SUPPORTO GEOLOGICO TECNICO AL PIANO STRUTTURALE

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2 SUPPORTO GEOLOGICO TECNICO AL PIANO STRUTTURALE 1. PREMESSA L Amministrazione Comunale di Pontremoli ha commissionato, come stabilito dalla L.R. n.1/2005 e dalla D.P.G.R. n. 26/R, le Indagini geologico-tecniche di supporto al piano strutturale, compendiate in questo studio. In base alla Legge regionale n 1 del 3 gennaio 2005 Norme per il governo del territorio la Regione Toscana individua in Comuni, Province e in se stessa i soggetti preposti alla tutela, valorizzazione e gestione delle risorse del territorio, nell ottica di uno sviluppo sostenibile che garantisca alle generazioni presenti e future migliori qualità di vita. All art. 62 della Legge regionale n 1/2005 si evidenzia che lo scopo ultimo delle indagini geologiche e idrologicheidrauliche è verificare la pericolosità del territorio sotto il profilo geologico e anche sotto il profilo idraulico sulla base dell alluvionabilità dei terreni e per la riduzione del rischio idraulico. Tramite questa legge vengono messi al centro dell operato dei tre Enti concetti innovativi e moderni, come lo sviluppo sostenibile e la qualità di vita dei cittadini, che avevano fatto la loro prima comparsa nel quadro normativo nazionale nella Legge n 183/1989 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo. La Regione Toscana recepisce, rielabora e concretizza molti concetti contenuti nella Legge n 183/1989, in particolare un azione di governo del territorio basata sulla conoscenza del territorio, che viene in itinere incrementata in un ottica di collaborazione fra Regione, Province e Comuni. Ogni Ente ha il suo strumento di pianificazione, la Regione approva il Piano di Indirizzo Territoriale (art. 48 della Legge regionale n 1/2005) che opera a grande scala e individuando delle linee guida, mentre la Provincia approva il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale P.T.C.P. (art. 51 della Legge regionale n 1/2005) operando già a una scala minore e infine il Comune partecipa alla formazione del Piano Strutturale (art. 48 della suddetta Legge regionale) realizzato nel rispetto di quanto indicato nei due precedenti strumenti urbanistici. In breve, la pianificazione territoriale viene realizzata da Regione, Province e Comuni, passando da una visione di insieme con indicazioni generali a un dettaglio sempre maggiore con studi puntuali del territorio e disposizioni ad hoc per una determinata area all interno di quel territorio. Con il D.P.G.R. 27 aprile 2007, n. 26/R " Regolamento di attuazione dell art. 62 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio) in materia di indagini geologiche " la Regione Toscana fornisce una accurata metodologia di lavoro per la realizzazione dei supporti geologici ad atti di pianificazione urbanistica, regolando e disciplinando: a) le direttive tecniche per le indagini atte a verificare la pericolosità del territorio sotto il profilo geologico, idraulico, la fattibilità delle previsioni e per la valutazione degli effetti locali e di sito in relazione all obiettivo della riduzione del rischio sismico, di seguito indicate indagini geologico-tecniche ; b) la procedura del deposito delle indagini geologico-tecniche presso le strutture regionali competenti; c) le modalità del controllo delle indagini geologico-tecniche di cui sopra. Nel presente studio si è inoltre tenuto conto degli indirizzi espressi dal piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P. della Provincia di Massa Carrara) approvato con Deliberazione Consiglio Provinciale di Massa Carrara 13 aprile 2005, n. 9. Il piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) si propone, nella parte normativa relativa alla disciplina per la sostenibilità dello sviluppo riguardante la protezione idrogeologica, di far sì che la pianificazione territoriale sia basata su una compatibilità ecologica connessa con i vincoli imposti dalla natura e sia nello stesso tempo capace di mutamenti e modificazioni in relazione alle corrispettive metamorfosi del territorio. In tale ottica, all interno della progettazione di un piano regolatore generale, la protezione idrogeologica non deve essere vista come una successione di vincoli e divieti, ma deve assumere una connotazione di supporto alla realizzazione di un piano-processo, capace di comporsi in maniera flessibile alla successione di eventi di diversa natura. La finalità ultima è quella di prendere visione dell'attuale struttura del territorio e stimare la compatibilità della sua utilizzazione con le sue caratteristiche fisiche. Questo processo si effettua tramite la valutazione del rischio che si possano verificare differenti eventi calamitosi e/o di dissesto idrogeologico. Il rischio é definito come l entità del danno atteso in una data area e in un certo intervallo di tempo, in seguito al verificarsi di un particolare evento calamitoso.

3 La Provincia di Massa Carrara ha ritenuto dominanti sotto il profilo della pericolosità nell ambito del territorio provinciale i seguenti temi: integrità idraulica; integrità geomorfologica, del suolo e sottosuolo; integrità dell acqua. E per tali motivi che, nella realizzazione delle indagini geologico-tecniche di supporto al quadro conoscitivo di riferimento del piano strutturale del Comune di Massa Carrara, ai consueti elaborati allestiti in base alla normativa regionale vigente (D.P.G.R. 27 aprile 2007, n. 26/R) sono state congiuntamente sviluppate le indagini per la valutazione del rischio idrogeologico secondo quanto espresso dal P.T.C.P.. Un tale livello di indagine si pone i seguenti obiettivi: a) rendere disponibili informazioni dettagliate sia sulle caratteristiche idrogeomorfologiche del territorio comunale, che sulle qualità geologico-tecniche del terreno e del suo probabile comportamento, quando sia sottoposto a sollecitazioni dinamiche, garantendo un livello di precisione il cui costo sia compatibile con le finalità proprie di uno strumento urbanistico e raffrontabile ai benefici conseguenti alla sua attuazione; b) rendere disponibili tali conoscenze sin dalle prime fasi del processo di selezione (scelta delle aree e relative destinazioni d'uso) in modo da concentrare l'attenzione su quelle con minori problematiche; c) consentire scelte supportate da dati oggettivi imponendo la predisposizione di dettagliati piani di indagine, progetti di consolidamento e di predisposizione di accorgimenti per la riduzione del rischio idraulico e relativi controlli di cui siano noti i costi ed i probabili effetti nelle aree che presentano problemi di stabilità e rischio idraulico; d) fornire informazioni di buona precisione, anche se non esaustive, per interventi diversi da quelli strettamente urbanistico-edilizi". Inoltre, occorre ricordare che per la realizzazione del presente supporto geologico-tecnico al quadro conoscitivo di riferimento del Piano Strutturale, oltre alle normative nazionali e regionali (che verranno meglio approfonditi nel paragrafo successivo), sono state tenute presenti le seguenti normative dell Autorità di Bacino del Fiume Magra: - salvaguardie approvate con deliberazione n. 226, Approvazione del piano stralcio relativo alla riduzione del rischio idraulico, del e successe modificazioni ed integrazioni, nonché D.C.I. n.101/2001; - piano stralcio per l Assetto Idrogeologico (PAI) e delle relative misure di salvaguardia, approvato con con Del. C.R. Toscana n. 69 del Questa breve introduzione ha lo scopo di sottolineare come il presente adeguamento del Piano Strutturale rappresenti uno strumento di grande valore per attingere informazioni disponibili presso altri Enti e per approfondire le conoscenze sul territorio, in un ottica di piena collaborazione fra tutti i soggetti coinvolti direttamente o indirettamente nel governo del territorio. Partendo dalle citate elaborazioni di quadro conoscitivo di riferimento, precedentemente sviluppate, per l'espletamento del presente programma di lavoro, è stata adottata, come metodologia di base, quanto espressamente contenuto nel D.P.G.R. n. 26/R del Regolamento di attuazione dell art. 62 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio) in materia di indagini geologiche oltre a tener conto delle salvaguardie di cui all art. 36 della Disciplina di Piano del P.I.T. approvato con Del. C.R. 24 luglio 2007, n. 72. In attuazione al comma 2.1 del D.P.G.R. n. 26/R del 27/04/2007, i contenuti delle presenti indagini si articolano in: a) Sintesi delle conoscenze b) Analisi ed approfondimenti c) Valutazioni di pericolosità Nel dettaglio, per quanto concerne i tematismi cartografici previsti dalle disposizioni regionali in materia di supporto geologico alla pianificazione urbanistica, si è provveduto alla nuova elaborazione dei sotto dettagliati elaborati e/o tematismi cartografici con cartografie tematiche in scala 1: (come codificato al paragrafo B del punto 2.1 e al punto 2.2 dell allegato A al Regolamento 26/R) mediante l allestimento dei seguenti elaborati e cartografie:

4 N Tavola Scala Titolo Tavole NW, NE, SW, SE Carta geologica Tavole NW, NE, SW, SE Sezioni geologiche Tavole NW, NE, SW, SE Carta geomorfologica Tavole NW, NE, SW, SE Carta litotecnica Tavole NW, NE, SW, SE Carta delle pendenze Tavole NW, NE, SW, SE Carta della vulnerabilità degli acquiferi Tavole NW, NE, SW, SE Carta della pericolosità geomorfologica Tavole NW, NE, SW, SE Carta del contesto e della pericolosità idraulica La stessa amministrazione demanda e procrastina al successivo regolamento urbanistico l allestimento di tematismi cartografici in scala 1:2.000 in riferimento agli altri aspetti di cui ai punti B.1 B.7 (approfondimenti di carattere geomorfologico, litotecnico, definizione delle ZMPSL e pericolosità sismica) del comma B dell allegato A al Regolamento 26/R per i centri abitati e per le UTOE potenzialmente interessate da previsioni insediative ed infrastrutturali in quanto al momento non ancora definiti gli indirizzi pianificatori ed i nuclei potenzialmente interessati da futuro sviluppo. La figura n. 1 mostra il quadro di unione ed il taglio planimetrico utilizzato per l allestimento della cartografia in scala 1: Fig. 1 - Quadro di unione e suddivisione planimetrica utilizzata per l allestimento della cartografia in scala 1: Le note illustrative, relative alle tavole elencate, sono contenute nel presente volume "Relazione tecnica". La documentazione riguardante i dati di base, costituita da stratigrafie, da certificazioni di prove penetrometriche e analisi di laboratorio, è stata raccolta nel volume "Allegato A".

