NotiziarioINCAonline N.5-6 / 2014 Attualità Nel mondo Immigrazione Salute e sicurezza Memoria - 70 anni dal Patto di Roma Documentazione

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1 Notiziario NotiziarioINCAonline N.5-6 / 2014 A Attualità Nel mondo Immigrazione Salute e sicurezza Memoria - 70 anni dal Patto di Roma Documentazione

2 N5-6/2014 Notiziario INCA online Rivista Mensile Inca Cgil La rivista telematica è registrata presso il Tribunale Civile di Roma - Sezione per la stampa e l'informazione - al n. 176/2012 in data 11/6/2012 direttore responsabile Lisa Bartoli redazione Sonia Cappelli EDITORE E PROPRIETARIO Ediesse srl Viale di Porta Tiburtina Roma Tel. (06) /260 Fax (06) amministrazione Via Nizza 59 - Roma Tel./Fax (06) Progetto grafico: Antonella Lupi EDIESSE SRL Immagini tratte dal volume Cgil. Le raccolte d arte, 2005 CHIUSO IN REDAZIONE LUGLIO 2014

3 Sommario Attualità La fiducia che non c è 5 di Morena Piccinini Nel mondo La previdenza in regime internazionale 11 di Rossella Misci Rapporto sui diritti globali. Dopo la crisi, la crisi 15 a cura di Ediesse Immigrazione Il mercato del lavoro parla sempre più lingue 19 Rapporto IDOS Immigrazione e imprenditoria 2014 Rapporto OCSE Lavoro sommerso e irregolare degli stranieri in Italia Salute e sicurezza Lo stato di salute dei lavoratori nella pesca 23 di Marco Bottazzi, Pasquale Di Palma, Rossella Uccello

4 Memoria - 70 anni dal Patto di Roma 4 giugno 1944 (271 giorno dell occupazione). 57 A La Storta gli ultimi martiri a cura dell Anpi Il Patto di Roma, un sindacato libero nell Italia liberata 59 di Carlo Ghezzi La nascita del sindacalismo confederale 61 di Giorgio Benvenuto Buozzi, un socialista riformista e protagonista 69 delle lotte sindacali del «biennio rosso» di Pietro Craveri La coessenzialità del sindacato alla democrazia 75 di Aldo Carera Documentazione Civ Inail Linee di mandato

5 Attualità Giacomo Manzù, Il nostro domani si chiama lavoro, 1977

6 NotiziarioINCA La fiducia che non c è di Morena Piccinini * Mentre l Italia ha da poco iniziato il semestre di presidenza europeo, continua inesorabile da parte dei principali istituti di ricerca la rilevazione di altri dati statistici che disegnano un Paese al declino, con una disoccupazione al 12,6 per cento, soprattutto giovanile (43 per cento), con un aumento della povertà tra i pensionati, che dal 2008 a oggi, secondo la Confesercenti, hanno visto ridursi il loro potere d acquisto di oltre euro. Ma quello che colpisce di più, lo segnala una indagine del Censis sul mondo della scuola, il veicolo principale attraverso cui fino ad ora, era data la possibilità di migliorare la posizione sociale individuale. Un riscatto sociale che però, a causa della crisi, mostra seri cenni di cedimento. I dati del Censis rilevano che al primo ingresso nel mondo del lavoro, solo il 16,4 per cento dei nati tra il 1980 e il 1984, è salito nella scala sociale rispetto alla condizione di provenienza, il 29,5 per cento ha invece sperimentato una mobilità discendente rispetto alla famiglia di origine. Non c è da meravigliarsi che a risentirne di più siano i ragazzi economicamente e culturalmente meno attrezzati. L abbandono scolastico tra i figli dei laureati, infatti, è un fenomeno marginale, toccando appena il 2,9 per cento, mentre sale al 7,8 per cento tra i figli dei diplomati, per raggiungere addirittura il 27,7 per cento, quasi uno studente su 3, tra i ragazzi che hanno genitori con appena la scuola dell obbligo. Fa da corollario a questo quadro sconfortante la mancanza dei servizi sociali, a cominciare da quelli destinati all infanzia. Infatti, solo il 55 per cento dei comuni italiani ha attivato asili nido e servizi integrativi, arrivando a soddisfare appena il 13,5 per cento della domanda potenziale. Osservando i dati disaggregati, le diseguaglianze diventano ancora più marcate. Nei comuni capoluogo di regione, la percentuale di coloro che restano esclusi dai servizi sociali raggiunge il 35,2 per cento. Le realtà peggiori sono Palermo (71,9 per cento) e Roma (67,3 per cento), mentre sul versante opposto ci sono Torino, unica realtà che riesce a soddisfare l intera domanda effettiva, e Milano che copre il 95,1 per cento. 7ATTUALITÀ * Presidente dell Inca Cgil

7 8 NotiziarioINCAonline Una situazione sociale che avverte il Censis favorisce la sfiducia verso i percorsi di istruzione e l abbandono scolastico. Nell anno risulta «disperso», considerando gli ultimi cinque anni, il 27,9 per cento degli studenti, pari a circa 164 mila giovani. Secondo la società di ricerca, complessivamente, si può stimare che la scuola statale abbia perso nel giro di 15 anni circa 2,8 milioni di giovani, di cui solo 700 mila hanno poi proseguito gli studi nella scuola non statale o nella formazione professionale, oppure hanno trovato un lavoro. Inevitabile conseguenza di questa situazione è anche la riduzione degli iscritti alle università. Tra i 30-34enni, gli italiani laureati sono appena il 20,3% contro una media europea del 34,6%. E l andamento delle immatricolazioni mostra un significativo calo negli ultimi anni. Quelli che possono contare sull aiuto delle famiglie scelgono sempre più di andare all estero per proseguire gli studi. Tra il 2007 e il 2011 il numero di studenti italiani iscritti in atenei stranieri è aumentato del 51,2%, passando da a Di fronte ad una crisi dalla quale non siamo ancora usciti, la partita del semestre italiano di presidenza Ue si gioca su un campo minato: tra l incubo del rispetto dei parametri finanziari e il bisogno sempre più urgente di modificare le politiche europee per ridare slancio all economia reale e all occupazione nel nostro Paese. ATTUALITÀ

