COMMENTO SLIDE MOBBING

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1 COMMENTO SLIDE MOBBING

2 In inglese il sostantivo mob, di origine latina (mobile vulgus) indica una folla tumultuosa, una marmaglia, negli Stati Uniti si usa questo termine per parlare di criminalità organizzata. In realtà il verbo to mob, vuol dire accerchiare affollandosi intorno a oppure aggredire in massa, assaltare. L etologia ha utilizzato questo termine per definire il comportamento di alcuni animali che attaccano in massa il predatore che li minaccia. In seguito il medesimo termine è stato applicato dalla psicologia del lavoro agli esseri umani, per dare un nome al comportamento vessatorio, posto in essere da colleghi o superiori nei confronti di determinati dipendenti, che, pur se con varie modalità, mira ad un unico scopo, l eliminazione del soggetto dal luogo di lavoro. Come può facilmente intuirsi, questo atteggiamento non è nuovo come fenomeno, da sempre, nei luoghi di lavoro e non, si verificano questi eventi, ma è la sua teorizzazione come fenomeno che è relativamente nuova. Quindi queste situazioni non sono sconosciute nel passato ed hanno accentuato la loro importanza dall interferire ed incrociarsi con la tutela della persona, che ora sul luogo di lavoro, è molto più accentuata di quanto non fosse in passato, concetto quest ultimo di derivazione anglosassone, specie statunitense. Dappertutto nel mondo il lavoro rappresenta un ambito di importanza fondamentale per l uomo nell ordinamento giuridico come nel sistema sociale, uno dei canali attraverso cui si esplica la personalità, si

3 attuano le proprie aspirazioni, ecc., anche se questo vale solo per chi ha la fortuna di interessarsi di cose che coincidono con la manifestazione della propria personalità, ma non vale in quei casi, spesso sempre più numerosi, in cui il lavoro per la sua gravosità o per il suo modesto contenuto, è solo un mezzo di sopravvivenza (nessuno si realizza lavando piatti o servendo pizze ai tavoli, vedi Trib. Pisa 3/10/2001). Allora proprio in quei casi in cui si crea una frattura tra personalità del lavoratore e lavoro, l obbligo datoriale di rispettare la personalità morale del lavoratore assume massimo contenuto, perché proprio quando il lavoro è solo fatica la condizione di soggezione è massima.

4 Il mobbing è un attacco che purtroppo va ben oltre il livello morale di una persona: investe la sua professionalità, la sua autostima, la sua capacità di relazione, la sua integrità psicofisica e sociale. E stato paragonato ad una guerra sul lavoro in cui, tramite violenza psicologica fisica e morale, una o più vittime vengono costrette ad esaudire la volontà di uno o più aggressori. Questa violenza si esprime attraverso attacchi frequenti e duraturi che hanno lo scopo di danneggiare la salute, i canali di comunicazione, la reputazione e la professionalità della vittima. Le conseguenze psico-fisiche di un tale comportamento aggressivo risultano inevitabili per il mobbizzato. La tutela del lavoratore trova fondamento nell art.2087 del codice civile, che recita che il datore di lavoro deve tutelare l integrità fisica e morale del lavoratore, ma in questo articolo è detto tutto e niente. Delineare l ambito del mobbing e definire esattamente cosa sia e cosa non sia è difficilissimo perché ancora non esiste una legge specifica; ci rifacciamo solo alla giurisprudenza, a sentenze varie e da queste risaliamo ad una normativa generica che definisca il principio di mobbing, ecc. Alcuni studiosi hanno elaborato una definizione del mobbing che contiene i sette criteri fondamentali per la sua individuazione: 1)ambiente lavorativo; 2)tipo di azioni; 3)andamento in fasi successive 4)durata; 5)frequenza; 6)dislivello tra antagonisti. 7) intento persecutorio

5 Il primo requisito (AMBIENTE DI LAVORO) è di facile comprensione: il mobbing è fenomeno conflittuale che nasce e si sviluppa in ambiente di lavoro. Altri settori della vita esulano dal concetto di mobbing. Ci sono dei fattori che possono favorire il verificarsi del mobbing.