5 2. RICHIAMI SULLA LEGISLAZIONE NAZIONALE E REGIONALE IN MATERIA DI INDAGINI GEOLOGICO-TECNICHE DI SUPPORTO ALLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE La normativa nazionale e regionale che esplicitamente affrontano la necessità di definire le problematiche di tipo "geologico" da introdurre nella pianificazione territoriale trovano origine nel regio decreto 30 gennaio 1923, n "RIORDINAMENTO E RIFORMA DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI BOSCHI E DI TERRENI MONTANI" (Vincolo Idrogeologico). Dal punto di vista strettamente operativo questo studio, nell'assegnare un peso alla componente geologica e geotecnica nella valutazione della fattibilità di opere ed interventi sul territorio, trae i suoi fondamenti dalla legge 2 febbraio 1974, n PROVVEDIMENTI PER LE COSTRUZIONI CON PARTICOLARI PRESCRIZIONI PER LE ZONE SISMICHE - Tra gli obblighi di tale legge si indicano quelli espressi negli artt. n.3 e n.13. Nel primo si stabilisce che nelle zone dichiarate sismiche tutte le costruzioni, e tale termine deve essere inteso in senso estensivo, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, sono disciplinate dalla legge 64/1974 e dalle collegate norme tecniche. Nel secondo articolo viene prescritto che tutti i comuni iscritti negli elenchi delle zone sismiche "debbono richiedere il parere delle sezioni a competenza statale del competente ufficio del genio civile sugli strumenti urbanistici generali o particolareggiati prima della delibera di adozione, nonché sulle lottizzazioni convenzionate prima della delibera di approvazione e loro varianti, ai fini della verifica della compatibilità delle rispettive previsioni con le condizioni geomorfologiche del territorio". Con l'entrata in vigore del decreto ministeriale 21 gennaio 1981 (lett. H), modificato e aggiornato dal successivo decreto ministeriale 11 marzo 1988, durante l'elaborazione degli strumenti urbanistici e dei progetti di opere riguardanti ampie superfici devono osservarsi le norme in esso contenute. Con decreto Ministero dei Lavori Pubblici 19 Marzo 1982 AGGIORNAMENTO DELLE ZONE SISMICHE DELLA REGIONE TOSCANA (G.U. n. 177 del ) il Comune di Pontremoli ai sensi e per gli effetti della Legge 64/1974, è stato dichiarato sismico con grado di sismicità S = 9. Legge regionale 17 Aprile 1984, n NORME PER LA FORMAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI AI FINI DELLA PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO. Rappresenta un importante strumento concepito per fornire informazioni sulle limitazioni d'uso del territorio derivanti dalle sue caratteristiche geologico-tecniche, morfologiche e dalla valutazione degli effetti delle sollecitazioni sismiche. " In sede di formazione degli strumenti urbanistici generali e delle loro varianti nei comuni di cui all'articolo 13 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 devono essere effettuate indagini atte a verificare la realizzabilità delle previsioni degli strumenti urbanistici stessi sotto il profilo geologico e la compatibilità con le caratteristiche dei terreni, delle rocce e della stabilità dei pendii ai sensi del decreto ministeriale 21 Gennaio Per la formazione degli strumenti urbanistici attuativi dovranno essere eseguite indagini e approfondirne la conoscenza, ove siano già state eseguite ai sensi del primo comma, ai fini di stabilire la realizzabilità delle opere previste sotto il profilo geologico e geotecnico individuando, altresì, la sopportabilità dei carichi e le prescrizioni esecutive imposte dalle caratteristiche del sottosuolo". In data 12 Febbraio 1985 il Consiglio Regionale delibera secondo quanto stabilito dall'ultimo comma dell'art. 1 della legge regionale 17 aprile 1984, n. 21 la direttiva sulle indagini geologico- tecniche di supporto alla pianificazione urbanistica. Deliberazione n. 94 legge regionale 17 Aprile 1984, n. 21. NORME PER LA FORMAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI AI FINI DELLA PREVENZIONE DEL RISCHIO SISMICO. DIRETTIVA "INDAGINI GEOLOGICO- TECNICHE DI SUPPORTO ALLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA" - La Direttiva è valida per tutto il territorio regionale a meno di differenziazioni sugli obbiettivi e metodologie delle indagini indicate nella direttiva stessa in particolare per i Comuni classificati sismici. Con la legge regionale 16 gennaio 1995, n. 5 NORME PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO la Regione Toscana ha promulgato una legge che indirizza la gestione del territorio a favore dello sviluppo sostenibile, regolando i compiti delle differenti Amministrazioni ed indicando, con successiva deliberazione giunta regionale 11 marzo 1996, n. 304 le Istruzioni tecniche per il deposito presso l'ufficio del Genio Civile delle indagini geologico- tecniche e per i relativi controlli in attuazione delle disposizioni di cui all'art. 32 della legge regionale 5/1995. L art.4 della stessa legge disciplina la formazione di un Sistema Informativo Territoriale che interessa i tre Enti: Regione, Provincia e Comuni, che partecipano alla formazione e gestione del S.I.T..

6 L art.5 della legge regionale 5/1995 espone i principi generali cui si deve uniformare la pianificazione territoriale, che deve essere compatibile con le risorse naturali del territorio e con le sue caratteristiche morfologiche ed idrogeologiche. Deliberazione Consiglio regionale 25 Gennaio 2000, n. 12. Approvazione del Piano di Indirizzo Territoriale Art. 7 legge regionale 16 gennaio 1995, n. 5 che fissa al titolo VIII, capo I le Misure di salvaguardia per la difesa dai fenomeni alluvionali ed al capo II le Misure di salvaguardia relative alla Difesa del suolo in attuazione alla delibera Consiglio regionale n. 94/1985 e delibera Giunta regionale n. 304/1996. Adozione di prescrizioni e vincoli. Approvazione direttive. Le presenti norme, che si applicano su tutto il territorio regionale nelle aree di fondovalle dei corsi d'acqua catalogati nell'elenco allegato alla deliberazione stessa, hanno per obiettivo la tutela degli interessi pubblici in materia di rischio idraulico con particolare riferimento alla prevenzione dei danni provocati dai fenomeni di esondazione e ristagno. La normativa segue e sostituisce quanto fissato nelle delibere Giunta regionale 13 dicembre 1993 n , 20 dicembre 1993 n e delibera Consiglio 21 giugno 1994, n. 230 e non sostituisce eventuali norme più restrittive. Con tale deliberazione si determinano le norme di salvaguardia per gli ambiti definiti A1, A2 e B per quanto riguarda il rilascio di concessioni ed autorizzazioni edilizie e la formazione di piani urbanistici attuativi di strumenti urbanistici generali vigenti e per la formazione di strumenti urbanistici generali e loro varianti e si stabiliscono i criteri per l attribuzione della classe di pericolosità idraulica. Con deliberazione Giunta regionale 7 agosto 2000, n. 868 viene adottata la circolare concernente Misure di salvaguardia del P.I.T. (Art.11 legge regionale n. 5/1995) ed i relativi indirizzi per l applicazione. Per quanto riguarda il Piano Stralcio Assetto Idrogeologico del bacino del Fiume Magra (per brevità indicato d ora in poi come PAI), adottato dal Comitato Istituzionale con Delibera n. 180 del 27 aprile 2006 ed approvato con Del. C.R. Toscana n. 69 del , i riferimenti normativi sono rappresentati, innanzitutto, dalla Legge 18 maggio 1989, n. 183 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, ed in particolare dagli articoli 17, commi 1 e 6 ter e dall articolo 18, comma 1 di tale Legge, nonché dall articolo 1, comma 1 del Decreto Legge 11 giugno 1998, n L articolo 17 comma 1 della L. 183/89 introduce nel nostro ordinamento il Piano di bacino, attribuendogli valore di piano territoriale di settore e definendolo strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d uso finalizzate alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato. Procediamo al dettaglio degli atti che hanno preceduto la promulgazione del PAI del bacino del Fiume Magra. Il primo passo compiuto dall Autorità di Bacino del Fiume Magra in questo settore fu la Delibera di Comitato Istituzionale (l organo politico delle Autorità di Bacino) n. 32 del maggio 1998, con la quale furono identificate, sulla base di dati storici, le aree inondabili del fondovalle, e furono applicate a tali aree le misure di salvaguardia", ossia una normativa transitoria, prevista dall art. 17 comma 6 bis della L. 183/89, il cui scopo è quello di far sì che in aree in cui è stato accertato uno stato di pericolosità (nello specifico, da inondazione), non si realizzino interventi che aumentano il livello di rischio o che rendono impossibile la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza la cui tipologia, ubicazione ed entità in quel momento non sono state ancora definite. Nel frattempo era stato avviato, con una convenzione di studio fra la Regione Liguria, la Regione Toscana, il CIMA dell Università di Genova ed il PIN dell Università di Firenze uno studio finalizzato alla definizione delle aree inondabili per diversi tempi di ritorno. La perimetrazioni risultante, in cui si distinguevano aree inondabili per eventi di piena con tempo di ritorno 30 e 200 anni, fu approvata con Delibera di C.I. n.53 del e sulle aree individuate furono rinnovate e modificate le precedenti misure di salvaguardia. Con l adozione del Progetto di PAI (Delibera di CI n. 94 del ) è stato avviato l iter previsto dall art. 19 L. 183/89, che, come accennato sopra, ha portato in data 27 aprile 2006 all adozione del Piano e che porterà poi alla sua definitiva approvazione da parte delle Regioni. Nell ambito del PAI sono state individuate la tipologia, l ubicazione e le dimensioni di massima, quindi anche i relativi costi, degli interventi necessari a conseguire la messa in sicurezza idraulica rispetto ad eventi di piena con tempo di ritorno 200 anni. Inoltre è stata perimetrata una Fascia di Riassetto Fluviale, basata su concetti di pianificazione territoriale e valenza ambientale, e non solamente idraulici, con l intento di individuare un territorio da lasciare comunque di pertinenza fluviale, con l obiettivo di mettere in sicurezza soltanto i territori esterni a tale fascia. Tali territori, infatti, una volta realizzati gli interventi previsti dal Piano, non saranno più inondabili e potranno quindi essere destinati ad altri usi. Per quanto riguarda i dissesti di versante, l attività conoscitiva fu avviata verso la fine del 1998, ed un primo risultato fu il citato Piano Straordinario ex art. 1 comma 1 bis DL 180/98, approvato con Delibera di CI n. 58 del , nel quale furono individuate alcune aree a rischio geomorfologico molto elevato e furono poste su tali aree (dodici in tutto il bacino) le misure di salvaguardia ; successivamente (Delibera di CI n. 70 del ) furono individuate le