8 Eduardo Arranz-Bravo, Buho-Home, 1970 (particolare)

9 La previdenza in regime internazionale di Rossella Misci * Di questi tempi, a leggere i quotidiani e ad ascoltare i dibattiti televisivi, più o meno riflessivi, sulla situazione della reale crisi del lavoro giovanile nel nostro Paese, sembra che tutti siano impegnati ad invitare l enorme numero di disoccupati a lasciare il Paese e a cercare in Europa o magari... in Australia o Canada quel lavoro che in Italia appare sempre più una chimera. È davvero così? Siamo davvero destinati a tornare un Paese di emigranti (magari questa volta con la borsa 24 ore e non con la valigia)? Siamo pronti a vivere strappi e lacerazioni familiari e generazionali che sembravano relegate nelle ultime pagine dei libri di storia patria? In verità forse oggi questa nuova emi grazione se davvero fosse un fenomeno numericamente rilevante, riguarda (o forse torna a riguardare) soprattutto i capitali verso i paradisi fiscali, mentre l attività di intere aziende trasferiscono macchinari e know out nei Paesi di nuovo ingresso nell Unione Europea nei quali le agevolazioni statali, per un verso, e il basso costo del lavoro, dall altro, favoriscono un maggiore profitto. La vicenda della Fiat di questi ultimi anni è forse il paradigma di questo fenomeno. Viene in mente a questo punto la parola magica del decennio: «È la globalizzazione, bellezza!». La globalizzazione, panacea di ogni problema, ci ha portato oltre la disillusione, quali effetti collaterali, sconvolgimenti sociali, economici, politici che hanno interessato milioni di persone a livello planetario. Guerre e conflitti religiosi hanno portato non solo morte e distruzione ma un ulteriore fenomeno epocale: un esodo, o meglio, una fuga di milioni di esseri umani dai loro Paesi di origine verso quelli che ai loro occhi sembravano contenere la speranza di un nuova e migliore vita. Le guerre del vicino e Medio Oriente, i conflitti religiosi o tribali in Africa, la caduta dei regimi comunisti nell Europa orientale, le crisi economiche e politiche di molti Paesi del Centro e Sud America hanno condotto i relativi popoli a rivolgere lo sguardo e le residue speranze verso tutti i Paesi del cosiddetto mondo occidentale. A questo punto, qualcuno potrà chiedersi se non abbiamo esagerato allargando troppo 11 NEL MONDO * Autrice della pubblicazione per l Inca Cgil nazionale

10 12 NEL MONDO NotiziarioINCAonline l orizzonte. Ci si può chiedere cosa c entrino queste esemplificazioni generiche in rapporto ad un manuale su «La previdenza in regime internazionale» (pubblicato recentemente dalla casa editrice della Cgil Ediesse ndr). Eppure riteniamo che un nesso ci sia. Quando parliamo di diritti di cittadinanza, di assistenza sociale, di principi solidaristici e di tutto ciò che ruota attorno al welfare e al lavoro, dobbiamo essere consapevoli che trattiamo di uno scenario sottoposto a una costante evoluzione, per cui è difficile im maginare quali potranno essere le prospettive. E questo è dovuto al fatto che gli elementi che determinano la globalizzazione interagiscono tra di loro a volte in modo imprevedibile. Ciononostante, molti Paesi sul versante normativo da anni cercano di dare vita, attraverso convenzioni spesso solo bilaterali, ad una rete di assistenza, fondata sul principio della reciprocità. Questo manuale ha l ambizione di racchiudere nelle sue pagine lo stato dell arte della tutela dei diritti previdenziali in regime internazionale. Uno sforzo che merita di essere segnalato e che potrebbe consentire di avere in un unico testo il contenuto delle singole convenzioni e il diritto comunitario in materia di coordinamento delle varie legislazioni previdenziali. La Guida affronta il tema della previdenza in regime internazionale analizzando la condizione giuridica dei lavoratori migranti che si trovano ad essere assicurati, nel corso della loro vita attiva, ad una pluralità di ordinamenti nazionali molto diversi tra loro e, a volte, coordinati da regole sovranazionali molto complesse e difficili da interpretare. Nella prima parte sono state affrontate le Convenzioni bilaterali stipulate dall Italia con Argentina, Australia, Bosnia, Brasile, Canada, Capoverde, Città del Vaticano, Macedonia, Principato di Monaco, Repubblica di San Marino, Serbia-Montenegro, Stati Uniti, Tunisia, Turchia, Uruguay, Venezuela. Attraverso le Convenzioni Bilaterali le parti attuano un coordinamento delle rispettive legislazioni nazionali; ogni Convenzione opera in modo autonomo rispetto alle altre convenzioni stabilendo i requisiti da osservare, le prestazioni tutelate e i soggetti che rientrano nel loro campo di applicazione. Un ampia trattazione è riservata ai Regolamenti comunitari di sicurezza sociale, nella loro recente redazione, che contribuiscono a realizzare uno dei diritti fondamentali dell Unione Europea: la libera circolazione delle persone. I Regolamenti non prevedono di realizzare una uniforme legislazione previdenziale e sociale negli Stati membri, ma sono finalizzati a realizzare il difficile compito del coordinamento dei diversi sistemi previdenziali esistenti nei 28 Paesi comunitari a cui si aggiungono anche Svizzera, Lichtenstein, Norvegia e Islanda. Ampiamente trattata è la parte dedicata al tema della totalizzazione o cumulo dei periodi di assicurazione accreditati nei diversi Paesi: viene messa in evidenza la differente modalità di applicazione di tale cumulo in ambito comunitario e nelle Convenzioni Bilaterali; viene evidenziata la possibile diversa valutazione dei periodi assimilati ai periodi di lavoro nelle diverse legislazioni nazionali poiché ogni Paese utilizza i periodi svolti al-

11 l estero secondo le regole della propria legislazione nazionale. Per quanto concerne il tema delle pensioni, nel manuale viene trattato sia l aspetto del perfezionamento in regime internazionale del requisito per il diritto a pensione, sia le particolari modalità di calcolo delle prestazioni pensionistiche in regime comunitario o di Convenzione bilaterale. Quello che stiamo attraversando non è certo il momento migliore per l Europa: egoismi nazionali rischiano di far arretrare anche i diritti dei lavoratori, cosiddetti «mobili» (e cioè che si spostano da un Paese ad un altro per motivi professionali) se non si diffonde la conoscenza sulla portata delle conquiste realizzate. Un obiettivo piccolo forse, ma sicuramente nella giusta direzione. Ce n è bisogno. 13 NEL MONDO

