CAPITOLO 1. L influenza aviaria. Eziologia ed ecologia

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1 CAPITOLO 1 L influenza aviaria Eziologia ed ecologia Il virus dell influenza aviaria appartiene al genere Orthomyxovirus, famiglia Orthomyxoviridae. E un virus a RNA monocatenario a polarità negativa, dotato di envelope, di grandezza compresa tra 80 e 100 nm. Il genoma dei virus influenzali è formato da 8 geni che hanno la caratteristica di essere segmentati e questo fatto ne condiziona le proprietà biologiche permettendo il fenomeno del riassortimento genico. Gli otto segmenti genici dei virus influenzali codificano per 10 proteine 3 delle quali, comprese nell envelope, ricoprono un ruolo importante perché stimolano, in vario grado, la principale risposta immunitaria neutralizzante dell ospite. Esse sono l emoagglutinina (HA) che media l interazione tra virus e recettori della cellula ospite, la neuraminidasi (NA) che facilita il rilascio della progenie virale dalle cellule infette e la proteina di matrice 2 (M2) che funziona da canale ionico regolando il ph interno del virus. I virus dell influenza possono essere divisi in tre tipi: A, B e C, sulla base delle differenze antigeniche delle proteine interne NP ed M1. Tutti i virus dell influenza aviaria sono classificati come tipo A. A loro volta i virus del tipo A possono essere suddivisi in 16 sottotipi sulla base dell antigene emoagglutinante (HA) (Fouchier et al. 2005). Sono stati identificati inoltre 9 sottotipi di neuraminidasi (NA) antigenicamente differenti. Tutte le combinazioni degli antigeni HA e NA sono possibili e sono state isolate dai volatili selvatici a testimonianza dell estrema variabilità genetica e antigenica di questi virus (Alexander 2000). Dal punto di vista della patogenicità nei volatili, i virus dell influenza aviaria vengono classificati in virus influenzali a bassa patogenicità (LPAI, dall inglese Low Pathogenicity Avian Influenza) causata dai ceppi virali appartenenti a tutti i sottotipi conosciuti (H1H16) e in virus ad alta patogenicità (HPAI, dall inglese High Pathogenicity Avian Influenza) causata da virus appartenenti solo ai sottotipi H5 e H7. Questi ceppi virali derivano da progenitori H5 e H7 a bassa patogenicità attraverso

2 fenomeni di mutazione genetica noti con il nome di genetic shift e genetic drift, che sono il risultato di un tentativo di adattamento del virus dall ospite naturale (uccello selvatico) all ospite domestico (pollotacchino). Dal punto di vista molecolare, i ceppi virali del sottotipo H5 e H7 ad alta patogenicità contengono aminoacidi basici multipli (MBAA) a livello del sito di clivaggio della molecola della emoagglutinina. Questa glicoproteina è presente nell envelope del virus come precursore H0. Il clivaggio di questa molecola in due sub unità (H1 e H2) è un passaggio essenziale per conferire infettività alle particelle virali. La presenza o l assenza di MBAA nel sito di clivaggio condiziona la scissione enzimatica della molecola. Infatti, la presenza di MBAA permette il clivaggio del precursore H0 da parte di proteasi ubiquitarie (tra cui la furina) largamente presenti nei tessuti dell ospite. La replicazione virale può quindi avvenire in numerosi organi determinando un infezione generalizzata che conduce a morte il soggetto. Nei ceppi virali a bassa patogenicità, che non contengono MBAA nel sito di clivaggio, il precursore H0 può essere scisso solo dalla tripsina o da enzimi tripsinosimili. Ne consegue che la replicazione di questi ceppi virali risulta limitata ai tessuti dove questi enzimi sono naturalmente presenti, principalmente l epitelio del tratto intestinale, respiratorio e riproduttivo. In questo ultimo caso la sintomatologia clinica rimane localizzata a questi apparati (Alexander 2000). L ecologia dell influenza aviaria coinvolge prevalentemente i volatili acquatici, ospiti naturali dei virus dell influenza tipo A. In diverse aree geografiche il ruolo delle varie specie selvatiche può essere più o meno rilevante, ma in generale le specie appartenenti agli ordini Anseriformi (anatre e oche), Caradriformi (gabbiani, cormorani) e Limicoli (pivieri, piovanelli) sono quelli più importanti. In queste specie i virus influenzali sono in equilibrio con l ospite in una sorta di stasi evolutiva; l infezione si mantiene col passaggio attraverso la contaminazione delle acque di superficie dagli adulti infetti ai giovani recettivi. Dai volatili selvatici, attraverso il contatto diretto o indiretto, i virus influenzali possono poi passare ad altre specie avicole domestiche. Dai volatili selvatici sono stati isolati virus influenzali con prevalenze che variano in funzione delle specie campionate, del periodo e dell area geografica. Fino ad oggi, dai volatili selvatici erano stati isolati solo virus a bassa patogenicità e, a parte un episodio nel 1968 in Sud Africa, in tali volatili non si erano mai osservate forme cliniche o mortalità (Alexander 2000). Al contrario il virus H5N1 ad alta patogenicità, che dal 2

3 2003 circola nel Sud Est Asiatico e che recentemente ha raggiunto anche Europa ed Africa è stato più volte isolato da selvatici dando una svolta al ruolo di questi volatili nell ecologia dell influenza aviaria. Prima della diffusione di questo virus, la comparsa di sintomi e lesioni negli uccelli acquatici in seguito ad infezione con virus influenzali HPAI era considerato un evento estremamente raro. Oggi si è costretti a rivedere questo dato perché il virus H5N1 ha provocato e continua a provocare la morte di migliaia di uccelli acquatici migratori da oriente ad occidente e sempre più queste specie sono indicate come vettori di influenza aviaria o al limite di campanelli d allarme per segnalarne l arrivo in paesi indenni. È stato dimostrato che, benché l infezione da virus influenzali aviari sia stata osservata in circa 100 diverse specie di volatili sia domestici che selvatici, non tutte le specie hanno la stessa sensibilità all infezione (Alexander 2000). In particolare, tra le specie domestiche il tacchino ha manifestato un estrema sensibilità alla patologia dal momento che può essere infettato anche con basse cariche virali (Werner et al. 2000; Tumpey et al. 2004), mentre il piccione ha dimostrato una resistenza elevata all infezione (Kaleta & Honicke 2004; Werner et al. 2007). Tra le specie non aviarie suscettibili all infezione, il suino svolge un ruolo di rilievo; esso presenta, infatti, una costellazione recettoriale, a livello dell epitelio respiratorio, che rende possibile l infezione e la replicazione sia dei virus influenzali aviari che dei virus influenzali dei mammiferi, compresi quelli umani. Questa caratteristica rende il suino una fonte potenziale di nuovi ceppi virali pandemici (mixing vessel), dal momento che con la coinfezione di una medesima cellula con virus influenzali di origine umana ed aviaria si potrebbe generare, mediante riassortimento, una progenie virale nuova, capace di replicare nell uomo e con caratteristiche antigeniche e di patogenicità non prevedibili (Ito et al. 1998). Di recente è stato osservato che anche la quaglia possiede delle caratteristiche recettoriali, a livello tracheale e intestinale, che rendono possibile l interazione con virus influenzali di origine non solo aviaria ma anche umana. Anche la quaglia potrebbe quindi essere un ospite idoneo alla creazione di nuovi riassortanti influenzali (Wan & Perez 2005; Guo et al. 2007).Il fenomeno del riassortimento è stato dimostrato più volte: geni di origine aviare sono stati identificati infatti in alcuni virus suini, di mammiferi marini ed umani (Alexander 2006). 3

4 Di recente, in seguito alla diffusione del sottotipo virale H5N1 HPAI, si sono osservati casi d infezione in felidi. Il virus H5N1 HPAI è, infatti, in grado di infettare animali di questa famiglia determinando gravi forme cliniche, spesso letali. Casi di infezione sono stati registrati in felini selvatici (tigri e un leopardo) in Tailandia e in tre gatti domestici in Germania. Uno studio condotto nel 2004 in Olanda ha evidenziato che, in condizioni sperimentali, il gatto si infetta con il virus H5N1, si ammala e può trasmettere il contagio ad altri gatti. I risultati di questa indagine rendono necessari ulteriori studi volti a definire il ruolo del gatto nella diffusione del virus H5N1, seppure è bene ricordare che ad oggi nessun caso umano di infezione è stato ricondotto all esposizione a gatti infetti (Keawcharoen et al. 2004; Thanawongnuwech et al. 2005; Kuiken et al. 2004). L estrema diffusione dei virus aviari e la loro capacità di riassortarsi, che li rende in grado di adattarsi a nuovi ambienti e a nuove specie, fanno si che questo agente eziologico sia uno dei più probabili candidati alla prossima pandemia umana. 1.2 Epidemiologia e sorveglianza Praticamente tutti i volatili, anche se in modo diverso, sono suscettibili all infezione da influenza aviaria. I volatili selvatici, in particolare Anseriformi (anatre e oche) e Caradriformi (gabbiani, cormorani, pivieri ), sono i serbatoi naturali di questi virus e hanno un ruolo importante nell epidemiologia ed ecologia dell influenza aviaria. Questi uccelli in natura si infettano attraverso il contatto diretto (via orofecale), oppure dall ambiente (acque superficiali contaminate). Gli uccelli selvatici infettati raramente presentano sintomi clinici, ma attraverso le feci possono liberare nell ambiente grandi quantità di virus. Gli Anseriformi inoltre possono infettarsi con più virus influenzali contemporaneamente ed essere quindi sede di riassortimento genico. Il virus si può trasmettere anche ai volatili domestici, per contatto diretto con uccelli selvatici o indirettamente attraverso le acque contaminate dalle loro feci. Oltre agli uccelli selvatici e domestici, i virus influenzali aviari si possono trasmettere anche a diverse specie di mammiferi, in particolare il suino. In questo ciclo può rientrare anche l uomo, che sporadicamente si può infettare per esposizioni a volatili domestici ammalati. 4