7 aree a rischio geomorfologico elevato (venti in tutto il bacino), e furono poste anche su tali aree le misure di salvaguardia. Il lavoro è proseguito per la redazione del Progetto di PAI con lo studio delle foto aeree su tutto il bacino, realizzato dal personale in servizio ed integrato con dati di pubblicazioni e studi realizzati da Università. Il quadro conoscitivo è stato poi integrato, dapprima con le Misure di salvaguardia ex DCI 158/04 e poi con il PAI, riportando le aree in dissesto censite nella carta geologica scala 1: della Regione Toscana, disponibile sul sito web della Regione stessa e redatta, per il territorio del bacino del Magra, dalle Università di Pisa, Firenze, Siena e Parma. Tale cartografia ha permesso di giungere all individuazione di oltre aree a diversa pericolosità geomorfologica, individuando, all interno di tale numero, 14 aree a rischio geomorfologico molto elevato e 60 aree a rischio geomorfologico elevato. Per queste è stata eseguita una valutazione sommaria del fabbisogno economico per la realizzazione degli interventi finalizzati alla mitigazione della pericolosità del fenomeno (va precisato quindi che si intendono interventi diffusi e a scala di versante, e che pertanto non sono stati conteggiati i consolidamenti ad es. di tratti di strade o di singoli edifici). 3. INQUADRAMENTO MORFOLOGICO GENERALE Il territorio comunale di Pontremoli è situato nella porzione più settentrionale della regione Toscana, al confine con Emilia-Romagna e Liguria. Confina con i comuni toscani di Filattiera, Mulazzo e Zeri. Tale territorio si estende su una superficie complessiva di 182,7 Km 2 ed è costituito prevalentemente da rilievi collinari e montuosi le cui altimetrie superano i 1800 m. Pontremoli è situata all interno della Val di Magra, nella porzione sud-orientale del territorio comunale. Il tessuto urbano della cittadina è collocato mediamente alla quota di circa 250 m s.l.m. Qui si raggiungono quote altimetriche minime anche dell ordine dei 180 m s.l.m. Il territorio comunale, che fa parte della Lunigiana, presenta una notevole varietà di morfologie, da mettere in relazione all evoluzione geologico-strutturale antica e recente dell area. La sequenza di rilievi montuosi e collinari, disposti in direzione NW-SE, presente nelle zone periferiche del comune e la zona valliva del fiume Magra collocata al centro del territorio comunale, sono il risultato della genesi della catena appenninica iniziata in età cenozoica. Per la maggiorparte del territorio risultano affiorare litotipi arenaceo-pelitici, in corrispondenza dei quali i versanti presentano pendenze medio-alte. In corrispondenza, invece, delle zone vallive intramontane e del fiume Magra, nonché in corrispondenza dell affioramento di rocce argillitiche e di depositi pliocenici, sono presenti pendenze medio-basse, riconducibili probabilmente al maggior grado di erosione dei litotipi presenti. Perciò, le pendenze più basse, si ritrovano principalmente lungo una fascia che si presenta centrale rispetto ai margini del confine comunale. L assetto idrografico è caratterizzato dalla presenza del fiume Magra, che si origina dai rilievi dell Appennino Tosco- Emiliano. Su di esso confluiscono i torrenti Teglia, Gordana, Verde, Magriola, e Civasola. Tali torrenti sono presenti prevalentemente nei settori settentrionali del comune e si dispongono radialmente rispetto al fiume Magra, del quale risultano essere affluenti. Il fiume Magra ha origine dai rilievi montuosi appenninici collocati nella porzione nord-orientale del territorio comunale. Infatti inizialmente la direzione di deflusso del fiume si presenta NE-SW, ma spostandosi verso Pontremoli questa tende ad assumere la direzione NW-SE. In corrispondenza del capoluogo, la sezione fluviale del magra tende ad ampliarsi notevolmente, denotando il passaggio da una fase erosiva tipica dei corsi fluviali presenti in alta quota (sezione stretta ed approfondita) ad una fase di pseudoequilibrio tipica delle aree pianeggianti alluvionali (sezione larga e poco profonda nella quale si ritrovano numerose divagazioni meandriformi). Tale passaggio costituisce l inizio della Val di Magra, la cui orientazione risulta coincidente con quella appenninica (NW-SE). Da ciò si evince che la morfologia dell area comunale di Pontremoli è legata non solo alla natura del substrato affiorante ma anche alle strutture geologiche e tettoniche (pieghe e faglie) presenti. 4. CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA 4.1 CARTA GEOLOGICA La carta geologica allestita (Tav.le 1.1 NW, 1.1 NE, 1.1 SW, 1.1 SE) è stata redatta, in scala 1: Si è altresì provveduto a ricostruire due sezioni geologiche (Tavola 1.2), al fine di evidenziare i rapporti stratigrafici e tettonici esistenti tra le varie formazioni geologiche.