12 Rapporto sui diritti globali 2014* Dopo la crisi, la crisi a cura di Ediesse Più che di crisi, si rischia ormai di dover parlare di catastrofe globale. Dopo sei anni, infatti, tutti gli indicatori economici e sociali rivelano un quadro drammatico e univoco. In Europa le persone che hanno perduto il lavoro sono cresciute di 10 milioni, portando a 27 milioni il totale di disoccupati. Per il quinto anno consecutivo l occupazione è in calo nel continente. I nuovi poveri sono cresciuti di 13 milioni di unità. Nell Europa a 28 Paesi, nel 2012, le persone già povere e quelle a rischio di esclusione erano ben 124 milioni, poco meno di una ogni quattro, con una crescita di 2 milioni e mezzo rispetto all anno precedente. Nel suo piccolo, l Italia contribuisce significativamente a questa mappa della privazione: il numero di quanti vivono in condizioni di povertà assoluta è esattamente raddoppiato tra il 2007 e il 2012, passando da 2 milioni e 400 mila a 4 milioni e 800 mila, l 8% della popolazione. Il tasso di occupazione nel 2013 è tornato ai livelli del 2002: 59,8%; all inizio della crisi, nel 2008, era al 63%. Peggio stanno solo i greci (con il 53,2%), i croati (53,9%) e gli spagnoli (58,2%). Tra il 2012 e il 2013 sono stati persi 424 mila posti di lavoro. Dall inizio della crisi hanno perso il lavoro oltre 980 mila persone. Il tasso di disoccupazione tra i giovani dai 15 ai 24 anni è arrivato al 42,4%. Muoiono le piccole imprese: dal 2008 ne sono scomparse 134 mila. E muoiono le persone: per quanto sia difficile stabilire nessi causali univoci e certi, alcuni studi indicano in 149 le persone che si sarebbero tolte la vita per motivazioni economiche nel 2013, quasi il doppio rispetto agli 89 casi dell anno precedente. Numeri moltiplicati e non meno tragici sul panorama mondiale: nel 2013 i disoccupati erano 202 milioni. Lievita anche il fenomeno dei lavoratori poveri: sono 200 milioni e sopravvivono in media con meno di due dollari al giorno. Questo stato di catastrofe umanitaria, non solo economica non è una realtà inevitabile, bensì il risultato di scelte politiche precise. Nessun serio investimento è stato fatto per promuovere l occupazione e sostenere il la- 15 NEL MONDO * SocietàINformazione (a cura di), Rapporto sui diritti globali 2014, Ediesse,

13 16 NEL MONDO NotiziarioINCAonline voro. La rotta non è stata invertita e nemmeno corretta. Anzi. Le politiche della Banca Centrale, del Fondo Monetario Internazionale e della Commissione Europea, la famigerata Troika hanno portato allo stremo i lavoratori e i ceti medi nei Paesi destinatari dei programmi di assistenza finanziaria, Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Romania. Complice la crisi, è in atto l intensificazione di una «lotta di classe dall alto», una resa dei conti totale con i sistemi democratici e di welfare, per come sono stati edificati nella seconda metà del secolo scorso, a partire dal modello sociale europeo. Sono potenti le spinte in direzione della privatizzazione dei servizi di protezione sociale in Europa, un potenziale mercato di miliardi di euro l anno, vale a dire ben il 25% del PIL, verso il quale si stanno indirizzando gli incontenibili appetiti dei gruppi finanziari e delle multinazionali. Risulta sempre più evidente il contrasto tra due idee diverse e antagoniste del mondo, la più forte delle quali, fondata sul dogma del libero mercato e sulla religione del profitto, vuole fare una definitiva tabula rasa di tutti i diritti faticosamente acquisiti dalle classi subalterne nel corso della seconda metà del Novecento. La crisi globale ha reso maggiormente manifesta l incapacità di perseguire alternative. Negli ultimi anni a livello mondiale si è assistito alla bancarotta del liberismo. Eppure i responsabili della crisi grande finanza, corporations e tecnocrazie hanno stroncato violentemente ogni ripensamento sui paradigmi della crescita infinita e dell asservimento totale dei viventi alle logiche del profitto, che sono state architrave di quella dottrina fraudolenta. E ora addirittura rilanciano, con quel Transatlantic Trade and Investment Partnership, il trattato commerciale Usa-Ue che incombe sull Europa. Eppure le proposte alternative sono da tempo sul tavolo. Certo, non bastano le piattaforme. Per trasformazioni di tale radicalità occorrono la forza politica, il consenso e la cooperazione sociale. Ma, per determinarne le precondizioni, necessita prima di tutto definire una nuova cornice culturale e valoriale. Un altra Europa e un altra globalizzazione, insomma, quella dei cittadini, dei diritti e della solidarietà politica e sociale, ha bisogno di essere pensata e di nascere presto dalle macerie di quella delle monete e dei mercati. Una riconversione ecologica dell economia deve soppiantare il castello di carte della finanza speculativa, che da tempo detta le agende ai governi e che vorrebbe ora addirittura forzare e svuotare le Costituzioni antifasciste europee. Un deciso investimento sul lavoro stabile e di qualità e su un nuovo welfare deve spodestare la mortifera politica dell austerità (solo in Grecia sarebbero le morti direttamente riconducibili alle politiche del rigore) che sta strangolando economie e Stato sociale e a cui l Unione Europea e i singoli governi si sono inchinati. Come afferma nel Rapporto Luciano Gallino, «i Parlamenti hanno sbattuto i tacchi e hanno votato alla cieca perché ce lo chiedeva l Europa. Non esistono alternative, ci è stato detto. Questa espressione è un corollario del colpo di Stato in atto». Le alternative invece sono possibili, oltre che necessarie. Ma non possono che sortire dal

14 basso, dalle forze vive del lavoro, della società, dei popoli. Per contrastare quel «colpo di Stato», difendendo la democrazia, ricucendo la profonda ferita delle diseguaglianze, ristabilendo equità e giustizia sociale. Globalizzando i diritti. Di tutto questo e di molto altro ancora parla il Rapporto sui diritti globali di quest anno, giunto alla dodicesima edizione. Macro-capitoli tematici documentano la situazione e delineano possibili prospettive future. L analisi e la ricerca sono corredate da cronologie dei fatti, da schede tematiche, da quadri statistici, da un glossario, da una bibliografia e sitografia, dalle sintesi dei capitoli e dall indice dei nomi e delle organizzazioni citate. Uno strumento fondamentale d informazione e formazione per quanti operano nella scuola, nei media e nell informazione, nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nel mondo del lavoro, nelle professioni sociali, nelle associazioni. 17 NEL MONDO