5 Considerazioni a parte devono essere fatte per i virus influenzali aviari dei sottotipi H5 e H7. La circolazione di tali sottotipi nei serbatoi selvatici ed il passaggio di questi nei volatili domestici può indurre la trasformazione dei virus influenzali aviari da agenti di infezione lievi o asintomatiche (virus a bassa patogenicità LPAI), in virus ad alta patogenicità (HPAI), in grado di causare forme generalizzate ad elevata mortalità. Questa trasformazione è l effetto di mutazioni adattative a cui vanno incontro i virus influenzali aviari sottotipo H5 e H7 nei volatili domestici. Tale evenienza si è verificata negli anni recenti anche in Italia ( ) dove un virus influenzale sottotipo H7N1 LPAI, dopo aver circolato per circa 10 mesi nelle popolazioni di volatili domestici delle regioni Veneto e Lombardia, è mutato in uno stipite ad alta patogenicità. Il virus H7N1 HPAI ha dato poi origine ad una delle più devastanti epidemie di influenza aviaria ad alta patogenicità che si siano mai verificate in Europa (413 focolai in allevamenti prevalentemente industriali, soprattutto localizzati nelle 2 regioni sopra menzionate e con sporadiche segnalazioni anche in Friuli, Piemonte e Sardegna) (Capua et al. 2003). In seguito a quest evento, nelle successive epidemie a bassa patogenicità che si sono verificate in Veneto e Lombardia dal 2000 al 2005 anche per i virus LPAI si sono applicate adeguate misure di eradicazione/controllo (abbattimento, macellazione controllata, e vaccinazione) che hanno impedito l attiva circolazione di tali virus nelle popolazioni di volatili e quindi la possibilità di mutare in stipiti ad alta patogenicità. Nel corso degli ultimi anni si è assistito ad eventi rilevanti per l epidemiologia e l ecologia dei virus influenzali aviari; l epidemia causata dal virus aviario HPAI sottotipo H5N1 ha presentato in particolare due aspetti: l endemizzazione dell infezione nelle popolazioni avicole domestiche (anatre e oche) soprattutto nel Sud Est Asiatico e la sua diffusione su lunghe distanze attraverso uccelli selvatici migratori. Mentre l endemizzazione dell infezione nei domestici aumenta il rischio di infezione per l uomo, il coinvolgimento dei volatili migratori provoca nuovi problemi per il controllo dell infezione. Al fine di poter tempestivamente identificare focolai di influenza aviaria, in particolare da sottotipi H5 e H7, sono stati quindi sviluppati impegnativi sistemi di sorveglianza a livello comunitario. Tale sorveglianza ha coinvolto diversi apparati, tra i quali i servizi veterinari, esperti di fauna selvatica ed ornitologi, ed ha riguardato sia i volatili domestici sia i selvatici. L Italia, per esempio, ha attivato da anni il piano di sorveglianza nazionale con l obiettivo generale di garantire un sistema di allerta rapido 5

6 per la precoce identificazione di focolai da virus dei sottotipi H5 ed H7 negli allevamenti e l immediata adozione di misure di controllo, considerando i rischi per la salute umana e degli animali, e le conseguenze economiche e sociali collegate alle epidemie d influenza aviaria. Gli aspetti operativi della sorveglianza riguardano la definizione della popolazione avicola da sorvegliare ed i criteri di selezione degli allevamenti a maggiore rischio di infezione. Per i volatili domestici si includono tutte le specie di volatili d allevamento: pollo, tacchino, faraona, selvaggina (quaglia, starna, fagiano, ecc.) ratiti, oche ed anatre e gli allevamenti di svezzamento. Per la scelta degli allevamenti sono stati considerati i seguenti fattori di rischio: allevamenti free range e all aperto, che sono considerati i punti a maggior rischio per i possibili contatti con volatili selvatici potenzialmente infetti; allevamenti multi età; allevamenti multi specie; animali a lunga vita produttiva. Negli allevamenti selezionati, su un campione rappresentativo di volatili vengono effettuati controlli sierologici e virologici per evidenziare l eventuale presenza dell infezione. Tra i volatili selvatici, inclusi nella sorveglianza in seguito alle osservazioni di infezione in varie specie migratrici e al loro coinvolgimento nella diffusione del virus H5N1, sono stati considerati soprattutto quelli acquatici (gli Anatidi, i Caradriformi e i Limicoli). Oltre al monitoraggio attivo nelle specie selvatiche acquatiche, la sorveglianza passiva si avvale della segnalazione e raccolta di uccelli morti o ammalati, con il contributo della cittadinanza e di varie istituzioni (Forze dell ordine, Vigili del fuoco). Quest ultima attività è stata particolarmente intensa ed ha consentito l individuazione dei casi di infezione da H5N1 osservati in Italia in cigni selvatici (Beato et al. 2006). I risultati dell attività di sorveglianza sui domestici supportano la tesi che gli allevamenti all aperto, in particolare quelli rurali e gli agriturismi, rappresentino un fattore di rischio di introduzione di virus influenzali aviari dalle popolazioni selvatiche alle domestiche. Pertanto l adozione di rigorose misure di biosicurezza, soprattutto a livello degli allevamenti industriali, risulta una misura indispensabile per la riduzione di 6

7 tale rischio. Al momento, i punti critici del sistema sono rappresentati dalla difficoltà di attuazione di efficaci misure di biosicurezza negli allevamenti rurali, dalla scarsità di informazioni sul ruolo dei volatili selvatici nel trasportare i virus H5N1 e gli altri sottotipi e nella sopravvivenza del virus nell ambiente. La sorveglianza pertanto resta uno strumento indispensabile per identificare precocemente l introduzione di nuovi virus nel territorio e quindi per porre in atto tempestivamente tutte le strategie di controllo della malattia Strategie di controllo L influenza aviaria, soprattutto nella sua forma ad alta patogenicità (HPAI), una volta introdotta nel comparto produttivo industriale, è una malattia estremamente contagiosa e diffusiva. In genere la malattia si diffonde all interno di uno stesso allevamento per contatto diretto, mentre si propaga da allevamento ad allevamento attraverso la circolazione, il movimento o gli spostamenti di uccelli infetti, attrezzature contaminate, contenitori delle uova, veicoli per il trasporto dei mangimi e personale. Non sempre è possibile identificare con certezza le fonti di contagio per le aziende e le vie di diffusione della malattia in un territorio. Gli effetti dell influenza aviaria sulle produzioni avicole, soprattutto in aree densamente popolate di allevamenti, sono devastanti: In Italia nel sono stati abbattuti o sono morti in totale 16 milioni di volatili (Capua et al. 2003b), in Olanda nel 2003 i volatili morti o abbattuti sono stati circa 30 milioni (Elbers et al. 2004). In entrambi gli episodi l impatto economico è stato enorme. In Italia, oltre all episodio causato da HPAI, si sono verificate successive epidemie di virus aviari a bassa patogenicità (LPAI) di sottotipo H5 e H7. In generale, il controllo dell influenza aviaria nelle aree ad elevata densità di allevamenti avicoli (DPPA), si basa sulla prevenzione nei confronti dell introduzione di virus negli allevamenti industriali e sulla eradicazione della malattia una volta identificata. Le misure di prevenzione si attuano con l applicazione rigorosa delle norme di biosicurezza negli allevamenti. Con l O.M. 10 Ottobre 2005, vengono indicate le misure di biosicurezza da applicare e in particolare si identificano requisiti strutturali e norme di comportamento che si devono garantire in allevamento. In seguito alle recenti 7