8 La carta è stata realizzata secondo le seguenti fasi di lavoro: - ricerca bibliografica-compilativa preliminare, - annotazione dalle foto aeree esistenti (voli del 1993 e del 1998, eseguiti rispettivamente in scala 1:7.000 e in scala 1: ), - controllo di campagna dei dati scaturiti dalle elaborazioni precedenti e rilevamento di dettaglio originale di ampia parte del territorio. Appare opportuno precisare che questa carta tematica rappresenta uno strumento indispensabile per l'impostazione di studi sistematici o finalizzati a particolari problemi, come quello rappresentato dalla pianificazione urbanistica. 4.2 INQUADRAMENTO TETTONICO E PALEOGEOGRAFICO GENERALE Il territorio comunale di Pontremoli appartiene alla zona nord-est della catena orogenica dell Appennino settentrionale, parte integrante della fascia di deformazione perimediterranea sviluppatasi prevalentemente in tempi neogenici e costituita da una struttura complessa di falde e thrust formatasi in relazione a più fasi tettoniche. L Appennino, infatti, è una catena a falde derivata dalla deformazione (iniziata in età terziaria) del paleomargine continentale della microplacca adriatica prospiciente l oceano Ligure-Piemontese. A partire dal Cretaceo Inferiore si attua una fase tettonica compressiva conosciuta come fase ligure che si protrae fino all Eocene medio. Tale fase tettonica coinvolge la crosta oceanica del bacino Ligure-Piemontese e la sua copertura detritica, innestando raccorciamenti crostali con formazione di pieghe isoclinali e falde di ricoprimento (Argnani et al., 2003; Boccaletti e Coli, 1983). In tale contesto si distinguono una fase oceanica ed una fase ensialica (BOCCALETTI et alii, 1980; TREVES, 1984; PRINCIPI & TREVES, 1984). La fase oceanica inizia al limite tra il Cretaceo inferiore ed il Cretaceo superiore, e termina nell Eocene medio con la completa chiusura dell Oceano Ligure-Piemontese. Durante questa fase si forma un prisma d accrezione costituito dall impilamento per sottoscorrimento verso ovest delle coperture oceaniche e di parte del loro basamento. Successivamente, tale corso deformativo, andrà a costituire le cosiddette Unità Liguri. La forte subsidenza del margine continentale africano (Placca Apula o Adria) verificatasi a partire dal Cretaceo Inferiore, ha causato la sedimentazione della Falda Toscana, formazione caratterizzata nella parte iniziale della serie stratigrafica da sedimenti dolomitici-evaporitici. Successivamente si trovano in successione livelli calcarei, talora di ambiente pelagico e livelli litologici di facies silico-radiolaritiche (segnale dell apertura dell oceano Ligure- Piemontese). La serie termina al tetto con la presenza di livelli torbiditici arenacei potenti (Macigno). Per quanto riguarda la fase deposizionale associata all apertura dell oceano Ligure-Piemontese, questa è stata caratterizzata dalla messa in posto delle ofioliti (abbondantemente presenti nelle Liguridi Interne assieme a coperture sedimentarie di acque profonde come Diaspri, Calcari a Calpionelle, Argille a Palombini), nonché successivamente da potenti livelli torbiditici arenacei (Scisti della Val Lavagna e Arenarie del Monte Gottero). Le Liguridi Esterne risultano completamente scollate dal substrato e caratterizzate dalla presenza di complessi basali prevalentemente argillitici con intercalazione di masse ofiolitiche. Nell Eocene medio-superiore ha inizio la fase intracontinentale dell orogenesi appenninica. In questa fase, come già accennato, si ha lo sviluppo di una tettonica a thrust e falde con sottoscorrimento verso ovest delle Unità Toscane (prima) e di quelle Umbro-marchigiane (dopo) sotto le unità precedentemente impilate (Fig.2-3). Fenomeni gravitativi e di retroscorrimento, anche importanti, accompagnano in superficie questa strutturazione crostale. Al termine dell Oligocene, il regime tettonico compressivo, culminato nel Miocene superiore, provoca la collisione dei margini continentali Sardo-Corso e della placca Adria, determinando inzialmente l impilamento delle falde derivanti dai domini paleogeografici epicontinentali e successivamente l ulteriore sovrapposizione delle Unità liguri. Questo processo deformativo ha innescato una fase metamorfica del margine continentale dell Adria. In letteratura questa fase tettonica è conosciuta come fase toscana o fase D1 apuana (Carmignani e Giglia, 1975). In questa fase il fronte compressivo, che migra verso E, è seguito, a partire dal Miocene medio-superiore, da un fronte distensivo, legato alla distensione crostale che ha portato all apertura del Bacino Tirrenico. Attualmente i due regimi tettonici diversi coesistono in due fasce contigue della catena: nel versante tirrenico è attivo il regime distensivo, in quello adriatico quello compressivo. L edificio strutturale così formato è stato tagliato, in seguito, da linee trasversali ad andamento antiappenninico, imputabili sia a fenomeni di trascorrenza in regime compressivo (Ghelardoni, 1965; Monteforti e Raggi, 1981; Fazzini e Gelmini, 1984), sia ai movimenti di traslazione che hanno portato le unità liguri ad accavallarsi sul Dominio Toscano (Raggi, 1985). Non si esclude comunque una loro riattivazione neotettonica. I processi deformativi appenninici, sono eventi verificatisi in seguito alla completa chiusura dell Oceano Ligure- Piemontese ed alla successiva collisione continentale tra la placca europea e quella adriatica (BOCCALETTI & COLI, 1983).

9 La convergenza tra placca Europea e la placca Adriatica ha causato, inizialmente, la subduzione della crosta oceanica interposta e successivamente la collisione fra le due placche. Da un punto di vista regionale tra il Cretaceo superiore e l Eocene si è verificato lo sradicamento delle Unità Liguri dal loro substrato oceanico. In seguito, tali unità si sono deformate lungo piani di sovrascorrimento e hanno formato successioni litologiche per impilamento delle stesse unità. Tali successioni si sono formate secondo un ordine tettonicogeometrico caratterizzato in alto dalle unità più interne e in basso dalle più esterne, tra cui ricordiamo l Unità della Calvana. Il complesso delle Unità Liguri sovrasta tettonicamente l Unità di Canetolo (Eocene-Oligocene) attribuita a una zona di transizione con il margine continentale adriatico. Successivamente, dopo la messa in posto della Falda Toscana (Dominio Toscano interno), avvenuta nel Miocene medio-superiore, sopra la più esterna Unità Cervarola-Falterona, le Unità Liguri sono nuovamente sovrascorse, prima sopra la Falda Toscana e dopo sopra l Unità Cervarola-Falterona. Quest ultima, intanto, era già sovrascorsa verso E (Tortoniano) sulla Marnoso arenacea del Dominio Umbro- Marchigiano. I principali accavallamenti formatisi tra il Cretaceo e l Eocene sono stati rimobilizzati e riattivati secondo sovrascorrimenti minori interni alle varie unità, dando localmente geometrie molto complesse con sovrascorrimenti precedentemente tagliati e ripiegati da quelli successivi. Tali fasi compressive sono riferibili principalmente al Messiniano, al Pliocene inferiore e nei settori più esterni al Pliocene superiore. La fase tettonica compressiva appenninica settentrionale ha agito fino al Tortoniano superiore. In seguito hanno avuto inizio processi distensivi, conseguenza dell apertura del mar Tirreno (aprtura bacinale e a assottigliamento crostale) e del disequilibrio isostatico formatosi con l impilamento delle falde tettoniche (Patacca et al., 1990). La fase estensionale si è verificata inizialmente nella Toscana meridionale (Miocene superiore). In seguito, a partire dal Pliocene inferiore, il processo distensivo si è spostato nella Toscana settentrionale (Federici, 1973; Federici e Rau, 1980; Bartolini et al., 1982), a partire dall interno della catena montuosa per poi migrare verso l esterno dell edificio appenninico. Contemporaneamente, sul versante padano della catena continua la compressione, con la migrazione verso nord e nord-est del fronte di accavallamento (Boccaletti et al., 1985; Bartolini et al, 1982). La fase estensionale verificatasi nella Toscana settentrionale, ha avuto inizio nel Rusciniano superiore-villafranchiano inferiore (Bernini e Papani, 2002; federici, 1978, 1980, 1981; Bertoldi, 1984, 1988), con la formazione di depressioni tettoniche, a direzione appenninica. Tali depressioni si sono sovrapposte alla struttura a falde di ricoprimento costituita con il precedente evento compressivo; inoltre divengono sede di fenomeni deposizionali per l instaurarsi al loro interno di bacini lacustri e fluvio-lacustri. Attualmente si ritrovano numerosi affioramenti litologici sia Presso Pontremoli che tra Aulla e Olivola (località presenti nella bassa Lunigiana), quali testimoni dell instaurarsi di ambienti deposizionali a Partire dal Pleistocene inferiore.

10 Fig. 2 Schema dell evoluzione orogenica dell Appennino Settentrionale dal Cretaceo superiore al Miocene inferiore. 1=Unità corse; 2=Unità del Vara; 3=Unità del Trebbia; 4=Unità della Calvana; 5=Complesso di Canetolo; 6=Successioni Epiliguri; 7 =Dominio Toscano; 8 =Dominio Umbro-Romagnolo (da PRINCIPI & TREVES, 1984, semplificato). Le depressioni sono separate da strutture tettonicamente sollevate (sistemi horst e graben), dove affiora il substrato corrugato. La Val di Magra può essere considerata un graben asimmetrico limitato da gradinate di faglie listriche normali. Tali fagli hanno prodotto lateralmente gli horst di M. Orsaro M. Acuto a nord-est e di M. Picchiara M. Cornoviglio a sud-ovest, i quali risultano costituiti quasi esclusivamente da Macigno. La forma particolare dell Alta Val di Magra è da imputarsi al fatto che le faglie della porzione sud-occidentale del bacino (ritenute master faults contro cui terminerebbero i sistemi antitetici del versante opposto) sono meno inclinate ed hanno un maggiore rigetto rispetto a quelle del margine nord-orientale (Argnani et al, 2003; Raggi, 1985; Boccaletti e Coli, 1983). Oltre alle direttrici NO- SE si ipotizza che si stiano riattivando anche le direzioni cosiddette trasversali ovvero antiappenniniche, NE-SO di cui si è detto in precedenza, interpretate da alcuni autori come transfer faults che collegano le faglie dei sistemi estensionali appenninici (Bernini et al., 1997; Bernini, 1991; Bernini e Lasagna, 1988). Il bacino della Val di Magra, in conclusione, è uno dei tanti bacini intermontani che si sono formati nell Appennino settentrionale a partire dal Miocene superiore (Tortoniano-Messiniano) (Valdarno superiore, sviluppatosi a partire dal Pliocene superiore, Firenze-Pistoia, Mugello e Casentino, attivi dal Pleistocene inferiore). Considerando l età, tali bacini risultano sempre più giovani spostandoci da W verso E (Fig. 4) lungo l asse perpendicolare a quello appenninico. Studi recenti sui bacini estensionali (BERNINI et alii, 1990; BOCCALETTI et alii, 1991, 1995) hanno posto l evidenza sul fatto che questi sono stati interessati anche da vari eventi compressivi, che si sarebbero alternati alla prevalente tettonica estensionale (Fig.5). Vi sono ancora indeterminazioni nel definire queste pulsazioni siano da mettere in relazione con generali shock compressivi dell intera catena appenninica, oppure se siano legate a costipamento laterale causato da

11 repentini approfondimenti dei bacini in concomitanza con pulsazioni estensive maggiormente pronunciate legate alle maggiori compressioni nella zona esterna della catena. Fig. 3 La figura illustra la progressione nell avanzamento verso NE dell alloctono Ligure e Subligure sulle successioni delle avanfosse torbiditiche dei differenti domini. I sedimenti depostisi direttamente sulla coltre ligure formano le successione dei bacini satellite epiliguri. Fig. 4 Distribuzione dei principali bacini neogenici e quaternari dell Appennino Settentrionale. 1=principali fronti di accavallamento; 2=faglie principali ai bordi dei bacini; 3=linee tettoniche trasversali; 4=faglie minori al bordo dei bacini; (da BOSSIO et alii 1992).