15 Renzo Vespignani, Il popolo della Resistenza non dimentica, 1972 (particolare)

16 Il mercato del lavoro parla sempre più lingue a cura della Redazione Idos Rapporto immigrazione e imprenditoria 2014 / a cura Idos Il Rapporto curato dall Idos in collaborazione con UnionCamere, Camera di Commercio di Roma, Confederazione nazionale dell artigianato e della piccola e media impresa, MoneyGram e con il supporto di diversi esperti e altre strutture, analizza l imprenditorialità immigrata a tre diversi livelli (europeo, nazionale e territoriale) e propone al riguardo i dati aggiornati all inizio del 2014, con molteplici approfondimenti che consentono di individuare lo specifico apporto degli immigrati al panorama imprenditoriale italiano e le possibili prospettive. Nell Ue a 28, secondo le statistiche Eurostat (parziali in quanto non inclusive, ad esempio, del settore agricolo e a base campionaria), sono 30,5 milioni gli imprenditori (1 ogni 7 occupati, per il 70% maschi), di cui circa 4,9 milioni in Italia (quasi un milione in più rispetto alla Germania). Gli imprenditori immigrati che per lo più hanno dato luogo a imprese individuali, sono quasi 2 milioni (di cui poco meno della metà non comunitari) e si concentrano innanzitutto in Germania (461 mila imprenditori e 750 mila posti di lavoro creati), seguita dalla Gran Bretagna (423 mila). In Italia, tra gli autoctoni prima e tra gli immigrati poi, si è affermata una imprenditorialità molecolare con imprese di ridotte (e ridottissime) dimensioni che, seppure per alcuni aspetti appare più dinamica e coinvolgente, fatica maggiormente nel mercato globalizzato, come indicano le evidenti difficoltà delle imprese artigiane, in diminuzione dal Il nuovo Rapporto si basa sull analisi delle imprese registrate negli elenchi delle Camere di Commercio: , di cui controllate da persone nate all estero. Le imprese individuali superano la metà del totale tra quelle controllate dagli autoctoni (51,9%) e arrivano 19 IMMIGRAZIONE

17 20 IMMIGRAZIONE all 80,6% (oltre 400 mila) tra gli immigrati, che però si stanno aprendo in misura crescente anche a forme di impresa più complesse, con le società di capitali. In ogni modo, gli imprenditori nati all estero sono riusciti a mantenere un significativo dinamismo imprenditoriale anche in questi anni di crisi, compensando la tendenziale diminuzione delle imprese guidate dagli italiani. Nel 2013, mentre per le imprese italiane il segno è stato uniformemente negativo (-0,9% a livello nazionale), quelle che fanno capo a lavoratori immigrati hanno registrato un andamento positivo (mediamente del 4,1%) che induce a confidare sulla possibilità di un loro ulteriore supporto al sistema economicoproduttivo italiano come anche allo sviluppo dei Paesi di origine. Sul territorio il panorama è frastagliato, con una maggiore concentrazione delle iniziative nel Nord, quindi nel Centro e infine nel Meridione. Anche la Commissione europea, nel piano d azione Imprenditorialità 2020, ha attribuito a questi operatori un ruolo importante per il rilancio dell Unione. Purtroppo, la comprensibile attenzione agli investitori esteri (in Italia sono meno di mille l anno i visti d ingresso concessi per tale motivo) non deve indurre a trascurare gli immigrati che continuano a passare dal lavoro dipendente a quello autonomo-imprenditoriale e che possono fare dell Italia il Paese europeo leader per numero di imprenditori nati all estero. Rapporto Ocse Lavoro sommerso e irregolare degli stranieri in Italia Nel contesto socioeconomico italiano, caratterizzato da bassa crescita e crescente disoccupazione, gli immigrati sono diventati una componente strutturale della forza lavoro, soprattutto nel settore edile (50% dei lavoratori immigrati uomini) e in quello dei servizi domestici e assistenziali (50% delle donne immigrate occupate), settori che più di altri stanno subendo gli effetti della recessione. Lo ha sottolineato il Rapporto «L integrazione degli immigrati e dei loro figli in Italia» predisposta, su richiesta del Cnel, dall Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e presentata nei giorni scorsi a Roma.

18 I tassi di occupazione della popolazione immigrata in Italia, di gran lunga al di sotto della media Ocse, sono superiori rispetto a quelli degli autoctoni, con un altissima incidenza di lavoro sommerso e irregolare, sfruttamento e discriminazione. Il loro tasso di occupazione ha raggiunto il 72% nel 2012 ed è sceso di 10 punti percentuali dal 2008, circa il doppio rispetto ai nativi. L occupazione delle donne immigrate, impiegate per lo più in lavori di cura e assistenza, «dipende invece dai risparmi delle famiglie, che stanno notevolmente diminuendo». E anche se tra la popolazione in età lavorativa in Italia il tasso di occupazione degli immigrati è maggiore rispetto a quello dei nativi, molti stranieri «sono intrappolati in lavori a bassa produttività e mal pagati e costituiscono buona parte dei lavoratori in condizioni di povertà». Spesso, denuncia l Ocse nel suo Rapporto, gli immigrati entrano nel circuito del lavoro sommerso e irregolare, dello sfruttamento e della discriminazione. Ciò vale anche per «quel 10% classificato come altamente qualificato, che rappresenta l unico gruppo con tassi di occupazione più bassi rispetto ai nativi». Complessivamente gli immigrati, uomini e donne, costituiscono rispettivamente il 31 e il 40% dei lavoratori poco qualificati nel Qualche miglioramento delle condizioni lavorative si registra grazie a una significativa mobilità Sud-Nord, nonostante le maggiori opportunità occupazionali per gli immigrati rispetto ai nativi continuino a trovarsi nel Meridione. A partire dal 2007 la disoccupazione ha colpito soprattutto gli stranieri meno istruiti, attestandosi nel 2012 al 12,6% per gli uomini e al 15,9% per le donne, in qualche modo protette dal persistere della domanda nei settori dei servizi domestici e alla persona. Solo la metà di loro ha un titolo di studio superiore alla licenza media e pochi parlano italiano al momento dell arrivo. Il passaggio alla scuola superiore non è facile e, ricorda l Ocse «solo otto regioni consentono agli studenti immigrati con qualifica professionale post-triennale di accedere a un quarto anno di formazione e solo due regioni al quinto anno». Il rapporto registra infine tra i figli di immigrati un crescente tasso di abbandono scolastico e una percentuale di Neet pari a un terzo degli stranieri tra i 15 e i 24 anni. 21 IMMIGRAZIONE