8 evoluzioni della situazione internazionale dell epidemia da virus HPAI H5N1, che ha visto la sua rapida diffusione in Europa attraverso i volatili migratori, le norme di biosicurezza sono state estese anche agli allevamenti rurali, identificati come momento di rischio per l introduzione del virus nel circuito degli avicoli domestici in seguito a contatti con uccelli selvatici. In associazione alle norme di biosicurezza, l attuale direttiva 2005/94/CE del 20 dicembre 2005 sulle misure di controllo dell influenza aviaria contempla anche l uso della vaccinazione. L Italia ha per prima applicato sia la vaccinazione d emergenza che quella preventiva (Marangon & Capua 2006; Marangon et al.2008) La vaccinazione in situazioni d emergenza è stata applicata nell area ad elevata densità di allevamenti avicoli (DPPA) delle province di Verona, Brescia e Mantova, durante le precedenti esperienze di epidemie di LPAI. Il programma di vaccinazione DIVA (Differentiating Infected from Vaccinated Animals) utilizzato in tali situazioni, è basato sulla vaccinazione eterologa. In sintesi, poiché l antigene che induce la produzione di anticorpi neutralizzanti è rappresentato da una emoagglutinina, è stato usato un vaccino marker naturale contenente un isolato con emoagglutinina omologa e neuraminidasi eterologa. Negli allevamenti vaccinati si applicano quindi test sierologici sviluppati ad hoc (test discriminatorio) capaci di distinguere i diversi tipi di anticorpi antineuraminidasi (ad esempio: antin1 e antin3), allo scopo di monitorare la situazione epidemiologica. Oltre alla vaccinazione in emergenza, l attuale normativa prevede anche l applicazione di una vaccinazione preventiva, da prendere in considerazione sulla base dell analisi del rischio. Le misure di controllo/eradicazione della malattia una volta accertata la sua presenza sono indicate nella Direttiva 2005/94/CE e si basano sull abbattimento o la macellazione controllata degli avicoli presenti nelle aziende infette e sul divieto di accasamento delle aziende, accompagnate da misure di restrizione sulla movimentazione degli animali vivi, veicoli e personale all interno delle aree a rischio. L aspetto innovativo introdotto da questa normativa è la comparazione in termini di intensità di misure d intervento, delle infezioni a bassa e ad alta patogenicità causate da sottotipi H5 e H7. Il controllo delle infezioni di influenza aviaria nelle DPPA è una sfida impegnativa e l efficacia delle misure di controllo è legata ad una serie di variabili. 8

9 Queste includono principalmente le caratteristiche biologiche del ceppo virale coinvolto, la specie avicola e la sua densità al momento dell introduzione dell AI, e l organizzazione funzionale sia dell industria avicola che dei servizi veterinari nell area. L esperienza scaturita dalle epidemie italiane suggerisce che i Paesi a rischio di infezione dovrebbero possedere delle procedure di emergenza prestabilite e una preparazione generale allo scopo di affrontare l influenza aviaria in modo efficace. Da ricordare infine che la disponibilità di una base legale ben strutturata per il controllo della LPAI, la pronta disponibilità di vaccino, la situazione economica generale e la motivazione di allevatori e ditte ad eliminare l infezione giocano un ruolo predominante nell eradicazione dell infezione Presenza del virus dell influenza aviaria nei prodotti avicoli Valutare la capacità di diffusione del virus influenzale aviario nei diversi prodotti di origine avicola è uno tra i più importanti obiettivi attuali della ricerca scientifica. Il ruolo delle ricerche orientate in questo senso non è solo quello di assicurare al consumatore finale un prodotto sicuro da rischi infettivi ma è anche quello di fornire un solido supporto scientifico per la creazione di un adeguato apparato normativo per il commercio e per gli scambi internazionali in modo da prevenire l introduzione del virus influenzale attraverso i prodotti avicoli. Numerosi sono i fattori che devono essere considerati valutando il rischio di introduzione del virus dell influenza aviaria nei prodotti avicoli. La diffusione del virus nei diversi organi ed apparati dell ospite aviario è, infatti, influenzata dalle caratteristiche del ceppo influenzale coinvolto, dalle condizioni ambientali, dalla specie del soggetto infettato e all interno di una stessa specie da diversi fattori legati all individuo. L infezione con i virus HPAI, specialmente in polli e tacchini, determina un intensa viremia e il virus può essere riscontrato non solo nei tratti respiratorio ed enterico ma anche in altri organi e tessuti quali pancreas, milza, cuore, fegato, rene, sistema nervoso, tessuto muscolare scheletrico e cute (Starick & Werner 2003). Più limitata è invece generalmente la diffusione dei virus influenzali LPAI, la cui replicazione rimane confinata principalmente ai tratti respiratorio ed intestinale. Tuttavia, specie nel tacchino, i virus LPAI sono stati più volte responsabili di infezioni 9

10 generalizzate ed il virus influenzale, nonostante la limitata patogenicità, non è rimasto confinato al tratto enterico e respiratorio come atteso (Mutinelli et al. 2003). Ne consegue che anche per i virus LPAI non sempre è possibile escludere la diffusione in organi ed apparati destinati al commercio ed all alimentazione umana. Molti studi sono stati realizzati al fine di rilevare la presenza del virus influenzale nelle uova destinate al consumo e numerosi autori hanno riconosciuto la presenza del virus sulla superficie e all interno di uova depositate da ovaiole infettate da virus HPAI (Moses et al. 1948; Beard et al. 1984; Narayan et al. 1969; Cappucci et al. 1985; Bean et al. 1985; Starick & Werner 2003). I risultati di queste indagini evidenziano che le uova da consumo provenienti da ovaiole infettate da virus HPAI rappresentano un potenziale veicolo di diffusione dei virus influenzali ad alta patogenicità. L infezione di galline ovaiole con ceppi influenzali a bassa patogenicità sembra avere, invece, un significato epidemiologico ben diverso. Ad oggi, infatti, non è mai stata dimostrata la presenza di virus influenzali all interno di uova deposte da ovaiole infettate da virus LPAI (Swayne & Beck 2004; Lu et al. 2004). E comunque importante sottolineare che i virus LPAI sono presenti in grande quantità nelle feci di volatili infetti ed è frequente che il materiale fecale contamini la superficie delle uova deposte. Per tale motivo è importante che le uova da consumo vengano opportunamente trattate in modo da ridurre al minimo la contaminazione fecale superficiale ed il rischio di diffusione dei virus influenzali LPAI attraverso tale prodotto. Un numero limitatissimo di studi sono invece stati condotti sui prodotti d uovo. Swayne e Beck (2004) hanno condotto una serie di esperimenti con l obiettivo di valutare l inattivazione termica di 2 virus influenzali, rispettivamente ad alta ed a bassa patogenicità, in diversi prodotti d uovo commercializzati. In tale studio gli autori hanno osservato che le temperature di pasteurizzazione applicate a livello industriale sono in grado di ridurre notevolmente il titolo virale in diversi prodotti d uovo (omogenato di uova intere, tuorlo salato). E comunque doveroso condurre ulteriori indagini al fine di stabilire i limiti di sopravvivenza del virus influenzale nei diversi prodotti d uovo. Alcuni recenti episodi di infezione nei mammiferi da virus del sottotipo virale H5N1 HPAI asiatico sono stati ricondotti all assunzione di carne avicola infetta o prodotti alimentari a base di prodotti avicoli infetti consumati crudi. In diverse specie di volatili i virus HPAI determinano viremia ed infezione sistemica con replicazione virale 10

11 anche a livello delle masse muscolari. Diversi studi hanno evidenziato la presenza del virus HPAI nelle carni di volatili infetti (Mo et al. 1998; Perkins & Swayne 2001; Tumpey et al. 2002, 2003; Lu et al. 2003; Swayne & Beck 2005) dove per carne si intendono tutte le parti edibili di un volatile dopo la macellazione compreso il sangue (Regolamento 853/2004/CE). Purchase (1931) è stato in grado di dimostrare che polli nutriti con muscolo proveniente da animali infettati da virus HPAI si infettano mettendo in evidenza il ruolo epidemiologico che le carni infette possono avere nella trasmissione del virus tra gli animali. Ad oggi sono invece limitate le informazioni relative alla presenza dei virus LPAI nel muscolo di volatili infetti e sono ancora molte le incertezze sui reali rischi di trasmissione di virus LPAI attraverso le carni. Negli studi di Mo et al. (1998) e Swayne e Back (2005) non è stata identificata nessuna positività nel muscolo di polli sperimentalmente infettati con virus LPAI a bassa patogenicità. Tali risultati sono in contrasto con quanto osservato da Kishida e colleghi (2004). Questi ultimi autori hanno, infatti, riportato l isolamento di un virus H9N2 LPAI dalle carni di un pollo di importazione e sono stati in grado di mostrare la presenza del virus nei muscoli di polli infettati sperimentalmente con lo stesso virus isolato. Tutto questo, se non fosse per le osservazioni di Kishida e collaboratori, porterebbe a credere che il rischio di riscontrare il virus influenzale LPAI nelle carni di volatili infetti sia molto basso e che il più grande rischio reale potrebbe derivare dalla contaminazione delle carni con feci infette nelle fasi di macellazione. Resta il fatto che l importazione di prodotti di origine avicola provenienti da animali infetti è una delle vie più comuni di introduzione dei virus influenzali in un paese (Beato et al. 2007a; Anonimo 2007). Al di là di queste considerazioni la presenza di virus nelle carni potrebbe essere legata anche al ceppo virale coinvolto nell infezione ed è importante quindi effettuare una valutazione del rischio distinta caso per caso. E comunque essenziale ricordare che la modalità di preparazione della carne dopo la macellazione potrebbe avere un effetto significativo sulla sopravvivenza del virus influenzale. Tutti i virus influenzali sono, infatti, estremamente sensibili ai valori di ph acido e vengono facilmente inattivati dai trattamenti termici. Tuttavia scarse indagini sono state fino ad oggi effettuate per valutare la resistenza del virus dell influenza nei prodotti di carne. In letteratura viene riportato che i valori termici di inattivazione del virus corrispondono a 15 minuti a 56 e 5 minuti a 62 C (King 1991; 11