12 Fig. 5 Correlazione cronologica fra gli episodi compressivi riconosciuti nell area toscana interna, le lacune della successione neogenico-quaternaria e le discordanze sull esterno della catena (da BOCCALETTI et alii, 1991) Al termine della fase distensiva si verifica un sollevamento differenziale e basculamento dei blocchi, che, svincolati dall intersezione dei fasci di faglie a direzione appenninica con quelle antiappenniniche, subiscono forti processi erosivi. Tali procesi hanno provocato un approfondimento del reticolo idrografico e un forte incremento dell energia del rilievo (Raggi, 1985; Buti et al., 1997), sia direttamente, in corrispondenza dei versanti di faglia, sia indirettamente, come conseguenza della ripresa dei fenomeni erosivi. 4.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO GENERALE La catena appenninica è caratterizzata, spostandoci da ovest verso est, dai seguenti domini paleogeografici: 1) Dominio Ligure: è rappresentato da varie unità tettoniche, i cui depositi comprendono relitti di basamento oceanico e la relativa copertura sedimentaria. Le unità liguri si suddividono in due grandi gruppi: il Ligure Interno ed il Ligure esterno. Le unità del primo gruppo hanno un carattere tipicamente oceanico, mentre le seconde passano da caratteri di transizione oceano-continente (unità occidentali) a caratteri puramente continentali (unità orientali). 2) Dominio Subligure: documentato dall Unità di Canetolo, è una successione sedimentaria profondamente tettonizzata che, pur presentando molti problemi interpretativi, sembrerebbe essere sedimentata in una zona di transizione tra la crosta oceanica ligure e il margine passivo adriatico. 3) Dominio Toscano: è rappresentato da tre successioni differentemente deformate: il Dominio Toscano Interno (Falda Toscana non metamorfica) con termini non metamorfici di età variabile dal Trias superiore all Oligocene superiore; il Dominio Toscano Esterno (Complesso Metamorfico Toscano: Autoctono Auctt. delle Alpi Apuane, metamorfiti del M. Pisano e della Montagnola Senese, ecc), con metamorfismo in facies scisti verdi, che oltre ad una copertura mesozoica e terziaria, comprende anche formazioni paleozoiche del suo basamento ercinico; l Unità di Massa, frapposta

13 tettonicamente alla Falda Toscana e l Autoctono Auctt., costituita da termini paleozoici e del Trias inferiore e medio, che dovrebbe rappresentare il substrato della falda Toscana. La successione mostra l evoluzione del margine continentale passivo della placca Adria. 4) Dominio Umbro-Marchigiano: è una successione sedimentaria depositatasi su crosta di tipo continentale appartenente alla placca Adria e scollata al livello delle evaporati. Questo dominio rappresenta la parte più esterna dell Appennino settentrionale ed è quindi l ultimo ad essere stato raggiunto dalle fasi deformative. Sulla trasversale dell Appennino tosco-emiliano tale dominio risulta sepolto dalle coltri liguri, mentre affiora nelle Marche e in Umbria. La catena appenninica è stata costruita attraverso l impilamento verso oriente delle unità tettoniche appartenenti al Dominio Toscano Interno, al Dominio Subligure ed a quello Ligure (fig.). 4.4 DESCRIZIONE DELLE FORMAZIONI All interno dell area di studio si individuano le seguenti unità lito-stratigrafiche: - le unità del Dominio Ligure Interno (Supergruppo del Vara Unità Tettonica Monte Gottero); - le unità del Dominio Ligure Esterno (Unità Tettonica Ottone, Complesso di Casanova, Unità Tettonica Media Val di Taro); - le unità del Dominio Subligure (Unità Tettonica Canetolo); - le unità del Dominio Tosco-Umbro (Unità Tettonica Macigno, Unità Tettonica Pracchiola). Nei settori vallivi e di pianura si rinvengono sedimenti riconducibili a depositi alluvionali attuali, alluvionali terrazzati, conoidi ed eluvio-colluviali del fiume Magra e dei torrenti suoi affluenti. Si ritrovano inoltre lungo i pendii depositi prodotti dai processi morfo-evolutivi del territorio; tali depositi vanno a costituire le coltri detritiche. A queste, inoltre, si aggiungono le coltri detritiche di frana (frane attive e quiescenti). Dai dati di base reperiti preso l amministrazione comunale di Pontremoli e dagli studi effettuati per il progetto VEL, si evince che lo spessore dei depositi alluvionali terrazzati (bn) varia da alcuni metri ad oltre la decina di metri. Inoltre, nell area del capoluogo, questi depositi sono caratterizzati prevalentemente dalla presenza di ghiaie, ciottoli e blocchi. Per quanto riguarda i depositi di Aulla (argille, sabbie e conglomerati di Aulla AUL) e i conglomerati di Olivola (OLP), dalle stratigrafie raccolte si ipotizza che lo spessore di tali sedimenti vari da alcuni metri ad alcune decine di metri. I maggiori accumuli si hanno per i depositi fluvio-lacustri di Aulla nella parte nord del capoluogo. Nel settore occidentale del territorio comunale, in corrispondenza dei versanti compresi tra il M. Spiaggi e Il Marginello e sul M. Margine, sono presenti depositi costituiti da accumuli eterogenei ed eterometrici, prevalentemente formati da clasti rotondeggianti o subangolosi in abbondante matrice limoso-sabbiosa (c1b). Nel settore orientale, invece, in corrispondenza dell area compresa tra Cima Pontremolese e M. Fosco, affiorano depositi glaciali e periglaciali (c1a). Nelle zone collinari presenti sia ad ovest che ad est del capoluogo comunale e nel settore meridionale del territorio di studio, affiorano depositi pliocenici costituiti in gran parte da ghiaie poligeniche in matrice sabbiosa talora cementate. Questi sedimenti vanno a costituire i Conglomerati di Olivola (OLP) (Villafranchiano Sup.). Tali depositi si trovano in contatto con le Argille, Sabbie e Conglomerati di Aulla (AUL) (Rusciniano Sup. Villafranchiano Inf.), costituiti da argille grigie sabbiose e sabbiose-limose, con sporadici livelli di sabbie e di ghiaie in matrice argillososabbiosa; le argille contengono frequenti resti vegetali e livelli di lignite. Il Supergruppo del Vara costituisce la succesione più occidentale (interna) del Dominio Oceanico Ligure, ed era posta in origine presso il margine continentale europeo, rappresentato dal massiccio corso-sardo. Le formazioni geologiche dell Unità Tettonica Monte Gottero sono rappresentate nell area di studio da: - Arenarie di Monte Gottero (GOT e GOT 1) - Argille a Palombini (APA) Le Arenarie di Monte Gottero nella facies GOT (Campaniano Sup. Paleocene) affiorano cospicuamente su tutto il settore nord-occidentale del territorio comunale di Pontremoli. Si presentano come una potente successione di arenarie torbiditiche, generalmente poco deformate, coinvolte da faglie abbastanza inclinate e da deformazioni plicative piuttosto

