservatezza, impedisce l'impiego di procedure di analisi statistica che richiedono la 2 Berge, Z.L., Huang, Y.(2004) così definiscono l attrition, la diminuzione, rispetto al numero iniziale, degli studenti di un corso o di un programma, o di una istituzione universitaria L attenzione viene rivolta ai fattori di criticità che coinvolgono il rapporto studente-università e, in generale, all individuazione dei fattori predittivi ed esplicativi del fenomeno.

13 LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA 13 disponibilità di informazioni a livello individuale, disponibili solo presso i sistemi informativi dei singoli atenei. Soltanto armonizzando i sistemi informativi degli atenei si potrà ottenere la comparazione dei dati a qualsiasi livello di aggregazione e l analisi longitudinale delle carriere degli studenti (Benvenuto, 1998). È in questa prospettiva che riprenderemo nella seconda parte di questo contributo le analisi sulle dispersioni universitarie. In questi ultimi anni, difatti, ci sono stati una serie di studi che hanno utilizzato dati, a diverso livello di aggregazione e con disegni longitudinali, di studenti di particolari università. Ad esempio, Gori e Rampichini (1991), Bulgarelli (2002) e Ferrari e Laureti (2004a, 2004b) hanno condotto diverse analisi sulle performance degli studenti nelle università di Firenze; Staffolani e Sterlacchini (2001) nell Università delle Marche; Checchi (2000) e Checchi et al. (2004) all Università di Milano-Bicocca. Ma oltre all analisi dei flussi, di iscrizione, dispersione e laurea, sempre più studi si concentrano sulle possibili e differenti forme di disuguaglianza nell'università italiana. Questi studi analizzano i dati in relazione: a) ai precedenti livelli del sistema formativo; b) alle caratteristiche degli utenti dell'istruzione universitaria; c) all estrazione sociale o retroterra familiare (background) dell utenza. Che nei percorsi scolastici, nelle scelte formative, nella transizione tra scuola e università e nel raggiungimento della laurea persista l incidenza del retroterra familiare è un dato largamente accertato e monitorato, con una varietà di approcci e differenti procedure di analisi 3. Schizzerotto (2002) in un suo recente testo ha così brillantemente sintetizzato: nonostante la crescita del tasso di scolarità, costante nel corso del secolo scorso, e nonostante le riforme del sistema scolastico improntate a principi egualitari, l influenza della classe di origine sulle chance di proseguire la propria formazione dopo la scuola media non è sostanzialmente mutata nel corso del XX secolo. E a dirla tutta la selezione aumenta con il crescere della scolarizzazione, tanto da rilevare una maggiore diseguaglianza 3 Si vedano tra gli altri: Barbagli (1972), Statera (1977), Gattullo (1989), Benadusi (1996), Checchi, D. (1997), Cavalli, Facchini (2001), Schizzerotto (2002), Benvenuto, G., Giacomantonio, A. (2004), Ballarino, Checchi, (2006), Bottani, Benadusi (2006), Fasanella, Tanucci (2006), Fasanella (2007). Dei (1996) raccoglie una serie di ricerche sulla dispersione tra gli studenti dell'università italiana e compila una lista di "fattori che influenzano" il fenomeno del ritardo e dell'abbandono degli studi universitari: "I fattori cruciali che le ricerche hanno messo a fuoco comprendono attributi di tipo strutturale (sesso, età, residenza, estrazione socio-familiare), caratteri che definiscono la situazione dell'individuo relativamente al corso di studi passato e presente (tipo di secondaria superiore frequentata, voto del diploma, facoltà e corso di laurea frequentato), attributi soggettivi di tipo psicologico (le motivazioni rilevate dalle surveys), caratteri dell'offerta di istruzione (le risorse immesse nel processo educativo)" (cit. p.277).