19 Salute e sicurezza Opera di Giò Pomodoro, 1982

20 Lo stato di salute dei lavoratori della pesca di Marco Bottazzi*, Pasquale Di Palma**, Rossella Uccello*** Premessa Ogni attività diretta a catturare esemplari di specie che abbiano come ambiente abituale o naturale di vita le acque marine o del Demanio marittimo, definite come tali dalla normativa vigente, è considerata pesca marittima. La diversificazione e specializzazione delle attività di pesca, l aggiornamento tecnologico della flottiglia e l aumento delle capacità professionali degli equipaggi hanno condotto ad un enorme accrescimento delle potenzialità di cattura, facendo sì che, insieme alla creazione degli impianti a terra di assistenza al naviglio e di trasformazione del pescato, il settore della pesca professionale riportasse, nel secolo appena trascorso, un grosso sviluppo economico e commerciale. A fronte di tale sviluppo, il numero degli operatori impiegati in tali attività è in controtendenza, infatti i dati più aggiornati attestano che nel corso del primo decennio degli anni Duemila i lavoratori della pesca sono passati da circa a poco più di La stima degli addetti, deducibile dall andamento dei premi assicurativi incassati dall Inail negli ultimi anni, dimostra una ulteriore prosecuzione del trend in negativo. Se consideriamo che le imbarcazioni da pesca nel nostro Paese sono circa , possiamo dedurne un rapporto lavoratore/posto di lavoro piuttosto basso. Ciò, da un lato, attesta il grande impatto che ha la pesca artigianale in Italia, caratterizzata da piccole imbarcazioni e promiscuità delle mansioni, e, dall altro, un non trascurabile fenomeno del lavoro sommerso. La pesca professionale La pesca professionale è quell attività destinata alla cattura di specie migratorie, alla pescicoltura, alla molluschicoltura ed allo sfruttamento di banchi sottomarini, esercitata con navi da pesca, da terra o mediante apprestamenti fissi o mobili temporanei o permanenti. 23 SALUTE E SICUREZZA * Consulenza medico-legale nazionale Patronato Inca Cgil ** Medico del Lavoro, dirigente Medico Inail Sovrintendenza Sanitaria Centrale *** Medico Chirurgo, specializzanda Medicina del Lavoro presso Seconda Università di Napoli

21 24 SALUTE E SICUREZZA NotiziarioINCAonline Per le attività di questo tipo di pesca (cattura di pesci e altra fauna ittica destinata al commercio), si utilizzano bastimenti noti col nome di pescherecci (o motopesche). Inizialmente a vela o a remi, sono diventati negli ultimi decenni progressivamente a motore, prima a benzina o a carbone, poi sempre di più diesel. I pescherecci sono in genere di dislocamento medio-piccolo e la loro stazza parte da qualche tonnellata per impieghi costieri, mentre quelli che raggiungono le mille tonnellate e oltre, sono utilizzate per la pesca d altura oppure oceanica e sono dotati di abbondanti reti e apparati radar e sonar. Le navi utilizzate per la pesca professionale, in base alle caratteristiche, al peso, alla potenza ed alle dimensioni, sono così classificate: 1 a Categoria adibite alla pesca oltre gli stretti o oceanica; 2 a Categoria adibite alla pesca mediterranea o d altura; 3 a Categoria adibite alla pesca costiera ravvicinata; 4 a Categoria adibite alla pesca costiera locale; 5 a Categoria destinate a servizi di impianti da pesca; 6 a Categoria destinate dalle imprese al servizio di una flottiglia di pesca per l esercizio delle attività di trasporto, conservazione o trasferimento del pescato. Ai sensi del Codice della Navigazione, le navi di categoria 1 a - 2 a e 6 a sono anche dette «navi maggiori», quelle di categoria 3 a e 4 a sono denominate «navi minori», tutte le unità di pesca di categoria 5 a rientrano nei «galleggianti». L assegnazione alla rispettiva categoria spetta al Comandante della Capitaneria di Porto che svolge la funzione di Capo del Compartimento Marittimo. In base alla tipologia dei natanti la pesca professionale si differenzia in cinque varietà. 1. La piccola pesca o pesca artigianale si esercita all interno delle 12 miglia dalla costa, con barche di lunghezza inferiore a 12 metri Lft (lunghezza fuori tutto) e di stazza non superiore alle 10 Tsl (tonnellate di stazza lorda), mediante l uso esclusivo di determinati attrezzi (attrezzi da posta, ferrettare, palangari, lenze e arpioni, nasse, bertovelli, fiocine, ciancioli e sciabiche). Nella piccola pesca sono esclusi lo strascico, la draga idraulica e tutti gli altri sistemi di pesca a traino che utilizzano il motore nell azione di cattura. La piccola pesca, non a caso denominata anche pesca artigianale, è l attività produttiva che più rispecchia le abitudini locali, così come dimostrato dalle varie specializzazioni di pesca e di pescato omogeneamente distribuiti lungo tutta la costa peninsulare. 2. La pesca costiera locale si esercita fino ad una distanza di 6 miglia dalla costa con navi fino a 30 Tsl e, se la nave è conforme a precise prescrizioni di sicurezza, può essere autorizzata all esercizio dell attività fino ad una distanza di 12 miglia dalla costa. 3. La pesca costiera ravvicinata si esercita fino ad una distanza di 40 miglia dalla costa con imbarcazioni di categoria non inferiore alla 3 a.

22 4. La pesca mediterranea o d altura si esercita nelle acque del Mar Mediterraneo con navi di categoria non inferiore alla 2 a, a partire da 30 Tsl e con specifiche dotazioni di sicurezza. 5. La pesca oceanica si effettua con navi di 1 a categoria, oltre gli stretti. Tra le attività di pesca professionale è ricompresa anche l acquacoltura o acquicoltura, che è la produzione di organismi acquatici, principalmente pesci, crostacei e molluschi, ma anche alghe, in ambienti confinati d acqua dolce o marina, controllati dall uomo. A seconda del tipo di allevamento, questi ambienti vengono denominati: peschiere, vivai, valli da pesca o stagni. Il termine acquacoltura si contrappone generalmente alla pesca, nella quale l uomo preleva dagli stock naturali i prodotti di cui ha bisogno. La pesca professionale, indipendentemente dalle imbarcazioni utilizzate, si può distinguere in base ai sistemi di pesca. Ricordiamo, a questo riguardo, che i sistemi di pesca normalmente impiegati in Italia sono regolamentati da una fonte legislativa specifica quale il Dm 26/07/1995. Di seguito vengono illustrati, fra quelli regolamentati, i sistemi di pesca più diffusi in Italia e descritti i componenti delle rispettive attrezzature necessarie. La pesca a strascico consiste nel trainare attivamente una rete da pesca sul fondo del mare ad opera di una o due barche (strascico a coppia). Le reti a strascico hanno generalmente forma conica; la parte terminale, apribile per estrarre il pescato, prende il nome di «sacco», l apertura invece prende il nome di «bocca» e la parte centrale di «ventre». Sovente ai lati della bocca sono presenti due lunghe strisce di rete di forma triangolare con funzioni di invito che prendono il nome di «ali» e che, se la pesca viene praticata da due pescherecci in coppia, vengono mantenute aperte da entrambe le barche, con un tonneggio attaccato ad ognuna di esse; nella pesca a strascico compiuta da una sola barca, il tipo più comune, la rete è invece mantenuta aperta da strutture chiamate «porte» o «divergenti». Le porte sono disponibili in diverse forme e misure e possono essere adatte a tenere la rete a contatto col fondo o sollevate da esso. Affinché le porte compiano bene il loro dovere, è necessario che la barca o la nave viaggi ad una certa velocità, in genere di 2,5-4 nodi. La parte della bocca e delle ali che strascica il fondale è in genere armata di piombi e catene con la funzione di smuovere il sedimento e di farne venir fuori pesci ed altri animali che vi fossero intanati mentre la parte superiore degli stessi è dotata di galleggianti con lo scopo di tenere aperta la bocca. Il tipo più comune di rete a strascico bentonica (cioè utilizzata per prede che stiano sul o nei pressi del fondale) è la paranza, in origine manovrata da due imbarcazioni ma oggi in genere calata da un solo peschereccio. Il rapido o sogliolara o sfogliara è una rete piccola, senza ali e dotata di una cornice rigida attorno alla bocca, che nella parte inferiore è armata di denti. Questa rete è 25 SALUTE E SICUREZZA