12 Easterday & Beard 1984) ma non sono attualmente disponibili studi in cui siano state costruite le curve di inattivazione termica. Ulteriori indagini dovranno quindi essere compiute al fine di meglio comprendere quali trattamenti termici siano più idonei a ridurre il rischio di infettività delle carni di pollame. Cosiccome sono necessari maggiori informazioni sul rischio di contaminazione virale delle carni dei volatili appartenenti alle specie minori. E noto che la vaccinazione è in grado di ridurre i sintomi di malattia e lo shedding virale in animali infettati sia con virus ad alta che a bassa patogenicità (Capua et al. 2003a; Beato et al. 2007b; Terregino et al. 2007a). Swayne e Beck nel 2005 e Beato e colleghi nel 2007 hanno dimostrato che la vaccinazione è efficace anche nel prevenire la diffusione virale nelle carni di volatili vaccinati, ma è indispensabile aumentare i dati disponibili aumentando i ceppi virali testati e le specie aviarie vaccinate. 1.5 Influenza aviaria e suoi riflessi zoonosici I virus influenzali aviari sono da tempo noti per la loro potenzialità di infettare naturalmente numerose specie animali, tra cui suini, mammiferi marini, equini, mustelidi, felidi e l uomo. Nell uomo, già dalla metà degli anni 90 si sono osservate infezioni sporadiche da vari sottotipi di virus influenzali aviari in seguito all esposizione a volatili infetti. Nel maggio del 1997 ad Hong Kong, un virus del sottotipo H5N1 ad alta patogenicità, durante un epidemia di influenza avaria nel pollame domestico, causò 18 casi di infezione nell uomo, 6 dei quali ad esito fatale. Il virus isolato dai casi umani era geneticamente indistinguibile da quello isolato dal pollame domestico locale. Dal 2003, quando questo virus è ricomparso causando nuovi focolai nei volatili in diversi paesi del Sud Est Asiatico, si è osservata una crescita allarmante di casi di trasmissione interspecie, con evidenze di gravi infezioni nell uomo, spesso ad esito fatale. Ad oggi sono riportati 393 casi infezione umana da virus H5N1 HPAI di cui 248 letali (WHO, aggiornato al 7 gennaio 2009). Bisogna però ricordare che anche altri sottotipi influenzali aviari, ad es. il virus H7N7 e H9N2, hanno causato infezioni nell uomo. In particolare il virus H7N7 HPAI ha causato numerose infezioni asintomatiche o con andamento clinico lieve, manifestandosi nella gran parte dei casi come forme similinfluenzali e/o congiuntiviti 12

13 acute, ma ha causato anche un decesso in seguito ad insorgenza di insufficienza respiratoria e renale. Di questo virus è stata anche dimostrata la capacità di trasmettersi tra esseri umani (Koopmans et al. 2004). La capacità dei virus influenzali aviari di infettare anche altre specie e in particolare l uomo è oggetto di studio per poter comprendere come si possono generare nuovi virus influenzali umani. Recenti osservazioni sperimentali hanno evidenziato come i virus influenzali aviari ed umani riconoscano fondamentalmente diversi recettori cellulari (α2,3 e α2,6 acidi sialici, rispettivamente); questo definisce il loro spettro d ospite. D altra parte, si è recentemente osservato come nell uomo, entrambi i tipi di recettori siano presenti, ma distribuiti in modo quantitativamente opposto e su popolazioni cellulari diverse rispetto a quanto visto nei volatili (Ibricevic et al. 2006; Nicholls et al. 2007). Si ha quindi l evidenza di una possibile compatibilità biomolecolare tra mammiferi (uomo incluso) e virus influenzali aviari, ma a causa delle differenze nella distribuzione recettoriale la possibilità d infezione umana con virus aviari e l efficienza di trasmissione interumana dell infezione sono estremamente ridotte. Queste evidenze comunque non spiegano completamente i meccanismi di infezione dei virus aviari, che si sono dimostrati complessi e legati a numerosi fattori sia cellulari che virali. L aspetto che desta maggiori preoccupazioni è la situazione epidemiologica del virus H5N1 ad alta patogenicità. Dal 2003 questo virus ha iniziato una rapida diffusione, ed oggi la sua presenza nel pollame o nei volatili selvatici è stata confermata in oltre 40 paesi in Asia, Africa ed Europa. Probabilmente in seguito a questa sua impressionante circolazione, il virus H5N1 è andato incontro a fenomeni adattativi e a mutazioni, acquisendo caratteristiche del tutto nuove per un virus influenzale aviario. La diffusione del virus H5N1 ad alta patogenicità, la sua endemizzazione nelle specie domestiche in alcune aree Sud Est Asiatico e dell Africa e le caratteristiche di sussistenza che allevamento avicolo ha nelle aree maggiormente coinvolte dall epidemia, favorisce l esposizione a volatili infetti e quindi l instaurarsi dell infezione nell uomo. Infatti, come i virus influenzali aviari si trasmettono tra i volatili per via diretta, o indiretta anche la trasmissione dei virus influenzali aviari dai volatili all uomo sembra verificarsi con gli stessi meccanismi. Nella maggioranza dei casi umani da virus H5N1, 13

14 la comparsa dei sintomi si è verificata in concomitanza di episodi di infezione in volatili domestici, e molti dei pazienti hanno riportato l esposizione diretta a volatili vivi ammalati o la manipolazione di volatili infetti morti o soppressi (Tran et a.l 2004, Koopmans et al. 2004). Tuttavia, non tutti i casi sono stati direttamente correlati con l esposizione a volatili infetti, per cui fonti ambientali di infezione umana non possono essere escluse. Anche le carni avicole o prodotti alimentari a base di carni avicole consumati crudi sono considerati potenziali vie di diffusione del virus influenzale H5N1. In alcune comunità, questi prodotti sono di largo consumo (ad es. sangue d anatra in concomitanza con riti religiosi o festività). Un evidenza della possibilità di trasmissione alimentare di tale virus si è avuta in felidi (tigri e leopardi in uno zoo in Thailandia e alcuni felini domestici) sia in condizioni sperimentali che naturali (Keawcharoen et al. 2004; Thanawongnuwech et al. 2005; Kuiken et al. 2004). Evidenze di trasmissione da persona a persona del virus H5N1 sono state occasionali, tutte verificatesi in seguito ad uno stretto e prolungato contatto senza mezzi di protezione con pazienti infetti. Studi effettuati su modelli animali (furetti) sembrano inoltre dimostrare l incapacità dei virus H5N1 a trasmettersi naturalmente (Maines et al. 2006), ma questo non esclude che tale capacità possa essere acquisita nel prossimo futuro. Meno dati sono disponibili sul rischio zoonosico correlato i virus del sottotipo H7, anche se nel 2003 il virus H7N7 HPAI in Olanda ha causato l infezione di oltre 80 persone tra gli operatori coinvolti nell abbattimento dei focolai nel pollame. (Koopmans et al. 2004; Fouchier et al. 2004). L infezione in genere è stata benigna con forme di congiuntivite e sindromi similinfluenzali, ad eccezione di un caso, fatale, di grave polmonite con distress respiratorio. Numerose sieroconversioni e alcuni casi di trasmissione interumana sono stati inoltre riportati relativamente a questo virus. (Koopmans et al. 2004; Meijer et al. 2006). Anche in Italia durante gli abbattimenti dei volatili infettati con il virus H7N1 HPAI (1999/2000) e H7N3 LPAI (2001/2003) sono state rilevate sieroconversioni negli operatori, pur senza rilevazione di alcun sintomo clinico (Puzelli et al 2005). Recentemente è stato riportato che anche i virus H7 del lineaggio Nord Americano sono in grado di causare infezioni nell uomo. A seguito di focolai HPAI H7N3 in tacchini della British Columbia e del Canada sono stati riportati due casi 14