14 blande. La formazione è costituita da arenarie quarzoso-feldspatiche (Valloni e Zuffa, 1984; Vescovi e Valloni, 1986; Pandolci, 1996), in strati torbiditici con paleocorrenti dai quadranti meridionali (Parea, 1965; Nilsien e Abbate, 1985), alternate ad argilliti e siltiti nerastre prive di carbonati (rapporto a/p >> 1). Le arenarie si presentano generalmente a grana media e grossolana, in strati spessi e molto spessi, frequentemente massivi con intraclasti di argilliti verdine piuttosto frequenti. Si alternano a questa litofacies peliti nerastre con intercalate arenarie fini grigio scure (rapporto a/p circa 1) in strati medi e sottili, laminati e ricchi di controimpronte da corrente che evidenziano direzioni di paleocorrente dai quadranti meridionali. La formazione raggiunge una potenza di circa 1000 m e comprende una litozona argillitica caotica (GOT 1) intercalata probabilmente a diversi livelli. Il contatto basale delle Arenarie di Monte Gottero è sempre di sovrascorrimento sulle formazioni dell Unità Tettonica Media Val di Taro. L unità delle Argille a Palombini (APA) (Cenomaniano p.p. Santoniano Sup./Campaniano Inf.) si presenta come un alternanza di argilliti grigio-scure, verdastre e nocciola e calcari micritici grigi e grigio-verdini, raramente biancastri, in strati sottili e medi, talora spessi, rivestiti da patine giallastre e in qualche caso da incrostazioni di ossidi neri. Gli strati calcarei mostrano frequentemente una base calcarenitica fine laminata ed un tetto marnoso. Localmente si intercalano arenarie fini grigio scure laminate in sottili alternanze argilliti marnose grigie in strati spessi. Le Argille a Palombini affiorano solo localmente nel settore occidentale dell area di studio. Lo spessore stimato per questa formazione si aggira intorno ai 200 m. Le condizioni di sedimentazione potevano essere emipelagiche con l inserimento di eventi torbiditici molto fini. L Unità Tettonica Ottone è rappresentata nell area d interesse dalla formazione del Flysch di Ottone (OTO e OTO 1) (Campaniano Inf. Maastrichtiano Inf.). La formazione del Flysch di Ottone (OTO) (Coniaciano Sup. Maastrichtiano Inf.) si presenta come un flysch ad elmintoidi calcareo-marnoso, molto ricco in strati calcarei grigio-scuri, spesso rivestiti da patine bianche. Sono presenti frequentemente nella succesione stratigrafica anche liveli di marne grigiastre dalla marcata fissilità e livelli di argilliti nerastre molto fogliettate. Gli strati torbiditici mostrano spesso letti basali di arenite grossolana ofiolitica e si alternano con livelli di brecce ofiolitiche. Lo spessore della formazione è di circa 900 m. Nella porzione inferiore e media del flysch sono presenti lembi discontinui di paraconglomerati polimittici, brecce ed olistoliti con clasti di calcari silicei, di radiolariti o di ofioliti e più raramente di marne e graniti, matrice-sostenuti, di colore grigio-scuri e grigo-verdi, con matrice scagliosa argillitico-siltosa (più frequente) o siltosa-arenitica. Tali livelli costituiscono la facies caotica del Flysch di Ottone (OTO 1). Il Complesso di Casanova raggruppa le seguenti formazioni: - Siltiti nerastre (CCV4) - Argille a blocchi (CCV2) - Arenarie ofiolitiche (CCV1) - Serpentiniti (Σ) La formazione delle Siltiti nerastre (CCV4) (Coniaciano Sup. Campaniano Inf.) è costituita da alternanze torbiditiche a bassissimo rapporto a/p fra cui predominano argilliti siltose nerastre, piuttosto friabili; si alternano arenarie fini e molto fini grigio scure, in strati sottili. Localmente gli strati arenaci sono spessi e mostrano sottili letti basali a tessitura media, di color grigio-nocciola. Abbastanza di frequente si intercalano anche marne siltose grigiobluastre dall aspetto quasi ardesiaco. Questa formazione può raggiungere uno spessore di 200 m. Questa unità affiora limitatamente nel settore occidentale nelle vicinanze del monte Africo. Le Argille a blocchi (CCV2) (Coniaciano Sup. Campaniano Inf.) sono le brecce sedimentarie più diffuse e potenti, e rappresentano i tipici depositi di colata sottomarina costituiti da depositi caotici in cui, in una matrice argillosa grigiastra, finemente scagliettata, si trovano immersi frammenti rocciosi eterometrici. Tali frammenti sono costituiti prevalentemente da calcari micritici tipo palombino, subordinatamente da basalti, serpentiniti, graniti, oficalci, diaspri, calcari tipo maiolica, arenarie verdi e a volte clasti di brecce. La dimensione dei clasti interclusi è di norma decimetrica (1-2 dm), ma non mancano elementi di diametro superiore al metro. Il rapporto matrice/clasti è variabile, ma sempre a favore della matrice, che a volte assume un carattere preponderante; in questo caso nella matrice argillosa si notano tracce di laminazioni sedimentarie che consentono di apprezzare la giacitura dell unità. Questo tipo di brecce risulta distribuito in vari orizzonti nel complesso delle brecce e gli spessori variano da qualche metro ad alcune centinaia di metri. Le Argille a blocchi affiorano solo localmente insieme a CCV4 nel settore occidentale del territorio indagato e nelle colline situate ad est della cittadina di Pontremoli.

15 Le Arenarie ofiolitiche (CCV1) (Coniaciano Sup. Campaniano Inf.) sono individuabili prevalentemente nelle zone centrale e nord-occidentale del territorio comunale. Sono arenarie torbiditiche grossolane a marcata componente ofiolitica in strati medi e sottili, gradati, spesso con base ruditica, intercalati tra argilliti grigio-scure, fortemente diagenizzate, laminate e fissili, di aspetto ardesiaco (rapporto A/P sempre a favore delle arenarie). Quando prevale la pelite, gli strati arenacei si presentano sottili, gradati e laminati. Lo spessore massimo affiorante della formazione delle Arenarie ofiolitiche è di 100 m. Le Serpentiniti (Σ) (Coniaciano Sup. Campaniano Inf.) affiorano localmente nel settore Nord del comune insieme alle Arenarie ofiolitiche. Il loro spessore localmente può superare i 100 m. Queste rocce si presentano in genere da massive ad intensamente fratturate, di colore verde scuro o violaceo che diventa localmente verde chiaro per la presenza di minerali fillosilicatici quali talco, steatite, saponite, ecc. Il grado di trasformazione della roccia è sempre elevato, con totale scomparsa dei minerali delle originarie ultramafiti, localmente nella roccia si rinvengono cristalli millimetrici scuri, lucenti derivati da originari ortopirosseni, trasformati in minerali del gruppo del serpentino (bastite), che hanno mantenuto la forma del cristallo originario (pseudomorfosi). L Unità Tettonica Media Val di Taro è rappresentata nell area di studio dall unità geologica delle Arenarie di Scabiazza. Le Arenarie di Scabiazza (SCB) (Cretaceo Sup. Inf.) sono costituite da arenarie fini grigio-nocciola strutturate in strati sottili, localmente medi, regolarmente alternate con livelli argilloso-siltosi grigio-scuri (rapporto a/p < 1). Raramente si trovano intercalate sottili calcareniti fini grigio chiare a base laminata e tetto debolmente marnoso, nonchè calcilutitici grigio-verdastri alterate in nocciola. Lo spessore, variabile, è dell ordine di alcune decine di metri. Dal punto di vista genetico si tratta di depositi torbiditici prodotti da flussi a bassa densità. Le Arenarie di Scabiazza affiorano in alcune porzioni del settore nord-occidentale del comune di Pontremoli. L Unità Tettonica Canetolo è rappresentata nell area di studio dalle seguenti formazioni geologiche: - Arenarie e Conglomerati di Petrignacola (APE) - Arenarie di Ponte Bratica (ARB) - Calcari di Groppo del Vescovo (CGV) - Argille e Calcari (ACC) Le Arenarie e Conglomerati di Petrignacola (APE) (Oligocene/?Miocene inf.) affiorano limitatamente lungo il confine comunale ad est del capoluogo e localmente nella parte nord-orientale del comune, vicino alla località di Gravagna San Rocco. Si tratta di arenarie torbiditiche, di colorazione verdastra per l elevata frazione andesitica (Aiello, 1975), a tessitura grossolana e media, in strati da medi a molto spessi, frequentemente a base conglomeratici; si intercalano sottili livelli pelitici grigi a volte debolmente marnosi e localmente arenarie fini grigio-chiare in strati spessi (rapporto A/P >> 1). Lo spessore massimo è di circa 60 m. L unita geologica delle Arenarie di Ponte Bratica (ARB) (Oligocene Oligocene sup. /Miocene Inf.) affiora nelle colline presenti a nord-est della cittadina di Pontremoli. Si tratta di arenarie fini e molto fini grigie e micacee, talora grigio-verdastre, in letti sottili e molto sottili passanti in modo sfumato ad un tetto siltoso; gli strati sono frequentemente laminati e ricchi di controimpronte di organismi (Mezzadri, 1964). L ambiente deposizionale di questa formazione si ipotizza che sia molto profondo e la sedimentazione terrigena è dovuta a correnti di torbida piuttosto diluite. I Calcari di Groppo del Vescovo (CGV) (Eocene inf. Medio) sono presenti localmente nel quadrante orientale del territorio comunale e nelle zone collinari presenti ad nord-est del capoluogo. Sono calcari bianchi e grigio-chiari, talora marnosi, in strati torbiditici spesi e molto spesi frequentemente a base calcarenitica, alternati da sottili livelli pelitici grigi e verdastri. Questa unità si presenta sempre molto deformata e il suo spessore massimo può essere stimato nell ordine dei 100 m circa. Le Argille e Calcari (ACC) (Paleocene Sup. Eocene Medio) affiorano a tratti su tutto il territorio pontremolese e sono costituti da argilliti nerastre e brune con all interno intercalazioni di calcari micritici biancastri e grigi, calcareniti grigio-scure, talora bioclastiche, frequentemente decalcificate e silicizzate, in strati medi e sottili. All interno delle argille si ritrovano inoltre lembi metric di marne grigie, talora a base calcarenitica. Le Argille e Calcari si sovrappongono alle unità del Macigno e di Pracchiola. Lo spessore di questa formazione si ipotizza che possa raggiungere i 400 m.