23 26 SALUTE E SICUREZZA NotiziarioINCAonline impiegata principalmente per la pesca di pesci piatti, di razze e di molluschi bivalvi come telline e vongole. La gangamella è invece una piccolissima rete (poco più di un retino) che viene lentamente strascicata di notte allo scopo di catturare i gamberetti. La sciabica e lo sciabichello hanno struttura simile alla paranza, con la differenza che vengono trasportate a mare da un imbarcazione ma poi vengono salpate da terra. La pesca con rete da posta è caratterizzata dall utilizzo di una rete disposta verticalmente e spesso molto lunga che viene lasciata in mare lasciando che siano le prede a raggiungerla ed a rimanervi impigliate. La struttura di una generica rete da posta è molto semplice: si tratta generalmente di una rete rettangolare con dei galleggianti di plastica o sughero nella parte superiore (lima dei sugheri) e dei piombi (lima dei piombi) in quella inferiore. La rete da posta deve rimanere ben tesa verticalmente in acqua per cui è fondamentale il corretto bilanciamento tra la lima dei sugheri e quella dei piombi. I pesi o le ancore vengono segnalati in superficie da galleggianti muniti di bandierine gialle di giorno e luci gialle di notte per renderne possibile l individuazione al momento del recupero. In passato le reti da posta erano realizzate soprattutto di cotone, oggi è di uso quasi universale il nylon che ha il pregio di essere praticamente invisibile nell acqua. Queste reti, una volta calate, vengono lasciate in posizione per un certo periodo di tempo, in genere una notte, in modo tale da renderle ancora più invisibili al pesce, e poi recuperate. Normalmente, nell intervallo fra l operazione di cala e quella di salpata la barca rientra in porto. La principale suddivisione delle reti da posta è tra reti fisse o derivanti: le prime vengono ancorate al fondo mentre le seconde sono libere di spostarsi seguendo le correnti. Le reti derivanti sono in genere utilizzate per la cattura di pesci pelagici, spesso in alto mare, mentre quelle fisse sono gli attrezzi più utilizzati nella cosiddetta piccola pesca strettamente costiera. Il più comune e diffuso tipo di rete da posta fissa è costituito dal tramaglio o tremaglio, una rete costituita da tre strati, i più esterni a maglie larghe («pezze» o «pareti») ed il più interno («mappa») a maglie strettissime e di superficie maggiore degli altri due (in maniera che sia meno tesa delle pezze). La preda penetra attraverso le maglie molto larghe della pezza più esterna ma rimane inesorabilmente avviluppata (ammagliata) nella mappa, formando una sorta di sacchetto all esterno della parete dal lato opposto di quello di entrata. Questo rende assai più agevole estrarre (smagliare) la preda, perché basta rinfilare il sacchetto di mappa all interno della pezza ed il pesce si smaglia da sé. Questa rete viene calata a una profondità che varia tra i 2 e i 40 m ed è utilizzata, in modo particolare, per catturare seppie, triglie, orate, occhiate, scorfani e simili. Il tramaglino, che è una modificazione del tramaglio, ha una dimensione della maglia interna molto minore per cui pesca solo nelle immediate vicinanze del fondale e viene utilizzata per la cattura delle triglie o dei crostacei come le mazzancolle. Quando in-

24 vece le maglie sono più grandi, si parla di tramaglione, che è utilizzato per la pesca delle aragoste. La mugginara o saltarello è una rete simile al tramaglio, ma porta sulla parte superiore, al di sopra dei sugheri, una pezza supplementare di rete disposta parallelamente al pelo dell acqua. Questa rete viene utilizzata per la cattura di cefali in acque lagunari dove, colpendo l acqua con bastoni, i pesci saltano fuori dall acqua per scavalcare la rete e restano ammagliati nella pezza orizzontale. Viene chiamata per questo motivo anche rete a battere. Questo attrezzo viene disposto circolarmente attorno a banchi di pesci previamente individuati, analogamente al sistema di pesca con le reti da circuizione. L imbrocco o menaida o menaide è un tipo di rete fissa simile al tramaglio, di nylon trasparente alto 3-4 m, costituito dalla sola mappa, calata verticalmente nell acqua. Esso ha praticamente una cattura monospecifica e monotaglia che dipende dalla misura della maglia con cui è armata. La cattura avviene per imbrocco: il pesce, una volta entrato nella maglia della rete, non riesce più ad andare né avanti né indietro. Se la maglia fosse più piccola non riuscirebbe a penetrare con la testa nella maglia stessa, se d altra parte fosse più grande passerebbe tutto intero dalla parte opposta, evitando in ambedue i casi la cattura. Gli imbrocchi a maglia fitta sono utilizzati per la cattura di pesci di piccola taglia come acciughe o sardine; quelli a maglia mediopiccola (52-58 mm) per la cattura dei naselli; quelli a maglia medio-grande (70-80 mm) per la pesca delle sogliole; quelli a maglia grande ( mm e oltre) sono specifici per la presa dei tonni e dei pesci spada. Di queste ultime ne esistono due tipi: la palamitara e la spadara; la prima è ancorata al fondo, mentre la seconda è derivante; l uso di queste due reti è proibito in tutta l Unione Europea dal Regolamento Ce 894/97 per la moria di cetacei che causano. Se la rete a imbrocco è derivante prende il nome di ferrettara. Le reti incastellate, imbardate o combinate sono ibride tra tramaglio ed imbrocco, di solito tramaglio nella parte vicina al fondo ed imbrocco nella parte superiore, il che consente di ampliare lo spettro operativo dell attrezzo. Queste reti comunque sono poco usate ad eccezione di alcune situazioni locali. La pesca con palangaro o palamito o palangrese si effettua tramite una lunga lenza di grosso diametro con inseriti ad intervalli regolari spezzoni di lenza più sottile portanti ognuno un amo. Sostanzialmente il palangaro è costituito da un lungo e robusto cavetto («trave» o «madre»), lungo anche diversi chilometri, con numerosi «braccioli» più sottili, ognuno dei quali porta un amo. A intervalli regolari sulla madre sono inseriti dei cavetti contrassegnati da galleggianti che permettono il posizionamento dell attrezzo alla corretta profondità di pesca. Ai due estremi della madre sono fissate due cime marcate da un galleggiante con bandiera (o riflettore radar) che permette la facile localizzazione dell attrezzo. Come tutti gli attrezzi ed i sistemi di pesca ha diverse de- 27 SALUTE E SICUREZZA