6 TIPO DI AZIONI Il mobbing si concretizza in azioni o omissioni volte ad annullare la possibilità della vittima di avere contatti umani e di comunicare (limitazione della possibilità di esprimersi, le critiche e i rimproveri costanti) che mirano ad isolarla (anche con la fisica assegnazione di una postazione di lavoro lontana dagli altri), con una modifica in peius delle mansioni svolte (con assegnazione di lavori inutili dequalificanti o, al contrario, molto al di sopra delle capacità del lavoratore con l intento di provocare l errore) con la distruzione della reputazione della vittima (attraverso calunnie e pettegolezzi basati anche sulla diversità razziale, sul genere, sull orientamento sessuale, sulla fede religiosa o sulla presenza di handicap o difetti fisici) fino alle minacce di violenza. E di fondamentale importanza notare che queste azioni attaccano le vittime nei tre settori più centrali dell esistenza di un uomo: quello professionale, quello morale e quello della salute. Il mobbing, infatti, non si limita a colpire un solo livello della vita, ma ne coinvolge almeno due: il che ne dimostra la sua pesante capacità offensiva.

7 da non confondere col mobbing

8 ANDAMENTO IN FASI: Partendo dal concetto che il mobbing è un processo che necessariamente deve avere una certa durata, esso si svolge attraverso varie fasi: all inizio la vittima è soggetta a vessazioni che non valuta proprio come dirette a se stessa, vessazioni generiche quasi + discrete, (può essere anche un pettegolezzo), poi man mano la vittima viene isolata e poi a furia di persecuzioni la si spinge ad auto-allontanarsi dall organizzazione lavorativa.

9 (DURATA E FREQUENZA) Esse dimostrano che il tempo svolge un ruolo essenziale per distinguere cosa è mobbing da cosa non lo è. Secondo Leymann, per essere considerato mobbing, il conflitto doveva avere almeno una durata di sei mesi con cadenza settimanale. Questi parametri recentemente sono stati considerati troppo rigidi e limitativi e si sono aggiunti parametri temporali più flessibili che tengono in conto altre caratteristiche del conflitto e cioè l intensità degli attacchi, il numero e la posizione dei mobbers, ma di certo non può essere considerato mobbing lo scontro che dura qualche ora o solo qualche giorno. Quello che è certo è che tutti i conflitti hanno una durata standard, che varia a seconda dell ambiente lavorativo ed è condizionata da una serie di fattori come la personalità dei soggetti coinvolti (più o meno litigiosi) e dei luoghi di lavoro (il settore pubblico dove l ambiente è meno competitivo di quello privato i conflitti dovrebbero essere meno intensi) e questi fattori a loro volta possono essere presenti in contemporanea ed interagire fra loro. Comunque, la definizione classica risalente a Leymann fissa la durata del conflitto in sei mesi, pur prevedendo, per situazioni particolarmente intense e con frequenza quotidiana, anche un limite della metà, cioè di tre mesi. Anche la frequenza è un criterio importante, perché mette in luce la differenza tra singolo atto di ostilità, che in tutti i rapporti interpersonali può essere fisiologico, ed un conflitto

10 persecutorio e persistente come è il mobbing. Un rimprovero del capo anche se ingiusto non può farci dichiarare di essere mobbizzati, anche se ha avuto luogo davanti a colleghi o clienti.