14 14 G. BENVENUTO, G. CARCI all Università, se si considera la bassa percentuale di iscritti e quindi dei laureati appartenenti ai ceti più bassi della società (cfr. Schizzerotto, Barone, 2006). I cambiamenti e le innovazioni negli ordinamenti e nei sistemi di istruzione hanno proprio lo scopo di contenere l incidenza delle determinanti sociali e di offrire al di là dell uguaglianza di opportunità quella dei risultati e della loro ricaduta nel mondo del lavoro. La dispersione degli studenti nei percorsi universitari può quindi essere analizzata solo tenendo conto delle modifiche ordinamentali che in questi recenti anni hanno allargato il quadro dell offerta e sostanzialmente riorganizzato il sistema di istruzione superiore per seguire il processo di internazionalizzazione e omogeneizzazione dei sistemi a livello comunitario. Il riordinamento dei percorsi universitari Con il DM 509/99 4 (ministro Zecchino) si apre un nuovo scenario per la formazione superiore. I Nuovi Ordinamenti si propongono di sostituire gradualmente i Vecchi ordinamenti, quelli che per anni hanno dimensionato gli studi superiori con Corsi di Laurea di durata legale di 4 o 5 anni, per migliorare i livelli di produttività del sistema. L obiettivo della riorganizzazione ordinamentale è quello di realizzare l autonomia didattica a livello universitario (di cui all'articolo 11 della legge 19 novembre 1990, n. 341) 5. Ecco allora che le università sono chiamate a disciplinare gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio per rilasciare due tipi di titoli di primo e di secondo livello: a) laurea (L), b) laurea specialistica (LS). La riforma vuole sostanzialmente offrire due tipi di percorsi, distinti e componibili, il primo di tre anni e il secondo di due (in breve: 3+2). Si introducono concetti e terminologie per permettere quel processo prima ricordato di omogeneizzazione a livello sovra-nazionale: il sistema dei crediti formativi universitari (CFU), la definizione degli obiettivi formativi 4 Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei. Pubblicato nella G.U. n. 2 del 4 gennaio Legge 19 novembre 1990, n.341: "Riforma degli ordinamenti didattici universitari." Art. 11.Autonomia didattica - 1. L'ordinamento degli studi dei corsi di cui all'articolo 1, nonché dei corsi e delle attività formative di cui all'articolo 6, comma 2, è disciplinato, per ciascun ateneo, da un regolamento degli ordinamenti didattici, denominato "regolamento didattico di ateneo". Il regolamento è deliberato dal senato accademico, su proposta delle strutture didattiche, ed è inviato al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica per l'approvazione. Il Ministro, sentito il CUN, approva il regolamento entro 180 giorni dal ricevimento, decorsi i quali senza che il Ministro si sia pronunciato il regolamento si intende approvato. Il regolamento è emanato con decreto del rettore.

15 LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA 15 qualificanti e delle attività formative. La riorganizzazione del sistema si propone come antidoto ad alcuni dei mali atavici del sistema universitario nazionale: forte selezione ai primi anni, permanenza nel sistema oltre la durata legale (eccesso di fuori corso), scarso numero di laureati. Difficile non sintetizzare le problematiche qui richiamate con le espressioni, spesso riprese nei dibattito nazionale e internazionale, di selezione sociale nel sistema universitario, dispersione e abbandono degli studi superiori. Con il DM 270 nel (ministro Moratti) e i successivi decreti attuativi 7 (ministro Mussi) la riforma universitaria viene nuovamente rivista apportando non poche modifiche. Tra le principali: è previsto un numero massimo di 20 esami nei corsi di laurea di primo livello (triennali), mentre nei corsi di laurea di secondo livello (magistrale) è previsto un massimo di 12 esami,. Di conseguenza,per ridurre il numero degli esami previsti dalla riforma 509, è necessario far sì che più moduli vengano aggregati al fine di raggiungere uniche prove finali e ottenere una minore frammentazione didattica; è garantito, agli studenti che nell'ambito di una stessa classe di laurea si trasferiscono da un'università a un'altra o da un corso di laurea a un altro, il riconoscimento di almeno la metà dei crediti accumulati fino a quel momento in virtù della riconoscibilità delle competenze acquisite in canali formali diversi; è previsto che, almeno la metà dei docenti dei nuovi corsi di laurea, sia di ruolo nelle materie che costituiscono il corso di laurea stesso. La diminuzione del numero di esami per evitare l eccessiva parcellizzazione dei saperi e promuovere l aggregazione e integrazione dei moduli di studio, una maggiore riconoscibilità dei crediti nei trasferimenti e passaggi tra corsi e trasferibilità per quelli maturati in ambito professionale, diventano quindi alcuni fra gli strumenti adottati dalla nuova riforma per contrastare i fenomeni di selezione, dispersione e possibile iniquità di sistema. Considerati i tempi di discussione necessari, si tratta di una riorganizzazione degli ordinamenti universitari ancora in corso. Con la penultima legislatura (Mussi), si è reso indispensabile accompagnare il rispetto delle norme con un piano di valutazione e di monitoraggio dei 6 La riforma secondo il D.M. 270/2004, definitiva entro il 2010/2011, propone la ridefinizione delle nuove classi di laurea e laurea magistrale e, conseguentemente, dell'offerta formativa nel suo complesso. 7 In particolar si vedano: Decreto 16 Marzo 2007 (Determinazione delle classi di lauree universitarie Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 06 Luglio 2007 n Supplemento Ordinario n. 153) e Decreto Ministeriale 26 luglio 2007 (linee guida 1,2,3, per l'istituzione e l'attivazione, da parte delle Università, dei corsi di studio.

