Cap.3 Il farsi del lessico
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- Raffaela Morelli
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1 Cap.3 Il farsi del lessico
2 i prerequisiti della denominazione Intorno alla fine del suo primo anno di vita il bambino comunica intenzionalmente tramite: il mostrare il dare l indicare Queste azioni sono accompagnate da vocalizzi: lallazione o babbling (il bambino è sensibile agli stimoli linguistici dell ambiente)
3 funzione delle prime parole i bambini intorno all anno di età cominciano a utilizzare i suoni vocalici, che erano già presenti nella lallazione, per riconoscere, categorizzare, nominare oggetti, in sostanza per imparare a suddividere la massa delle impressioni sintetiche che li circondano, a isolare gli oggetti, le persone, gli eventi ecc. l uno dall altro, dando a essi un nome. Il bambino impara che gli oggetti possono essere trattati diversamente grazie al linguaggio. (p.104)
4 imitazione neonatale l imitazione è un momento evolutivamente molto importante. Saussure Jakobson: imitare non è copiare. L imitazione è strettamente connessa alla creatività. processi imitativi: a poche ore: facciale (apertura bocca,protusione della lingua e delle labbra) tra i 12 e 21 giorni imitano 4 gesti dell adulto: mostrare la lingua, spingere avanti le labbra, aprire la bocca, muovere le dita. l imitazione è reciproca (anche gli adulti imitano i bambini) e questo è importante per l acquisizione delle pratiche comunicative.
5 sincronia interattiva La cosiddetta "sincronia interattiva" nei neonati è il primo segno: bambini di poche settimane di vita producono col corpo una serie di micro-movimenti in risposta al linguaggio umano; una specie di "danza" attivata dalla voce umana, dal ritmo della lingua (qualunque lingua). La stessa "danza" non compare quando il bambino sente altri suoni, il che, da un lato, depone a favore di una sensibilità innata alla voce umana e dall'altro indica come il linguaggio non sia un fatto puramente mentale o astratto, ma coinvolga anche il corpo. Anche colui che parla accompagna il linguaggio con dei micromovimenti (mimici e del corpo) che rendono le sue verbalizzazioni significative, "calde", tali da motivare l'ascoltatore a partecipare alla "danza". A. Oliverio, motricità, linguaggio, apprendimento
6 imitazione neonatale/empatia Per "empatia" si intende la capacità di una persona di comprendere lo stato d'animo e la situazione emotiva di un altro individuo, spesso senza fare ricorso alla comunicazione verbale. La parola deriva dal greco εμπαθεια (a sua volta composta da en-, "dentro", e pathos, "sofferenza o sentimento"), che, riporta Wikipedia, "veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l'autore-cantore al suo pubblico". Si può essere empatici sia nei confronti di sentimenti di gioia che di dolore. i bambini fin dalla più tenera età sono empatici: assumono che gli altri esseri umani siano come loro. E questo consente loro un apprendimento imitativo che consente la comprensione delle intenzione dell altro e quindi è una forma di apprendimento culturale. Neuroni specchio.
7 neuroni specchio Dalle azioni più elementari naturali e naturali come affermare cibo con la mano o con alla bocca, a quelle più sofisticate come eseguire un asso di danza o una suonata al pianoforte ecc., i neuroni specchio consentono al nostro cervello di mettere in correlazione i movimenti osservati in qualcun altro con quelli propri. Sono il correlato neuro fisiologico della nostra capacità di imitazione così come della nostra possibilità di comprendere le azioni altrui. sono di basilare importanza «per l insorgere di quel terreno comune che è all origine della nostra capacità di agire come soggetti non soltanto individuali, ma anche e soprattutto sociali».
8 attenzione condivisa e lo sviluppo della referenza. co-orientazione visiva o attenzione congiunta è all origine delle capacità di comprendere le intenzioni altrui. Fonda l ntersoggettività e il pensiero narrativo l attenzione condivisa, dove il guardare e il nominare coesistono, costituisce una sorta di proto-conversazione. esperimento Scaife e Bruner. il bambino fino dai 2 mesi è in grado di modificare la direzione dello sguardo in relazione ai cambiamenti di un altra persona. Adulto e bambino sono impegnati in un interazione faccia a faccia, ad un momento prestabilito, l adulto si gira a osservare un oggetto posto in un punto della stanza. Anche a 2 mesi i bambini rivolgono il capo nella direzione appropriata, come a voler scoprire l oggetto che tanto interessa l adulto. critica di Piaget e l egocentrismo infantile.
9 sviluppo della referenza tappe di sviluppo la capacità del bambino di seguire lo sguardo dell adulto si consolida intorno ai 9 mesi. tra i 9 e i 12 mesi cominciano i comportamenti triadici, la coordinazione avviene tra adulto, bambino e oggetto. Si può parlare di un triangolo referenziale: bambino, adulto e oggetto. All interno di questo triangolo, l adulto pronuncia enunciati per mantenere l attenzione dei bambini.