11 (DISLIVELLO TRA ANTAGONISTI) Questo si spiega con la netta distinzione tra i due livelli di ruoli in conflitto, ognuno dei quali può essere costituito da una o più persone. Se i due protagonisti si affrontassero ad armi pari non saremmo di fronte ad un caso di mobbing. Nel mobbing, al contrario, tra gli autori dei comportamenti mobbizzanti e la vittima c è sempre disparità di forze, la qual cosa è evidentissima nel cosiddetto mobbing verticale o bossing, in cui il mobber è il superiore gerarchico della vittima, quando non addirittura l azienda stessa, che nell intento di eliminare un dipendente, così facendo, riesce ad evitarne il licenziamento diretto. Questo è proprio il tipo di mobbing più diffuso nel nostro paese, dove la scarsa offerta di lavoro e la rigida disciplina in materia di licenziamenti costituiscono l habitat congeniale allo sviluppo di questo particolare fenomeno. Infatti nei sistemi dove sono maggiori la flessibilità del lavoro e la libertà di licenziare, è minore la frequenza del bossing. Non c è interesse da parte del mobber a provocare le dimissioni e c è minore resistenza alle violenze da parte della vittima che ha, al contrario, buone possibilità di trovare una diversa e migliore occupazione da un altra parte. Si osserva che il bossing può essere utilizzato per allontanare

12 dall azienda un certo tipo di persone, di solito, soggetti più deboli: disabili, donne, ma anche dipendenti troppo zelanti o con anzianità troppo onerosa dal punto di vista stipendiale o anche per intraprendere operazioni di più larga scala come la riduzione del personale, il ringiovanimento e la riorganizzazione di interi uffici. Tra gli esperti, infatti, si discute spesso sull esistenza o meno di categorie più esposte di altre al mobbing. Da alcuni studi, risulta che le vittime di mobbing siano per lo più persone scrupolose che presentano un presenzialismo patologico, perfezioniste, che investono molto nel lavoro,che rimangono in ufficio fino a tardi, che lavorano anche quando sono malate, impeccabili, coscienziose e naturalmente propense a colpevolizzarsi L attaccamento all ordine e la preoccupazione di far bene spingono queste persone a sobbarcarsi una mole di lavoro superiore alla media, cosa che le fa sentire con la coscienza tranquilla e da cui nasce la sensazione di essere oppresse dal lavoro e da incarichi ai limiti del possibile. C è invece chi è di diverso avviso e afferma che non ci sono tipi di personalità inclini ad essere mobbizzati, cioè il mobbing può accadere a chiunque. Quest ultima tesi pare la più accreditata perché, per quanto si sia cercato di individuare una categoria di lavoratori maggiormente a rischio di mobbing, i risultati sono ancora troppo discordi per poter essere considerati probanti. E possibile, però, stabilire delle indicazioni di regolarità sulla base delle esperienze. Per esempio per quanto riguarda i settori lavorativi, in Italia, il mobbing è una piaga tipica dei colletti bianchi, gli impiegati d ufficio ed in particolare il settore pubblico soffre di mobbing molto più del settore privato. Ai primi posti ci sono il settore della scuola, della sanità e della pubblica amministrazione. Il tipo di mobbing esercitato nei due settori (pubblico e privato) tende ad essere

13 speculare alla mentalità diffusa attraverso la formazione dei dipendenti: nel pubblico tende ad essere perpetrato da parte di colleghi e superiori allo scopo di punire o indurre a desistere dalla sua azione qualcuno che si è posto in contrasto con l ideologia di maggioranza dell ufficio; nel privato, molto diffuso è il bossing, cioè, come spiegato prima, quel tipo di mobbing messo in atto dall azienda stessa per eliminare persone che non servono più, indipendentemente da quello che hanno fatto e che forse rappresentano un esubero, un maggior costo o semplicemente una disfunzione per l immagine della ditta. Nel settore bancario, per esempio, tra i colpiti si toccano punte del 18% degli addetti ed in quello sanitario le più bersagliate sarebbero le infermiere. Nel campo universitario, soprattutto medico, le statistiche che parlano delle vittime le descrivono come persone non rispettose delle regole non scritte delle baronie. Per quanto riguarda l età delle vittime, si rileva che molto colpiti risultano gli uomini dai 30 ai 40 anni e le donne dai 40 ai 50, che spesso lavorano già da almeno da 5 anni nello stesso posto di lavoro. Sembra così che in Italia questo fenomeno tenda a durare per molti anni. Questi dati si spiegano col fatto che i lavoratori di una certa età, tra i 30 e i 50, di solito hanno già un contratto a tempo indeterminato, un livello professionale medio-alto e sono, dal punto di vista dell azienda, i più difficili da licenziare. D altra parte queste persone quasi di sicuro avranno già una famiglia da mantenere, probabilmente genitori anziani da assistere a carico, mutuo da pagare, ecc. e quindi non potranno mai permettersi di accettare una buona uscita ed abbandonare il posto di lavoro. Ecco allora che tutto ciò che accade diventa una lotta per la sopravvivenza. Inoltre riguardo al genere sembrerebbe che il mobbing colpisca più le donne che gli uomini (57% delle vittime). Va