16 16 G. BENVENUTO, G. CARCI risultati effettivi e della qualità dei progetti formativi delle università. I giudizi valutativi e il monitoraggio devono essere resi pubblici e, come recitano le Linee guida relative alla progettazione delle classi di laurea primo e secondo livello 8, vi sono obiettivi specifici da conseguire da parte degli atenei, sulla base dei quali verrà condotto uno specifico monitoraggio: a) una riduzione complessiva dell offerta di corsi di studio, particolarmente se non sostenuta da una adeguata domanda studentesca, per assicurare il contributo di un numero maggiore di docenti, un più solido impianto, una migliore qualità dell offerta formativa e una effettiva stabilità nel tempo dei percorsi; b) una maggiore articolazione in curricula dei percorsi formativi, in particolare di secondo livello, utile a garantire che l offerta formativa rimanga ampia e variata e che l accesso ad un medesimo corso di laurea magistrale risulti possibile a laureati provenienti da più corsi di laurea, anche afferenti a classi diverse, con effetti positivi anche quanto a valorizzazione dell interdisciplinarità. ( ) c) una effettiva e realistica definizione degli obiettivi formativi di ciascun corso di studio, anche attraverso l utilizzo degli strumenti concordati in sede europea in termini di apprendimento atteso (i cosiddetti descrittori di Dublino del dicembre 2004); d) la collaborazione con il mondo del lavoro e delle professioni nella progettazione dei percorsi formativi e, se necessario o opportuno, nella messa in opera di parti del percorso medesimo; collaborazione in questo senso è stata assicurata a livello nazionale e locale dalle associazioni imprenditoriali, con impegni formali; e) una chiara e coerente configurazione degli indirizzi generali dei progetti formativi riguardo alla loro collocazione al primo o al secondo livello, in modo da evitare la ripetizione delle medesime attività formative e collocando di norma gli insegnamenti di carattere più avanzato/specialistico al secondo livello; ( ) f) una equilibrata distribuzione degli impegni didattici dei docenti in funzione di un offerta formativa proporzionata agli organici effettivamente a disposizione, con un pieno utilizzo del tempo-docenza previsto per i docenti dalla normativa vigente, ( ); g) l introduzione di forme organizzative della didattica più compatte, anche attraverso soluzioni che prevedano una effettiva cooperazione di più docenti su aree di insegnamenti coordinati, con un'unica verifica conclusiva 8 Cfr. Allegato 1, Linee guida per la progettazione dei nuovi ordinamenti didattici dei corsi di laurea e di laurea magistrale, Decreto Ministeriale 26 luglio 2007.