15 umani (Tweed et al. 2004; Hirst et al. 2004; Belser et al. 2007). Inoltre un ulteriore caso umano è stato rilevato in New York nel 2006 dovuto ad un virus H7N2 LPAI (CDC 2004). Sembra, infatti, che i virus H7 del lineaggio Nord Americano abbiano acquisito caratteristiche recettoriali simili a quelle dei virus umani, con delle possibili implicazioni nella loro capacità di trasmettersi tra uomo e uomo (Belser et al. 2008). L aspetto che preoccupa maggiormente quindi, è la possibile evoluzione di un virus influenzale aviario in un nuovo virus pandemico in grado di trasmettersi da uomo a uomo. Tre sono i prerequisiti necessari affinché un qualsiasi virus influenzale sia in grado di dare origine ad una pandemia nell uomo: il virus deve avere delle caratteristiche antigeniche nuove per le quali non esista immunità nella popolazione umana, deve inoltre essere capace di replicare nell uomo causando malattia e infine deve essere in grado di trasmettersi in modo efficiente da un soggetto infetto ad un altro. Nel corso del ventesimo secolo queste condizioni si sono realizzate quattro volte generando altrettante pandemie influenzali. In tre di queste, l origine da virus dell influenza aviaria è stata confermata. Le pandemie influenzali del 1918, del 1957 e del 1968 sono, infatti, risultate dalla diffusione nella popolazione umana di 3 distinti virus originatisi dal riassortimento tra virus influenzali aviari ed umani (1957 e 1968) o dall adattamento progressivo di un virus aviario all ospite umano (1918). In particolare quest ultima evidenza, ha notevolmente aumentato il livello di attenzione sull evoluzione dei virus aviari quali possibili candidati per la prossima pandemia influenzale. La base scientifica di questo fenomeno è la recente scoperta che il genoma del virus influenzale sottotipo H1N1 responsabile della pandemia del 1918, nota anche come Spagnola, era interamente di origine aviaria, e non aveva, come nel caso dei virus pandemici successivi, geni acquisiti per ricombinazione con virus influenzali umani. Per questo un attento monitoraggio di tutti i virus influenzali aviari e delle loro caratteristiche deve essere costantemente condotto al fine di identificare con tempestività un eventuale aumento del livello di adattamento all ospite umano. 1.6 Influenza aviaria: obbiettivi del presente lavoro Alla luce della letteratura disponibile in materia, è stata rilevata la necessità di approfondire alcuni aspetti relativi alla patogenicità e trasmissibilità dell influenza 15

16 aviaria, e in particolare dei virus sottotipo H7N1, in modelli animali. Si sono quindi effettuate infezioni sperimentali allo scopo di valutare : 1 Il rischio di diffusione dei virus H7N1 HPAI e LPAI nelle carni di tacchini infetti e l efficacia della vaccinazione nel prevenirlo. 2 La patogenicità di virus H7N1 nell ospite mammifero utilizzando come modello animale il topo. 3 L eventuale capacità dei virus H7N1 di trasmettersi tra mammiferi utilizzando il topo come modello. Per effettuare tali esperimenti, sono stati selezionati virus H7N1 provenienti dall epidemia che ha colpito l Italia nel La scelta di tali virus è stata dettata dalla volontà di approfondire le conoscenze relative a virus H7, i quali sembrano essere particolarmente diffusi e frequenti nella realtà italiana ed europea ma sui quali mancano studi relativamente alla patogenicità nel mammifero e al potenziale zoonotico (Terregino et al. 2007b). 16

17 CAPITOLO 2 Diffusione del virus dell influenza aviaria nella carne di tacchino e valutazione dell efficacia della vaccinazione nel ridurre il rischio di contaminazione dei prodotti derivati. SCOPO Con il presente lavoro sperimentale si è inteso valutare la presenza di virus HPAI e LPAI sottotipo H7 in carni di tacchini sperimentalmente infetti, allo scopo di valutare il reale ruolo delle carni avicole, in particolar modo del tacchino, come vettori di virus influenzali aviari. Inoltre si è voluto valutare l efficacia della vaccinazione nel prevenire la colonizzazione virale nei muscoli dei soggetti infetti. Infine è stato valutato anche il rischio di infezione del pollame connesso al consumo di carni simulando un pasto di carne infetta. MATERIALI E METODI Animali Sono stati utilizzati 4 gruppi di tacchini (Meleagris gallopavo), denominati gruppo A (non vaccinati infettati con virus HPAI), gruppo B (non vaccinati infettati con virus LPAI) e gruppo C e D vaccinati e infettati con virus HPAI e LPAI rispettivamente. Ogni gruppo era costituito da 15 animali di 6 settimane di età. Tutti gli animali sono stati accasati in 4 isolatori a pressione negativa dotati di filtri HEPA. Gli animali sono stati nutriti con un mangime commerciale ed acqua, distribuiti ad libitum. Ogni animale è stato identificato mediante placca alare. Tutti gli esperimenti sono stati condotti presso i laboratori BSL3 dell Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. Virus L infezione dei tacchini è stata effettuata utilizzando 2 virus del sottotipo H7N1: il virus A/turkey/Italy/3675/99 (LPAI) e il virus A/turkey/Italy/4580/99 (HPAI). Entrambi i virus sono stati inoculati in uova embrionate di pollo SPF (Specific Pathogens Free) di 911 giorni ed il calcolo della dose infettante 50 (EID50) (Mean 17

18 Embryonated Infectious Dose) è stato effettuato utilizzando l equazione di ReedMuench (Reed & Muench, 1938). Vaccinazione I tacchini appartenenti ai gruppi C e D, sono stati vaccinati con un vaccino bivalente inattivato di tipo commerciale, contenente i ceppi H7N1 (A/chicken/Italy/1067/99) e H5N9 (A/chicken/Italy/22/98). Lo schema vaccinale ha previsto la somministrazione di 0,5 ml di vaccino sottocute al 19 e 40 giorno di età secondo quanto indicato dal produttore. Campioni di siero sono stati prelevati dagli animali appartenenti al gruppo C e D prima di ogni intervento vaccinale e prima dell infezione per valutare il titolo anticorpale sviluppato a seguito di ogni immunizzazione mediante il test di inibizione dell emoagglutinazione (HI). Disegno sperimentale Gli animali sono stati distribuiti in 4 gruppi, ognuno di 15 animali. I gruppi B e D sono stati infettati con il virus H7N1 a bassa patogenicità A/turkey/Italy/3675/99, mentre i gruppi A e C con il virus H7N1 ad alta patogenicità, A/turkey/Italy/4580/99. Tutti i tacchini di entrambi i gruppi sono stati infettati per via oronasale con 100μl di una soluzione virale contenente 106 EID50. Nei giorni 1, 2, 3, 4 e 5 post infezione (pi), sono stati sacrificati 3 tacchini per ogni gruppo. Prima di sacrificare gli animali, è stato loro prelevato 1 ml sangue mediante siringhe contenenti pari volume di anticoagulante al fine di valutare la presenza di soggetti viremici e identificare i 3 animali da sacrificare. I soggetti risultati viremici sono stati, infatti, sacrificati nel medesimo giorno del prelievo. Quando il sangue di tutti i soggetti è risultato positivo, o al contrario, nessun campione di sangue è risultato positivo, i soggetti da sacrificare sono stati scelti casualmente. Dai 3 animali sacrificati quotidianamente e da tutti gli animali deceduti a causa dell infezione sono stati prelevati i seguenti organi: polmone, muscolo pettorale superficiale, muscolo pettorale profondo e muscolo della coscia. Per valutare il rischio di infezione connesso al consumo di carni infette, è stato preparato un pasto infetto utilizzando i muscoli più positivi provenienti dall infezione sperimentale. Il pasto infetto è stato prodotto omogenando i muscoli che avevano dato il titolo maggiore in isolamento virale, cioè i muscoli dei tacchini non vaccinati ed infettati con virus HPAI. Questo omogenato di carne è stato titolato in uova embrionate 18

