Repubblica Italiana. In nome del popolo italiano. La Corte dei conti. Sezione giurisdizionale d'appello per la Regione siciliana
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1 Repubblica Italiana In nome del popolo italiano La Corte dei conti Sezione giurisdizionale d'appello per la Regione siciliana composta dai magistrati: dott Salvatore Cilia dott. Luciana Savagnone dott.salvatore G.Cultrera dott. Pino Zingale dott. Valter Del Rosario Presidente Consigliere Consigliere rel. Consigliere Consigliere ha pronunciato la seguente Sentenza n. 82/A/2012 nel giudizio di appello iscritto al n. 3965/A.Resp. del registro di segreteria, proposto da A. N., elettivamente domiciliato a Palermo viale Villa Heloise 21 presso lo studio dell avv. Giuseppe Cozzo che lo rappresenta e difende contro il Procuratore regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana avverso la sentenza n. 2062/2011 dell 8 luglio 2011 della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana. Visti gli atti e i documenti di causa. Uditi nella pubblica udienza del 9 febbraio 2012 il relatore, cons. Salvatore G.Cultrera, l avv. Giuseppe Cozzo ed il P.M. nella persona del vice procuratore generale dott. ssa Maria Aronica.
2 Fatto Nelle premesse dell atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado il procuratore regionale ha riferito che la Corte di cassazione con sentenza del 28 gennaio 2008 n.6558 ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da A. N., ex dipendente della Corte dei conti con qualifica di direttore amministrativo contabile, avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo n.477/2006 con cui il medesimo era stato condannato alla pena di anni tre e mesi due di reclusione perché riconosciuto colpevole del reato di concussione (artt. 110 e 317 c.p.). La condanna penale dell A. era, quindi, divenuta definitiva Secondo la prospettazione del PM la condotta illecita, penalmente rilevante, del convenuto, accertata con sentenza divenuta irrevocabile, sarebbe altamente lesiva dell immagine dell amministrazione di appartenenza, ossia della Corte dei conti, tenuto conto della gravità, sia in astratto che in concreto, della fattispecie di reato contestata ( la concussione è da considerare il più grave reato che il pubblico ufficiale può commettere contro la PA), della qualifica rivestita dall A., dell alta posizione di garanzia della legalità costituzionalmente riconosciuta all istituzione pubblica di appartenenza, della diffusione mediatica della condotta illecita. Per quanto riguarda la quantificazione del danno all immagine il Pm ha stimato equa una condanna ad prendendo a riferimento gli indicatori di lesività dell immagine della PA già precisati in ordine alla condotta causativa di tale danno. Con sentenza n.2062 dell 8 luglio 2011 la Sezione giurisdizionale, che ha preliminarmente respinto l eccezione di prescrizione sollevata dal 2
3 convenuto, lo ha condannato al pagamento della somma di in favore della Corte dei conti. Avverso tale sentenza l A., rappresentato e difeso dall avv. Giuseppe Cozzo, ha proposto appello in cui ha esposto specifiche censure. La difesa ritiene, anzitutto, erronea la sentenza nella parte in cui ha respinto l eccezione preliminare di prescrizione. A tal fine rileva che, in base all art.1 della legge n.20/1994 e s.m.i., secondo l orientamento consolidato della giurisprudenza contabile, la prescrizione, nel caso di danno all immagine derivante da reato, decorre dal momento nel quale la condotta illecita del dipendente ha visibilità pubblica come effetto del clamor fori. Dalle allegazioni del PM risulta che la condotta causativa del danno all immagine contestata all A. si è verificata nel 1990 e che la diffusione nell ambiente sociale delle notizie relative al procedimento penale e all applicazione della misura cautelare della custodia in carcere dello stesso A. per concussione è avvenuta nel 1992 ( v. in atti copia del giornale di Sicilia del 17 gennaio 1992) e che nello stesso periodo è avvenuto il rinvio a giudizio, onde l azione di responsabilità dovrebbe essere dichiarata prescritta per decorso del quinquennio. La difesa ritiene censurabile la sentenza per motivazione contraddittoria nella parte in cui afferma che, per principio unanimemente riconosciuto dalla giurisprudenza contabile, il fatto costitutivo del danno all immagine si perfeziona soltanto al passaggio in giudicato della pronuncia del giudice penale. L affermazione nei suindicati termini, che il giudice di primo grado ritiene abbia trovato rispondenza nell art.17, comma 30 ter, del D.L. 3