17 LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA 17 che comporti l acquisizione di un numero congruo di CFU entro il limite massimo di esami stabilito dalla nuova normativa; h) il riconoscimento delle conoscenze, delle competenze e abilità professionali o di esperienze di formazione pregressa solo in termini rigorosamente individuali e attraverso puntuali procedure di accertamento e certificazione, entro i limiti fissati; i) il raccordo con i percorsi formativi della scuola secondaria nell ambito degli obiettivi indicati dalla legge n. 1/07 e dei relativi decreti di applicazione; l) la sperimentazione di metodi didattici più avanzati e più interattivi, anche sulla base di una riflessione teorica e della diffusione delle migliori pratiche, che sarà oggetto di specifiche azioni del Ministero; tra le azioni da incentivare, va prevista la diffusione di corsi di studio e singoli insegnamenti in lingua straniera, in particolare in inglese. I cambiamenti e i correttivi da sviluppare hanno la finalità di semplificare e qualificare l offerta formativa. E in termini di risultati l obiettivo diventa quello di laureare più studenti in meno tempo di quanto mediamente avveniva in passato, contenendo la dispersione a questo livello di istruzione, nelle accezioni di riduzione: a) del numero di abbandoni (nel vecchio ordinamento in media circa il 60-65% degli iscritti abbandonava, sostanzialmente al primo anno o nel passaggio tra il primo ed il secondo) b) del ritardo nel conseguimento del titolo (solo una bassissima percentuale si laureava nel corso legale previsto). Accanto ad un calo di iscrizioni, il numero di fuori corso è cresciuto negli anni. Questi antichi e specifici problemi universitari si inquadrano in quelli che a livello sovranazionale sono indicati come benchmark dei sistemi di istruzione, tesi a contrastare il quadro delle dispersioni di sistema. Il terzo rapporto annuale sui progressi verso il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona (Progress towards the Lisbon Objectives in Education and Training Report) evidenzia che, nonostante alcune positive tendenze in determinati settori, i progressi in generale sono ancora troppo lenti e insufficienti per raggiungere gli obiettivi nel Il benchmark che riguarda direttamente l istruzione universitaria fa riferimento al numero di laureati (in età anni) in materie scientifiche (matematica, scienze e tecnologia), che dovrebbe raggiungere il 15% in più rispetto al dato nazionale del Per l Italia siamo ancora decisamente in ritardo: rispetto al 5,7% dei laureati in materie scientifiche nel 2000 si è passati al 12,2% del 9 Vedi Presidenza del consiglio dei ministri: Strategia di Lisbona Piano Nazionale di Riforma, Secondo rapporto sullo stato dia attuazione, Roma, 23 ottobre 2007.

18 18 G. BENVENUTO, G. CARCI 2006, con una marcata differenza a livello territoriale (Centro-Nord, 14,8%; Mezzogiorno, 8,4%). La rilevazione della dispersione a livello istituzionale In Italia la principale fonte di rilevazione dati sugli studenti universitari è l annuale Indagine sull'istruzione Universitaria, curata fino al 1997 dall ISTAT e successivamente dall'ufficio di statistica (URST) del MIUR, riguardante gli iscritti e gli immatricolati al 31 luglio, i laureati/diplomati, gli esami e i corsi post-laurea. L'Indagine ha l obiettivo di fornire elementi a supporto delle attività nazionali ed internazionali di monitoraggio e di valutazione del sistema universitario. I dati trasmessi dagli Uffici Statistici di ciascun Ateneo al MIUR-URST vengono pubblicati sul sito web del MIUR e messi a disposizione del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU) che li utilizza per la costruzione degli indicatori sull intero sistema universitario. Verso la fine degli anni Novanta la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiana) e l Osservatorio per la valutazione del sistema formativo hanno collaborato all individuazione di un insieme minimo di indicatori, proposto al CNVSU e ai Nuclei di valutazione di Ateneo, per poter disporre di una rapida fotografia dei risultati e delle condizioni di funzionamento dei vari atenei. Si è proposto di rappresentare un ateneo attraverso alcuni indicatori di risultato, tenendo conto delle risorse che ha a disposizione (indicatori di risorse), del modo con cui tali risorse sono trasformate in prodotti (indicatori di processo) e dell ambiente in cui si trova ad operare (indicatori di contesto) 10. L elaborazione degli indicatori avviene all interno delle procedure Nuclei, in collaborazione con i Nuclei di valutazione di Ateneo, i quali sottopongono i dati del MIUR-URST ad analisi-revisione (entro il 30 aprile di ciascun anno) sulla base delle indicazioni del CNVSU. Il CNVSU si occupa della diffusione dei dati attraverso la pubblicazione dell annuale Rapporto sulla Stato dell Università. Per la definizione degli indicatori di dispersione universitaria si rimanda al mancato raggiungimento da parte dello studente di almeno uno delle seguenti condizioni previste dal percorso di studi: 10 Per il modello teorico di riferimento cfr Stufflebeam, D. L. (1972, 1983, 1985).