25 28 SALUTE E SICUREZZA NotiziarioINCAonline nominazioni dialettali: «conzo» e «cuonzo» è tipica del meridione d Italia, «palamito» è usato perlopiù dalle marinerie liguri e toscane, mentre «palangaro» è la denominazione ufficiale italiana. Il palangaro si definisce fisso se è ancorato al fondo e derivante se è libero di seguire le correnti: nel primo caso la cima porta un peso nella parte inferiore. Il palangaro viene in genere calato la sera e salpato al mattino successivo ma alcune specie possono essere pescate durante il giorno. Con questa tecnica si possono insidiare tutti i tipi di pesci. Diametro della madre e dei braccioli, intervalli di distribuzione dei braccioli stessi sulla madre, dimensione degli ami utilizzati, tipo di esca, profondità di pesca e tempi di calata e salpata sono le variabili che permettono di indirizzare l attività di pesca alla specie desiderata con una certa selettività, dai piccoli sparidi di fondale ai grandi pelagici di superficie. Le esche impiegate per armare i palangari sono varie quanto i tipi dell attrezzo stesso, possono essere utilizzati pesci vivi o morti, cefalopodi o altri molluschi, oloturie, crostacei o perfino esche artificiali; talvolta viene abbinata all esca principale una sorgente luminosa. La pesca con rete da circuizione è indirizzata in genere a specie che vivono in banchi, sia piccoli come quelli di sardine o acciughe, sia più grandi come quelli di sgombri, sia infine grandissimi come quelli di tonni. Il tipo più comune di rete da circuizione prende il nome di cianciolo o saccoleva ed è orientato alla cattura di piccoli pesci (pesce azzurro). Di solito il banco, nelle ore notturne, viene attratto in un determinato tratto di mare da una o più piccole imbarcazioni dotate di potenti fonti luminose (lampara). Quando il banco è ben compatto, viene stesa intorno ad esso una rete rettangolare con sugheri nella parte alta e piombi (lima di piombi) in quella inferiore. Quando il banco è circondato, la rete viene chiusa nella parte inferiore e lentamente ritirata fino a quando i pesci sono concentrati in uno spazio piccolo e possono essere recuperati con un coppo. Per catturare i tonni si usa una particolare rete da circuizione denominata tonnara volante, che si differenzia dalle altre per le maggiori dimensioni e robustezza, per l assenza di fonti luminose e per il fatto che la rete viene calata velocissimamente attorno al banco una volta che questo è stato individuato da un apposita vedetta (tecnica tipica del mar Adriatico). La pesca subacquea professionale è una delle attività di pesca svolte prevalentemente per la raccolta dei molluschi, delle spugne e dei ricci di mare, ma anche per la pesca di pesci e crostacei con uso di attrezzi quali raffi, ganci, coppi e retini. Può essere effettuata sia in apnea che con gli autorespiratori ad aria o a miscele autonomi, indossati o vincolati dalla superficie attraverso una prolunga definita narghilè. In Italia è vietata la pesca subacquea con l utilizzo degli autorespiratori, essendo consentita solo ed esclusivamente quella in apnea. Tale pesca può essere effettuata da terra o con mezzo idoneo iscritto come imbarcazione da pesca con speciale omologazione per l appoggio di pescatore subacqueo.

26 Ciclo lavorativo e rischi per la salute e la sicurezza Il ciclo produttivo della pesca professionale comprende due fasi principali, indipendentemente dal sistema e dall imbarcazione impiegati: la fase di trasferimento e quella di pesca. Nel gergo di comparto entrambe queste fasi costituiscono la «bordata» la cui durata è diversa per ogni tipo di pesca; essa varia dalle 24 ore per la pesca a strascico da fondo, alle 12 ore per la pesca di prodotti massivi (volante e circuizione), alle 5 ore per la pesca delle vongole ed infine alle 2 ore per la pesca con reti da posta. La durata reale della bordata deve associarsi ad una corretta descrizione dei compiti lavorativi, oltre che ad una puntuale descrizione delle condizioni e della durata di esposizione ai rischi ambientali e lavorativi per la salute e la sicurezza dei pescatori. In pratica, la fase di trasferimento è quella necessaria per portarsi dal porto di attracco alla zona di pesca mentre la fase di pesca può comprendere due o tre sotto-fasi, a seconda se si tratti di un attrezzo da pesca «statico» o «dinamico». Queste definizioni si riferiscono alle condizioni operative dell attrezzo da pesca in mare, da cui dipendono i livelli e le tipologie di rischio per gli uomini dell equipaggio. Tutti gli attrezzi da pesca devono essere calati in mare, poi recuperati a bordo e infine liberati dal pescato: per fare questo vengono utilizzate le macchine di coperta associate ad altre attrezzature varie, ma con tempistiche e modalità diverse in funzione del tipo di pesca esercitato. Le condizioni operative inoltre sono sempre variabili, sia perché cambiano le zone di pesca sia perché possono variare le condizioni metereologiche anche durante la stessa bordata di pesca. Naturalmente nelle attività di pesca rientrano anche tutte le operazioni preparatorie, che presentano rischi rilevanti e talora superiori a quelli tipici dell attività di pesca vera e propria. Il lavoro in mare comporta, per definizione, la presenza di una serie di condizioni sfavorevoli legate innanzitutto a variazioni delle normali condizioni di vita e di lavoro e dei rapporti sociali e familiari, delle abitudini alimentari, della durata del sonno. La nave rappresenta un ambiente confinato che può inficiare lo stato di benessere e di comfort dei lavoratori, caratterizzato da zone di lavoro promiscue e spesso ergonomicamente sfavorevoli; di non poca importanza è poi la vetustà degli strumenti e dei materiali a bordo. L attività della pesca contempla per natura un notevole impegno fisico, ripetitivo e allo stesso tempo richiedente un livello di attenzione particolarmente elevato. L organizzazione del lavoro è strettamente dipendente dalle condizioni metereologiche e dalle esigenze del mercato. Infortuni Secondo le stime dell International Labour Organization (Ilo) la pesca è collocata tra le attività più pericolose in assoluto, in quanto il pescatore svolge il suo lavoro esposto agli eventi atmosferici, in luoghi spesso angusti e pericolosi (superfici scivolose, metalli taglienti o superfici di legno, esposizione a cavi elettrici e a materiali potenzialmente esplosi- 29 SALUTE E SICUREZZA