19 SPF lo stesso giorno dell utilizzo allo scopo di confermare la dose infettante somministrata agli animali. Il titolo virale del pasto infetto è stato quindi calcolato in EID50/0,1 gr e ogni pasto infetto era formato da 2 gr di omogenato somministrato per via orale. Il pasto infetto è stato somministrato con l aiuto di una siringa direttamente nell esofago di 10 polli e 10 tacchini a loro volta divisi in gruppi di 5 animali vaccinati e 5 non vaccinati. I soggetti così alimentati sono stati osservati ogni giorno per valutare la comparsa di sintomatologia clinica. Tamponi tracheali e cloacali sono stati prelevato ai giorni 3, 5e 7 post infezione. Inoltre sono stati prelevati campioni di sangue ai giorni 7, 14 e 21 post infezione. Isolamento e titolazione virale Tutti gli organi prelevati sono stati pesati al fine di disporre di aliquote di campione da 1 grammo (gr). Ogni aliquota è stata quindi sottoposta ad omogenazione con polvere di quarzo sterile in un volume di 9 ml di PBS (Phosphate Buffer Solution) sterile con antibiotici e con il 20% di glicerolo (1:10 peso/volume). I campioni di sangue prelevati per la valutazione della viremia sono stati diluiti 1:10 in PBS sterile con antibiotici per evitare l embriotossicità dell anticoaugulante. Tutti i campioni così preparati sono stati lasciati per una notte a 4 C prima dell inoculazione in uova embrionate di pollo SPF (Specific Pathogen Free). L isolamento e la titolazione virale sono stati effettuati mediante inoculazione di 100µl di 10 diluizioni seriali di ogni campione nella cavità allantoidea di uova embrionate di pollo SPF di 911 giorni di età. Le uova sono state sperate quotidianamente al fine di valutare la vitalità embrionale. Il liquido allantoideo prelevato dalle uova embrionate morte è stato testato per la presenza di attività emoagglutinante. Estrazione dell RNA Gli organi sono stati pesati (0.1gr) ed omogeneizzati con polvere di quarzo sterile in 1 ml di PBS sterile per avere un rapporto peso/volume pari a 1:10. Duecento μl di omogenato d organo o di sangue sono stati utilizzati per l estrazione dell RNA mediante un kit commerciale (High PureTM RNA extraction kit; Roche). L RNA è stato eluito in un volume finale di 60 μl contenenti 20 u di inibitore delle Rnasi (Applied Biosystems). 19

20 RealTime Reverse Transcriptase Polymerase Chain Reaction (RRTPCR) Trenta μl di RNA estratto sono stati retrotrascritti con esameri ad ibridazione random in un volume finale di 60 μl, secondo le istruzioni del kit (High Capacity cdna Archive kit; Applied Biosystems). Per la Real timepcr sono stati utilizzati primers e sonde aventi come target il gene M del virus influenzale di tipo A (Spackman et al. 2003). I primers, M25 ed M124, sono stati entrambi utilizzati ad una concentrazione finale di 300 nm mentre la sonda marcata, M64, è stata utilizzata alla concentrazione finale di 100 nm. Il cdna è stato amplificato in un volume finale di 25 μl utilizzando la TaqMan Universal PCR Master Mix. Per la reazione di PCR è stata utilizzata una piattaforma ABI Prism 7300 SDS (Applied Biosystems) con il seguente protocollo: 2 minuti a 50 C e 10 minuti a 95 C (step di denaturazione) seguiti da 40 cicli a 95 C per 10 sec e altri 40 cicli a 60 C per 1 minuto. RISULTATI Segni clinici Gruppo A. Tutti gli animali appartenenti a tale gruppo (non vaccinati infettati con virus HPAI) hanno manifestato depressione, arruffamento del piumaggio, congiuntivite e cianosi della cresta (Figura 2.1). Al 1 giorno pi, un animale è morto nel pomeriggio e tre sono stati sacrificati; al 2 giorno pi, due animali sono morti e uno è stato sacrificato come previsto dal protocollo. Al 3 giorno pi, quattro animali sono stati trovati morti e i rimanenti 4 sono stati sacrificati al giorno 4 a causa della grave sintomatologia clinica. A causa dell alta mortalità e della gravità dei sintomi osservata negli animali infettati con il virus HPAI, per alcuni soggetti non è stato possibile effettuare i prelievi di sangue previsti dal protocollo operativo, né rispettare il protocollo sperimentale. Gruppo B. Gli animali del gruppo B (non vaccinati ed infettati con virus LPAI) hanno manifestato solo lievi sintomi respiratori associati a depressione e sinusite. I sintomi sono comparsi al 3 giorno pi e al 4 giorno pi si è osservato negli animali rimanenti anche un aumento di volume dei seni nasali (Figura 2.2). Gruppi C e D. Nessun sintomo clinico è stato osservato nel corso dell intera sperimentazione per gli animali vaccinati dei gruppi C e D. 20

21 Negli animali alimentati con il pasto di carne infetta non sono stati osservati segni clinici riferibili ad influenza aviaria. RRTPCR e isolamento virale Gruppo A. Al 1 giorno pi, 2 di 15 campioni di sangue sono risultati positivi alla ricerca del virus influenzale. Al 2 giorno pi, 7 di 11 campioni di sangue prelevati hanno dato esito positivo alla ricerca del virus ed al 3 giorno il sangue prelevato è risultato viremico in tutti gli animali rimasti. L analisi degli organi prelevati nel 1 giorno pi ha rivelato la presenza di virus influenzale sia all isolamento virale che in RRTPCR, nel muscolo pettorale di tutti e 4 gli animali deceduti. Il muscolo della coscia è invece risultato positivo solo in 2 animali e in particolare in un soggetto sacrificato perché viremico e in un tacchino trovato morto nel pomeriggio del primo giorno. Tutti i campioni di muscolo prelevati dai tacchini sacrificati o morti nei giorni 2, 3 e 4 pi sono risultati positivi ad entrambi i metodi di analisi (Figura 2.3). I titoli virali osservati variavano tra 101 e EID50/0,1 gr nel tessuto muscolare e da 101 a EID50/0,1 ml nel sangue. Gruppo B. Il sangue prelevato al 2 giorno pi è risultato positivo alla ricerca del virus in RRTPCR in 2 tacchini sui 12 campionati. L isolamento del virus dal sangue ha però dato esito negativo in tutti i soggetti eccetto che in un soggetto sacrificato il 2 giorno pi (Figura 2.4) che presentava un titolo virale comunque basso (<101 EID50/0,1 ml). Al 2 giorno pi sono stati identificati 3 campioni di muscolo pettorale e 2 di coscia positivi con la metodica RRTPCR. Al 3 giorno pi si è riscontrato un solo muscolo pettorale ed una sola coscia positivi in RRTPCR. L isolamento virale ha però dato esito negativo in tutti i campioni di muscolo prelevati dai tacchini infettati dal virus LPAI. Virus vivo è stato invece riscontrato nel polmone dei volatili sacrificati al 2 e 3 giorno pi. Gruppo C. Mediante entrambe le metodiche di analisi sia il sangue che i muscoli sono risultati negativi alla ricerca del virus. Solo 1 e 2 campioni di polmone, prelevati rispettivamente al giorno 2 e 3 pi, sono risultati positivi (Figura 2.5). Gruppo D. Non è stata riscontrata presenza del virus in campioni di muscolo e polmone con entrambe le metodiche utilizzate. 21

22 In nessuno degli animali alimentati con il pasto di carne infetta sono stati rilevati tamponi positivi. Sierologia I tacchini vaccinati (gruppi C e D) hanno sviluppato un buona risposta anticorpale nei confronti di entrambi gli antigeni vaccinali con titoli variabili in HI da 1:32 a 1:256. In questi gruppi non è stato possibile valutare la risposta anticorpale post challenge in quanto tutti gli animali sono stati sacrificati prima dell instaurarsi della stessa. Anche i polli e i tacchini vaccinati utilizzati per la prova di alimentazione con il pasto infetto hanno risposto alla vaccinazione con titoli compresi tra 1:32 e 1: 128 per i tacchini e 1:64 e 1:512 per i polli. In questi gruppi, così come nei gruppi di polli e tacchini non vaccinati alimentati con carne infetta non è stata rilevata sieroconversione. Figura 2.1. Comparsa dei segni clinici, schema sacrificale e identificazione dei soggetti viremici nel GRUPPO A (non vaccinati infettati HPAI) mediante Real Time RTPCR. Tacchino H/E H/E viremico H H H H H H/E viremico H H H H H H D GIORNI POSTINFEZIONE 2 3 S viremico D S S viremico S S viremico D viremico D viremico S D S viremico S viremico S S viremico S viremico D E viremico S viremico D Legenda: H: SANO; D: MORTO; S: MALATO; E: SACRIFICATO 22 4 E E E E

23 Figura 2.2 Comparsa dei segni clinici, schema sacrificale e identificazione dei soggetti viremici nel GRUPPO B (non vaccinati infettati LPAI) mediante Real Time RTPCR. Tacchino E viremico GIORNI POSTINFEZIONE E S/E E viremico S S/E S S/E S S E E S/E E E S/E S E S/E E Legenda: H: SANO; D: MORTO; S: MALATO; E: SACRIFICATO Figura 2.3. Risultati ottenuti dall analisi dei campioni prelevati dai soggetti del GRUPPO A. GRUPPO Isolamento virale Petto Coscia Polmone Sangue Real time RTPCR Petto Coscia Polmone Sangue GIORNI POSTINFEZIONE Positivi/Totali 4/4 3/3 4/4 2/4 3/3 4/4 ne* ne ne 2/15 7/11 4/4 Positivi/Totali 4/4 3/3 4/4 2/4 3/3 4/4 ne* ne ne 2/15 7/11 4/ /4 4/4 ne ne / / / / 4/4 4/4 ne ne / / / / Legenda: *ne: non effettuato; 4 animali sono morti prima di effettuare il prelievo di sangue. Figura 2.4 Risultati ottenuti dall analisi dei campioni prelevati dai soggetti del GRUPPO B. GRUPPO Isolamento virale Petto GIORNI POSTINFEZIONE Positivi/Totali 23 5