10 attenzione congiunta e relazione triadica anche i primati non umani sono sensibili alle espressioni facciali, sono in grado di seguire con lo sguardo gli oggetti, di avere comportamenti imitativi, ecc. tuttavia l attenzione congiunta -intesa come relazione triadica- sembra una prerogativa degli esseri umani (p.111) I dati a nostra disposizione ci mostrano infatti che «uno scimpanzé sa che il suo compagno di gruppo vede la scimmia, ma non abbiamo prove che lo scimpanzé sappia che il suo compagno lo vede vedere la scimmia. In altre parole non ci sono prove che le grandi scimmie possano compiere anche un solo passaggio di lettura ricorsiva della mente». (Tomasello)
11 indicare intorno ai 9 mesi di vita vi è la comparsa del gesto deittico: il bambino punta il dito intenzionalmente per indicare qualcosa. un gesto profondamente radicato nella natura umana, basato sulla tendenza naturale a interpretare intenzionalmente le azioni altrui. I bambini lo acquisiscono naturalmente. All inizio l indicare è un tentativo di afferrare qualcosa che non è vicino. Il tentativo non riuscito del bambino suscita l intervento di un altra persona. L indicare diventa un gesto per gli altri.
12 che cos è un oggetto 4 principi di fisica ingenua che caratterizzano gli oggetti: principio di coesione; principio di continuità; principio di solidità; principio di contatto; questi caratteri sono il risultato di schemi di azione molteplici e condivisi; non sono il risultato di rappresentazioni percettive.
13 la permanenza dell oggetto Studi sperimentali sulla cognizione infantile hanno sperimentato che i bambini dispongono del concetto di oggetto prima ancora di imparare qualsiasi parola per designarli. A partire dai due mesi di età i bambini sono in grado di rappresentarsi la permanenza degli oggetti occlusi. Piaget ha dimostrato che tra i 9 e i 12 mesi si costituisce pienamente lo schema dell oggetto permanente come se gli oggetti si stagliassero in qualità di forme (gestalten) contro uno sfondo che li circonda.
14 oggetto e lessico La conquista dell oggetto permanente si realizza attraverso l esercizio da parte del bambino dei suoi schemi senso-motori, così che le prime nozioni di oggetto sono legate alle azioni del bambino e, al tempo stesso, alle collocazioni spaziali e temporali dell oggetto, così che esso risulta incastonato in un insieme di schemi: l oggetto, in sostanza, non viene identificato in isolamento ma all interno di un sistema di possibili relazioni. Secondo Piaget il bambino produce nel tempo un mondo oggetti diversi da sé e permanenti nello spazio. In virtù di tale permanenza chi apprende una lingua è naturalmente orientato verso concettualizzazioni di entità globali, piuttosto che verso parti o qualità di tali entità (p.116)
15 oggetto e lessico. principio dell oggetto intero Un bambino nell udire una parola in congiunzione con una determinata entità assume che la parola si riferisca all intero oggetto e non a una parte di esso. Secondo Ellen Markman: «l unico modo in cui i bambini inizialmente limitano i significati delle parole è quello di assumere che la nuova etichetta si riferisca all intero oggetto e non a una sua parte, sostanza, o altre proprietà»
16 oggetto e lessico: principio dell esclusione tassonomica secondo questo principio le etichette si riferiscono a oggetti della stessa categoria, piuttosto che a oggetti tematicamente correlati. La parola cane è estesa ad animali della stessa categoria in maniera tassonomica e non tematica, nel senso che non è estesa a oggetti che hanno una qualche relazione temporale, causale ecc. con il cane specifico con cui si ha a che fare.
17 oggetto e lessico. principio della mutua esclusività Secondo questo principio ciascun oggetto o entità tende ad avere una e una sola etichetta e tutte le parole sono in contrasto l una con l altra per quanto riguarda il significato. (p.92) il bambino tende ad assumere che vi sia una sola etichetta per ciascun oggetto, ossia, in pratica che non vi siano sinonimi.(p.117)
18 il prerequisito dei prerequisiti Le altre menti intenzioni sociali. In particolare il riconoscimento di intenzioni: comprendere che le altre persone hanno delle intenzioni verso i miei stati intenzionali- è l autentico fondamento sul quale si edifica l acquisizione del linguaggio. (p.118) M. Tomasello La comunicazione viene prima del linguaggio
19 teoria della mente teoria della mente: capacità di ciascun individuo di attribuire stati mentali a se stesso e agli altri e di prevedere il comportamento altrui sulla base dell attribuzione di desideri e credenze sul modo in cui questi possono esser soddisfatti Tale capacita sarebbe presente anche nei primati superiori. La nostra è una mente dialogica Il Sé si costituisce interazione con altre persone e comprende diverse dimensioni: la scoperta delle caratteristiche individuali, la capacità di comunicare con gli altri, l acquisizione del fatto che le persone hanno una realtà psicologica distinta e autonoma
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