19 LA DISPERSIONE UNIVERSITARIA 19 - continuità di iscrizione nel tempo: il rinnovo dell iscrizione in ciascun anno accademico successivo; - regolarità nei tempi di conseguimento del titolo (ad es. 3 anni per la laurea di primo livello) e conseguente regolarità nell acquisizione dei crediti formativi per anno (60 cfu di media per ogni anno accademico); - linearità di percorso (stesso corso di laurea per l intero percorso di studi). Il mancato raggiungimento di uno o più di uno di queste condizioni pone lo studente universitario in una situazione di dispersione, che si manifesta attraverso: 1. la mancata iscrizione ad anni successivi (corrispondente all attrition anglosassone), dovute a: - l abbandono degli studi (definitivo o temporaneo) dopo un periodo breve o lungo di iscrizione ad un corso, attraverso un uscita dal sistema universitario durante un anno accademico o nel passaggio all anno di corso successivo; lo studente si definisce drop-out se l abbandono è definitivo, mentre stop-out se il ritiro è momentaneo; - il trasferimento da un corso di studi ad un altro (passaggio di Corso di Laurea, Facoltà o Ateneo); lo studente in questo caso corrisponde al transfer-out; 2. l inattività (nessun credito raggiunto) o un eccessivo rallentamento nella produttività, misurata dal numero di crediti raggiunti; Sono considerati inattivi gli studenti (immatricolati o iscritti) che, nell'anno solare successivo a quello di riferimento, non sostengono alcun esame o non conseguono alcun credito (CNVSU, 2007); 3. l iscrizione fuori-corso ; il fuori-corsismo è un prolungamento del periodo di permanenza nel sistema formativo oltre la durata prevista dall ordinamento didattico. Rilevazioni della dispersione a livello nazionale Per quanto riguarda i risultati delle analisi svolte dal CNVSU, sono emerse alcune difficoltà nella valutazione degli esiti della riforma degli ordinamenti didattici (DM 509/99), in quanto il sistema non può ancora considerarsi a regime, data la presenza di corsi ad esaurimento (vecchio

20 20 G. BENVENUTO, G. CARCI ordinamento) accanto a corsi del nuovo ordinamento e dati i passaggi di studenti dai corsi del vecchio a quelli del nuovo ordinamento 11. Tuttavia dopo sei anni accademici dall introduzione del nuovo ordinamento didattico è possibile mettere a confronto alcuni indicatori di dispersione degli anni pre-riforma (fino all a.a ) con gli anni successivi (CNVSU, 2007) 12 : - iscrizione negli anni e regolarità; Gli studenti regolari sono oltre un milione, pari al 57,7% del Totale iscritti corretto. Letto dal punto di vista complementare, gli studenti fuori corso o ripetenti sono pertanto il 42,3% degli iscritti all università italiana. Dopo un lieve incremento nei primi anni della riforma, questo tasso ritorna ai livelli precedenti la riforma. Per i corsi del vecchio ordinamento la percentuale di iscritti regolari sul totale iscritti corretto è molto diminuita: dal 44,4% del 2001/02 al 5,1% del 2005/06. Se si considerano solo i corsi del nuovo ordinamento, la percentuale è notevolmente più elevata per l anno accademico 2005/06 (71%) iscrizione negli anni; le mancate iscrizioni al II anno, dopo una lieve flessione nei primi anni della riforma (da attribuire anche ai passaggi da vecchio a nuovo ordinamento), si attestano sempre intorno al 20%. Oltre ad una certa quota di abbandoni definita fisiologica (CNVSU, 2007), il dato indica la necessità di servizi di orientamento e tutorato ancora più efficaci, attraverso attività di orientamento prima che si concluda il periodo di studi pre-universitari e con informazioni di natura più strategica per le scelte del giovane e della sua famiglia; 11 Occorre ricordare che il DM , n. 386 sulle linee guida per la progettazione dei nuovi ordinamenti didattici e il DM , n. 544, sui Requisiti necessari, hanno dato l avvio alla ulteriore modifica degli ordinamenti didattici. Tutte le università stanno lavorando per tale revisione e quindi bisognerà attendere almeno un quinquennio per valutarne gli effetti. 12 Gli indicatori presentati sono quelli elaborati dal CNVSU sulla base della rilevazione annuale Nuclei e delle rilevazioni dell Ufficio di statistica del MIUR I dati sono aggiorna ti fino all anno accademico 2005/06 (e anno solare 2006). Nel periodo di riferimento, i laureati del primo ciclo di lauree triennali sono presenti dal 2004 (solo in minima parte nei due anni precedenti) e nel 2006 compaiono i primi laureati delle lauree specialistiche. 13 Per i corsi di vecchio ordinamento il CNVSU fa riferimento ai Corsi di Laurea (CDL) e ai Corsi di Diploma universitario (CDU) mentre i dati sui corsi di nuovo ordinamento comprendono i Corsi di laurea di primo livello (L1LV), i Corsi di laurea di secondo livello (L2LV) e i Corsi di laurea specialistica a ciclo unico (LSCU).

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