27 30 SALUTE E SICUREZZA NotiziarioINCAonline vi), in presenza di macchinari in movimento e lontano dalla terra ferma. Tutti questi rischi intrinseci nell ambiente lavorativo di bordo, oltre a quelli legati al carico trasportato, esistono in una combinazione multipla e combinata sulle navi. Inoltre non va trascurata la fonte di pericolo, anch essa significativa, derivante dalle operazioni svolte a terra prima e dopo le bordate. Il dato statistico Inail offre un numero di infortuni sul lavoro esiguo (sebbene gli eventi siano mediamente di elevata gravità) rispetto a quanto atteso sulla base dei numerosi rischi sopra riportati, lasciando sospettare una consistente sotto-denuncia. Ciò potrebbe altresì derivare dalla scelta di godere di un periodo di riposo per malattia comune in luogo di una periodo di inabilità temporanea per infortunio sul lavoro. Malattie professionali Il World Health Organization (Who) ha individuato numerosi agenti di rischio lavorativi nel settore marittimo: agenti chimici e cancerogeni, agenti fisici (rumore, vibrazioni, radiazioni, temperature estreme, ecc.), agenti biologici, fattori ergonomici e organizzativi. Per le denunce di malattia professionale, il dato numerico Inail ed Inail Navigazione (ex- Ipsema) è ancora più allarmante di quello per gli infortuni per evidente sotto-denuncia. Nel quinquennio , sono state denunciate all Inail, per i lavoratori della piccola pesca e dell acquacoltura, complessivamente 79 malattie professionali (11 nel 2008, 7 nel 2009, 12 nel 2010, 24 nel 2011, 25 nel 2012); nello stesso periodo sono pervenute all ex Ipsema un totale di 72 denunce per malattia professionale (13 nel 2008, 14 nel 2009, 14 nel 2010, 14 nel 2011, 17 nel 2012) per i lavoratori della pesca di competenza (la così detta «grande pesca»), riguardanti in entrambi i casi quasi esclusivamente l apparato uditivo e quello osteoarticolare e muscolo-tendineo. Il fenomeno delle malattie professionali sommerse è dimostrato in parte dall entità del dato delle malattie comuni (complementari e fondamentali) gestite dall Ipsema per la stessa platea di lavoratori. Per i lavoratori del mare, la malattia comune si distingue in malattia fondamentale, quando si manifesta durante l imbarco provocando lo sbarco del lavoratore «da malato», e malattia complementare quando insorge entro 28 giorni dallo sbarco. Quest ultima, in termini di numero di giornate indennizzate, rappresenta circa il 69% del totale delle malattie comuni; il rimanente 31% riguardante le malattie fondamentali, si attesta comunque intorno alle all anno. La tipologia di malattie fondamentali gestite dall Ipsema nel quinquennio mostra un interessamento più generalizzato di organi ed apparati rispetto a quanto osservato nelle diagnosi di malattie professionali denunciate, pur prevalendo nettamente le affezioni del sistema muscoloscheletrico. L entità e la varietà di queste malattie, rapportate ai tipi di rischi specifici del lavoro in mare ed alle malattie professionali denunciate nell industria, lascia pensare senza ombra di dubbio che una percentuale di esse ricono-

28 31 SALUTE E SICUREZZA sca una causa, o almeno una concausa, nell attività lavorativa. L analisi di questi dati, confrontati con quelli delle malattie professionali dei pescatori, dimostra ulteriormente la presenza del fenomeno delle sotto denunce e della necessità, quindi, di mettere in campo tutte le iniziative possibili per agire, da un lato, sull emersione delle tecnopatie, dall altro sulla diffusione della cultura della prevenzione a bordo.

29 32 SALUTE E SICUREZZA NotiziarioINCAonline Tutela assicurativa e previdenziale dei pescatori La legge n. 122 del 30 luglio 2010, al comma 1 dell articolo 7, per ottimizzare le risorse ed evitare duplicazioni di attività, stabilisce che l Ipsema e l Ispesl siano soppressi e le relative funzioni vengano attribuite all Inail, al fine di garantire la piena integrazione delle funzioni assicurative e di ricerca connesse alla materia della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Tale accorpamento di funzioni, sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero della Salute, dovrebbe facilitare il coordinamento stabile delle attività previste dal comma 2 dell articolo 9 del D.Lgs. n. 81 del 9 aprile È, dunque, passata all Inail - Settore Navigazione la competenza assicurativa degli equipaggi delle navi che svolgono un lavoro retribuito alle dipendenze di un datore di lavoro. L assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali riguarda le persone componenti l equipaggio della nave, considerandosi come tali tutte quelle regolarmente iscritte sul ruolo equipaggio o comunque imbarcate per servizio della nave. Per le navi che non sono munite di ruolo equipaggio, si considerano facenti parte l equipaggio le persone iscritte sulla licenza di navigazione e tutte quelle indicate nei libri matricola e paga previsti dalla legge o comunque imbarcate per servizio della nave. Dal 2006, inoltre, al Settore Navigazione Inail è stata assegnata dal legislatore la certificazione a fini pensionistici dell eventuale esposizione dei marittimi alle fibre di amianto. Occorre precisare che una parte non trascurabile del mondo della pesca, definita «piccola pesca», era già storicamente assicurata presso l Inail, presentando diverse analogie con il settore dell agricoltura, soprattutto ai fini del riconoscimento della malattia professionale. Ai fini assicurativi, dopo la Legge 122/10, il settore pesca non appare più diviso tra due Enti, quali Ipsema ed Inail, ma fra due Settori dello stesso Ente: il Settore Navigazione, ereditando le competenze dell Ipsema, tutela gli addetti alla così detta «pesca in mare aperto» o «grande pesca», ovvero gli equipaggi dei navigli da pesca marittima o per i quali sussista l obbligo della tenuta dei libri matricola e paga; l Inail continua a tutelare tutti i pescatori autonomi o riuniti in cooperative, cioè quelli che operano nell ambito della così detta «piccola pesca». Appare utile a questo punto dettagliare i lavoratori inclusi nelle succitate categorie di pesca; in particolare, si intende per «addetti alla piccola pesca»: i soci di cooperative o compagnie, riconducibili alla Legge 250/58, esercenti la pesca condotta in mare con natanti fino a 10 tonnellate di stazza lorda o quella praticata in acque interne (fiumi, laghi, ecc.) oppure le attività di acquacoltura in mare (miticoltura, ostricoltura, ecc.); il personale soggetto alla Legge 413/84 dipendente da aziende che esercitano la pesca con natanti di oltre 10 tonnellate di stazza lorda, iscritti nei registri delle navi minori e dei galleggianti, indipendentemente dalle attività e dal tipo di pesca; i lavoratori autonomi addetti alla pesca in

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