4 78/2009, sarebbe contrastante, ad avviso della difesa dell appellante, con il principio di autonomia dei processi penali e di responsabilità amministrativa. D altra parte, ammesso che l art.17, comma 30 ter, del DL 78/09, ai fini della tutela risarcitoria del danno all immagine, richieda, ai sensi dell art.7 della legge n.97 del 2001, la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti per i delitti contro la PA, e, contestualmente, dispone la sospensione del decorso del termine di prescrizione fino alla conclusione del procedimento penale, non altro può significare se non che la decorrenza del termine della prescrizione sia del tutto indipendente dall accertamento penale. Nella specie non sarebbe stata applicabile ratione temporis alcuna sospensione in quanto si era verificata una situazione esaurita ( ai fini della prescrizione) prima dell entrata in vigore del citato art.17, comma 30 ter, del DL 78/09. In subordine la difesa chiede che l entità del danno sia determinata in misura minore rispetto al quantum fissato nella sentenza appellata; l A. è stato condannato per concussione semplice per un solo episodio accertato dal giudice penale; chiede che il danno all immagine da addebitare all appellante sia determinato, come di norma statuito dai giudici contabili in casi simili, in misura non superiore al doppio del frutto del reato; chiede, comunque, l applicazione del potere riduttivo. Avverso la stessa sentenza n.2602/2011 ha depositato in data 23 novembre 2011 appello incidentale la Procura generale presso questa 4
5 Sezione d Appello; l appello incidentale è stato notificato alla controparte in data 15 novembre L appellante Procura generale rileva che l entità del danno all immagine determinata dal giudice di primo grado in ,00 non sia da considerare congrua in quanto non adeguata agli indicatori lesivi dell immagine della PA presenti nella fattispecie e non rispondente ai criteri specificati nell atto di citazione. Chiede, quindi, che l ammontare di tale danno sia fissato in ,00 come indicato nell atto di citazione, avuto riguardo alle circostanze messe in evidenze dal PM tenuto conto nel caso concreto delle funzioni esercitate dall A. all interno della Corte dei conti, della gravità in sé del reato di concussione commesso e dell allarme sociale nella generalità dei consociati per l eco, anche giornalistica, della vicenda. La Procura appellante ritiene errata la motivazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto una minore rilevanza della condotta dell A. rispetto a quella del correo L., funzionario in servizio presso la Corte dei conti, non citato in giudizio perché deceduto; a tal fine osserva che nell ipotesi di responsabilità per dolo e con illecito arricchimento la normativa in materia prevede espressamente la responsabilità solidale che comporta la condanna per l intero. Chiede, quindi, alla Corte il rigetto dell appello principale e l accoglimento dell appello incidentale con conseguente riforma della sentenza statuendo la condanna dell A. al pagamento di ,00 oltre accessori. Diritto 5
6 Con sentenza n.2062 dell 8 luglio 2011 la Sezione giurisdizionale, che ha preliminarmente respinto l eccezione di prescrizione, ha condannato il convenuto A. N., ex dipendente della Corte dei conti con qualifica di direttore amministratore contabile, odierno appellante, al pagamento della somma di a titolo di danno all immagine cagionato all amministrazione di appartenenza. Nell appello avverso la suddetta sentenza la difesa dell appellante ha osservato mediante specifica censura che, dalle allegazioni del PM, risulterebbe accertato che la condotta causativa del danno all immagine contestata all A. si è verificata nel 1990, che la diffusione nell ambiente sociale delle notizie relative al procedimento penale e all applicazione della misura cautelare della custodia in carcere dello stesso A. per concussione è avvenuta nel 1992 e che nello stesso periodo è avvenuto il rinvio a giudizio, onde l azione di responsabilità per il risarcimento del danno all immagine, che si perfeziona sin dal momento nel quale la condotta illecita del dipendente ha visibilità pubblica come effetto del clamor fori, dovrebbe essere dichiarata prescritta per decorso del quinquennio. Tale motivo di censura non si ritiene fondato. Orbene, nelle premesse dell atto di citazione, emesso l 11 ottobre 2010, che ha introdotto il giudizio di primo grado, il procuratore regionale ha riferito che la Corte di cassazione, con sentenza del 28 gennaio 2008, n.6558, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da A. N. avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n.477/2006, con cui il medesimo era stato condannato alla pena di 6
7 anni tre e mesi due di reclusione perché riconosciuto colpevole del reato di concussione (artt. 110 e 317 c.p.). Secondo la prospettazione accusatoria, fatta palese nell atto di citazione, la condotta illecita del convenuto in quanto penalmente rilevante, accertata con sentenza in via definitiva, sarebbe altamente lesiva dell immagine dell amministrazione di appartenenza ( Corte dei conti), tenuto conto della gravità, sia in astratto che in concreto, della fattispecie di reato contestata, per cui il PM ha dedotto che il danno all immagine si era nel caso concreto perfezionato nei suoi elementi costitutivi in seguito della pubblicazione della sentenza definitiva di condanna con irrogazione della pena per il reato di concussione commesso dall odierno appellato. Risulta, pertanto, accertato in modo incontestabile che l azione di responsabilità, come da esplicita ed articolata formulazione contenuta nell atto di citazione ( pagg.1 e 2 dell atto di citazione), è stata promossa in conseguenza del passaggio in giudicato della pronuncia di condanna del convenuto in sede penale, divenuta come tale irrevocabile, che è stata ritenuta elemento costitutivo della fattispecie di danno all immagine. Tanto premesso, il Collegio ritiene, conformemente a quanto statuito nella sentenza appellata, che il deposito della pronuncia della Cassazione, che ha sancito definitivamente la sussistenza della responsabilità penale dell appellante, costituisce circostanza dirimente per la individuazione del dies a quo della prescrizione del diritto al risarcimento del danno all immagine azionato dal PM. 7