24 Coscia Polmone Sangue Real time RTPCR Petto Coscia Polmone Sangue 0/15 0/15 3/3 1/12 3/3 0/9 Positivi/Totali 3/3 1/3 2/3 1/3 3/3 3/3 2/12 0/9 0/6 0/6 Figura 2.5 Risultati ottenuti dall analisi dei campioni prelevati dai soggetti del GRUPPO C. GIORNI POSTINFEZIONE GRUPPO Isolamento virale Positivi/Totali Petto Coscia Polmone 1/3 2/3 Sangue 03 Real time RTPCR Positivi/Totali Petto Coscia Polmone 1/3 2/3 Sangue 4 5 CONCLUSIONI Gli eventi che si sono susseguiti nell ultimo decennio hanno notevolmente accresciuto il livello di attenzione sui rischi connessi al consumo di carni avicole ottenute da volatili infettati da virus influenzali aviari. Questo aspetto preoccupa particolarmente per le implicazioni che la circolazione di un prodotto infetto potrebbe avere sulla salute del consumatore ma anche per il rischio che tali carni avicole rappresentino un veicolo di introduzione del virus in paesi indenni. In molte specie di pollame i virus influenzali aviari ad alta patogenicità sono in grado di determinare viremia e precedenti studi hanno dimostrato la presenza di virus influenzale aviario ad alta patogenicità nelle carni di pollo e di anatra (Mo et al. 1997; Swayne & Beck, 2004; Perkins & Swayne, 2001; Tumpey et al. 2002, 2003; Beato et al. 2007b). Diversa è la situazione dei virus a bassa patogenicità sui quali esistono 24

25 attualmente pochi dati ed i risultati, a volte contrastanti, ottenuti fino ad oggi (Swayne & Beck, 2004; Mo et al. 1997; Kishida et al. 2004) portano a credere che la capacità di un virus LPAI di infettare le carni sia legata al ceppo specifico coinvolto nell infezione. Con il presente lavoro sperimentale si è quindi inteso valutare il reale ruolo delle carni avicole come vettori di virus influenzali aviari. In particolare è importante sottolineare che oggetto del presente studio sono stati un sottotipo virale, l H7N1, ed una specie animale, il tacchino, che ad oggi non erano mai stati sottoposti a studi di patogenesi di questo tipo. I risultati ottenuti in questa sperimentazione hanno confermato, come ipotizzabile, che il sottotipo influenzale H7N1, nella sua variante ad alta patogenicità, è in grado di determinare viremia e di colonizzare le carni di tacchini infetti. Nessun muscolo invece è risultato positivo in isolamento virale nei tacchini del gruppo non vaccinato infettato con virus LPAI e in entrambi i gruppi vaccinati e infettati con virus LPAI e HPAI. Solo mediante la metodica molecolare, RRTPCR, 3 soggetti sacrificati al 2 giorno pi ed 1 al 3 giorno pi sono risultati positivi alla ricerca del virus influenzale nei muscoli nei gruppi non vaccinato ed infettato LPAI. Tuttavia, l elevato numero di cicli soglia a cui si è riscontrata la positività in RRTPCR, l elevata sensibilità della metodica e la capacità della tecnica di riconoscere gli acidi nucleici virali indipendentemente dalla presenza di virus integro e dotato di capacità infettante, rendono questo dato scarsamente indicativo ai fini di valutare la capacità di diffusione dei virus LPAI nelle carni. Il virus a bassa patogenicità, A/turkey/Italy/3675/99, quindi, pur avendo determinato viremia in un soggetto non è stato in grado di colonizzare attivamente né il muscolo pettorale né il muscolo della coscia. Tali dati spingono a credere che il rischio di riscontrare il virus influenzale H7N1 LPAI nelle carni di volatili infetti sia molto basso e che il muscolo di animali infettati con tale sottotipo virale abbia un ruolo marginale nella diffusione di virus vivo agli altri volatili e ancor più all uomo. D altro canto è ipotizzabile che l infezione dei tacchini con ceppi influenzali ad alta patogenicità renda le carni potenziali veicoli del virus, e quindi inadatte al commercio ed al consumo per uomo ed animali. Tuttavia va sottolineato che la presenza di virus vivo nelle carni di tacchino infetto non implica necessariamente che il virus sia in grado di infettare altri individui. Questo è stato dimostrato con la prova di alimentazione di polli e tacchini con carne infetta, nella quale nessuno dei soggetti vaccinati e non si è 25

26 infettato dopo aver ingerito 2 gr di carne infetta contenenti EID50/0,1 gr di virus H7N1 HPAI vivo. Si può quindi supporre che pur non essendo nota la dose infettante di virus H7N1 ad alta patogenicità capace di superare le barriere fisico chimiche digestive e di dare infezione, questa sia di certo superiore alla quantità di virus presente nei muscoli di soggetti infettati e che quindi il rischio di diffusione della malattia correlato al consumo di carne infetta sia, relativamente ai virus testati, trascurabile. La vaccinazione inoltre è stata in grado di prevenire la viremia e quindi di impedire la diffusione del virus, sia nella forma ad alta che nella forma a bassa patogenicità, nelle carni avicole influenzando positivamente la sicurezza alimentare dei prodotti derivati da allevamenti di tacchini in cui venga applicata una profilassi vaccinale. E comunque fondamentale ricordare che virus vivo è stato isolato nel polmone dei soggetti vaccinati ed infettati con virus HPAI. Questo dato è in accordo con quanto osservato nella sperimentazione di Swayne e Beck (2004) e di Mo e collaboratori (1997), dove sebbene non fosse seguita all infezione del pollo, con un ceppo LPAI, alcuna viremia e colonizzazione delle carni, era stato riscontrato virus vivo negli organi interni dopo l eviscerazione. Questi dati sottolineano la necessità di applicare misure di macellazione e soprattutto di eviscerazione estremamente rigorose. E auspicabile, infatti, un eviscerazione totale degli animali in fase di macellazione ed è assolutamente necessario evitare qualsiasi imbrattamento delle carni con feci o essudati degli animali macellati per evitare i rischi che possono derivare dalla contaminazione delle carni con virus vivo. Con la presente sperimentazione si è quindi dimostrato che pur non essendo possibile escludere la presenza del virus influenzale nelle carni di tacchini infettati da un sottotipo H7N1 ad alta patogenicità, questo non significa che esista un rischio reale per la salute pubblica. La letteratura disponibile fino ad oggi verte soprattutto su studi condotti utilizzando diversi ceppi H5N1 HPAI per il loro elevato rischio zoonosico e per la peculiare virulenza. Pochi sono i dati disponibili sui virus H7 HPAI e LPAI. Ciò è valido anche per gli studi condotti per valutare la presenza di tali virus nelle carni di avicoli. Poiché sia il sottotipo H5 che H7 dell influenza aviaria sono malattie notificabili secondo l OIE (OIE, 2005) appare importante studiare le caratteristiche 26

27 anche dei virus sottotipo H7. I dati generati con tale lavoro sperimentale apportano nuove conoscenze sulle abilità dei virus sottotipo H7 di colonizzare il muscolo scheletrico di tacchini vaccinati e non, fornendo informazioni utili per le autorità competenti in Sanità pubblica veterinaria. E inoltre importante ricordare che la legislazione che regola il commercio comunitario ed internazionale permette l ingresso di prodotti avicoli nella UE provenienti solo da territori indenni da virus influenzali ad alta patogenicità da almeno 12 mesi o 6 mesi nel caso in cui sia applicata una profilassi che preveda lo stamping out (Decisione 94/438/CE). Se da un lato queste restrizioni tutelano il commercio comunitario, dall altro purtroppo i traffici illeciti di prodotti avicoli da Paesi terzi, come Asia ed Africa, in cui i virus HPAI sono attualmente presenti, rappresentano un non trascurabile mezzo di ingresso di prodotti infetti. Va inoltre ricordato il rischio che deriva dalla commercializzazione di carni avicole ottenute da quelle specie di volatili che agiscono da reservoir di virus influenzali, come gli anatidi. I volatili di queste specie potrebbero, infatti, superare positivamente i controlli ispettivi veterinari alla visita ante mortem e post mortem perché portatori asintomatici ma veicolare virus infettante nelle carni destinate al commercio. Per aumentare la sicurezza dei prodotti avicoli sarà quindi necessario aumentare il livello di conoscenza sulla diffusione virale nelle carni di più specie e infettate con più sottotipi virali, di migliorare la sensibilità e la rapidità dei mezzi diagnostici e di mettere a punto eventuali trattamenti delle carni che, non alterando le caratteristiche organolettiche e di salubrità l inattivazione del virus influenzale. 27 dei prodotti avicoli, assicurino