16 L Unità Tettonica Macigno comprende le seguenti formazioni: - Marne di Marmoreto (MMA) - Olistostroma di Monte Modino (OMM) - Marne di Ponteccio (PNC) - Macigno (MAC) - Scaglia Toscana (STO) - Maiolica (MAI) - Diaspri (DSD) - Calcare Selcifero di Limano (LIM) Le Marne di Marmoreto (MMA) (Oligocene Sup. Miocene Inf.) sono marne e marne calcaree grigo-verdi, a frattura scagliosa, a cui si intercalano strati sottili e medi di areniti, areniti manganesifere e siltiti; a luoghi si intercalano anche argilliti varicolori. Questa unità geologica è presente localmente in affioramento nella parte centrale e meridionale del comprensorio comunale di Pontremoli. La formazione dell Olistostroma di Monte Modino (OMM) (Oligocene Sup. Miocene Inf.) è costituita da depositi gravitativi in massa, costituiti da litofacies argillitico-calcaree, calcareo-marnose e calcaree del Cretaceo inferiore- Eocene medio. Tale unità affiora limitatamente in alcune porzioni del territorio indagato individuabili sia a nord-est che a sud-est del capoluogo. Le Marne di Ponteccio (PNC) (Oligocene Sup. Miocene Inf.) sono siltiti marnose grigie, giallognole sulla superficie alterata, a stratificazione indistinta. Localmente si rinvengono impronte di Zoophycos e aloni rossastri dovuti ad impregnazioni di ossidi. Si intercalano inoltre olistostromi costituiti da blocchi eterometrici calcarei e calcareomarnosi in matrice pelitica nerastra e da lembi di calcari alternati da argillitifogliettate brune e nerastre. Le Marne di Ponteccio affiorano solo localmente a nord-est del capoluogo in località La Crocetta. In tale affioramento le marne presentano uno spessore massimo di 50 m. La formazione geologica del Macigno (MAC) (Oligocene Sup. Miocene Inf.) è costituita da arenarie quarzosofeldspatiche, con tessitura da medio a grossolana, grigio chiare alla frattura e grigio nocciola sulla superficie alterata (Valloni, 1978; Valloni et alii 1991; 1992). Si presentano solitamente in strati da medi a spessi, alternati da sottili intervalli pelitici. Gli strati arenacei sono gradati, presentano laminazioni piano-parallele ed ondulate e, sovente, controimpronte da corrente che indicano provenienze da NW e strutture da sfuggita d acqua. Localmente si rinvengono strati molto spessi e banchi (potenti fino a 10 m) amalgamati e gradati alla base. Si possono inoltre rinvenire intercalazioni di arenarie fini e peliti in regolari alternanze di strati medi. Lo spessore del macigno affiorante nell area di studio è dell ordine di alcune centinaia di metri. Inoltre tale formazione affiora sulla maggiorparte del territorio comunale, perciò risulta essere la formazione più presente all interno del comprensorio del comune di Pontremoli. La Scaglia Toscana (STO) (Aptiano Inf. Oligocene Sup.) comprende varie litofacies che non hanno un preciso ordine stratigrafio: litofacies politica (prevalente), litofacies politico-calcarenitica, litofacies calcarenitico-pelitica e litofacies calcarenitica (talvolta potente) correlabile al Nummulitico Auctt.; in Val Gordana affiorano, inoltre, una litofacies politico-silicea (Scisti a Fucoidi Auctt.) ed una calcareo-silicea. La formazione della scaglia affiora localmente nella porzione sud-occidentale dell area investigata. La Maiolica (MAI) (Titoniano Sup. Aptiano Inf.) è costituita da calcilutiti biancastre e grigio-chiare in banchi e strati, formate quasi completamente da coccolati e calpionellidi, con liste e noduli di selce. Talora si intercalano rari e sottili livelli di argilliti calcaree e marne calcaree. Gli spessori delle Maiolica sono variabili da pochi metri ad alcune decine di metri. I Diaspri (DSD) (Bajociano Sup. / Batoniano Inf. Titoniano Sup.) sono costituiti da radiolariti e selci rosse, verdi o grigie, in strati sottili, con intercalazioni di argiliti e marne silicee progressivamente più frequenti nella porzione superiore della formazione, che può essere costituita da una litofacies calcareo-silicea-marnosa (Scisti ad Aptici o Rosso ad Aptici Auctt.). Il loro affioramento è limitato a piccole aree lungo il confine comunale, vicino alla località Valle Mezzadra nel settore sud-occidentale dell area di studio. Il Calcare Selcifero di Limano (LIM) (Aptiano Inf. Oligocene Sup.) è una formazione geologica che comprende calcilutiti silicee e calcareniti fini, talvolta gradate, grigie o grigio chiare, in strati sottili e medi, con noduli e liste di selce grigio chiaro, a cui si intercalano sottili livelli di marne calcaree e marne argilloso-siltoso grigie. Anche per i Calcari Selciferi l affioramento è limitato a piccole aree in contatto stratigrafico con i Diaspri.

17 L Unità Tettonica Pracchiola comprende le seguenti unità geologiche: - Marne di Marra (MRR) - Arenarie di Pracchiola (PRC) Le Marne di Marra (MRR) (Oligocene Sup. Miocene Inf.) si presentano in varie litofacies, tra le quali quella predominante è costituita da siltiti marnose grigie, giallastre sulla superficie alterata, a stratificazione indistinta salvo quando si intercalano (soprattutto verso la base della formazione) strati sottili e molto sottili di arenarie fini a volte gradate. Sovente si rinvengono zonature di tonalità bluastra o rossastra dovute a concentrazioni di ossidi. La potenza geometrica della formazione è dell ordine di qualche centinaio di metri. Questa formazione presenta una litozona a brecce (MRRa) caratterizzata da brecce sedimentarie legate a colate gravitative sottomarine. Le Arenarie di Pracchiola (PRC) (Oligocene Sup. Miocene Inf.) i terminali basali delle PRC affiorano lungo il Fiume Magra e nei suoi tributari principali. Qui si rinvengono arenarie quarzose prevalentemente fini, di colore nocciola alla frattura e grigio plumbeo sulle superfici alterate, in strati da medi a spessi, amalgamati oppure alternati da sottili intervalli pelitici. Il rapporto arenaria/pelite è mediamente molto alto, quasi sempre > 3. Questa formazione affiora su una estesa porzione di territorio, nel quadrante NE del comune di Pontremoli. Lo spessore massimo delle Arenarie di Pracchiola è dell ordine di qualche centinaia di metri. Come la formazione delle Marne di Marra, anche le Arenarie di Pracchiola presentano una litozona a brecce (PRCa). Lungo il F. Magra si possono osservare affioramenti di brecce matrice sostenute nei quali PRCa è costituita da clasti calcarei e calcareo-marnosi con patina d alterazione giallognola, immersi in matrice argillitica bruno-marroncina o nerastra. In altri affioramenti le brecce si presentano costituite da clasti argilloso-calcarei, riconducibili probabilmente a fenomeni di colate sottomarine originate dalla falda delle Argille e Calcari (Plesi, 1972). 5. STUDIO GEOMORFOLOGICO Prima di descrivere gli steps di analisi dei processi morfogenetici individuati nel comune di Pontremoli, è opportuno specificare la distinzione che è stata applicata in cartografia per la distinzione dei diversi stati di attività dei fenomeni franosi. E da sottolineare che la chiave interpretativa adottata è stata scelta in base agli obiettivi da raggiungere, ossia quelli di ottenere uno strumento valido per valutare lo stato del territorio ed individuare dove intervenire per risanare o prevenire eventuali dissesti e dove, invece, prevedere nuove espansioni urbanistiche. Per fenomeni attivi si intendono quelli mobilizzati nelle attuali condizioni morfologiche e climatiche ( fenomeno attualmente in movimento ) in continua evoluzione, le cui dinamiche e modificazioni possono essere registrate in breve intervallo temporale; si tratta quindi di fenomeni che non hanno raggiunto condizioni di equilibrio. Questi possono alternare periodi di massima dinamica a periodi di inattività temporanea generalmente legati al ciclo stagionale. Si citano ad esempio l'azione erosiva delle acque incanalate, oppure fenomeni legati alla dinamica gravitativa sui versanti del tipo "soliflusso", che mostrano diversa velocità nei vari periodi dell'anno. Per forme non attive si intendono fenomeni che si siano mossi l ultima volta prima dell ultimo ciclo stagionale. A tale categoria possono essere ricondotte: - Le frane "quiescenti" sono quelle mobilizzate in condizioni morfologiche e climatiche simili alle attuali, ma che risultano in apparente stato di stabilità. Il movimento può riprendere sia lungo la nicchia di distacco che nel cumulo della frana, in occasione di sensibili variazioni morfologiche, per eventi climatici anomali o in caso di adeguate sollecitazioni transitorie (interventi antropici, sisma, ecc.). Si tratta di frane inattive che possono essere riattivate dalle proprie cause originali; in sostanza risultano fenomeni per i quali permangono le cause di movimento.gran parte di tali frane non ha subito sostanziali evoluzioni negli ultimi anni, ma è facilmente prevedibile che, in concomitanza con precipitazioni superiori alla media, si possano verificare riprese nell attività dinamica di tali frane. Tali forme, durante il periodo di inattività, mostrano comunque indicatori tali da far ritenere una più o meno prossima ripresa del movimento. - Le frane antiche e/o naturalmente stabilizzate comprendono quelle fenomenologie che hanno raggiunto uno stato di equilibrio tale da far ritenere improbabili nuove evoluzioni in senso dinamico. Per tali forme non è quindi più attivo il processo morfogenetico che le ha innescate e non può essere riattivata dalle sue cause originali (es. se il fiume che erodeva l unghia di una frana ha cambiato corso), nè esistono indizi tali da far prevedere una successiva dinamica evolutiva.