8 Nel presente caso non si è maturata alcuna prescrizione prendendo a riferimento la data del 28 gennaio 2008, di pubblicazione della sentenza della Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall A. avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n.477/2006, e la data del 10 giugno 2010, di notifica all A. dell invito a dedurre. La reiezione del motivo di appello motivata nei termini sopra esposti rispecchia l orientamento costante di questa Sezione, già manifestato in epoca di molto precedente all entrata in vigore dell art.17, comma 30 ter del D.L. n.78/2009, al quale l avv. Cozzo ha fatto riferimento con diversa prospettiva nell atto di appello. Invero, nella fattispecie del danno all immagine, gli elementi necessari per poter esperire l azione risarcitoria sono molteplici e non si limitano al discredito subito dall amministrazione in conseguenza della conoscenza da parte dell opinione pubblica della notizia della commissione di un reato da un pubblico dipendente contro la pubblica amministrazione, dato che il danno può porsi a carico del dipendente medesimo solo se la notizia sia fondata, vale a dire se il fatto di reato attribuito sia vero. Pertanto il pubblico ministero contabile non può iniziare l azione risarcitoria se non è accertata in sede penale la colpevolezza del dipendente. L adesione a tale prospettazione, in ordine ai presupposti necessari perché sia configurabile il danno all immagine della PA, non pone alcun problema di interferenza con il principio di autonomia del giudizio di responsabilità amministrativa dal giudizio penale e viceversa. 8
9 Nel caso che qui interessa, la mancata definizione del processo penale non viene considerata come un ostacolo di natura processuale all esercizio dell azione risarcitoria pubblica; nel processo contabile instaurato per l accertamento del danno all immagine della PA la condanna in sede penale definitiva del dipendente ( a legislazione vigente solo per i reati contro la pubblica amministrazione ai sensi dell art.17, comma 30 ter del D.L. n.78/2009 che rinvia all art.7 della legge n.97 del 2001) viene, infatti, in evidenza come elemento di fatto costitutivo del danno all immagine, il cui verificarsi è condizione necessaria per l esercizio della stessa azione risarcitoria (cfr ex multis di questa Sezione n.61/2005; n.253 del 2009). In relazione all ulteriore motivo di appello in cui l A. richiede che l entità del danno sia determinata in misura minore rispetto al quantum fissato nella sentenza appellata, il Collegio ritiene che l ammontare del danno all immagine statuito in ,00 nella sentenza appellata, non rispecchi esattamente la caratterizzazione nel concreto della fattispecie di danno addebitata all A.. Come sottolineato nel ricorso di appello, siccome risulta dalle sentenze penali in atti, l A. è stato condannato per concussione semplice per un solo episodio accertato dal giudice penale in cui si faceva corrispondere lire per la sollecita evasione delle liquidazioni dei crediti vantati verso la Regione siciliana da una clinica privata che operava in regime di convenzionamento. Sulla base degli esposti elementi il Collegio determina in via equitativa in euro ,00 l ammontare del risarcimento del danno all immagine a carico dell A.. 9
10 Conseguentemente si rigetta l appello incidentale proposto dalla Procura generale presso questa Sezione. Per quanto riguarda il parametro di riferimento indicato nell appello incidentale, ai fini della determinazione della misura del danno all immagine da porre a carico dell appellante A., desunto dalla sentenza n.333/2006 della Sezione giurisdizionale siciliana pronunciata in un caso di danno all immagine di particolare gravità sanzionato con una condanna di ,00, deve precisarsi che il riferimento alla suddetta sentenza n.333/2006 si rivela manifestamente improprio trattandosi nella specie di sentenza riguardante un ipotesi di danno all immagine del tutto diversa e, peraltro, non definitiva avverso la quale è stato proposto appello dal convenuto che è stato condannato a risarcire il danno all immagine; in atto il giudizio d appello risulta sospeso ai sensi dell art. 295 c.p.c. con ordinanza di questa Sezione 117/2007 in attesa della definizione del ricorso per revisione della condanna penale chiesta dall interessato dinanzi al giudice penale. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale di appello per la Regione siciliana, definitivamente pronunziando, accoglie parzialmente l appello e in riforma in parte qua della sentenza appellata n. 2062/2011, condanna A. N. al pagamento in favore della Corte dei conti della somma di ,00. Rigetta l appello incidentale proposto dalla Procura generale Condanna l appellante A. alle spese del giudizio che si liquidano in euro 410,64 (quattrocentodieci/64). 10
11 Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 9 febbraio L estensore f.to ( Salvatore G.Cultrera) Il presidente f.to ( Salvatore Cilia) Depositata oggi in segreteria nei modi di legge. Palermo, 27/02/2012 Il direttore di cancelleria f.to (dott. Nicola Daidone) 11
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