28 CAPITOLO 3 Valutazione della patogenicità dei virus H7N1 HPAI Italiani nel modello murino SCOPO Con la presente infezione sperimentale si è voluta approfondire la patogenicità nel topo dei virus H7N1 HPAI isolati nel corso dell epidemia italiana 1999/2000. In particolare sono stati selezionati 3 ceppi virali che si differenziano tra loro principalmente per la presenza o assenza di una specifica mutazione in posizione 627 del gene codificante per la PB2 (E K) che è dimostrata essere rilevante nel determinare la patogenicità ed il tessuto tropismo dei virus influenzali aviari nel mammifero. MATERIALI E METODI Animali Tutti gli esperimenti sono stati condotti presso i laboratori BSL3 dell Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. Trenta topi BALBC di 46 settimane di età (Charles Rivers Laboratory) sono stati divisi in tre gruppi e accasati in gabbie singole con acqua e cibo ad libitum. Dieci topi sono stati utilizzati come gruppo di controllo. Virus Tre virus H7N1 HPAI sono stati selezionati per questa prova: A/Italy/Ostrich/2332/2000 (OS/2332/00): isolato da un focolaio in un allevamento di struzzi del Nord Italia nel Questo virus possiede la mutazione 627K in PB2. A/Italy/Ostrich/984/2000 (OS/984/00): isolato da un focolaio in un allevamento di struzzi (non collegato al precedente) del Nord Italia nel Questo virus non possiede la mutazione 627K in PB2. A/Italy/Chicken/5093/1999 (CK/5093/99): isolato da un focolaio in un allevamento di polli del Nord Italia nel Questo virus non possiede la mutazione 627K in PB2. 28

29 I virus sono stati titolati in uovo e la EID50 calcolata secondo l equazione di Reed & Muench. Disegno sperimentale I soggetti di ogni gruppo sono stati infettati con 50 microlitri di una sospensione contente 105 EID50 di ogni virus. Ogni giorno i soggetti sono stati osservati per rilevare la presenza di segni clinici e pesati. Al giorno 3, 5 e 7 post infezione due soggetti per ogni gruppo sono stati sacrificati e da ogni soggetto sono stati prelevati: cervello, trachea e polmone, fegato, milza, rene e intestino. Al 10 giorno post infezione tutti i soggetti rimasti in vita sono stati sacrificati e i loro organi prelevati. In caso di morte dei soggetti infettati, i suddetti organi sono stati raccolti entro 8 ore dal decesso. Una porzione di ogni organo prelevato è stata immediatamente fissata in formalina tamponata al 10% per effettuare gli esami istologici e immunoistochimici. Con la restante parte di campione si è proceduto ad effettuare la RRTPCR e l isolamento virale. Isolamento e titolazione virale Tutti gli organi prelevati sono stati pesati al fine di disporre di aliquote di campione da 0,5 grammi (gr). Ogni aliquota è stata quindi sottoposta ad omogenazione con polvere di quarzo sterile in un volume di 4,5 ml di PBS (Phosphate Buffer Solution) sterile con antibiotici e con il 20% di glicerolo (1:10 peso/volume). Tutti i campioni così preparati sono stati lasciati per una notte a 4 C prima dell inoculazione in uova embrionate di pollo SPF (Specific Pathogen Free). L isolamento virale e la titolazione sono stati effettuati mediante inoculazione di 100 µl di 10 diluizioni seriali di ogni campione nella cavità allantoidea di uova embrionate di pollo SPF di 911 giorni di età. Le uova sono state sperate quotidianamente al fine di valutare la vitalità embrionale. Il liquido allantoideo prelevato dalle uova embrionate morte è stato testato per la presenza di attività emoagglutinante. Estrazione dell RNA Gli organi sono stati pesati (0.1 gr) ed omogeneizzati con polvere di quarzo sterile in 1 ml di PBS sterile per avere un rapporto peso/volume pari a 1:10. 29

30 Duecento μl di omogenato d organo sono stati utilizzati per l estrazione dell RNA mediante un kit commerciale (High PureTM RNA extraction kit; Roche). L RNA è stato eluito in un volume finale di 60 μl contenenti 20 u di inibitore delle Rnasi (Applied Biosystems). RealTime Reverse Transcriptase Polymerase Chain Reaction (RRTPCR) Trenta μl di RNA estratto sono stati retrotrascritti con esameri ad ibridazione random in un volume finale di 60 μl, secondo le istruzioni del kit (High Capacity cdna Archive kit; Applied Biosystems). Per la Real timepcr sono stati utilizzati primers e sonde pubblicate in una precedente pubblicazione con target nel gene M del virus influenzale di tipo A (Spackman et al. 2003). I primers, M25 ed M124, sono stati entrambi utilizzati ad una concentrazione finale di 300 nm mentre la sonda marcata, M64, è stata utilizzata alla concentrazione finale di 100 nm. Il cdna è stato amplificato in un volume finale di 25 μl utilizzando la TaqMan Universal PCR Master Mix. Per la reazione di PCR è stata utilizzata una piattaforma ABI Prism 7300 SDS (Applied Biosystems) con il seguente protocollo: 2 minuti a 50 C e 10 minuti a 95 C (step di denaturazione) seguiti da 40 cicli a 95 C per 10 sec e altri 40 cicli a 60 C per 1 minuto. Sequenziamento Le ORF codificanti per tutti gli 8 geni dei virus utilizzati in questa prova e dei virus reisolati dai soggetti morti sono state sequenziate secondo quanto descritto da Hoffman et al La sequenza è stata effettuata con un 3130xl Genetic Analyzer e un BigDye terminator MIX v3.1 (Applied Biosystems). Tutte le sequenze pre e post infezione sono state depositate in GeneBank (Figura 3.1). Istopatologia I tessuti raccolti e fissati in formalina tamponata al 10% sono stati deidratati, inclusi in paraffina e tagliati in sezioni di 5 micrometri di spessore. Le sezioni sono state colorate con Ematossilina e Eosina secondo metodi standard. Per l immunoistochimica le sezioni sono state processate secondo un twostep dextran polymer methods (DAKO 30

31 Japan Inc.) con un siero policlonale anti influenza virus (A/Vietnam/1203/04 H5N1) prodotto su coniglio. RISULTATI Segni clinici I segni clinici più gravi sono stati osservati nei soggetti infettati con il virus OS/2332/00. Al 4 giorno pi, infatti, tutti i soggetti del gruppo infettato con questo virus hanno cominciato a mostrare depressione, pelo arruffato ed anoressia. Questi segni aspecifici di malattia sono stati poi seguiti da dispnea sempre più marcata. Al giorno 7 pi i soggetti hanno cominciato a morire. Come da protocollo, due soggetti sono stati sacrificati a 3 e 5 giorni pi mentre al 7 giorno pi due soggetti sono stati trovati morti ed i rimanenti due soggetti sono morti all 8 giorno pi. Un calo ponderale medio del 40% è stato osservato in questo gruppo. I soggetti infettati con il virus OS/984/00 hanno mostrato lievi segni di malattia, pur rimanendo attivi fino al 7 giorno pi giorno in cui alcuni soggetti hanno cominciato a manifestare depressione e segni nervosi come tremori ed incoordinazione. All 8 giorno pi un soggetto è stato trovato morto, mentre gli altri, pur continuando a mostrare segni nervosi sono sopravvissuti fino al 10 giorni pi, giorno in cui sono stati sacrificati. Un calo ponderale medio del 7,9% è stato rilevato in questo gruppo. I topi infettati con il virus CK/5093/99 non hanno mostrato segni clinici di malattia per tutta la durata della prova. Nessun soggetto in questo gruppo è giunto a morte naturalmente pur avendo mostrato questo gruppo un calo ponderale medio dell 8%. I topi del gruppo di controllo non infettati sono rimasti sani per tutta la durata della prova e non hanno mostrato alcuna perdita di peso. RRTPCR e isolamento virale Tra gli organi raccolti, la RRTPCR e l isolamento virale hanno rilevato positività solamente nei campioni di trachea e polmone e cervello. Fegato, rene, milza e intestino sono sempre risultati negativi. Tra i tre ceppi virali utilizzati per questa prova il 31

32 virus OS/2332/00 è risultato il più patogeno e quello più presente a livello del cervello dei soggetti morti. I risultati sono esposti in figura 3.2. Figura 3.1: Accession number delle sequenze pre e post infezione dei virus utilizzati nel presente lavoro. 32

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