18 - Le frane artificialmente stabilizzate comprendono le frane inattive che è stata bonificata e protetta dalle sue cause originali da misure di stabilizzazione. 5.1 CARATTERISTICHE IDROGRAFICHE La morfologia del reticolo idrografico, all interno del territorio comunale di Pontremoli, è legata alla storia deformativa della catena appenninica. Il bacino del fiume Magra si sviluppa lungo un graben formatosi, come già detto nei paragrafi precedenti, per effetto della fase tettonica distensiva post-orogenesi appenninica. Tale graben è divenuto un bacino intramontano, ossia area di raccolta di acque di ruscellamento provenienti dai fianchi vallivi. Inoltre, tale bacino, è stato sede di deposizione di sedimenti continentali nel corso sia del Pleistocene che dell Olocene. La Val di Magra presenta una direzione circa NNW-SSE, corrispondente alla direzione di sviluppo della catena montuosa degli Appennini. I torrenti affluenti del fiume Magra presentano una direzione circa perpendicolare a quella assunta dal fiume Magra nel territorio di Pontremoli. Tale direzione perciò risulta circa WSW-ENE. L area di interesse si colloca nella porzione di territorio appenninico costituente la Lunigiana. Per effetto del clima, caratterizzato in genere da eventi piovosi brevi ed intensi e delle pendenze mediamente elevate, presenti nel territorio pontremolese, i corsi d acqua tendono ad assumere prevalentemente carattere torrentizio. Solo il fiume Magra presenta caratteristiche di fiume di piana alluvionale ma con modeste portate. Infatti il concentrarsi delle precipitazioni prevalentemente nel periodo invernale, determina una portata ridotta di deflusso nel corso dell estate. Ciò è riconducibile per la maggior parte alla ricarica proveniente dalle falde delle formazioni geologiche affioranti nel bacino idrogeologico del fiume Magra. Di conseguenza, i corsi fluviali presenti a ridosso delle zone montane, si presentano in secca durante il periodo estivo. I corsi fluviali minori (ordine gerarchico 3, 4 ed oltre) hanno un profilo a V molto stretto, caratteristico di trasporto in alveo ad elevata energia. I corsi fluviali principali (fiume Magra e torrenti Gordana, Teglia, Verde, Magriola ed altri), invece, presentano un alveo più ampio con profilo tendente ad U, caratteristico di trasporto ad energia minore rispetto a quella dei torrenti e fossi intramontani minori. 5.2 CARTA GEOMORFOLOGICA La carta geomorfologica (tavole 1.3 NW, 1.3 NE, 1.3 SW, 1.3 SE), redatta in scala 1:10.000, è stata ricavata sia da osservazioni stereoscopiche di aerofotogrammi relativi ai voli 1993 (scala 1:7000) e 1998 (scala 1:30.000), che da analisi degli studi geologico-tecnici di versanti in frana, eseguiti in seguito al verificarsi degli eventi piovosi eccezionali del Inoltre, al fine di eseguire uno studio geomorfologico il più possibile cautelativo, sono stati considerati ulteriori corpi detritici o franosi, non individuati nel corso dell analisi delle foto aeree o dei rilievi di campagna, già presenti nelle carte geomorfologiche del vecchio PRG comunale. Le notazioni ricavate dalla fotointerpretazione e dalla bibliografia sono state verificate in campagna ed integrate a mezzo di rilevamento geomorfologico. Inoltre è stato eseguito un raffronto fa le notazioni scaturite dalle descritte attività con le carte di pericolosità geomorfologica del PAI dell'autorità di Bacino del fiume Magra. L'indagine geomorfologica si propone, attraverso un'analisi delle forme del paesaggio, di individuare i processi morfogenetici presenti nel territorio di interesse. L'area comunale di Pontremoli risulta interessata da numerosi fenomeni gravitativi di versante. Tali fenomeni sono prevalentemente quiescenti e stabilizzati, ma sono presenti alcuni processi gravitativi attivi che interessano interamente i centri abitati come nel caso di Gravagna San Rocco o marginalmente come nel caso dei centri abitati di Montelungo Superiore e di Montelungo Inferiore. Senza dubbio questa carta fornisce un ampia gamma di informazioni (dagli aspetti puramente fisici all assetto delle forme naturali ed antropiche), ma nell ambito della pianificazione territoriale lo scopo da perseguire è quello di valutare i processi di maggiore rilievo e la loro influenza sull ambiente. E importante sottolineare che dalla lettura geomorfologica del territorio si devono ricavare non solo le informazioni sulle situazioni di degrado in atto, ma anche le correlazioni fra i vari elementi del paesaggio, che consentono di prevedere le dinamiche evolutive dell ambiente. La potenzialità previsionale di questo tematismo deve venire usata e sviluppata nel modo più opportuno per ottenere una migliore gestione del territorio. Lo studio geomorfologico del territorio, infatti, fornisce una grande quantità di informazioni utili per valutare lo stato della dinamica morfologica dell area e per prevedere la sua evoluzione nel periodo immediatamente successivo allo studio stesso. Sulla carta sono stati riportati tutti quei fenomeni geomorfologici che possono avere una particolare importanza ai fini dell'analisi della stabilità delle aree in esame.

19 In particolare sono state individuate: a) forme e processi di erosione idrica del pendio b) forme e processi artificiali (antropici) c) forme, processi e depositi gravitativi di versante d) forme glaciali Si procede ad una breve descrizione delle forme individuate durante lo studio geomorfologico del territorio comunale di Pontremoli. Forme e processi di erosione idrica e del pendio Forme di denudazione o erosione Orlo di scarpata fluviale Brusche rotture di pendio al margine di superfici terrazzate; indicano fenomeni erosivi fluviali in terreni alluvionali più antichi. Orlo di scarpata in erosione Rottura di pendio in corrispondenza della quale si verificano processi erosivi. Tale morfologia risulta caratterizzata da forte acclività e da valori di dislivello superiori ai 10 m. Orlo di scarpata non in erosione Rottura di pendio in corrispondenza della quale non si verificano processi erosivi. Tale morfologia risulta caratterizzata da forte acclività e da valori di dislivello superiori ai 10 m. Orlo rimodellato di scarpata o debole rottura di pendio Rottura di pendio caratterizzata da moderata o bassa acclività e da valori di dislivello inferiori ai 10 m. Area soggetta ad erosione profonda Porzione di territorio soggetta a processi di denudazione ed erosione di entità rilevante. Area soggetta ad erosione superficiale Porzione di territorio soggetta a processi di denudazione superficiale del terreno. Area, di limitata estensione, soggetta ad erosione superficiale Porzione ridotta di territorio, soggetta a processi di denudazione superficiale del terreno, non cartografabile. Alveo con tendenza all approfondimento Incisione valliva con versanti ripidi e simmetrici. Si presenta generalmente priva di depositi alluvio-colluviali ed è sede di deflusso, sia permanente che temporaneo, di acque ruscellanti che producono un continuo approfondimento del fondo valle. Solco di erosione concentrata Incisione del terreno più o meno profonda, prodotta dalla concentrazione su un certo ramo del reticolo di deflusso del versante delle acque di ruscellamento. Tali acque esercitano un' azione erosiva tale da approfondire rapidamente nel tempo il solco erosivo formatosi. Erosioni laterali di sponda Attività erosive esercitate dai corsi d'acqua sulle sponde, in particolare in corrispondenza delle anse dei meandri; tali processi possono causare, a lungo andare, crolli di entità cospicua in aree ritenute ad alta stabilità perché pianeggianti. Traccia di paleoalveo Si presenta come una porzione di alveo fluviale antico abbandonato, rappresentato in genere da meandri o canali intrecciati.

20 Forme di accumulo Cono di deiezione non attivo Conoide alluvionale non attiva, prodotta per trasporto ad alta energia lungo torrenti di detrito e successivo deposito ai piedi del versante, seguendo una morfologia detta a ventaglio. Forme artificiali (antropiche) Le forme ed i processi antropici Si tratta di forme dovute all azione dell uomo sul territorio, quindi rientrano in questa categoria un ampia gamma di interventi: terrazzamenti agrari, orli di scarpata antropica, rilevati stradali, ferroviari e terrapieni, laghetti artificiali, aree connesse all attività estrattiva (attive e non attive), aree per lo stoccaggio temporaneo di materiali legati alla realizzazione di opere di ingegneria e in generale tutte le aree che per una qualsiasi ragione sono state modificate dall uomo. Forme, processi e depositi gravitativi di versante Movimenti franosi Sono stati suddivisi nelle parti che li compongono: nicchia di distacco e corpo di frana. La nicchia di distacco o corona di frana o orlo di scarpata di frana, di facile individuazione in carta perché caratterizzata quasi sempre da una forma arcuata, separa la massa in frana (a valle) da quella stabile (a monte), creando una superficie nuda con conseguente affioramento del substrato. Il corpo di frana è costituito dall'insieme dei terreni mobilizzati sottostanti la zona di distacco fino alla zona d'accumulo; la zona d'accumulo o piede della frana presenta struttura caotica e forma variabile a seconda della tipologia del processo e delle caratteristiche litologiche dei terreni coinvolti. Le forme legate all'azione della gravità sono state distinte in: forme di denudazione forme di accumulo e relativi depositi Per quanto riguarda le forme di denudazione sono state individuate: orlo attivo di scarpata di frana orlo non attivo di scarpata di frana traccia di orlo non attivo di scarpata di frana frana di limitata estensione area molto instabile per franosità diffusa deformazioni superficiali di versante deformazioni superficiali di limitata estensione Tali forme rappresentano le lineazioni individuate in corrispondenza delle nicchie di distacco dei corpi di frana, nonché movimenti franosi che vanno ad interessare esclusivamente la porzione più superficiale di suolo o comunque di entità tale da non poter essere cartografati (frana di limitata estensione). Nel caso di aree molto instabili per franosità diffusa si sono individuate zone nelle quali è stata rilevata la presenza di più fenomeni franosi di piccola dimensione e quindi di difficile identificazione cartografica. Si è pertanto provveduto alla delimitazione dei singoli fenomi ravvicinati come un' unica area instabile. Per quanto concerne i processi gravitativi che producono forme di accumulo e depositi di rilevante entità, sono state individuate: frane attive (F) frane quiescenti (Fq) frane non attive (Fs) depositi di versante, depositi eluvio-colluviali, depositi glaciali e periglaciali, accumuli eterogenei ed eterometrici Forme glaciali Orlo di circo

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