14 precisato, però che questo dato non è la percentuale generica rispetto ai mobbizzati, ma la percentuale di coloro che, ritenendosi mobbizzati, hanno richiesto un aiuto esterno e queste sono per l appunto in maggioranza donne che, per natura, non hanno sul lavoro un imperativo culturale con cui confrontarsi, sono più attente alla salute personale e più propense ad ammettere di avere problemi sul lavoro, senza vergogna di essere giudicate perdenti come invece capita spesso per gli uomini. Di contro la differenza tra fasce d età colpite di uomini e donne (30-40 per gli uomini, per le donne) si spiega col fatto che gli uomini raggiungono la massima espressione della carriera professionale in quella fascia d età e quindi diventa più facile tentare di prevaricare e superare gli altri, suscitare invidie gelosie o diventare ostacolo per i progetti degli altri. D altra parte il discorso per le donne appare meno legato a motivi professionali e più legato purtroppo a motivi estetici, considerato che una donna dopo i quaranta anni è sicuramente meno avvenente di una ventenne (considerazioni, tanto più vere e fondate in un paese come il nostro, dove la maggioranza delle cariche più alte sono appannaggio di uomini). Inoltre ancora oggi le donne hanno più difficoltà ad affermarsi nel lavoro,impiegano più tempo rispetto ad un uomo a fare carriera e se raggiungono una posizione di responsabilità o potere è proprio nella fascia d età tra i 40 e i 50. Alla luce di tutto ciò il dislivello di potere può sintetizzarsi nel concetto per cui il mobbizzato non ha le stesse capacità di difendersi dell aggressore, è confinato nella posizione più debole e destinato purtroppo inevitabilmente alla sconfitta. Di frequente poi all azione principale del mobber si affiancano altre azioni di supporto realizzate da soggetti diversi (side mobbers) i quali anche non partecipando direttamente all aggressione sono a conoscenza della trappola innescata contro la vittima,

15 aumentando così l isolamento della stessa e astenendosi da qualsiasi forma di solidarietà con il mobbizzato.

16 (INTENTO PERSECUTORIO) Esso mette in luce il fatto che il mobbing non viene perpetrato per caso, come passatempo, ma con uno scopo ben preciso. Le motivazioni che sono imprevedibili e varie sono consce, ma spesso anche inconsce; l ambizione è la spiegazione più comune, la paura di essere superati nella carriera, ma anche l invidia, la gelosia, la diversa convinzione politica o religiosa della vittima, il sesso, il tipo di educazione ricevuta ecc. trovano espressione nei comportamenti mobbizzanti. Il collante, però, in fine è sempre lo stesso ed è unico: la volontà di ledere la vittima, isolarla e colpirla. I mobbers non hanno limiti morali nelle azioni ai danni delle vittime, si passa dalle molestie morali a quelle fisiche e sessuali e tale sfrenatezza si concretizza a maggior ragione nei casi di bossing.

17 Quando il lavoratore subisce mobbing, diventa stressato, di malumore e trasferisce spesso i suoi problemi all interno della famiglia. All inizio la famiglia assorbe, fa scudo, comprende la vittima, l ascolta e la sostiene. Poi man mano si allontana, non ce la fa più, per salvarsi dalle continue lamentele e dagli sfoghi allontana ed isola anch essa la vittima che così subisce il cosiddetto doppio mobbing.

18 Abbiamo detto che la molestia non è mobbing (può essere un mezzo per attuare il mobbing). Gli scopi sono rispettivamente diversi (avvicinamento e allontanamento)

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